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Una sorpresa alla mia porta
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E-book154 pagine2 ore

Una sorpresa alla mia porta

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Info su questo ebook

Non tutti credono all'amore a prima vista. Come definire, allora, quella strana sensazione che prende la bocca dello stomaco quando due sguardi si incrociano e non si lasciano più?
L'ultima cosa che Dominic Johnson desidera è una famiglia. In passato ha sofferto troppo, e aprirsi all'amore per lui è fuori discussione. In cerca di una pausa dal lavoro, si rifugia nell'abitazione della sorella a Londra, sicuro che lì non potrà essere disturbato. Il fato, però, ha altri piani per lui e quando Dominic si presenta davanti alla sua porta, si trova costretto a soccorrere Lily Baker, la migliore amica della sorella, e la sua nipotina! Lui, che non osa avvicinarsi ai bambini, ora deve fare i conti con pianti e pannolini! Almeno, può imputare alla mancanza di sonno l'attrazione che prova per la dolce Lily, anche se il suo cuore non è affatto d'accordo!
LinguaItaliano
Data di uscita10 feb 2021
ISBN9788830525429
Una sorpresa alla mia porta

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    Anteprima del libro

    Una sorpresa alla mia porta - Ellie Darkins

    978-88-3052-542-9

    1

    Lily s'infilò la matita dietro l'orecchio mentre raggiungeva la porta. Aveva terminato il progetto del sito web un giorno prima della scadenza fissata dal cliente. Era stupita che avesse fatto in tempo, considerato il caos che c'era in casa. Poteva ancora sentire i colpi di piccone e martello degli operai che demolivano le vecchie mura divisorie prima di lavorare sul nuovo ampliamento.

    Il suono del campanello era arrivato al momento giusto. Quando aveva guardato l'orologio, si era accorta di non essersi concessa nemmeno una pausa da quando, alle sei di quella mattina, si era ritirata nella sua stanza adibita a ufficio. Desiderava una tazza di caffè e, di sicuro anche gli operai ne avrebbero gradita una.

    Un'occhiata attraverso lo spioncino le permise di scorgere un taxi che si allontanava sulla strada, ma non scorse alcuna sagoma dietro il vetro satinato della porta. Strano, pensò, girando la chiave per aprire.

    Non c'era anima viva.

    Bambini in vena di scherzi?, si chiese. Impossibile. Abitava in quella casa da una vita e non era mai capitato un episodio del genere.

    Stava per richiudere il battente quando un lamento che sembrava più un miagolio raggiunse le sue orecchie. Abbassò lo sguardo.

    Non era un gattino.

    Un porta enfant era infilato nell'angolo del portico, al riparo della brezza primaverile. Dalla copertina gialla spuntavano solo due occhi e la punta di un nasino. Una bambina.

    Si chinò e, d'istinto, sollevò la piccola da terra e la poggiò sulla sua spalla. Assicurandosi che fosse bene avvolta nella copertina, si diresse verso il cancello e guardò prima a destra e poi a sinistra per vedere se la persona che aveva lasciato la neonata alla porta fosse ancora nei paraggi.

    Nulla.

    Spostò la creaturina nella curva del suo braccio e cercò di dare una spiegazione a quell'inaspettato arrivo. Fu allora che il fruscio di una carta richiamò la sua attenzione. Con la coda dell'occhio colse un foglio strappato da un quaderno, con un messaggio. Le parole erano chiare e inconfondibili, così come la calligrafia.

    Ti prego, prenditi cura di lei.

    Andò di nuovo al cancello, sperando ancora di vedere quel taxi e di avere il tempo di raggiungerlo per fermare la sua sorellastra, ma la macchina era sparita.

    Restò paralizzata dallo shock per un momento, non sapendo se chiedere aiuto o portare la bambina dentro. In che guaio si era cacciata la sua sorellastra questa volta, per arrivare a questo? Se n'era andata via per sempre? O sarebbe tornata di lì a pochi minuti e le avrebbe dato una spiegazione?

    Per la prima volta, Lily prese un profondo respiro e guardò i grandi occhi blu della sua nipotina. E se ne innamorò all'istante.

    I suoi piedi battevano con vigore sulla strada, tenendo a bada i pensieri, l'emozione e la ragione. Tutto quello che lui sentiva era il rumore ritmico delle scarpe che battevano sull'asfalto e il dentro e fuori del suo respiro regolare.

    Il sole stava asciugando la rugiada sull'erba ai bordi della strada e gli ultimi pendolari stavano entrando nella stazione della metropolitana. Fare il pendolare era un piccolo prezzo da pagare per chi viveva in quella tranquilla parte di Londra piena di verde, immaginò.

    Oltre a questo, notò gli sguardi ammirati di un paio di donne quando le superò. Ma niente di ciò gli interessava. Quello era l'unico momento della giornata in cui riusciva a concentrarsi su qualcosa che era sotto il suo esclusivo controllo. Niente musica, niente soste per ricambiare sguardi ammirati; solo lui e la strada. Nulla avrebbe rovinato l'ora che lui passava a ignorare gli orrori del mondo, grandi e piccoli, che aveva incontrato in anni di lavoro.

    L'indomani avrebbe scelto un sentiero solitario a Richmond Park, ma quella mattina era costretto a schivare i tavolini dei caffè e i pedoni mentre guardava i nomi delle vie, cercando l'indirizzo che gli aveva inviato per sms sua sorella. Per accoglierlo come si doveva nella sua abitazione, la sorella aveva aspettato che consegnassero i nuovi mobili e aveva lasciato le chiavi del suo nuovo appartamento a una sua amica che lavorava da casa.

    Svoltato l'angolo, si ritrovò in una via tranquilla e, all'improvviso, il pianto disperato di un neonato scosse la sua coscienza, facendolo incespicare su una crepa dell'asfalto.

    Cercò di continuare a correre, di ignorare il suono, ma scoprì che era impossibile. Si concentrò a contare i numeri delle case, qualunque cosa pur di distrarsi da quelle grida. Via via che i numeri aumentavano sentiva crescere un senso d'ineluttabilità. Più si avvicinava al lamento, più desiderava allontanarsi in fretta, anche se sapeva che non sarebbe riuscito a farlo.

    Il ritmo e la concentrazione che erano sempre stati naturali per lui come respirare quando indossava le scarpe da corsa, erano spariti. Il suo corpo lottava contro di lui, cosciente di quel pianto nelle sue orecchie. Un'altra strada si aprì alla sua sinistra e, per un attimo, desiderò imboccarla, correre via, ma i suoi piedi non obbedirono. Al contrario, lo portarono verso una donna confusa e un neonato che piangeva sul portico di una delle case di fronte.

    Guardò il numero dell'abitazione ed ebbe la conferma di non essersi sbagliato. Sua sorella lo aveva mandato lì, pur sapendo che vi avrebbe trovato un bambino, e senza una parola di avvertimento.

    «Salve» salutò avvicinandosi alla donna e parlandole con circospezione. Immaginò che dovesse essere Lily, l'amica della sorella. «Tutto bene?» non poté fare a meno di chiederle, vedendola sconvolta.

    I suoi capelli biondi raccolti in una morbida coda di cavallo allentata, erano così luminosi che sembravano raggi di sole. Gli occhi blu limpidi e grandi erano colmi di shock e panico.

    Lo fissava confusa e lui sollevò le mani in un gesto che significava: tranquilla, non intendo fare nulla di male. «Sono Nic» disse, rendendosi conto che lei non aveva idea di chi fosse. «Dominic, il fratello di Kate. Mi ha detto di venire qui a prendere le chiavi.»

    «Oh, Dio!» mormorò. «Me n'ero completamente dimenticata.»

    Ma restò immobile. I suoi occhi, invece si spostarono sulla sua maglietta e i pantaloncini da corsa, scendendo fino alle caviglie, prima di incontrare di nuovo le sue iridi. C'era interesse, notò Nic, anche se velato dalla confusione e dall'angoscia.

    «Tutto bene?» le domandò di nuovo, anche se ogni cosa di lei – il suo atteggiamento, l'espressione – gli suggerivano il contrario.

    «Sì, bene» rispose.

    Poté vedere lo sforzo che le ci volle per tirare i muscoli del suo viso in un sorriso che non fu sufficiente a celare la preoccupazione. Qualcosa in quel contrasto lo incuriosì a conoscere meglio quella giovane donna.

    «Mia sorella...» iniziò lei nell'ardito tentativo di apparire normale. «Non mi dà mai alcun preavviso quando ha bisogno di una babysitter per la piccola.»

    Il che era il cinque per cento della verità, suppose Nic. Si ritrovò a fissarla negli occhi, cercando di cogliere ciò che lei stava tacendo. C'era un tranello? Che cosa aveva tramato Kate? Di sicuro, non sarebbe mai stata così crudele da esporlo a un dolore simile. Ma lui voleva sapere di più di questa donna. Sciogliere il suo mistero.

    A quel punto, però, non poté più ignorare gli strilli della bambina, anche se sapeva che non avrebbe dovuto nemmeno pensarci. Avrebbe dovuto voltarsi e allontanarsi da quella donna e da quel minuscolo fagottino, subito. Prima di lasciarsi coinvolgere, prima di fare riaprire le ferite che avevano impiegato anni a rimarginarsi.

    Ma non poteva, non voleva abbandonare qualcuno che era in evidente difficoltà. Soprattutto una bambina, anche se ciò lo avrebbe fatto soffrire. Lo aveva scoperto durante il suo primo viaggio in India, quando aveva visto bambini usati come schiavi nelle fabbriche dei vestiti che, poi, venivano venduti a caro prezzo nelle boutique delle città britanniche. Non era stato capace di andarsene senza fare qualcosa, senza intervenire per migliorare quelle vite distrutte.

    Adesso, dieci anni più tardi, l'organizzazione benefica che aveva fondato, aveva salvato dallo sfruttamento centinaia, migliaia di bambini. Il suo debito con il destino non era forse stato ripagato? Eppure, ciò non gli impedì d'ignorare il pianto di quella neonata.

    I bambini disperati avevano bisogno di aiuto, chiunque fossero, ovunque vivessero. Finalmente si sforzò di guardare la piccola e sentì svanire tutte le sue preoccupazioni. Sapeva di essere nei guai, ma qualunque pensiero di andarsene diventò impossibile. Era una neonata che aveva solo poche ore di vita. Del tutto indifesa, vulnerabile e... dall'espressione di Lily, sembrava un arrivo inaspettato.

    Lei cercò di cullarla nel tentativo di calmarla. Ma, era evidente che non riusciva a darle ciò di cui quella creatura aveva bisogno.

    «Tua sorella ti ha lasciato il latte? Anche quello in polvere?»

    Lily sollevò gli occhi a incontrare i suoi. C'era qualcosa di pericolosamente attraente in quell'espressione, qualcosa che lo avrebbe portato ad agire contro ogni buon senso. Sentì la connessione con lei intensificarsi sempre di più. Era pericoloso e non avrebbe voluto averci niente a che fare, eppure non riusciva ad allontanarsi.

    «Sì, mi ha detto di comprarlo.» Lily improvvisò la risposta. «Grazie per esserti fermato, ma adesso devo andare al negozio.»

    Lui scelse con attenzione le successive parole, sapendo che non avrebbe dovuto spaventarla, ma era evidente, dalla sua espressione sconvolta, che lei non aveva ancora capito che problema avesse la bambina. Chi lasciava una neonata in affido senza preavvisare l'interessato? Nic sospettava che in quella faccenda ci fossero delle complicazioni che nessuno di loro aveva ancora capito.

    «Piange troppo. Che ne dici di portarla da un dottore? Ho visto che l'ospedale vicino ha un ambulatorio accessibile senza prenotazione.»

    A quelle parole, Lily si riscosse, raddrizzò le spalle e strinse a sé la piccola. La sua evidente preoccupazione e l'angoscia gli fecero desiderare di prenderla tra le braccia e prometterle che sarebbe andato tutto bene. Ma era l'ultima persona che poteva garantirle questo, come anche credere che potesse essere vero.

    «Forse hai ragione» commentò lei allontanandosi dalla soglia per raggiungere il cancello. «Le chiavi di Kate sono nel primo cassetto all'ingresso. Puoi chiudere la porta quando esci?»

    Quindi si avviò con passo veloce verso la strada, la neonata stretta a sé, che continuava a piangere disperata. Lui guardò la casa ed esitò. Aveva bisogno delle chiavi, e non poteva lasciare la porta di Lily aperta. Lei non aveva nemmeno preso la borsa. Aveva con sé le sue chiavi? Il portafoglio? Non ebbe scelta. Entrò in casa, afferrò la borsa di lei, le proprie chiavi e si diresse verso i lamenti della neonata.

    Voleva solo assicurarsi che stesse bene, si disse.

    «Verrò con te» decise, raggiungendo Lily.

    Le parole gli uscirono dalla bocca prima che potesse fermarle. Per quanto desiderasse non lasciarsi coinvolgere in quel piccolo dramma familiare, sentiva di doverlo fare. Poteva sbagliarsi, ma l'istinto e un'evidenza non trascurabile, gli suggerivano che quella bambina era stata abbandonata, forse perché la madre era in pericolo.

    Cercò di concentrarsi sul lato pratico della questione, di scacciare

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