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E-book352 pagine4 ore

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Info su questo ebook

Terza inchiesta per Jackie Kaminsky, detective efficiente ed equilibrata, che tuttavia fatica sempre più a separare la vita privata dai problemi di lavoro. Questa volta Jackie si trova ad affrontare un caso semplice all'apparenza, ma in realtà concatenato a un altro assai più delicato, che coinvolge una piccola vittima innocente. L'opinione pubblica preme affinché la verità venga a galla. La stampa alimenta lo scontento generale. La vita privata di Jackie attraversa una fase critica: l'uomo che ama la pone di fronte a una scelta che potrebbe costarle la carriera. Come uscirne?

LinguaItaliano
Data di uscita30 ott 2014
ISBN9788858928110
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    Anteprima del libro

    La scelta - Margot Dalton

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Third Choice

    Mira Books

    © 1998 Margot Dalton

    Traduzione di Maria Claudia Rey

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2000 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5892-811-0

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    Prologo

    La bambina si chinò ad ammucchiare una palla di neve grande quasi quanto lei. La neve era un po’ appiccicosa, pesante e densa, perfetta per fare un pupazzo. E star fuori al buio era eccitante e divertente, anche se faceva un po’ paura.

    La sua casa era là, grande, confortante, con tutte le luci accese. E mentre la piccola infilava meglio uno dei guantini di lana, la porta si aprì e apparve la sagoma del padre.

    «Tutto bene, angelo mio?»

    «Sì, papà. Ho già fatto i piedi del pupazzo e adesso gli sto facendo il pancino.»

    «Be’, muoviti, tesoro. Non puoi restare ancora tanto, è quasi ora di andare a letto.»

    «No!» gridò la bimba appassionatamente. «Prima devo finire il mio pupazzo!»

    Lui cedette, come faceva sempre. «E va bene, ma solo cinque minuti. E non uscire dal cancello, intesi?»

    «Va bene, papino» cinguettò la bambina contenta. E mentre l’uomo svaniva all’interno della casa e richiudeva la porta, lei sollevò un cumulo di neve sulla base più grande e fece un passo indietro per ammirare l’effetto.

    Andava benissimo, si disse soddisfatta. Adesso doveva solo aggiungere una palla più piccola per la testa. In un secchio di plastica poco lontano c’erano una carota per fare il naso, un vecchio cappello di suo padre, dei grossi bottoni per gli occhi e...

    Alzò gli occhi, stupita. Una macchina si stava avvicinando con i fari puntati su di lei, così vicini che quasi l’accecavano.

    Ma non poteva stare lì, pensò la bambina confusa. Le macchine dovevano viaggiare nella strada, non nel suo giardino, non così vicino a casa. Prima non era mai successo, e lei era sempre stata al sicuro...

    Gridò e fece un salto di lato, ma troppo tardi. Le ruote della macchina stridettero sul ghiaccio, un parafango urtò la cancellata di metallo e poi colpì il corpicino con un orribile tonfo sordo.

    La bambina sentì il colpo e si sentì proiettare in aria, per poi ricadere sulla neve come una bambola di pezza.

    I fanalini di coda della macchina scomparvero nella notte, e il dolore cominciò a farsi sentire. La bambina gemette e cercò di chiamare il padre, ma aveva la bocca piena di sangue e le parole non volevano uscire.

    Poi il mondo intorno a lei cambiò, si oscurò, come se lei stesse nuotando sott’acqua diretta verso il fondo. Le finestre illuminate della casa, le decorazioni natalizie multicolori, i lampioni sulla strada, tutto impallidì fino a confondersi in un’unica macchia indistinta.

    Poi, lentamente, tutto divenne buio.

    1

    Al di là dei vetri, la neve cadeva in soffici fiocchi e si posava sui cespugli di ginepro illuminati da minuscole lampadine. Ogni luce proiettava un alone colorato sul manto bianco, piccoli cerchi gialli, verdi e blu, che scintillavano nel buio come gioielli.

    Appollaiata sul divano di camoscio, con le ginocchia raccolte sotto di sé, Jackie Kaminsky guardava la neve e le luci con aria malinconica. Dopo un po’ si ridestò, stese le gambe davanti a sé e prese una rivista, sfogliandola distrattamente.

    «Mi sorprende sempre che tu ti prenda tanto disturbo» osservò.

    Adrienne Calder posò sul tavolo un vassoio con una brocca di eggnog, alcuni bicchieri e un piattino di biscotti allo zenzero. «Quale disturbo?»

    «Tutta questa roba natalizia» fece Jackie indicando l’albero con i fiocchi colorati e gli angioletti dorati, le ghirlande di agrifoglio appese alle pareti, i ceppi di cedro profumato accanto al caminetto. «Non so perché, ma non mi sembra nel tuo stile.»

    Adrienne si riempì un bicchiere di eggnog e guardò l’amica con la fronte aggrottata. «Che significa, non nel mio stile?»

    «Non lo so...» Jackie girò svogliatamente una pagina della rivista. «Una tizia cinica e fredda come te, che a Natale diventa melensa e sentimentale...»

    «Melensa e sentimentale, eh?» ridacchiò Adrienne scuotendo la testa di corti capelli bruni. «Se proprio vuoi saperlo è Harlan che insiste per festeggiare il Natale in pompa magna. Io gli do corda solo per farlo contento.»

    «Come no.» Jackie prese un biscotto coperto di glassa colorata. «Guarda questa stanza. Al venticinque dicembre manca ancora parecchio, e sembra il laboratorio di Babbo Natale!»

    Adrienne sedette di fronte a lei e accavallò le gambe snelle. «Dunque non credi nel Natale» osservò. «Immagino che voi poliziotti duri lo consideriate un giorno come un altro, è così?»

    «Il Natale va benissimo... ma quest’anno Paul e io non lo festeggiamo più di tanto.»

    «Non fai neanche l’albero?»

    Jackie masticò il suo biscotto e fece segno di no con la testa. «Paul è sempre al ranch. Non ha senso che mi metta a fare un albero per me sola.»

    «Perché non vai da lui questo weekend con un bell’albero, le luci e tutto quanto, e non gli decori il ranch?» propose Adrienne.

    «Al momento ho troppo da fare per passare un intero weekend laggiù. E poi, lucine e decorazioni lo farebbero sentire ancora più solo.»

    Adrienne scosse la testa in segno di disapprovazione. «Voi due dovreste proprio sistemarvi» osservò. «Dico davvero.»

    «Lo so, lo so, ma è così difficile...» Jackie guardò una foto sulla rivista che aveva in mano, poi la mostrò all’amica. «E poi mi ci vedi, tu, con indosso un affare come questo?»

    A quel punto Adrienne si chinò a osservare un abito da sposa in stile impero, in seta beige e pizzo.

    «Forse no» fece dubbiosa. «Sei un po’ troppo alta per stare bene con un vestito di quel genere... ma il beige sarebbe perfetto con la tua carnagione.»

    In quel momento entrò una bella ragazza bionda, con indosso un paio di fuseaux neri e una lunga maglia bianca. Alex Gerard, figlia adottiva di Adrienne, si sedette sul pavimento a gambe incrociate e si appoggiò al divano dov’era seduta Jackie per guardare le foto sulla rivista.

    «Non sai quanto vorrei avere una carnagione come la tua e i capelli bruni» sospirò. «Tu sei talmente bella!»

    Jackie rise divertita e carezzò affettuosamente la testa bionda della ragazzina. «Ma figuriamoci!» esclamò. «Diciamo che ho saputo scegliermi bene gli antenati. Non c’è niente di meglio di un misto di africani, indiani Cherokee e russi per dare a una ragazza un bel colorito esotico!»

    «Secondo me dovresti scegliere un tailleur di seta come quello» fece Alex indicando un’altra foto. «È più il tuo genere che non un abito lungo.»

    Jackie esaminò il modello, un tailleur con la gonna diritta e la giacca appoggiata sui fianchi, il cui taglio rigoroso era ingentilito da un ricamo di perle. «Forse hai ragione. Con una cosa così mi sentirei solo moderatamente ridicola anziché completamente idiota.»

    La ragazza si versò un bicchiere di eggnog e prese una manciata di biscotti. «Sai un’altra cosa? Credo che tu e Paul dovreste sposarvi proprio a Natale. Sarebbe così carino farlo in una chiesa decorata con le luci colorate e le ghirlande di pino!»

    Adrienne guardò la figlia adottiva con improvviso interesse. «Tesoro, è una magnifica idea! Potremmo fare tutto sul tema dell’inverno, usare dei...»

    «Ehi, ehi, un momento» intervenne Jackie. «A Natale manca poco più di un mese. Non c’è tempo per organizzare un matrimonio.»

    Lei liquidò la protesta con un cenno. «Non ci vorrebbe niente. Perché non ci pensi seriamente, Jackie? Tu e Paul potreste sposarvi la vigilia di Natale, pensa come sarebbe romantico il vostro anniversario ogni anno...»

    Jackie guardò le facce eccitate delle altre due e sentì un’onda crescente di disagio. «Non riusciremmo mai a essere pronti in così poco tempo» ripeté. «E poi sarebbe impossibile trovare un posto per la cerimonia o il ricevimento. In città sarà già tutto prenotato da mesi.»

    «Se tu volessi, io un posto lo troverei» dichiarò Adrienne con quella sicurezza che non finiva mai di stupire Jackie.

    Adrienne Calder, figlia di una delle famiglie più in vista dello stato, era cresciuta a Spokane in un mondo fatto di ricchezza e potere e non aveva mai conosciuto altro genere di vita. Da giovanissima aveva sposato un avvocato parecchio più vecchio di lei, e continuava a frequentare lo stesso ambiente di sempre anche con il ricco marito.

    Ma la sua infanzia, benché estremamente privilegiata, era stata per molti versi solitaria e trascurata come quella di Jackie, che era cresciuta senza alcuna sorveglianza nei quartieri più poveri di Los Angeles. La comune esperienza era uno degli elementi che avevano contribuito a cementare la loro amicizia.

    «Anche se tu trovassi i locali più belli della terra, non so se Paul e io saremmo pronti a fare questo passo» dichiarò Jackie dopo una pausa. «Forse tra qualche tempo... ma non adesso.»

    «Davvero una buona idea» replicò Adrienne con ironia. «Altri tre o quattro mesi di infelicità, tu da sola nel tuo appartamento mentre lui se ne sta ancora più solo nel suo ranch. Tre o quattro mesi a fare su e giù ogni weekend e a preoccuparsi che Paul abbia un incidente, si ferisca o vada a finire sotto un trattore. Mi sembra davvero una cosa sensata, complimenti!»

    Alex fissava il fuoco del camino con aria sognante. «Potremmo decorare la chiesa con dei rami di vischio legati con nastri bianchi di raso, e mettere lungo la navata delle ghirlande di abete con le lucette colorate, e Jackie potrebbe portare un bouquet di stelle di Natale...»

    «Tesoro, non credo che ci sposeremo con un rito religioso. Io non ho mai messo piede in una chiesa in vita mia, e probabilmente nemmeno Paul.»

    «E allora potremmo fare la cerimonia qui, nel nostro salotto» suggerì Adrienne. «O in casa dei miei, che ne dici? C’è un mucchio di spazio, e alla decorazione penseremmo Alex e io!»

    Jackie pensò con una smorfia all’enorme, imponente dimora in cui Adrienne era cresciuta.

    «Ti ringrazio, ma credo che non sia il caso» borbottò.

    «E perché no?» fece l’altra con impazienza. «La casa di mia madre sarebbe l’ideale, e per te lei lo farebbe con molto piacere. Lo sai bene.»

    Jackie continuò a sfogliare la rivista, sempre più nervosa per la piega che stava prendendo quella conversazione.

    «Perché almeno non ci pensi?» insistette Adrienne guardandola negli occhi.

    «Perché bisogna guardare in faccia la realtà» replicò lei. «Se io organizzassi un matrimonio in pompa magna dovrei invitare la mia famiglia. Te la immagini mia nonna, per non parlare di Joey o di Carmelo, gomito a gomito con tua madre e le sue amiche? Te li vedi a mangiare tartine di caviale nel salotto dei tuoi?»

    «Non siamo mica così snob, sai» ribatté l’altra tranquillamente. «E io muoio dalla voglia di conoscere tua nonna. Sembra un tipo molto interessante.»

    «Ah, certo, quando è sobria» tenne a precisare lei fissando l’albero scintillante. «Ma quando alza un po’ troppo il gomito diventa una vera e propria carogna, te lo assicuro.»

    Adrienne tacque e osservò l’amica, che continuava a sfogliare la rivista senza vedere nulla.

    Jackie era stata abbandonata dalla madre, che all’epoca della sua nascita era poco più di una bambina ed era poi morta di overdose qualche anno più tardi. Non aveva mai conosciuto il padre, ed era stata allevata dalla nonna insieme con una truppa di cugini.

    Irene Kaminsky era severa e allo stesso tempo negligente. Jackie aveva vissuto un’infanzia poverissima e difficile, ed era finita in una casa di correzione quando aveva più o meno la stessa età di Alex.

    Uscita dal riformatorio dopo due anni di detenzione, era entrata in polizia per dare una svolta definitiva alla propria vita. E ci era riuscita. Aveva passato alcuni anni in forza alla polizia di Los Angeles, poi si era trasferita a Spokane, aveva trascorso i necessari anni di servizio come agente semplice e infine aveva superato con successo l’esame per diventare detective.

    Era detective da quattro anni, e aveva fatto molta strada dall’epoca dei suoi primi passi al distretto di Los Angeles. Ma c’erano giorni in cui si domandava se davvero si fosse lasciata alle spalle le sue origini, e ultimamente questo le accadeva sempre più spesso.

    «Jackie?» ripeté Adrienne. «Non vuoi almeno pensarci su?»

    «E va bene, ci penserò» cedette lei. Poi cambiò in fretta argomento. «Allora, Alex, come vanno le cose? Suoni sempre il flauto nell’orchestra del liceo?»

    La ragazza annuì e prese un altro biscotto. «Adesso che Natale si avvicina, due pomeriggi alla settimana andiamo in giro per le case a suonare carole natalizie. È una cosa molto carina. La gente è sempre felice di vederci e ci fa un sacco di feste.»

    Jackie allungò la mano a carezzarle la treccia bionda. «Sei una ragazza fantastica, tesoro» decretò con un sorriso. «Lo sai?»

    In quel momento squillò il telefono e Alex balzò in piedi. «È per me!» esclamò correndo su per le scale.

    Le due amiche si scambiarono uno sguardo divertito. «Sta proprio bene, vero?» domandò Jackie.

    Adrienne sorseggiò il suo eggnog. «Sì, grazie al cielo. Ha un mucchio di amici, va benissimo a scuola e gli insegnanti l’adorano. C’è un abisso, rispetto all’anno scorso.»

    Tacquero entrambe per un momento, ripensando alle sofferenze che Alex aveva patito l’anno precedente, e alla vita d’inferno che aveva fatto prima di arrivare a Spokane.

    «Ti immagini che sarebbe successo se non l’avessi trovata per strada e non te l’avessi portata?» domandò Jackie.

    «Buon Dio, non dirlo nemmeno» commentò Adrienne. Fissò pensosa il bicchiere e aggiunse: «La settimana scorsa ha telefonato sua madre».

    Jackie alzò la testa di scatto. «Qui? Non me l’avevi detto.»

    «Aspettavo che Alex non ci fosse. La telefonata l’ha sconvolta.»

    «Povero tesoro.»

    A quattordici anni, Alex era stata ripetutamente molestata dal ricco patrigno. Quando la madre lo aveva scoperto, aveva accusato la figlia di aver sedotto l’uomo, e la ragazza era fuggita dalla sua casa di Seattle. Qualche settimana dopo Jackie l’aveva trovata su un marciapiede di Spokane, mentre tentava di prostituirsi per guadagnare qualche dollaro. E dopo un breve soggiorno a casa sua l’aveva affidata ad Adrienne e Harlan Calder.

    «Che voleva quella donna?» domandò aspra.

    Adrienne strinse forte il bicchiere. «Voleva che Alex tornasse a casa per Natale.»

    «È ancora sposata con lo stesso bastardo?»

    «Sì» confermò Adrienne. «Ma afferma che adesso le cose sono cambiate, e vuole ricostruire la famiglia.»

    Jackie raccolse le ginocchia e vi appoggiò il mento. «Che ha detto Alex?»

    «Che a casa c’era già, e che non aveva nessuna voglia di allontanarsi proprio adesso» rispose Adrienne con un breve sorriso.

    «Brava. Ma era ugualmente turbata, eh?»

    «Già» mormorò l’altra. «Mi dispiace addirittura un po’ per sua madre. Dev’essere una situazione difficile anche per lei... ma sono felice che Alex voglia restare con noi.»

    «Un giorno o l’altro tornerà a Seattle e sistemerà le cose con sua madre» disse Jackie. «Ma non c’è nessun bisogno che lo faccia adesso, visto che sta appena cominciando a farsi una vita qui.»

    «È quel che dice Harlan.»

    «Ecco, vedi? Harlan è un uomo in gamba.» E a quel punto Jackie riprese in mano la rivista.

    «Jackie...»

    «Sì?»

    «C’è qualcosa che non va? Riguardo ai tuoi progetti matrimoniali, intendo...» si azzardò a chiederle.

    Lei guardò le foto aggrottando le sopracciglia. «Che vuoi dire?»

    «C’è qualche ragione per cui non vuoi sposarti? Perché non si tratta solo dei tuoi problemi familiari o delle difficoltà di prenotazione della sala. Secondo me c’è dell’altro.»

    «E tu che cosa credi che sia?»

    «Non lo so, ecco perché te lo domando. Ti è venuta paura di colpo? A volte può succedere, sarebbe comprensibile.»

    Jackie scosse la testa. «Io amo Paul, profondamente. Ma a volte mi sento un po’...» La sua voce si spense e lei posò di nuovo lo sguardo sulla rivista.

    «Quando conobbi Harlan» riprese Adrienne dopo una pausa, «avevo vent’anni e lui trentacinque. Cercò per mesi di convincermi a sposarlo, e io continuavo a rifiutare. Lo trattavo malissimo, uscivo con altri uomini per scoraggiarlo, insomma mi comportavo da vera idiota.»

    «Perché?» domandò lei sorpresa.

    «Non lo so.» Adrienne si chinò a deporre il bicchiere vuoto sul tavolino. «Forse perché non avevo una vita familiare troppo felice... Tu sai come mia madre mi aveva trattata da adolescente, e probabilmente non credevo che qualcuno potesse amarmi abbastanza da restarmi fedele. Harlan fece una fatica del diavolo a convincermi che non avevo nulla da temere.»

    «Se non lo avessi sposato avresti commesso l’errore più grande della tua vita» osservò Jackie.

    «Lo so. Ecco perché te lo sto dicendo.»

    Jackie posò di nuovo la rivista e fissò a lungo le fiamme del caminetto. «Paul afferma che abbiamo due possibilità» mormorò infine. «E ovviamente la situazione attuale, vale a dire vivere in due case separate e vedersi solo nei weekend, non è contemplata.»

    «Quali sono queste possibilità?»

    «Numero uno, potremmo organizzare un matrimonio in grande, far venire mia nonna e i miei cugini in aereo da Los Angeles e sperare in bene.»

    «Io dico che sarebbe divertente. E la seconda?»

    «Potremmo sistemarci al ranch, liberarci del mio appartamento e vivere insieme senza sposarci.»

    «Ma scommetto che questa a Paul non piace.»

    Jackie scrollò tristemente le spalle. «Non troppo. Dice che sarebbe meglio che stare sempre da solo, ma quel che vuole veramente è sposarsi.»

    «E tu no?»

    «Be’, io vorrei che ci fosse una terza possibilità. Tipo rimandare ogni decisione, vivere come adesso ancora per un po’...» Si interruppe e guardò l’amica. «Non fare quella faccia. Odio prendere decisioni sulla mia vita, specialmente se sono irrevocabili. È una cosa che mi spaventa a morte.»

    «Tesoro, so bene che cosa vuoi dire.»

    Jackie sollevò la rivista, la tenne in mano per un poco e poi la rigettò sul tavolino. «Non capisco se sono io ad avere qualcosa che non va» sospirò. «Sono tutti in coppia e sembrano tutti così soddisfatti... È più di un anno che Carmen ha sposato Tony, eppure ogni volta che la vedo è sempre più radiosa. E Brian e Chris sono disgustosamente felici.»

    «Sono una bella coppia, quei due.»

    Jackie sorrise pensando al suo collega e alla sua nuova fidanzata. «Brian è il ritratto della felicità. E pensare che era così abbattuto dopo il divorzio. Continuava a ripetere che dopo quello che aveva patito con Sarah, lui con le donne aveva chiuso.»

    «Be’, è stato fortunato. Adesso ha una compagna simpatica e una famiglia già bell’e pronta, se mai decidesse di fare il grande passo.»

    «Sì, è molto contento» annuì Jackie. «E se guardo te e Harlan, che avete un matrimonio così felice, mi sembra tutto facile. Ma non so se io...» Poi scosse di nuovo la testa e si interruppe.

    «Vai avanti» la sollecitò Adrienne.

    Jackie parlò continuando a fissare il fuoco. «Non so se ce la farei. Parlo per esperienza: niente di quel che ho vissuto durante l’infanzia ha contribuito ad accrescere la mia fiducia nella famiglia e nelle relazioni durature.»

    «Andiamo, Jackie, hai trentaquattro anni. Prima o poi dovrai superare i traumi legati alla tua infanzia.»

    «Lo so, hai ragione. E io amo Paul, ma mi domando se sia possibile...» Jackie si interruppe per l’ennesima volta, si alzò, prese un lungo ferro dal suo supporto e smosse i ceppi nel caminetto. Le fiamme ripresero a scoppiettare. «Mi domando se sia possibile avere tanta fiducia in qualcuno» concluse. «Per quanto tu possa amare un uomo, puoi davvero mettere la tua vita nelle sue mani e contare sul fatto che lui resti con te per sempre, non ti faccia soffrire e non ti abbandoni?»

    «A un certo punto devi pur cominciare a fidarti di qualcuno, o resterai sola tutta la vita» replicò Adrienne quietamente.

    «Lo so» sospirò Jackie. «Lo so...» Poi guardò l’orologio ed esclamò: «Santo cielo, guarda che ora è. Devo andare!». E si affrettò verso l’ingresso per prendere il giaccone dall’attaccapanni.

    Adrienne la seguì e rimase in piedi sulla soglia del soggiorno, mentre Jackie infilava gli stivali da neve. «Pensa alle proposte di Paul» suggerì. «Anche lui è un uomo in gamba.»

    Jackie sorrise e aprì la porta. «Non preoccuparti, ci penserò» rispose.

    L’altra la abbracciò brevemente. «Ecco, brava. E mi raccomando, fai attenzione con la macchina. Sta nevicando forte e le strade sono una lastra di ghiaccio.»

    Ormai Jackie era arrivata alla sua macchina e stava spazzando via la neve dal parabrezza. «Guarda che noi poliziotti siamo degli assi del volante» le ricordò ridendo.

    Ma il suo sorriso svanì mentre guidava verso casa, e fu sostituito da una nuova ondata di malinconia. Il suo appartamento le era sempre piaciuto, come le piaceva l’arredamento spartano e l’atmosfera tranquilla. Ma ormai, quando Paul era al ranch e lei mangiava e dormiva da sola, si sentiva incompleta e lacerata, come se le avessero strappato una parte vitale.

    Vagò per le stanze deserte, poi si fermò a guardare le luci natalizie nella casa di fronte, domandandosi se doveva comprare un albero e decorarlo prima che Paul venisse a Spokane per il weekend.

    Poi mise da parte quel pensiero e sedette a gambe incrociate sul divano, per esercitarsi un po’ con il flauto. Ma le note che uscivano dallo strumento erano aspre e stonate, e lei non riusciva a trarne nulla di buono.

    Erano appena passate le dieci, ma Jackie si sentiva mortalmente stanca. Mise via il flauto e accese lo stereo, poi si distese sul divano e si coprì con uno dei vecchi plaid lavorati ai ferri da sua nonna. E nonostante la musica allegra, provò un irrazionale desiderio di piangere.

    2

    La città di Spokane si trovava presso il confine orientale dello stato di Washington, in una fertile vallata limitata a est dalle montagne Rocky e Bitterroot e a ovest dalle Cascades. Cento miglia a nord c’era il confine canadese.

    Alcuni anni prima, quando si era stancata della violenza di Los Angeles e dei propri guai familiari, Jackie aveva cominciato a cercare un posto migliore in cui vivere e aveva scelto Spokane perché era una delle poche grandi città in cui la media dei reati fosse ancora piuttosto bassa. Inoltre, il distretto di polizia locale aveva fama di essere molto efficiente e seriamente preoccupato di tutelare i cittadini.

    Dopo nove anni Jackie non poteva dire di essersi pentita della sua scelta: ma non si era ancora abituata al clima, così diverso da quello di Los Angeles.

    Da ottobre ad aprile, Spokane era funestata da temporali, grandinate, tempeste di neve e improvvise, inspiegabili ondate di caldo che si risolvevano in alluvioni. In quei casi le forze di polizia venivano impegnate nella loro totalità e il lavoro era enorme.

    Ma c’erano anche serate di primavera in cui l’aria era tiepida e fragrante, e lunghe estati paradisiache.

    E poi non c’erano i terremoti, pensò Jackie guidando verso l’ufficio nel distretto distaccato a nord della città. Era martedì, la mattina dopo la sua visita ad Adrienne, e le strade erano ammantate di un bianco quasi accecante.

    Uno spazzaneve procedeva lentamente davanti a lei, gettando alti spruzzi di neve che si ammonticchiavano ai due lati della strada. Jackie aspettò paziente che passasse oltre, poi guardò l’ingresso del parcheggio, ostruito da una montagnola di neve alta un metro.

    «Oh, accidenti!» borbottò. Fece il giro dell’edificio e parcheggiò in uno dei posti riservati al pubblico, poi scese dalla macchina prendendo la valigetta e la borsa a tracolla dal sedile posteriore. Mentre si avviava in fretta verso l’ingresso, notò che il suo fiato formava delle nuvolette di vapore davanti alla bocca, segno che il termometro era ancora sceso.

    Il vestibolo del distretto era una piccola stanza disadorna, arredata unicamente con due sedie di legno addossate a un muro. Sulla parete opposta c’era un bancone protetto da vetri antiproiettile, dietro il quale Ginny Clarke, la centralinista, digitava qualcosa sul computer.

    «Ehi, Jackie» la salutò mentre lei deponeva le sue cose su una delle sedie e si chinava a slacciare gli stivali da neve. «Vuoi un biscotto al cioccolato?»

    Jackie prese dalla borsa un sacchetto con un paio di mocassini, li infilò, poi si avvicinò alla ragazza e guardò al di là della finestrella.

    «Santo cielo» esclamò vedendo le scatole colme di dolciumi ammonticchiate sulla scrivania. «Qui dentro hai un vero ben di Dio!»

    «Sono regali del Club delle

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