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Il biglietto vincente (eLit): eLit
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E-book234 pagine2 ore

Il biglietto vincente (eLit): eLit

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Info su questo ebook

TALLANT'S SAGA VOL. 1 - Amy Bainbridge è una donna d'onore, tant'è che quando le capita di trovare il biglietto vincente della lotteria nazionale decide di restituirlo al legittimo proprietario, presumibilmente uno degli amici del suo scapestrato fratello. A quanto pare, tuttavia, nessuno di loro lo ha perso, nemmeno l'affascinante Joss Tallant... Incallito giocatore d'azzardo e noto libertino, lui è esattamente il tipo d'uomo che Amy disprezza. Purtroppo è anche una delle poche persone a sapere come mai lei, nobildonna in gravi ristrettezze economiche, sia potuta tornare di punto in bianco a frequentare i salotti mondani. Così, quando scoppia lo scandalo...
LinguaItaliano
Data di uscita29 dic 2017
ISBN9788858979488
Il biglietto vincente (eLit): eLit
Autore

Nicola Cornick

Nata nello Yorkshire, nei pressi delle brughiere che ispirarono alle sorelle Bronte Cime tempestose e Jane Eyre, e laureata in Storia all'università di Londra, ha lasciato il lavoro per dedicarsi alla sua vera passione: scrivere.

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    Anteprima del libro

    Il biglietto vincente (eLit) - Nicola Cornick

    gioco.

    1

    1814

    Poiché il marchese di Tallant non era incline ad apportare migliorie alla residenza di famiglia, la sala da pranzo di Ashby Tallant era uguale a com'era stata vent'anni prima.

    La luce del sole che entrava dalle finestre metteva in risalto il velluto liso delle tende e i tappeti ormai consunti.

    Joscelyne, conte di Tallant, entrò nella stanza con andatura baldanzosa per fermarsi poi interdetto: sembrava che non ci fosse nessuno. Quindi abbozzò un sorriso cupo notando una poltrona collocata in modo da dare le spalle alla porta e avanzò verso il camino.

    «Buongiorno, signore. Volevate vedermi?» chiese rivolto all'uomo seduto in poltrona.

    «Non posso dire di desiderarlo, Joss, ma di certo voglio parlarti» rispose il marchese con una durezza in netto contrasto con il tono languido e leggero del figlio. «Siediti. Se vuoi bere qualcosa, tira il cordone del campanello.»

    Joss obbedì, poi sedette di fronte al padre.

    Il marchese ordinò al valletto subito accorso di portare una bottiglia di vino bianco delle Canarie.

    «State bene, signore?» chiese Joss in tono indifferente.

    «Abbastanza» borbottò il marchese stringendo un bastone tra le dita nodose. «Ti dispiace, ragazzo? Non vedi l'ora di spedirmi nella tomba, immagino.»

    «Oh, no, signore.»

    Joss si alzò non appena il domestico entrò con il vino, riempì due bicchieri e ne offrì uno al padre sollevando poi il suo in un brindisi.

    «Alla vostra buona salute, signore.»

    Il marchese rispose con un grugnito.

    «Juliana vi manda i suoi saluti, signore. Sta bene.»

    «Ha preso dalla madre» borbottò il marchese cupamente. «Nessuna discrezione. Ho sentito tutte le storie scandalose che circolano su di lei, compresa quella secondo cui si è presa per amante Clive Massingham, proprio come sua madre. Per fortuna Myfleet è morto e non deve assistere a questo scempio.»

    Joss si dimenò a disagio. «Vi prego di non denigrarla, signore. Se Myfleet fosse ancora vivo, Juliana non gli sarebbe infedele. Era felice con lui e ora non lo è.»

    «Parli come uno sciocco sentimentale, Joss!» sbottò il marchese sprezzante. «Chi di noi può dirsi felice? Tu, forse? So tutto di te, ragazzo mio, dei tuoi vizi e delle compagnie malfamate che frequenti. Una volta avevo grandi speranze su di te, prima di quel disgraziato episodio, quando hai quasi rovinato la famiglia con i tuoi debiti di gioco. Da allora sei andato di male in peggio: il mese scorso ho dovuto pagare una bella somma a quell'Avery, che giurava che tu gli avevi sedotto la figlia.»

    «Non vi sareste dovuto prendere tanto disturbo» commentò Joss sorseggiando il vino. «Non sono certo il primo a essere accusato di un simile misfatto: il padre di Angela Avery sta accumulando una fortuna.»

    Il marchese divenne paonazzo per l'indignazione. «Cameriere, vergini, vedove e mogli, per te non fa nessuna differenza, eh?» lo accusò.

    «State calmo, vi prego» replicò Joss con accento più strascicato che mai. «Le mie imprese non sono certo così memorabili. A volte frequento anche i ricevimenti più noiosi e rispettabili. Temo che le vostre spie abbiano esagerato.»

    «Allora non ti sarà difficile adeguarti ai miei piani. Non intendo tollerare oltre questo comportamento scandaloso» annunciò il marchese. «Hai trascinato nel fango il buon nome della famiglia. Ora devi redimerlo.»

    «Dovete essere davvero disperato, signore, se potete vedermi come il salvatore dell'onore dei Tallant» osservò Joss ironico. «Cosa dovrei fare per realizzare un simile miracolo?»

    «Non c'è bisogno di essere sarcastico. È semplice: devi sposarti, Joss. Dopotutto hai ventinove anni e c'è bisogno di un erede. Se sposassi una ragazza docile e carina e ti stabilissi in campagna ad allevare una nidiata di figli, potrei dimenticare il passato. Che ne dici?»

    «Che prospettiva agghiacciante!» commentò Joss con un sorriso sardonico. «No, grazie, signore. Il vostro suggerimento non mi attrae.»

    «Non era un suggerimento, ma un ordine» lo corresse il padre con un'ombra dell'antica arroganza.

    Un lampo divertito guizzò negli occhi color ambra di Joss, che si alzò in piedi con un movimento languido e pieno di grazia.

    «Come giocatore, vi avverto che non vi conviene puntare su di me per un'impresa del genere.»

    Il marchese afferrò il bastone e si tirò in piedi con fatica.

    «Maledizione, ragazzo, farai quello che ti dico o ti diserederò!» ringhiò minaccioso.

    «Oh, non credo che lo farete» replicò Joss tranquillo.

    «Avrai la tenuta, ma ti taglierò i fondi e lascerò tutto il resto a tuo cugino Roger. Voglio vedere come te la caverai, allora. Sarai costretto a sposare un'ereditiera!» sbraitò il marchese sempre più irato.

    «Vi prego, non vi scaldate troppo» mormorò Joss allungando una mano per sostenerlo. «Sapete che tanto farò di testa mia.»

    Il marchese si lasciò cadere di nuovo in poltrona.

    «Vai al diavolo! Per quel che me ne importa, puoi sposare la prima donna che incontri.»

    «Potrei anche farlo» mormorò Joss con un lampo malizioso negli occhi. «Servo vostro, signore.»

    Si congedò con un inchino e uscì. Un valletto gli portò mantello, cappello e guanti. Non si vedevano in giro cameriere intente a lucidare la ringhiera delle scale, il che era una fortuna per le sue prospettive matrimoniali.

    Prima di salire sul calesse a due cavalli, Joss si guardò intorno. Era una fresca giornata di maggio e il viale alberato formava una galleria verde e ombrosa. La campagna, che noia! Meglio tornare subito in città.

    La prima donna che vide fu la padrona della locanda dove si fermò a cambiare i cavalli e a bere una pinta di birra. Era già sposata, per fortuna.

    L'idea comunque non lo abbandonò. Erano proprio quelle trovate a rendere la vita meno monotona.

    «Amy, cara, spegni la seconda candela» disse lady Bainbridge con gentile fermezza. «Una è più che sufficiente perché io riesca a leggere e tu a cucire.»

    Amy si alzò per spegnere la candela posta sulla credenza accanto alla sua sedia. Le faceva male la testa per lo sforzo di aguzzare la vista nel salottino in penombra. Non avrebbe saputo dire quando la madre fosse diventata così avara, ma ormai non c'era modo di rompere quell'abitudine al risparmio.

    Mise via l'occorrente per cucire e il vecchio scialle cui stava aggiungendo una frangia nella speranza di ravvivarlo un po'. Non si comprava un vestito nuovo da anni ed era costretta ad abbellire il suo scarso guardaroba con l'aggiunta di nastri e pizzi. Nonostante l'impegno, non si faceva illusioni sui risultati. Sapeva bene di essere un disastro, in confronto alle eleganti signore della buona società.

    D'altra parte faceva una vita così ritirata che la necessità di rendersi presentabile si verificava di rado.

    «Credo che andrò a letto, mamma» annunciò soffocando uno sbadiglio.

    La serata si era trascinata come al solito: una cena troppo magra per due persone, per poi ritirarsi nel salottino a leggere e a cucire. Dalla morte di George Bainbridge, due anni prima, non uscivano quasi più. La madre, poi, scoraggiava le visite per non trovarsi obbligata a offrire rinfreschi che non poteva permettersi.

    «Come vuoi, cara. Dovrebbe esserci una candela nell'ingresso, ma non portarla di sopra. Ormai sei in grado di trovare la tua stanza, no?»

    Era così, ma solo perché Amy si era abituata a girare per la casa al buio.

    «Io rimango alzata» annunciò lady Bainbridge con un sospiro. «Tuo fratello potrebbe essere troppo stanco per ricordarsi di chiudere a chiave la porta prima di ritirarsi. Non vorrei che qualcuno entrasse a rubare.»

    Era più probabile che fosse l'alcool, e non la stanchezza, a offuscare la memoria di Richard, rifletté Amy amara.

    Quanto alla possibilità di un furto, qualsiasi ladro della città probabilmente sapeva che nella casa di Curzon Street non c'era niente da rubare. Prima di morire, suo padre aveva impegnato o venduto ogni oggetto di valore. Era noto che non avevano denaro. La casa, concessa per un affitto simbolico da un vecchio amico di famiglia e arredata con uno stile vecchio di trent'anni, era poco più di un tetto sopra la loro testa. La servitù si era ridotta a una cuoca, una cameriera e il valletto personale di Richard, l'impareggiabile Marten, e l'anno prima avevano dovuto vendere la carrozza e i due magri cavalli. Lady Bainbridge si era opposta strenuamente a quella decisione fino a quando Amy le aveva fatto notare che i cavalli erano così macilenti per la mancanza di cibo da poter crollare a terra per strada coprendole di ridicolo. A quel punto la madre, sempre timorosa delle critiche altrui, aveva ceduto.

    «Preferirei che non rimaneste alzata fino a quando Richard andrà a letto, mamma» replicò Amy. «Marten si prenderà cura di lui e si accerterà che sia tutto a posto. Inoltre quei signori potrebbero andare avanti a giocare a carte fino alle ore piccole. Rischiate di addormentarvi in poltrona e di svegliarvi con il torcicollo e i capelli in disordine.»

    Lady Bainbridge trasalì allarmata. Possedeva ancora qualche traccia dell'antica bellezza e metteva ogni cura nel conservarla, ma dalla morte del marito era appassita in modo irrimediabile. I capelli avevano perso lucentezza, nel viso pallido si vedevano le prime rughe e i vestiti stinti e fuori moda ricadevano cascanti sulla figura scarna.

    «Oh, è vero, cara. Non ci avevo pensato. Non posso andare a letto, però, senza il mio libro per addormentarmi. Questo è il libro della signora Kitty Cuthbertson e lo uso per restare sveglia» spiegò mostrandole il volumetto che teneva in mano. «Per dormire mi serve il libro della signora Edgeworth.»

    Amy si era ormai abituata ai rituali superstiziosi della madre, legati in particolare al momento di andare a letto. Ogni sera lady Bainbridge saliva le scale senza voltarsi, teneva le pantofole nella stessa posizione e leggeva sempre il medesimo libro.

    «Dov'è adesso il volumetto della signora Edgeworth?» chiese Amy con un sospiro.

    «Temo di averlo lasciato in sala da pranzo, proprio dove tuo fratello sta intrattenendo i suoi amici» ammise la madre con un sospiro.

    Era una circostanza insolita e sfortunata, giacché Richard stava poco a casa preferendo passare le serate a giocare a carte da White's o da Boodle's.

    «Perché non mandiamo Patience a prenderlo?» suggerì Amy.

    Patience era la loro cameriera, un tipo inflessibile e severo, sempre pronto a disapprovare qualsiasi eccesso. Si poteva bene immaginare la sua reazione davanti agli amici di Richard.

    «Ah, ma certo!» si illuminò la madre, per poi scuotere costernata la testa. «Oh, no, non è possibile! Patience ha giurato di non mettere più piede in una stanza dove siano presenti Richard e i suoi amici, dopo che uno di loro ha tentato di darle un pizzicotto sul...»

    Si interruppe imbarazzata e Amy nascose un sorriso all'idea della rigida cameriera oggetto delle attenzioni amorose di uno degli scatenati compari di suo fratello. L'uomo doveva essere senza dubbio ubriaco.

    «Mandiamo Marten, allora» propose. «Lui non corre pericoli del genere.»

    «Marten è andato a trovare sua sorella e credo che non sia ancora tornato» la informò la madre.

    «Non potete proprio leggere qualcos'altro?» scattò allora Amy esasperata.

    «Oh, no, mia cara. Alcuni libri sono adatti al giorno e altri alla notte. Non si possono mescolare» sentenziò l'altra scandalizzata.

    Amy si alzò sospirando e avvolse lo scialle intorno alla figura snella.

    «Andrò io, allora» annunciò. «Ci metterò un attimo.»

    «Ma no, cara, non puoi entrare in sala da pranzo! Quei signori stanno giocando a carte» protestò la madre inorridita.

    L'espressione di Amy si indurì. «Lo so, mamma. Saranno così presi dalla partita da non accorgersi di me. Dubito di andare incontro al destino di Patience.»

    «Hai ragione, cara. In effetti, nessun gentiluomo ha mai mostrato un particolare interesse nei tuoi riguardi» ammise la madre in tono dispiaciuto. «In ogni caso, è sconveniente che tu entri in una stanza piena di uomini.»

    «Uno di loro è mio fratello» le fece notare Amy ignorando l'osservazione poco generosa. «Se dovesse succedere qualcosa di disdicevole, chiederò subito la protezione di Richard.»

    Uscì dal salottino e si avvolse più strettamente nell'ampio scialle. In casa faceva freddo: il riscaldamento era proporzionale alla quantità di denaro che Richard perdeva al gioco, così che lei era abituata al gelo e agli spifferi.

    Dalla sala da pranzo giungeva un suono di risate e voci maschili. Era davvero sconveniente entrare in una stanza piena di uomini, probabilmente ubriachi, ma quelli erano giocatori incalliti e lei non aveva certo un aspetto tale da infiammarli.

    Non l'avrebbero nemmeno notata, o al massimo l'avrebbero liquidata come la scialba sorella di Richard.

    Ricordò con una stretta al cuore la sua unica stagione mondana: timida e silenziosa, si era sempre tenuta in disparte, senza attrarre l'attenzione di un possibile corteggiatore. In seguito non c'erano state altre stagioni e tanto meno pretendenti.

    Aprì la porta della sala da pranzo e si affacciò. La scena era proprio come se l'era immaginata: la stanza era calda e piena di fumo, grazie al fuoco che divampava nel camino e alla ventina di candele accese sparse sul tavolo. Niente economie, lì.

    Suo fratello Richard era accasciato su una sedia, il viso arrossato e il bussolotto per i dadi in mano.

    Amy identificò con una rapida occhiata due degli ospiti del fratello, mentre gli altri due le erano sconosciuti. Lord Humphrey Dainty era così ubriaco che stava quasi per scivolare a terra. Bertie Hallam portava un cappellino adorno di nastri come portafortuna.

    Scosse piano la testa: era abituata ai rituali superstiziosi della madre, ma quelli dei giocatori le sembravano ancora più assurdi. Bertie Hallam, poi, non pareva accorgersi che i suoi portafortuna non funzionavano mai.

    Il suo sguardo si posò sugli altri due ospiti: uno era un tipo biondo che non pareva troppo ubriaco, l'altro...

    Lui sollevò lo sguardo proprio mentre Amy lo stava osservando e la fissò diritto negli occhi. Lei trasalì, non solo perché le sue iridi erano di un intenso color ambra, quale non aveva mai visto, ma anche perché lo sconosciuto la fissava davvero. In genere la gente pareva attraversarla con lo sguardo oppure osservava qualche ragazza più bella o attraente.

    L'uomo, invece, sembrava davvero interessato a lei.

    Era più vecchio di Richard, rifletté Amy. Doveva avere circa trent'anni, era alto e snello e sedeva rilassato, le lunghe gambe incrociate alle caviglie e la giacca appesa alla spalliera della sedia a rivelare una camicia candida e una cravatta appena spiegazzata. Con quei lineamenti classici e la carnagione scura, era l'uomo più bello che lei avesse mai visto. Davanti a lui si vedeva una pila di ghinee molto più alta di quelle degli altri.

    Le sorrise e scostò un ricciolo ramato che gli ricadeva sugli occhi. Amy aggrottò la fronte: non desiderava certo attirare l'attenzione di uno di quei giocatori incalliti.

    Richard spinse attraverso il tavolo la bottiglia di brandy.

    «Forza, Joss, forza, Seb! Su, riempitevi i bicchieri!» li incitò.

    La bottiglia traballò, Richard sollevò lo sguardo, vide la sorella e ridacchiò. Alla luce delle candele i suoi capelli biondi splendevano e gli occhi azzurri parevano brillare.

    «Sei venuta a controllare quanto sto perdendo?» chiese con voce strascicata da ubriaco. «Prenditela con Joss: stasera ha una fortuna sfacciata.»

    Amy distolse a fatica lo sguardo dall'uomo dai capelli ramati, abbozzò un sorriso tirato e si spostò lungo la stanza. La madre le aveva detto di aver lasciato il libro sul sedile sotto una delle quattro finestre, ma le tende di velluto rosso erano tirate ed era impossibile capire di quale si trattasse.

    Ora gli ospiti di Richard cominciavano a notarla. Lord Dainty tentò di rialzarsi per ricadere poi con la testa sul tavolo. Bertie Hallam scattò in piedi e rovesciò quasi il bicchiere che teneva in mano.

    Amy gli posò una mano sulla spalla e lo spinse giù decisa: si conoscevano da quando erano bambini e da anni Bertie le proponeva di sposarlo ricevendo sempre una risposta negativa.

    «Buonasera, signorina Bainbridge. Posso esservi di aiuto?»

    Il gentiluomo alto e biondo seduto alla sinistra di Richard si era alzato e ora le rivolgeva un inchino. Gli occhi azzurri la guardavano caldi e ammiccanti. Amy sentì suo malgrado uno slancio di simpatia nei suoi confronti e ricambiò il sorriso.

    «Vi ringrazio, signore. Mia madre è convinta di avere lasciato qui un libro senza il quale non può andare a dormire.»

    «C'è un romanzo sul sedile sotto la finestra

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