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Uno sporco gioco (eLit): eLit
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E-book223 pagine3 ore

Uno sporco gioco (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Nascondersi non servirà a niente...

Vorrebbe aver visto… invece ha visto Griff Matisse commettere un omicidio e ora Madeline Maeburn è una donna in fuga. Fugge finché il poliziotto Neil Stanik la affida alla custodia dell’investigatore Mitch Hawke, che non le rende la vita facile, credendola legata a Griff, autore dell’omicidio della fidanzata. Quando anche Stanik viene ucciso, a Mitch non rimane che assicurarsi che Madeline, da cui suo malgrado è terribilmente attratto, arrivi sana e salva a testimoniare. E il viaggio verso San Francisco sarà lungo e infuocato sotto ogni punto di vista!
LinguaItaliano
Data di uscita30 giu 2016
ISBN9788858956809
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    Anteprima del libro

    Uno sporco gioco (eLit) - Jean Barrett

    Maeburn.

    1

    Wisconsin agricolo

    Madeline non si sentiva molto a suo agio per quell'accordo. Forse il paesaggio ne era in parte responsabile, decise lanciando uno sguardo dal finestrino dell'auto che procedeva a balzelloni sul sentiero sconnesso.

    Era una vista deprimente: i campi marroni e gli alberi spogli. Persino gli innumerevoli sempreverdi che punteggiavano i fianchi delle colline da tutte le parti erano una distesa infinita color verde spento. Forse un po' di neve avrebbe ingentilito la scena, rendendola più attraente. Era dicembre e mancavano pochi giorni a Natale, tuttavia non era ancora caduto un fiocco di neve, anche se il cielo gelido e grigio sembrava prometterne in abbondanza.

    L'uomo grasso e brizzolato seduto al volante sembrò avvertire l'incertezza di lei. «Stiamo facendo la cosa giusta» le assicurò in tono cortese.

    Era particolarmente gentile con lei fin dal giorno prima. Abbastanza comprensibile dal momento che aveva rischiato di perderla per colpa di un assassino prezzolato.

    Madeline annuì. «Quest'uomo... come sai che è sicuro?»

    «Non ti porterei da lui, se non ne fossi certo.»

    Tuttavia Madeline continuò a sentirsi a disagio. Ormai non si fidava più di nessuno e aveva paura di qualsiasi luogo, anche se quel posto le sembrava abbastanza isolato da fornirle quella protezione che le era tanto necessaria. Strano che sembrasse così remoto pur distando solo cinquanta miglia da Milwaukee.

    Quella sensazione di solitudine si accentuò quando girarono attorno a una curva e arrivarono in vista di una vecchia fattoria, circondata da un'aria di grande trascuratezza. La casa avrebbe avuto bisogno di una mano di vernice e gli edifici circostanti erano in condizioni ancora peggiori: i tetti che cedevano, le pareti rese grigiastre dalle intemperie. Non c'era segno di vita.

    «Gli animali» chiese Madeline, «dove sono gli animali? In genere nelle fattorie devono esserci mucche, galline, cavalli. Almeno un cane o un gatto.»

    «Questa non è una fattoria operante» replicò il suo accompagnatore. «I proprietari la utilizzano solo qualche fine settimana durante l'estate, come posto di villeggiatura. Ma quest'inverno è stata affittata a...» Si interruppe per affrontare un tratto particolarmente impervio del sentiero.

    Madeline concluse in silenzio la frase. All'uomo dal quale ti sto portando. Stava cominciando a sentirsi come una bambina abbandonata, sballottata qua e là e affidata al primo che volesse prendersi cura di lei durante il periodo delle vacanze. E per di più, vacanze molto poco allegre, a volerci ben pensare. La fattoria infatti, come aveva osservato, non solo denunciava la mancanza di qualsiasi tipo di animale, ma neppure mostrava segno dell'imminente arrivo del Natale. Nessuna ghirlanda augurale sulla porta, nessun albero decorato di ninnoli accanto alla finestra. Probabilmente era stata sciocca ad aspettarsi una cosa del genere. O, considerando la pericolosità delle circostanze, era stata sciocca anche solo a desiderarla.

    La macchina si fermò dondolando davanti al cortile principale. L'uomo seduto accanto a lei controllò il sentiero alle loro spalle, assicurandosi che fosse deserto. Per tutta la strada da Milwaukee, Madeline lo aveva visto lanciare ripetute occhiate allo specchietto retrovisore per essere certo che qualcuno non li seguisse. Neil Stanik era quel genere di poliziotto: ligio e coscienzioso. E molto prudente.

    Lo dimostrò ancora una volta rivolgendosi a lei in tono preoccupato: «Tutto bene?».

    Si sente in colpa, pensò Madeline. Si incolpava per quello che era accaduto, anche se non ne era responsabile.

    «Sto bene» gli assicurò. Non era vero, naturalmente, ed entrambi lo sapevano. Ma serviva fingere altrimenti.

    «Allora, non ci sono problemi se ti lascio sola in auto per qualche minuto?» le chiese mentre slacciava la cintura di sicurezza e apriva la portiera dalla sua parte. «Solo il tempo necessario per riferirgli i particolari della vicenda.»

    Madeline di colpo si preoccupò. «Lui mi sta aspettando, non è così?»

    «Oh, certo... non ci sono problemi quanto a questo. E, come ho già detto, lui ha la capacità e l'istinto per seguire questa faccenda. Tu rimani qui seduta... lascerò il motore acceso, così funzionerà il riscaldamento. Tieni la sicura abbassata e se vedi qualcuno o qualcosa che non ti piace suona il claxon. Ma vedrai che non accadrà. Solo noi sappiamo dove ti trovi e continueremo a mantenerlo segreto.»

    Madeline non poté fare altro che accettare le sue parole. Così lui scese e si chiuse la portiera alle spalle. Lei guardò la sua figura solida procedere con fatica lungo il sentiero dissestato che conduceva al portico.

    Quando fu vicino alla casa, la porta si aprì. Un uomo uscì, rimanendo celato nell'oscurità del portico in attesa di Neil. Da quella distanza Madeline non riuscì a distinguere bene la sua sagoma, ma si accorse che era alto e snello. Fu però un suo particolare atteggiamento che la colpì. Forse il modo in cui stava accanto alla porta, le mani affondate in tasca con aria di distacco, come se non gli importasse della desolazione di quel posto. Come se gli andasse a genio perché anche lui si stava nascondendo. Ma forse si trattava solo della sua immaginazione che, negli ultimi tempi, si era messa a galoppare...

    Mitch non era dell'umore adatto a ricevere visite. In quei giorni preferiva la solitudine, per quanto penosa potesse essere. Dopotutto, quello era esattamente il motivo per cui si era seppellito lì.

    Aveva sentito la necessità di allontanarsi dalla gente... dagli amici e dalla loro compassione che l'aveva quasi fatto impazzire, dalla famiglia amorevole e ben intenzionata che gli aveva offerto un conforto che non desiderava. Persino dagli estranei, che tendevano a essere curiosi e lo disturbavano. Ecco perché si era irritato sentendo il rumore di un'auto in avvicinamento sul vialetto e perché si era accostato così di malavoglia alla porta.

    Mitch fu sollevato alla scoperta che il visitatore era Neil. Non gli dava fastidio Neil, non lo considerava un estraneo. Il poliziotto non gli rivolgeva mai domande alle quali, in quei giorni, Mitch non sapeva come rispondere. Non si aspettava mai da lui cose di cui non era capace.

    Ma questa volta Neil non era solo.

    Mitch riuscì a scorgere che qualcuno attendeva in auto. Ecco perché indugiava sotto il portico. Riusciva solo a distinguere che la sagoma della persona in auto apparteneva a una donna, niente più.

    Poi pensò che si potesse trattare della figlia di Neil.

    «C'è Faye con te?» domandò quando il poliziotto fu abbastanza vicino. Poi aggiunse riluttante: «Non è necessario che rimanga seduta lì fuori. Dille di entrare.»

    «Non è Faye» spiegò Neil mentre gli stringeva la mano.

    E chi altri?, si domandò Mitch. Forse quella vicina di Neil, la vedova che stava cercando di stringere con lui legami al di là della pura amicizia. Come si chiamava? Claire Vattelapesca. Ma Neil non sembrava disposto a rivelare il nome della sua accompagnatrice.

    «Senti, perché non entriamo?» gli suggerì. «Altrimenti qui fuori geleremo.»

    Mitch fece strada nella grande cucina della fattoria arredata con mobili di campagna. «Caffè?»

    Neil scosse il capo e aprì il giaccone. Ma non lo tolse e Mitch notò che stava vicino alla finestra da dove poteva tenere d'occhio la macchina sul vialetto. Mitch stava cominciando a nutrire sgradevoli sospetti su quella visita inaspettata.

    «Che cosa bolle in pentola?»

    Neil rispose prendendo un biglietto da visita dalla tasca e posandolo sul tavolo di legno grezzo, un'azione simile a una sfida.

    A Mitch bastò lanciare solo un'occhiata al logo che riproduceva un falco dorato: era inconfondibile. In fondo, perché non avrebbe dovuto riconoscere uno dei biglietti da visita della sua agenzia?

    Agenzia Investigativa Hawke. Ecco che cosa c'era scritto. Il messaggio silenzioso che Neil gli stava inviando era molto chiaro. Questa volta il suo amico si aspettava qualcosa da lui. E Mitch cominciò subito a opporre resistenza.

    «Di qualsiasi cosa si tratti, puoi anche scordartene» disse con fermezza. «In ogni caso, non ho la licenza per esercitare qui nel Wisconsin.»

    «Non hai bisogno di una licenza per questo. È una semplice faccenda di protezione. La tua specialità, ricordi?»

    Mitch rise: una risata metallica, priva di allegria. «Oh, davvero? Come ho protetto Julie, per esempio?»

    «Non sei stato responsabile per quello che è accaduto a Julie. Quando smetterai di tormentarti per questa faccenda?»

    «Non ero là con lei, Neil. Non c'ero!»

    «E neppure questa è stata colpa tua. Va bene, lo so che stai soffrendo, ma sono passati cinque mesi. Maledizione, Mitch, quando un uomo comincia a commiserare se stesso, è arrivato il momento di smetterla.»

    «E tu che cosa ne sai?»

    Quelle parole irate sfuggirono dalle labbra di Mitch prima che potesse fermarle. Maledizione, ma come aveva potuto dire una cosa del genere proprio a Neil? Perché il suo amico conosceva per filo e per segno lo strazio di aver perso qualcuno.

    «Mi dispiace» borbottò Mitch.

    «Lascia perdere. Senti, non te lo chiederei in altre circostanze, ma non posso rivolgermi ad altri. A qualcuno di cui possa fidarmi, in ogni caso. Ho bisogno di te.»

    Avrebbe anche potuto ricordare a Mitch che gli era debitore, ma Neil non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Non era il suo stile. Mitch se ne sarebbe pentito, in effetti era già pentito, ma come avrebbe potuto mandare via Neil senza nemmeno ascoltarlo?

    «Va bene, di chi stiamo parlando? Della donna che aspetta in auto? Chi è?»

    «La testimone di un omicidio. Molto importante. Se riusciamo a tenerla viva fino al momento in cui l'accusato andrà in tribunale, avremo tutte le probabilità di incastrare quel bastardo per aver assassinato a sangue freddo un poliziotto sotto copertura.»

    «Perché sei venuto da me quando hai a disposizione tutta la polizia di Milwaukee per difenderla?»

    «È proprio questo il problema» disse Neil voltando il capo per controllare il passeggero sull'auto prima di proseguire. «L'avevamo nascosta in una casa sicura. Solo che alla fine si è dimostrata non così sicura. Per poco non si è beccata una pallottola ieri sera. Il tizio è fuggito. Probabilmente si trattava di un sicario. Quel bastardo ha contatti potenti. In ogni caso sapevano dove trovarla.»

    «Mi stai dicendo che c'è una talpa nella polizia?»

    «Probabilmente è così. Adesso ho paura ad affidarla a uno qualsiasi di noi.»

    «Perciò te ne stai occupando tu. Ma perché, Neil? Non è esattamente il tuo campo.»

    «Perché io sono quello al quale lei si è rivolta quando ha deciso finalmente di contattare la polizia.»

    «Quando finalmente...? Ehi, aspetta un attimo. Quanto tempo fa è stato assassinato questo poliziotto?»

    «Un paio di mesi fa. Da allora, lei è in fuga, troppo spaventata per fare altro che nascondersi.»

    Mitch si disse che qualcosa non quadrava in quella faccenda. C'erano troppi punti deboli. E si disse anche che lo spiacevole senso di disagio provato all'inizio di quella conversazione aveva probabilmente ragione di essere.

    «Coraggio, parla, Neil. Dimmi che cosa c'è sotto. Comincia a dirmi perché, per esempio, lei si è rivolta a te.»

    Neil scrollò appena le spalle massicce. «Immagino perché sono l'unico di cui si fidasse. Forse perché pensava che l'avessi trattata correttamente quando l'ho interrogata in occasione dell'indagine dell'estate scorsa.»

    Mitch lo fissò, un sospetto che cresceva nella sua mente. «Tu non eri nel dipartimento di polizia di Milwaukee l'estate scorsa! Eri ancora in forza a San Francisco.»

    «Esatto.»

    Adesso quello che Mitch provava era qualcosa di più del semplice disagio. Era una sensazione molto spiacevole che lo tormentava a fondo. «Non mi hai telefonato prima di venire qui» disse con un tono di accusa nella voce. «Come mai, Neil? Perché sapevi che avrei riagganciato non appena mi avessi detto che cosa vuoi da me?»

    Adesso Neil sembrava veramente impacciato: si limitò a guardarlo in silenzio.

    «Chi è lei, Neil?» volle sapere Mitch. «Chi è la donna che è a bordo della tua auto?»

    E allora Neil lasciò cadere la bomba. Esattamente quella che si aspettava Mitch.

    «Madeline Maeburn» svelò a bassa voce.

    Sentire quel nome fu peggio che averlo immaginato... fu un dolore che gli lacerò le viscere. Mitch lottò per ritrovare il controllo, per mantenere calma la voce. «Prendi la tua testimone e vattene di qui. Adesso, prima che io dimentichi che dovresti essere mio amico.»

    «Io non vado da nessuna parte. Rimango qui e tu mi ascolterai.»

    «E che cosa dovrei ascoltare, Neil? Vuoi dirmi che ho sbagliato a giudicare Madeline Maeburn? Che lei è una brava donna sensibile che non è assolutamente da incolpare per la morte di Julie a San Francisco?»

    «Io non so che cosa sia o meno. So soltanto che è spaventata. Era scappata da San Francisco arrivando fin dove i soldi le avevano permesso di giungere e si trovava da qualche parte nell'Indiana quando mi ha visto in televisione per un servizio su un caso di Milwaukee e così ha saputo dove lavoro. Così, non appena ha trovato il coraggio, è venuta da me e ha accettato di testimoniare contro Griff Matisse.»

    Matisse. Un altro nome che aveva il potere di fargli scoppiare il cuore dalla rabbia. «È Matisse l'assassino del poliziotto?»

    Neil annuì. «Sì, a San Francisco.»

    «Perciò, perché Milwaukee si prodiga tanto per proteggerla? Perché non se ne occupa uno dei tuoi amici rimasti a lavorare a San Francisco? Hai sempre detto che sono i migliori.»

    «L'ufficio del procuratore di San Francisco ha intenzione di inviare una scorta per la ragazza. Stanno solo aspettando di trovare una casa sicura... una casa dove Matisse non possa arrivare. Sai bene come tutto diventi caotico sotto le feste. Nel frattempo, pensano che possa essere protetta meglio da queste parti.»

    «Anche con un poliziotto corrotto che passa informazioni ai contatti che Matisse ha qui?» Tutto questo non aveva molto senso per Mitch. «Ne sei certo?»

    «Questa è la decisione.»

    Mitch scosse il capo, ancora perplesso. «È una pessima decisione. E ti dirò anche che cosa c'è di peggio... tu hai intenzione di affibbiarla a me.»

    «Solo per qualche giorno» lo implorò Neil. «Solo fino a dopo Natale. Per allora, saremo riusciti a tappare la falla qui oppure avranno trovato una casa sicura in California. Senti, la terrei anche con me, ma non è un segreto dove io abiti.»

    «E invece casa mia è abbastanza sicura, vero? Inoltre, forse potrei anche essere disposto a farlo, ora che so che Madeline Maeburn ha ritrovato coraggio e coscienza.» Fece una pausa e aggiunse cinico: «Però continuo a chiedermi se sia venuta da te proprio per questo motivo oppure perché si è resa finalmente conto che era in pericolo in qualsiasi posto si trovasse e aveva bisogno della polizia per salvare la pelle».

    «Magari lei pensa di rischiare comunque la pelle.»

    «Davvero? Allora, se è così brava, perché ha aspettato fino adesso per parlare? Perché non ha vuotato il sacco quando Julie è stata assassinata?»

    Neil lo fissò solennemente. «Da quando sei diventato così amaro, Mitch?»

    Mitch trasalì davanti all'espressione addolorata negli occhi dell'amico. Sapeva che Neil aveva ragione. Era diventato così dopo la morte di Julie. Era qualcosa che avrebbe dovuto cancellare, ma si rendeva conto che non sarebbe mai accaduto con Madeline Maeburn sotto il suo stesso tetto.

    «Vorrei poterti dare una mano, Neil, ma non posso. La risposta è no.»

    Il suo amico non aprì bocca. Si limitò a continuare a fissarlo mentre Mitch restava immobile, cercando di darsi un tono dopo quella secca risposta. Infine Neil tirò la botta finale, quella che aveva risparmiato esattamente per quel momento.

    «È un vero peccato, Mitch» disse piano. «Perché se Matisse è stato il responsabile della morte di Julie l'estate scorsa e noi non riusciamo a tenere in vita Madeline Maeburn perché testimoni contro di lui, allora quel bastardo non la pagherà. Tu vuoi vederlo cavarsela ancora una volta?»

    Era un argomento davanti al quale Mitch non aveva difese e il suo amico lo sapeva. Fissò Neil con espressione di esasperata frustrazione. Poi afferrò bruscamente il biglietto da visita posato sul tavolo accartocciandolo nel pugno.

    Neil, comprendendo che quell'ira sottintendeva una resa, annuì lentamente. «Vieni fuori con me all'auto o preferisci aspettare che la porti qui?»

    Mitch rispose attraversando a grandi passi la

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