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I medici Saraval: Ebraismo, cura, civismo
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E-book357 pagine3 ore

I medici Saraval: Ebraismo, cura, civismo

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Info su questo ebook

La storia dei medici della famiglia Saraval è probabilmente quella che più mette in comunicazione la medicina veneziana con quella italiana e quella internazionale, facendoci comprendere quanto poco provinciali fossero i protagonisti locali di questo fecondo rapporto.
Ciò che si leggeva, studiava, ricercava, scriveva, organizzava, operava a Venezia (e partendo da qui poi altrove) avveniva nella piena confidenza con le novità occidentali, contribuendo spesso ad alimentarle. Le vicende dei tre protagonisti, Baruch (Benedetto) Saraval (1810-1851), Umberto Saraval (1893-1957) e Anteo Saraval (1930-2010), delineando una rotta che interessa l’area lombarda, veneta, friulana e giuliana in un contesto di riferimento prevalentemente mitteleuropeo, assumono un valore assoluto, utile non solo alla miglior comprensione delle vicende di una grande dinastia Ebraica, ma anche alla migliore conoscenza di talune dinamiche evolutive della medicina ottocentesca e novecentesca.
LinguaItaliano
Data di uscita1 dic 2020
ISBN9788865127292
I medici Saraval: Ebraismo, cura, civismo

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    Anteprima del libro

    I medici Saraval - ALESSANDRO PORRO

    Alessandro Porro, Antonia Francesca Franchini, Lorenzo Lorusso

    I medici Saraval

    Ebraismo, cura, civismo

    Il presente volume è stato patrocinato da

    Si ringrazia la famiglia dell’ing. Enrico Saraval per il supporto alla pubblicazione.

    © 2020, Marcianum Press, Venezia

    Marcianum Press

    Edizioni Studium S.r.l.

    Dorsoduro, 1 - 30123 Venezia

    Tel. 041 27.43.914 - Fax 041 27.43.971

    marcianumpress@edizionistudium.it

    www.marcianumpress.it

    Le foto sono fornite dall’Ing. Enrico Saraval.

    La foto della lapide Saraval è tratta dal sito della Scuola Grande di San Marco.

    Le opere dell’appendice bibliografica sono di proprietà di Alessandro Porro.

    Le figure 3, 4, 5, 6 Porro/Falconi/Franchini appartengono all’Archivio degli Ospedali Civili di Venezia.

    Per i testi citati, Marcianum Press è a disposizione degli aventi diritto non potuti reperire, nonché per omissioni e/o errori riscontrabili nei riferimenti.

    Impaginazione e grafica:

    Massimiliano Vio

    ISBN 978-88-6512-729-2

    ISBN: 9788865127292

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Introduzione di Giuseppe Dal Ben

    Conversazione con Enrico, intervista ad Enrico Saraval di Mario Po’

    Premessa di Alessandro Porro, Antonia Francesca Franchini e Lorenzo Lorusso

    Il valore di una scelta

    La genesi del presente volume e le prospettive di sviluppo della ricerca

    Inquadramento generale di Alessandro Porro, Antonia Francesca Franchini e Lorenzo Lorusso

    Un toponimo

    Un patronimico

    Da Serravalle a Padova, a Venezia, a Trieste, a Milano

    Rabbini, Medici, Rabbini-Medici

    Rabbini, commentatori, educatori e scrittori egregi di cose ebraiche

    Medici e scienziati

    Baruch (Benedetto) Saraval (1810-1851) di Alessandro Porro e Antonia Francesca Franchini

    Da Padova a Pavia

    Gli studi medico-chirurgici all’Università di Pavia negli anni Trenta dell’Ottocento e lo studente Baruch (Benedetto) Saraval

    La laurea a Pavia

    La medicina a Trieste negli anni Quaranta dell’Ottocento e il medico Baruch (Benedetto) Saraval

    Trieste, il porto e il mare: la medicina navale

    Il colera del 1849

    Le strutture assistenziali per i colerosi

    Il problema della formazione infermieristica

    Educare per prevenire

    Il cholera-morbus del 1849 e gli Ebrei Triestini

    Illuminare una zona d’ombra

    Umberto Saraval (1893-1957) di Alessandro Porro, Bruno Falconi e Antonia Francesca Franchini

    La medicina fra le due Guerre Mondiali e lo stomatologo Umberto Saraval

    Il crinale della Grande Guerra

    Perché l’odontostomatologia

    Saraval, l’israelita

    L’Ospedale, gli Ebrei e l’antisemitismo: un campo da indagare appieno

    Uno sguardo retrospettivo sull’odontostomatologia di Umberto Saraval

    Il Manuale di Stomatologia di Umberto Saraval di Paolo Zampetti

    Umberto Saraval: paladino dell’implantologia orale in tempi difficili di Luca Dal Carlo

    Anteo Saraval (1930-2010): neuroscienziato di Antonia Francesca Franchini, Alessandro Porro, Paolo Maria Galimberti e Lorenzo Lorusso

    Un bambino e le Leggi Razziali

    Da Venezia a Milano

    L’evoluzione della neuropsichiatria milanese negli anni delle riforme ospedaliere

    Anteo Saraval neurologo e psichiatra

    Anteo Saraval neurologo e psichiatra all’Ospedale Maggiore di Milano

    Anteo Saraval: psicoanalista e psicoterapeuta di Carlo Cristini e Alessandro Porro

    Un ponte fra la psicoanalisi milanese e veneta

    Saraval e il Centro Milanese di Psicoanalisi

    Saraval e il Centro Veneto di Psicoanalisi

    Il passaggio dalla neuropatologia alla psicoterapia e l’esperienza della casa di cura Le Betulle di Appiano Gentile (CO)

    La neutralità dell’analista

    La seduzione

    L’illusione

    Anteo Saraval nella cultura milanese

    Fonti e Bibliografia

    Appendice iconografica

    Appendice bibliografica

    Indice dei nomi

    GLI AUTORI

    Carlo Cristini, medico-chirurgo, è Professore Ordinario di Psicologia Dinamica nell’Università degli Studi di Brescia. Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali.

    Luca Dal Carlo, odontoiatra, è Presidente del Nuovo Gruppo Italiano Studi Implantari. Ha coordinato la realizzazione della sezione Umberto Saraval di Odontostomatologia e Implantologia Orale del Museo di Storia della Medicina della Scuola Grande di San Marco di Venezia.

    Bruno Falconi, medico-chirurgo, odontoiatra, specialista in medicina legale, medico competente, è Ricercatore confermato di Storia della Medicina nell’Università degli Studi di Brescia. Dipartimento di Specialità Medico Chirurgiche, Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica.

    Antonia Francesca Franchini, medico-chirurgo, specializzata in Endocrinologia sperimentale, Esperto in Agopuntura, è Ricercatore confermato di Storia della Medicina nell’Università degli Studi di Milano. Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità.

    Paolo Maria Galimberti , è Direttore del Servizio Beni Culturali della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.

    Lorenzo Lorusso, medico-chirurgo, è Primario dell’UO di Neurologia dell’Ospedale San Leopoldo Mandic di Merate, ASST di Lecco. È consultore per la Storia della Medicina del Polo Culturale e Museale della Scuola Grande di San Marco di Venezia.

    Alessandro Porro, medico-chirurgo, è Professore associato di Storia della Medicina nell’Università degli Studi di Milano. Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità. È consultore per la Storia della Medicina del Polo Culturale e Museale della Scuola Grande di San Marco di Venezia.

    Paolo Zampetti, medico-chirurgo, odontoiatra, è Professore di Storia dell’Odontoiatria presso il Corso di Laurea in Odontoiatria e protesi dentaria (Università di Pavia) e presso il Corso di Laurea in Igiene dentale (Università Vita e Salute San Raffaele di Milano). È Presidente della Società Italiana di Storia dell’

    Introduzione di Giuseppe Dal Ben

    In questi ultimi anni ci siamo proposti una progettualità costante nel recupero, nello studio, nella divulgazione della storia veneziana della medicina, che è veramente un enorme giacimento di civiltà, in buona misura ancora da scoprire. Molto abbiamo fatto sulle risorse museali, sulle raccolte librarie ed archivistiche, sul restauro e mantenimento del compendio architettonico ed artistico, sulla stabilizzazione delle attività culturali e scientifiche che fanno riferimento al Polo Culturale e Museale della Scuola Grande di San Marco.

    Una particolare attenzione abbiamo voluto dedicare all’intenso rapporto tra mondo ebraico veneziano, scienza e pratica medica ed Ospedale Civile Ss.Giovanni e Paolo, attraverso importanti iniziative: l’istituzione di una sezione specifica all’interno del Museo della Scuola marciana, il restauro delle monumentali lapidi del Portego di ingresso e del corridoio San Domenico, la reintestazione del padiglione ospedaliero fronte Laguna a Giuseppe Jona, la segnalazione con una pietra d’inciampo della persecuzione dei pazienti ebrei ricoverati, la realizzazione di un Itinerario culturale sull’abnegazione umana e il valore professionale di numerosi medici ebrei, da Giacinto Namias ad Umberto Saraval.

    Ora la storia di Saraval, anzi dobbiamo dire dei Saraval, è probabilmente quella che più mette in comunicazione la medicina veneziana con quella italiana e finanche straniera e fa comprendere quanto poco provinciali fossero i protagonisti locali di questo profondo rapporto. Ciò che si leggeva, studiava, ricercava, scriveva, organizzava, operava a Venezia (e partendo da qui poi altrove) avveniva nella piena confidenza con le novità occidentali, contribuendo spesso ad alimentarle. Possiamo dire, pertanto, che la congenialità veneziana alle cose nuove – che sfata dei luoghi comuni – assieme alla statura intellettuale dei Saraval hanno permesso di avere testimoni tra i più alti della medicina italiana del Novecento.

    Questo libro – curato con sapienza da Alessandro Porro, Antonia Francesca Franchini e Lorenzo Lorusso – consegna alla storia, comunque, prima di tutto una famiglia, facendone richiamo di un’epoca e di un mondo italiano ed europeo da ricordare con i suoi valori positivi e gli abissi negativi del razzismo antiebraico. È però anche lo specchio che riflette un’altra immagine messa nel grembo della storia, quella di " Venezia madre della medicina", fonte incessante di solidarietà, sussidiarietà, modernità. Questo compito, possiamo dire eticamente educativo, pare essere, in sintesi, anche la missione dei Saraval; parlarne è senz’altro il maggior merito di questo libro.

    Giuseppe Dal Ben

    Direttore Generale

    Azienda Ulss 3 Serenissima

    Conversazione con Enrico, intervista ad Enrico Saraval di Mario Po’

    Nota al titolo : Direttore del Polo Culturale e Museale della Scuola Grande di San Marco di Venezia.

    Enrico Saraval è persona schiva, misurata, cordiale, figlio di Umberto, figura antesignana dell’odontostomatologia italiana, e fratello di Anteo, precursore delle più recenti tendenze della psichiatria. Enrico, che è ingegnere ed ha una brillante storia manageriale, considera la medicina con un sentimento misto di rispetto e desiderio inappagato: per un puro caso del destino egli stesso non è medico, come avrebbe voluto esserlo. Egli è, quindi, per estrazione familiare, disponibilità riflessiva, radice veneziana persona consapevole per guidare il lettore, grazie a questa conversazione introduttiva, nella conoscenza dei Saraval.

    Po’ – Mi pare che la figura di suo padre sia un fatto centrale per lei e tutta la sua famiglia, come una stella che il tempo non abbia indebolito; anzi che si sia arricchita di aspetti più fecondi. Questa centralità paterna come vi guida?

    Saraval – Sì, è così, la figura di mio padre è stata e continua ad essere una presenza viva per tutta la nostra famiglia grazie ai valori forti che lui ci ha trasmesso: rettitudine, senso del dovere, disponibilità verso gli altri specie per quelli meno fortunati, rispetto delle diversità, amore per il proprio lavoro. Valori trasmessi molto più con l’esempio che con le parole. Questo percorso di recupero della memoria che dura ormai da anni ci ha fatto conoscere aspetti della sua personalità che non ci erano noti. anche perché quando è mancato noi figli eravamo molto giovani.

    Po’ – Eppure, nella società odierna il tempo del passato oggi è caduto in disgrazia, considerato inutile e imbarazzante. Vale soltanto il presente; il futuro lo si cita ma non è capito. Ricordo di averla sentita un giorno citare a questo proposito Gustav Mahler; ora se il presente si autogiustifica non abbiamo più bisogno di maestri e di genitori che trasmettano verità.

    Saraval Il valore della memoria è un valore assoluto, naturale. La saggezza popolare ci ricorda che se non accettiamo di sapere da dove veniamo, non riusciremo a capire chi siamo e non possediamo gli argomenti per decidere cosa fare e dove andare. Il presente si consuma in un battito d’ali, il passato che è un presente filtrato resta per sempre. È un modo diverso per dire ciò che ricorda spesso l’amico Moni Ovadia, cioè che la memoria è un progetto per il futuro.

    È vero, ho ripreso una celebre frase di Gustav Mahler il giorno in cui è stata ricollocata la vecchia lapide dedicata a mio padre nell’Ospedale Civile di Venezia, il luogo ove tanto ancora parla di lui; per questo ho fatte mie le parole che dicono che la memoria non è onorare le ceneri bensì tenere vivo il fuoco.

    Po’ – Ebraismo e medicina sembrano due dimensioni della stessa realtà. Sono convinto che sia una grande fortuna per il genere umano che l’ebraicità si sia nutrita persino di regole igieniche e sanitarie rese stabili da precetti religiosi; così l’umanità ha ricevuto in dono il riposo settimanale, la prescrizione del lavaggio delle mani, le città costruite lungo fiumi correnti, la non commestibilità di alcuni animali, ma anche lo spirito di ricerca, il valore della sperimentazione, dell’errore, della disputa dialettica, del confronto con tutti e con se stessi e molto altro ancora. Come riconduce questa profondità e la tradizione di questa appartenenza alle scelte della famiglia Saraval?

    Saraval Ebraismo e medicina possono essere visti come le facce della stessa medaglia, il primo cura le ferite dell’anima, la seconda quelle del corpo. Per l’ebraismo il corpo è un sacrario che contiene l’anima e per questo deve essere custodito e mantenuto bene; del resto, kosher in ebraico significa adatto.

    Ho appreso le ragioni per le quali mio padre ha scelto di fare il medico soltanto leggendo il suo diario, dopo la sua morte. Il 25 marzo 1911, quando aveva diciotto anni, egli scriveva: Mio padre mi lascia piena libertà di scegliere la carriera che più mi aggrada, non influisce menomamente sulla mia scelta, quindi non potrò mai per nessuna ragione scusarmi col dire che altri mi ha consigliato ... Questo poi mi sarà sprone a lavorare e studiare per riuscire un bravo medico: l’ho voluto io ....

    Una passione e ...una missione. Lo stesso richiamo che ha sentito mio fratello e che ho sentito anch’io ma che diverse circostanze mi hanno impedito di seguire.

    Po’ – Le famiglie ebraiche sono sempre ricche di storie e di vicende nazionali. Mi è capitato di sentire che nella cena di Shalom di una famiglia ebraica ci possono essere sedute attorno al tavolo rappresentanti di mezza Europa. Quale radice storica di ascendenza è tipica dei Saraval?

    Saraval Ho cercato in questi anni di approfondire l’origine della mia famiglia, cosa non facile; credo molto probabile che almeno un ramo arrivasse dalla Spagna, cacciati nel 1492 dalla regina Isabella. Per certo a metà del Cinquecento un Asher Saraval era a Venezia ed è sepolto nel cimitero ebraico del Lido insieme a molti altri Saraval, ma è anche certo che Jacob Raphael Saraval, forse il più importante dei miei antenati, rabbino a Venezia e a Mantova, apparteneva al ramo askenazita. D’altra parte la diaspora è la cifra dell’Ebraismo, un popolo e tante nazioni, una storia e tante culture, ma sempre un unico Dio.

    Po’ – Ci sono vicende antiche, di cui vi siete tramandati la conoscenza, che sono il fil rouge che lega i vari capitoli della stirpe Saraval? Ci può essere magari qualcosa di indistinto, non ancora diventato lessico quotidiano, ma capace di darvi la forza di una relazione umana costruente che viene da lontano.

    Saraval Tra i miei antenati sono molto più numerosi i rabbini o comunque gli studiosi della Torah e della Cabala piuttosto che i medici. Ma in fondo non c’è differenza, perché è sempre una questione di carità, in senso vero di amore; come si può curare una persona se non la si ama? Il fil rouge dei Saraval, che lei menziona e che attraversa la mia famiglia negli ultimi due/tre secoli, è fare un lavoro direttamente rivolto al bisogno esistenziale ed essenziale di qualcun’altro. Non è una scelta di autocompiaciuta distinzione, semmai vedo, pensando a mio padre, una missione di serietà e di competenza.

    Po’ – Essere ebrei ed allo stesso tempo essere italiani ed anche veneziani o milanesi. Gli stereotipi più diffusi ignorano che il popolo stanziato in Italia da più lungo tempo è quello ebraico; quindi, vorrei dire senza essere paradossale che il sentimento di patria è più facile che lo provi un ebreo verso l’Italia che altri cittadini apparentemente più italiani. Cosa ricorda del patriottismo di suo padre?

    Saraval Mio padre nel 1915 aveva ventidue anni quando decise di partire volontario per la guerra. Era un ufficiale dei bersaglieri e sul fronte ad Oslavia fu colpito e perse un occhio. L’amore per la Patria e il senso del dovere lo spinsero ad arruolarsi senza tentennamenti.

    Le riporto quanto ha scritto nel suo diario:

    Dal 9 giugno 1915 al maggio 1916 ho appartenuto all’Esercito: ho fatto il bersagliere, sono stato alla scuola di Modena, come sottotenente ho combattuto alla frontiera, ho visto la morte da vicino specialmente il 25 gennaio a Oslavia e son tornato borghese con un occhio di meno e con molta esperienza in più: il diario della mia vita militare è assieme ai ricordi del passato .

    Po’ – Nelle famiglie ebraiche ci sono spesso degli alberi genealogici complessi che trovano una sintesi nell’identità ed intima autonomia dell’individuo ma anche nell’appartenenza ad un popolo che gode di un’eterna alleanza con Dio. Probabilmente, questa libertà e alleanza divina stanno alla base, in termini contrari, dell’invidia ideologica e aberrante della Shoah; essa ha toccato la vostra famiglia in modo tragico. Ce ne può accennare?

    Saraval Mio padre non era un ebreo osservante, credo fosse agnostico. Ognuno di noi in famiglia gestiva in autonomia il rapporto con l’Eterno. Io, per esempio, da piccolo ho servito Messa come chierichetto per alcuni anni nella Basilica dei Frari a Venezia.

    Sono molti gli ebrei che pur essendo agnostici o non credenti parlano del Dio di Israele come fossero convinti della sua esistenza.

    Purtroppo, la nostra famiglia ha attraversato con sofferenza e dolore gli anni delle persecuzioni razziali. Mio zio Eugenio, fratello del mio papà, fu prelevato da casa sopra la sua farmacia di Venezia, in Campo San Canzian, dai nazifascisti nell’ottobre del ‘44 e non è più tornato. Mio padre è rimasto nascosto per quasi due anni in un ripostiglio di pochi metri quadrati, ricavato dietro una grande libreria della nostra casa veneziana di San Pantalon. Usciva di notte e qualche ora durante il giorno quando mia madre, allora trentenne, valutava che non ci fossero pericoli. La sua improvvisa morte di infarto una notte dell’ottobre del 1957 è certamente figlia di quanto ha patito in quegli anni.

    Po’ – Dalla Shoah a Venezia. Le pare che la città, nella vostra esperienza familiare, non abbia negato tutta la sua secolare civiltà di tolleranza pur con le leggi razziali e l’occupazione nazista?

    Saraval Se è pur vero che mio zio Eugenio è stato deportato per la delazione di un italiano, non dimenticherò mai il giorno della Liberazione, quando mio padre uscì finalmente dal suo rifugio e una piccola folla di veneziani di tutte le estrazioni sociali ed opinioni si sporse da porte e finestre e scoppiò un lunghissimo applauso; è un ricordo molto forte che tutt’ora mi commuove.

    È certo che mio padre potè contare su di un cordone protettivo dovuto al rispetto, alla gratitudine e all’affetto di veramente tanti veneziani.

    Po’ – Percorrendo gli spazi interni dell’Ospedale Civile, visitando il Museo di Storia della Medicina della Scuola Grande di San Marco, soffermandosi nella Biblioteca monumentale, sostando davanti alla lapide posta nei pressi dell’Odontostomatologia, spesso pare di incontrare il prof. Umberto Saraval. È una sensazione non superficiale perché a volte è rafforzata dall’incontro con persone curate da suo padre; di lui ricordano le qualità come ne avessero un motivo attuale. Vorrei dire che l’Ospedale Civile aveva in Umberto Saraval una sua creatura. Si ritrova in questa immagine?

    Saraval Mio padre ha avuto un rapporto intensissimo con l’Ospedale Civile di Venezia e con le tante persone che vi operavano, tant’è che alla fine della seconda guerra mondiale non esitò un istante a rientrare nelle sue funzioni di primario malgrado l’allontanamento doloroso determinato dalle discriminazioni razziali del 1938.

    Si è trattato di un legame molto forte che noi figli seppur piccoli abbiamo interiorizzato, per cui l’Ospedale Civile era ed è rimasto per noi non solo il luogo di cura dove nostro padre aveva fatto del bene, ma un luogo caro, famigliare e vorrei dire un po’ sacro.

    Per lunghi anni dopo la sua morte abbiamo continuato a ricevere da colleghi, allievi, tanti pazienti attestazioni di stima, di riconoscenza e di affetto. Questo è il modo più autentico come dicevo prima di far vivere la memoria di chi ha lasciato un segno esemplare.

    Premessa di Alessandro Porro, Antonia Francesca Franchini e Lorenzo Lorusso

    Il valore di una scelta

    Il valore della Memoria è un valore assoluto; spesso sono le contingenze a proporcelo nei suoi termini relativi, applicativi, specificamente esemplificativi. Negli ultimi anni le contingenze si sono organizzate sequenzialmente, almeno nell’ambito delle istituzioni sanitarie veneziane, talché la necessità di mettere nel giusto rilievo il contributo della componente Ebraica della società allo sviluppo medico-chirurgico, scientifico ed assistenziale veneziano si è sensibilmente strutturata. Siamo allora autorizzati a ripercorrere, seppure per sommi capi e preliminarmente, i principali avvenimenti che nel decorso lustro hanno scandito un percorso di valorizzazione della figura dei Medici Ebrei che negli ultimi 200 anni hanno calcato le corsie ospedaliere veneziane.

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