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Medico per gli ultimi: PAOLO PINI (1875-1945): LA VIA MILANESE PER L’ASSISTENZA AGLI EPILETTICI
Medico per gli ultimi: PAOLO PINI (1875-1945): LA VIA MILANESE PER L’ASSISTENZA AGLI EPILETTICI
Medico per gli ultimi: PAOLO PINI (1875-1945): LA VIA MILANESE PER L’ASSISTENZA AGLI EPILETTICI
E-book197 pagine2 ore

Medico per gli ultimi: PAOLO PINI (1875-1945): LA VIA MILANESE PER L’ASSISTENZA AGLI EPILETTICI

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Un volume dedicato ad una figura che attraversò la storia della medicina milanese del Novecento lasciando tracce indelebili di scienza, coscienza ed umanità.
Si tratta di Paolo Pini (1875-1945), al cui nome fu intestato l’Ospedale neuropsichiatrico di Milano-Affori.
Egli era figlio di Gaetano Pini (1846-1887), il cui nome illustra ed identifica ancor oggi un’istituzione ortopedica specializzata (i Milanesi la indicano semplicemente con la definizione il Gaetano Pini) che è parte viva e vitale della nostra Università degli Studi, ed alla quale afferiscono anche Docenti del DISCCO-Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità.
Ricordare l’attività di Paolo Pini (ed indirettamente anche quella di Gaetano Pini) ci richiama al valore etico, deontologico, sociale, scientifico, assistenziale della nostra professione soprattutto in questi tempi così difficili, nei quali è ancor più necessario agire per il bene comune e dei singoli.
LinguaItaliano
Data di uscita16 lug 2020
ISBN9788831484169
Medico per gli ultimi: PAOLO PINI (1875-1945): LA VIA MILANESE PER L’ASSISTENZA AGLI EPILETTICI

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    Medico per gli ultimi - ALESSANDRO PORRO

    9788831484169

    Indice

    La Collana DISCCO – Fonti e studi di storia della medicina

    di Alessandro Porro e Antonia Francesca Franchini

    Premessa

    di Alessandro Porro e Antonia Francesca Franchini

    Introduzione

    di Alessandro Porro e Antonia Francesca Franchini

    Il punto di partenza bolognese

    In un luogo lontano, fra le miniere della Sardegna

    In un luogo più vicino, fra le colline della Toscana

    Breve annotazione di tempi successivi, nel solco dell’impegno sociale nato a Bologna

    Di padre in figlio, in una catena d’amore

    di Alessandro Porro

    Le buone idee di un medico livornese

    Gli ultimi di Gaetano Pini: i rachitici

    La laurea

    di Bruno Falconi

    Un neolaureato particolare

    Una dissertazione di laurea particolare

    Il volume di Paolo Pini sull’epilessia

    di Alessandro Porro e Antonia Francesca Franchini

    Introduzione

    Le osservazioni preliminari

    Il garbuglio terapeutico

    di Lorenzo Lorusso

    Il coacervo delle terapie farmacologiche

    I mezzi di terapia fisici e psichici

    Il problema sociale

    di Alessandro Porro

    Il problema sociale: come affrontarlo? Come risolverlo?

    Milanin Milanon

    di Antonia Francesca Franchini, Paolo Maria Galimberti e Alessandro Porro

    Una città in grande espansione (e con grandi problemi da risolvere)

    Il problema del lavoro e degli infortuni

    Gli ultimi, i poveri

    di Alessandro Porro

    Sempre al servizio degli ultimi, dei poveri

    Costruire per assistere, aiutare, educare

    di Carlo Cristini e Alessandro Porro

    Istituzioni da costituire: realizzazioni compiute e speranze disilluse

    L’eredità di Paolo Pini

    L’eredità di Paolo Pini realizzata: la Scuola e l’Associazione che portano il suo nome

    Fonti e Bibliografia

    Bibliografia e Sitografia

    La Collana DISCCO – Fonti e studi di storia della medicina

    di Alessandro Porro e Antonia Francesca Franchini

    Con questo volume si riprende la tradizione della pubblicazione di una collana di testi di Storia della medicina, promossa dai docenti afferenti al SSD Med/02-Storia della medicina del DISCCO-Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità dell’Università degli Studi di Milano.

    Fin dai primi anni Sessanta, all’atto della Costituzione dell’Istituto di Storia della medicina della Facoltà medica, su iniziativa dell’allora titolare, il professor Luigi Belloni (1914-1989) furono pubblicati una decina di volumi, incentrati sull’analisi di temi di interesse storico medico generale, aventi tuttavia anche attinenza con la medicina milanese.

    Tali volumi rappresentano tuttora fonti di riferimento storiografico sicuro e solido, per i temi affrontati.

    Anche il successore di Belloni, il professor Bruno Zanobio (1926-2015) provvide nel 2001, all’atto della dipartimentalizzazione dell’Istituto di Storia della medicina, a pubblicare un volume, che avrebbe dovuto segnare la ripresa della collana storico medica.

    Oggi riprendiamo questa tradizione, con un volume dedicato ad una figura che attraversò la storia della medicina milanese del Novecento lasciando tracce indelebili di scienza, coscienza ed umanità.

    Si tratta di Paolo Pini (1875-1945), al cui nome fu intestato l’Ospedale neuropsichiatrico di Milano-Affori.

    Egli era figlio di Gaetano Pini (1846-1887), il cui nome illustra ed identifica ancor oggi un’istituzione ortopedica specializzata (i Milanesi la indicano semplicemente con la definizione il Gaetano Pini) che è parte viva e vitale della nostra Università degli Studi, ed alla quale afferiscono anche Docenti del DISCCO-Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità.

    Ricordare l’attività di Paolo Pini (ed indirettamente anche quella di Gaetano Pini) ci richiama al valore etico, deontologico, sociale, scientifico, assistenziale della nostra professione soprattutto in questi tempi così difficili, nei quali è ancor più necessario agire per il bene comune e dei singoli.

    Premessa

    di Alessandro Porro e Antonia Francesca Franchini

    Non scandalizzi il termine epilettici usato nel titolo.

    Esso vuole colpirci come un montante al plesso solare (per usare un termine pugilistico), che tolga con immediatezza il respiro e ci immerga repentinamente non nell’acqua purificatrice, bensì nella melma dello stigma sociale e della disabilità percepita (in un tempo passato ed anche oggidì).

    Nel periodo dello svolgersi della vita di Paolo Pini (1875-1945) i diseredati, gli umili, i reietti, le persone languenti nella loro emarginazione sociale e fisica venivano identificati da un attributo, da un indelebile marchio di riconoscimento, rotella gialla invisibile ma ben presente, che talora trovava ricetto anche nell’intitolazione di pregevoli istituzioni assistenziali. Valga l’esempio del termine deficienti e dell’Istituto San Vincenzo per l’Educazione dei Deficienti, istituzione milanese che giocò un ruolo pedagogico e tecnico di grande importanza per lo sviluppo di risposte congrue a talune disabilità.

    Quel tempo fu anche il tempo dello sviluppo delle Scuole Speciali Municipali: si trattava di un’esperienza che ha attraversato, mutatis mutandis, l’evoluzione scientifica e pedagogica per giungere fino a noi coniugando specializzazione ed integrazione educativa e sociale.

    Possiamo ricordare talune di quelle Scuole.

    La Scuola speciale "Gaetano Negri¹ per Motulesi, dal 1992 confluita nell’I. C. Paolo e Larissa Pini², è del 1911; la Scuola speciale Giulio Tarra³ per Otologopatici è del 1919 insieme alla Scuola speciale per insufficienti mentali (Scuola speciale Treves- De Sanctis per la cura medico-pedagogica dei fanciulli anormali psichici); la Scuola speciale per bambini gracili fu attivata nel 1922 (si trasferirà nel Parco Ex-Trotter dal 1925); la Scuola speciale Paolo Pini per Disritmici [al tempo per Epilettici], ora I. C. Paolo e Larissa Pini (già sezione staccata della Scuola speciale Treves⁴ - De Sanctis⁵ dal 1947), si rese autonoma nel 1952⁶; la Scuola speciale Antonio Scarpa⁷ (ora I. C. Antonio Scarpa") per Ambliopici [al tempo per Minorati visivi] è del 1958.

    Tornando però a quello che potrebbe essere definito come un florilegio di improperi, li potremmo inanellare come grani di un rosario: rachitico, deficiente, mongoloide, alcoolizzato, storpio, sordomuto, cretino, paralitico, mutilato, epilettico. Non dobbiamo dimenticare che questi termini trovavano accoglimento nella terminologia e nella letteratura scientifica d’epoca.

    Il primo e l’ultimo di quest’elenco di disabilità potevano rappresentare, per certi versi, le nuove disabilità dell’ultimo quarto dell’Ottocento: non perché si ponessero come condizioni mai prima osservate, ma perché esse erano di fatto fra quelle maggiormente trascurate, sia dall’intervento pubblico, sia da quello privato, caritatevole o filantropico.

    In questo contesto si dipanò, senza mai perdere il filo conduttore del bene per gli ultimi, la vita e l’attività di Paolo Pini: se i rachitici erano stati riconosciuti dal padre di Paolo, Gaetano Pini (1846-1887) come gli ultimi da prendere in carico con maggior sollecitudine filantropica, il figlio avrebbe identificato negli epilettici i nuovi ultimi ai quali rivolgere attenzione di cura.

    Le sue idee assistenziali furono poste pienamente in essere solo dopo la sua morte, nell’Italia che aveva da poco tempo ritrovato la libertà, ma il nome di Paolo Pini non poteva essere, come non fu, dimenticato o scotomizzato.

    Ancor oggi, un’associazione che porta il suo nome, l’Associazione Paolo Pini, agisce benemerita nella realtà milanese e dona assistenza in forma gratuita a portatori di disabilità gravi ed alle loro famiglie.

    In questo contesto, di tensione etica familiare e sociale, ricordare il figlio Paolo significa anche ricordare il padre Gaetano: oggi, appare più che mai necessario consolidare la memoria di chi ebbe nell’amore per l’uomo (senza determinazione di genere o di stato) la luce che indicava la via da seguire, anche quand’essa fosse ridotta ad una flebile, lontana face.

    Introduzione

    di Alessandro Porro e Antonia Francesca Franchini

    Il punto di partenza bolognese

    L’Università di Bologna, l’Alma Mater Studiorum, negli ultimi anni del secolo XIX non svolse solo i suoi compiti istituzionali più tradizionali, ma assunse de facto un ruolo centrale nella formazione di un’élite municipale attenta agli aspetti del vivere necessitanti un intervento ed un impegno preciso, militante, nella compagine sociale a favore dei più deboli.

    Ciò si verificò in primo luogo con l’impegno e l’esempio della classe dirigente accademica, che pervase anche l’ambito amministrativo-politico locale⁸.

    Tuttavia devono essere segnalate anche le presenze studentesche⁹, le quali non rappresentarono solo un fertile terreno da coltivare, ma proposero esempi e patrimoni biografici, di azione, di umanità e di filantropia dai quali partire nel nostro percorso di analisi. Essi talora furono indiretti ed in parte meritano di essere tratti dall’oblio storiografico

    Il conseguimento del serto dottorale in Medicina e Chirurgia rappresentò, spesso, un punto di partenza dal quale promanare le idee di progresso e tutela sociale in territori periferici e lontani, com’anche in altre complesse realtà cittadine e scientifico-assistenziali, talora di rilevanti dimensioni. Sono state nel tempo esaminate alcune ergobiografie di laureati dell’Università di Bologna, i quali lasciarono tracce non effimere in sede locale o nazionale (e talora sovranazionale) per il loro impegno sociale: se ne possono qui sunteggiare alcune, a scopo eminentemente esemplificativo e non esaustivo.

    In un luogo lontano, fra le miniere della Sardegna

    Con il primo esempio ci trasportiamo nella Sardegna sud-occidentale, la zona delle miniere metallifere piombo-zincifere, e nel suo capoluogo, Iglesias.

    Non distante dall’insediamento romano di Metalla, la città, che sull’attività estrattiva poneva il suo prestigio, godette di un periodo di splendore durante la dominazione pisana, come attestato dal Breve di Villa di Chiesa, pubblicato (postumo) nel 1877 da Carlo Baudi di Vesme (1805-1877)¹⁰.

    Lo sviluppo della sanità iglesiente si identifica anche con la presenza sul territorio di medici provenienti dai territori del continente, i quali, giunti sull’isola per i più diversi motivi, spesso colà si trattennero definitivamente¹¹.

    Una figura emblematica è quella di Ruggero Marchei (1864-1944)¹², che fu Direttore dell’ospedale di Malfidano¹³ negli anni a cavallo dei secoli XIX e XX. La località di Malfidano faceva parte del cantiere della Miniera di Buggerru¹⁴.

    Il resoconto di sei anni di attività chirurgica¹⁵, con la testimonianza dell’esecuzione di interventi di ernioplastica secondo il metodo proposto da Edoardo Bassini (1844-1924)¹⁶, o quelli di enteroanastomosi con l’uso del bottone di John Benjamin Murphy (1857-1916)¹⁷, se inquadrati nell’ergobiografia del chirurgo di Buggerru, confermano l’attuazione di una chirurgia moderna, al passo con i dettami della letteratura nazionale e internazionale. Marchei, proveniente dalle Marche, ove era ben inserito nell’ambiente medico locale (il fratello dirigeva l’ospedale di Loreto), si era laureato a Bologna il giorno 8 luglio 1890¹⁸ discutendo una tesi Sulla cura radicale dell’ernia inguinale, ed aveva assunto come caratteristica della sua attività l’impegno sociale a favore dei più deboli. Non sfugge, certo, il rilevante impatto sociale della patologia erniaria, ai tempi. Noi non abbiamo notizie certe su una sua adesione al movimento socialista, quale primum movens del suo trasferimento in un luogo così isolato, come la miniera di Buggerru, ma i suoi rapporti con Giuseppe Cavallera (1873-1952), medico ed organizzatore del movimento socialista nella Sardegna sud-occidentale¹⁹, lo inseriscono in un preciso contesto politico-sociale.

    Marchei sarà, al termine del soggiorno buggerraio (1906), una delle figure di spicco della medicina, chirurgia e sanità iglesiente, fino alla morte.

    Le sue intransigenti scelte di libertà in ambito socio-politico (perseguite e proseguite anche durante il periodo del regime fascista²⁰) possono essere tuttora riproposte alla nostra riflessione, così come la centralità della sua formazione bolognese.

    In un luogo più vicino, fra le colline della Toscana

    Un’altra figura di medico, che si abbeverò alla fonte felsinea fu il toscano (di Greve in Chianti) Giuliano Vanghetti (1861-1940), il cui nome resta indissolubilmente legato all’elaborazione delle protesi meccaniche cinematiche (cioè articolate in modo da potere essere mosse volontariamente dal paziente).

    Anch’egli si era laureato a Bologna, il 13 luglio 1890,

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