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Una magia per due: Harmony Bianca
Una magia per due: Harmony Bianca
Una magia per due: Harmony Bianca
E-book177 pagine2 ore

Una magia per due: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Emma:
Trascorrere le feste con il mio affascinante capo, il dottor Adam McAllister, e i suoi adorabili bambini è forse quello che mi serve per dimenticare la mia malattia. Dopo un appassionato bacio sotto il vischio, comincio a credere che il Natale abbia davvero il potere di guarirmi e di aprire il mio cuore all'amore.

Adam:
Il giorno di Natale è quello in cui ho perso tutto: mia moglie e il nostro futuro insieme. Per questo lo spirito di questa festività non è più stato in grado di accendere in me la speranza. Ma da quando conosco Emma, la mia nuova babysitter, qualcosa è cambiato. Lei è in grado di riportare nelle nostre vite la magia che si è spenta tre anni fa. Ed è forse la mia ultima occasione per essere felice.
LinguaItaliano
Data di uscita20 dic 2018
ISBN9788858991879
Una magia per due: Harmony Bianca
Autore

Alison Roberts

Tra le autrici amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Una magia per due - Alison Roberts

    successivo.

    1

    Ciò di cui Emma Sinclair avrebbe avuto bisogno in quel momento era una bacchetta magica.

    Una di quelle così potenti che sarebbe bastato passarla sul calendario per far scomparire il mese di dicembre.

    Magari per trasformarlo all'istante nel mese di gennaio. L'inizio di un nuovo anno e... di una nuova vita.

    Oppure no.

    Forse avrebbe potuto usare la bacchetta magica non per accelerare il tempo, ma semplicemente per bloccarlo. Le sarebbe bastato lasciare che si fermasse all'inizio di dicembre per sentirsi bene, come se gli ultimi anni fossero stati solo un brutto sogno.

    Nel piccolo appartamento di Londra, dove si trovava in quel momento, l'aria si era fatta pesante.

    Andò ad aprire la finestra per lasciar entrare un po' d'aria fresca. Molto fresca.

    Il cielo plumbeo era carico di umidità, ma non di quella che si trasforma in candida neve, quanto piuttosto in una spiacevole pioggia gelata magari accompagnata da quella nebbia che ti penetra nelle ossa.

    In quel periodo dell'anno Londra poteva essere così grigia! Era primo pomeriggio, ma le luci erano già accese ovunque. Nella strada sottostante e in tutti gli edifici che aveva attorno.

    Non le solite luci però... Infatti, molti avevano già addobbato gli alberi di Natale e nelle vetrine dei negozi era tutto un tripudio di luci colorate. C'erano persino dei Babbo Natale che distribuivano volantini probabilmente con sconti per gli acquisti della stagione.

    I passanti frettolosi, avvolti in sciarpe e calde giacche, iniziavano ad aprire gli ombrelli per ripararsi dalle prime gocce mentre le mamme si assicuravano che i bambini fossero ben riparati.

    C'era tanta gente... Intere famiglie...

    Era incredibile come una folla di persone potesse far sentire ancora più soli.

    Lo squillo del telefono fu una piacevole interruzione.

    «Sharon! Com'è il tempo in California?»

    «Fantastico! Mi sembra così strano pensare che siamo in dicembre. Sembra ieri che mi sono sposata nella nostra vecchia Blighty. È già tutto grigio e gelato da quelle parti?»

    «Certamente.» Avvicinandosi al calore del fuoco a gas Emma pensò che doveva ricordarsi di chiudere la finestra dopo aver parlato con la sua cara amica.

    «Che cosa fai di bello?» Le chiese la voce dall'altro capo del filo e del mondo.

    «Adesso? Sto guardando una delle foto del tuo matrimonio qui sul caminetto. Sei la sposa più bella che abbia mai visto. Sembri così felice...»

    «Avevo una splendida damigella. E questo non è poco» rispose l'amica con una risatina.

    Anche Emma rise. «Stavi sposando l'uomo della tua vita. Questo sì che non è poco! Come sta Andy?»

    «Benissimo. Parlavamo di te ieri sera e lui mi ha detto di chiamarti. Vorremmo averti qui per Natale.»

    «Ooh...» Il suo tono espresse un misto di frustrazione e dispiacere. «Purtroppo non posso. Devo essere qui per quando mi chiamano. Il termine dei tre mesi scade alla fine di dicembre e devono infilarmi dove hanno spazio. Jack mi ha consigliato di non allontanarmi troppo.»

    «Mi dispiace un sacco non poter essere con te. Non mi va che tu affronti quell'orribile intervento da sola.»

    «Me la caverò.»

    «Vorrei essere con te anche quando torni a casa per assicurarmi che ti riguardi.» L'amica sospirò.

    «Lo so, ma non preoccuparti Sharon.»

    «Non potresti rimandare fino all'inizio dell'anno nuovo?»

    Emma chiuse gli occhi. «L'attesa è già abbastanza penosa. Preferisco non ritardare ulteriormente. Non... credo che potrei aspettare tanto.»

    «Capisco... Non è il momento più opportuno, ma è meglio non ritardare troppo. Mi terrai informata di tutto, vero?»

    «Certo. Sarai la prima a sapere.»

    «Vedrai che andrà tutto bene e avrai belle notizie da darmi. Ne sono sicura.»

    «Io purtroppo non lo sono del tutto.» Emma deglutì. «Comunque non ci sarà una via di mezzo. Se le cure non hanno funzionato so già cosa mi aspetta... È solo una questione di tempo.»

    Sentendo la sua voce tremare Emma se la prese con se stessa per aver lasciato emergere le paure che aveva tenuto a freno fino a quel momento.

    Un momento di debolezza che si era insidiato in lei dopo aver posato l'attenzione sulla foto di suo padre, che se n'era andato da tempo, e su quella della sua amata mamma che lo aveva raggiunto da un anno.

    «Hai bisogno di distrarti» disse Sharon. «Startene lì tutta sola non ti aiuta.»

    «Hai ragione. Infatti sto pensando di cercare lavoro.»

    «Davvero? Stai bene a tal punto?»

    «Sì. E per le feste ci sono molti lavoretti. Ricordi quando ho fatto l'elfo?»

    «L'aiuto per Babbo Natale?» Sharon rise. «Sono certa di avere ancora una tua foto da qualche parte. Sarà meglio che non la faccia vedere ad Andy o potrebbe pensare di aver sposato la donna sbagliata.»

    «Già, sicuro.» Emma sorrise. «Oppure potrei suonare per la strada.» Guardò in un angolo della stanza. «La mia povera chitarra è ormai solo un nido di polvere.»

    «Forse è più divertente fare l'elfo.»

    «In effetti...» Stava venendo freddo. Era ora di chiudere la finestra e anche di darsi una mossa. «Sai cosa? Vado subito di sotto a prendere qualche giornale per vedere che offerte di lavoro ci sono.»

    «Ottima idea! Tienimi informata.»

    «Lo farò.»

    «Ci sentiamo presto. Mi manchi!»

    «Anche tu.»

    Dopo la piacevole conversazione con l'amica, il silenzio della stanza, sottolineato dal ticchettio della pioggia sui vetri, le parve quasi insostenibile.

    Andò a chiudere la finestra. Doveva muoversi al più presto o avrebbe rischiato di lasciarsi di nuovo prendere da quell'autocommiserazione che proprio non sopportava.

    Si infilò una giacca imbottita e si avvolse una morbida sciarpa di lana attorno al collo. Poi raccolse borsa e ombrello e uscì lasciandosi la solitudine alle spalle.

    Però, invece di fermarsi al negozio all'angolo a prendere i giornali, si diresse verso la via principale per sgranchirsi le gambe.

    «Ahi, papi!... Mi fai male!»

    «Scusa, cucciolo.»

    Adam McAllister sbuffò frustrato. Perché doveva essere così impacciato da non riuscire a raccogliere in una treccia i fini capelli biondi di sua figlia?

    «E se facessimo una bella coda di cavallo?» propose al secondo tentativo.

    «No.» La bambina scosse la testa facendogli scivolare dalle dita lo scarso risultato delle sue fatiche. «Jeannie ha le trecce e le voglio anch'io.»

    «Papà, dov'è l'altra scarpa?»

    «Immagino che sia dove l'hai lasciata, Ollie.» Adam prese di nuovo la spazzola e un'occhiata all'orologio gli comunicò che non avevano più tempo. «Per stavolta dovrai accontentarti della coda, Poppy, altrimenti tu arriverai tardi a scuola e io avrò dei problemi in clinica con la signora Stewart. La sala d'attesa sarà già piena di gente che si chiede dove io sia finito.»

    Poppy scoppiò in lacrime.

    Un rumore arrivò dal salotto accompagnato da un lamento di Oliver, il gemello. «Non l'ho fatto apposta. Sono caduto e adesso è rotto.»

    «Mi dispiace, sono in ritardo.» Una folata di vento fece sbattere la porta. «C'è molto ghiaccio e il vecchio Jock aveva bloccato la strada col trattore per aiutare qualcuno che era finito nel fosso con l'auto.» La madre di Adam si fermò per guardarsi intorno. «Se n'è andata, vero?»

    «Esatto.» Lui le passò la spazzola. «Ho già preparato le borse. Adesso sarà bene che vada a vedere che cosa ha rotto Oliver.»

    «Non riesco ancora a credere che se ne sia andata senza preavviso.»

    «Ha diciannove anni. Si è innamorata e... il fatto di essere rimasta incinta diciamo che ha accelerato tutto.»

    «Che cosa vuol dire incinta?» Poppy aveva smesso di piangere e stava immobile mentre la nonna le faceva le trecce.

    «Vuol dire che avrà un bambino.»

    «La zia Marion avrà un bambino.»

    «Infatti... e anche Kylie.»

    «Ma Kylie è la nostra tata. Tornerà, vero?»

    «No. È andata in Australia dove abita il suo ragazzo.»

    «Cos'è l'Australia?»

    «È un Paese molto lontano.» Adam era andato fino alla porta da dove poté vedere che in salotto era caduta una lampada a stelo portandosi dietro una fotografia. Niente che non potesse aspettare.

    Passando raccolse una scarpa.

    «Ollie dove sei? È ora di andare a scuola.»

    Una testolina scompigliata apparve da dietro il divano.

    «Vieni a salutare la nonna. Devi farti pettinare anche tu.»

    «È più lontano del Canada.» Sua madre era riuscita persino a trovare dei nastrini con cui fermare le trecce. «Dove vive la zia Marion.»

    Lei alzò gli occhi mentre Adam tornava seguito da Ollie e lo sguardo le cadde su un libro di scuola sul quale era appoggiato un cucchiaino sporco di yogurt. Poi, sulla pila di piatti sporchi nel lavandino.

    «Non posso farlo» disse Catherine McAllister. «Non posso andare in Canada e lasciarti in questo caos.»

    «Devi andarci, mamma, Marion ha bisogno di te. Il termine scade la settimana prossima.»

    «Capirà.»

    «Stiamo parlando di mia sorella.» Adam abbozzò un sorriso. «Non mi parlerebbe più. Direbbe che io ho avuto anni del tuo aiuto e lei chiede solo poche settimane. Non è colpa sua se la nostra tata se n'è andata in Australia.»

    Catherine guardò il vecchio orologio appeso al muro. «Adesso sarà bene che tu vada o rischi di far innervosire Eileen Stewart. Sai che non sopporta di dover cambiare i programmi. Porto io i due cuccioli a scuola.»

    «Grazie, mamma.» Adam si infilò il cappotto che era ancora sullo schienale di una sedia in cucina dalla sera precedente. «E non pensare neanche lontanamente di cancellare il tuo viaggio. Ho già messo degli annunci sul giornale per trovare qualcuno almeno per questo periodo, poi quando tornerai cercherò con più calma qualcosa di definitivo.»

    «Vediamo.» Catherine non parve affatto convinta. «Il mio volo è per martedì. Se per allora non avrai trovato nessuno resterò qui. Fine della discussione.»

    Il treno da Londra per Edimburgo arrivò in perfetto orario. Mentre la coincidenza che doveva prendere per raggiungere il piccolo paese della Scozia, ove era diretta, sembrava farsi attendere.

    Nella sala d'attesa poco riscaldata Emma si protesse dal gelo che entrava dalla porta sedendosi fra il capiente zaino e la custodia con la chitarra.

    Sembrava una follia, ma il dottor McAllister era parso così entusiasta la sera precedente al telefono...

    Aveva persino detto che le avrebbe pagato il viaggio per il colloquio ed era quasi certo che sarebbe andata bene, quindi le aveva consigliato di portare con sé ciò di cui aveva bisogno per qualche settimana.

    Tutto era sembrato perfetto. Si era immaginata un grazioso paesino scozzese con le case di pietra addolcite da un leggero strato di candida neve e cullato dal suono delle musiche natalizie. Cosa poteva esserci di meglio per trascorrere quelle terribili settimane di attesa? Quanto poteva essere duro occuparsi di due gemelli di sei anni? In fondo non erano dei neonati...

    Un forte fischio e lo stridore di freni annunciò l'arrivo del treno.

    Emma raccolse lo zaino con una mano e la custodia della chitarra con l'altra, poi la posò per accertarsi di avere ancora nella tasca della giacca le indicazioni sull'appuntamento del pomeriggio.

    Tutto a posto. Alle quattro nel centro medico del paese di Braeburn. A poca distanza dalla stazione. Lì avrebbe incontrato non solo il dottor McAllister, ma anche i due gemelli e la nonna.

    Facendosi coraggio, salì sul treno e si trovò in una carrozza vuota. Braeburn non doveva essere una meta molto frequentata. Senza nessuno con cui parlare le sarebbe stato più facile pensare con calma a ciò che l'aspettava.

    L'idea che ci fosse anche la nonna per il colloquio non la faceva sentire a suo agio. Anche perché la sua fantasia non ci mise molto a proporle l'immagine di una vecchia arcigna che non avrebbe esitato a mettere a nudo ogni sua piccola falla.

    Eh sì, sarebbe stata lei quella dura da convincere.

    Posando la testa sullo schienale sbiadito, Emma si perse a guardare la campagna che scorreva davanti ai suoi occhi. Le dolci colline, i pascoli e i ruscelli erano molto lontani dalla frenesia di Londra e dal grigio ospedale che non si sapeva cosa le avrebbe portato.

    Non poteva tornare indietro. Doveva assolutamente avere quel lavoro.

    Era troppo importante per prendere una pausa dalla paura. Passare il Natale con una famiglia... Cosa chiedere di meglio?

    Si toccò i capelli per assicurarsi che i riccioli non fossero troppo scomposti. Dopo la chemio erano ricresciuti più robusti di prima.

    Certo, sarebbe stato meglio se fosse riuscita a comperarsi qualche vestito nuovo. Avendo perso molto peso non riusciva a indossare altro che jeans e maglioni nei quali, peraltro, navigava.

    Non proprio l'abbigliamento adatto per dare una buona

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