Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

L'impronta dell'elefante
L'impronta dell'elefante
L'impronta dell'elefante
E-book258 pagine3 ore

L'impronta dell'elefante

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Matteo, adolescente vivace e curioso di una tranquilla famiglia romana, durante le vacanze estive si incontra clandestinamente con Guido, il misterioso, proprietario di un negozio di libri antichi conosciuto per caso.

L’anziano libraio accompagna per mano il giovane ragazzo in un viaggio avvincente attraverso i segreti, la filosofia e la storia millenaria della Medicina Tradizionale Cinese.

Questo romanzo ripropone in chiave moderna lo schema narrativo del dialogo tra il maestro e l’allievo presente nell'antichissimo testo medico cinese “Huangdi Neijing”, fornendo al lettore uno strumento semplice, leggero ma al tempo stesso completo ed efficace per comprendere i concetti che sono alla base di questo approccio verso la Natura, l'Uomo e la salute così diverso da quello a cui siamo abituati in occidente.

La passione e la voglia di apprendere del ragazzo contro gli ostacoli che complicano il suo percorso. Lottare per seguire la propria luce divina e il proprio talento oppure cedere ed abbandonare i propri sogni?

Il finale a sorpresa è dietro l’angolo!
LinguaItaliano
Data di uscita31 lug 2020
ISBN9788831686549
L'impronta dell'elefante

Correlato a L'impronta dell'elefante

Ebook correlati

Crescita personale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su L'impronta dell'elefante

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    L'impronta dell'elefante - Enrico Sassi

    alfabetico)

    Mutuo e magia

    «Pensi che dovremmo dirglielo?»

    «Non lo so, ma temo di sì. Ha il diritto di saperlo. E poi dovrà darci una mano per le spese.» disse Carlo preoccupato afferrando ed accarezzando con dolcezza la mano di Maria.

    È un venerdì sera di una calda giornata di Luglio del duemilaquindici, una di quelle sere in cui l’aria sembra restarti appiccicata addosso come la pellicola trasparente sulle pietanze conservate in frigo. Nonostante il caldo in quel momento dentro il corpo di Carlo e Maria scorre un brivido freddo, fatto di paura di non farcela e di quella sensazione di impotenza che si prova di fronte a cose più grandi di noi.

    Le loro mani si stringono forte.

    Quella mano, negli ultimi trentanove anni, Carlo l’ha afferrata così tante volte che quasi ha la sensazione che sia la sua. Questa volta però in quegli occhi che si guardano fissi si può leggere un’espressione diversa, nuova, disorientata, piena di paura, come mai era accaduto anche nei momenti peggiori e più duri della loro vita insieme.

    Il mutuo da finire di pagare, un figlio adolescente da crescere, una figlia incinta da aiutare a costruirsi la sua famiglia, una vecchiaia dignitosa da garantirsi.

    Carlo è appena stato messo in riposo forzato e senza stipendio dalla sua azienda che è in crisi, problemi di delocalizzazione del business dicono, la prospettiva più probabile è il licenziamento, se ne riparlerà dopo l’estate. Il suo stipendio è l’unica entrata economica della famiglia, lui e sua moglie sentono il mondo che gli crolla addosso.

    Matteo è loro figlio. Ha sedici anni ed è il più piccolo dei tre figli di casa Ricci. Ora è di là nella sua cameretta dove è rinchiuso da ore a scrivere sul suo inseparabile blocco di carta con la copertina gialla, disegna e prende appunti a matita mentre guarda blogger e youtuber che spiegano piccoli trucchi di magia con le carte.

    È un ragazzo vivace, vispo, curioso e molto intelligente, uno di quei ragazzi che non si fermano mai, sempre in attività e alla ricerca di qualcosa di nuovo, qualcosa che gli trasmetta entusiasmo e gli faccia assaporare appieno il sapore della vita che ha di fronte.

    È nella primavera della propria esistenza, un giovane e vigoroso arbusto in crescita che si nutre delle gioie della su esistenza e si protende verso il cielo alla ricerca della propria forma.

    Matteo è appassionato di natura, animali, magia e di tutto ciò che gli provoca curiosità, stupore e meraviglia. Al contrario dei suoi coetanei che passano i pomeriggi tra la Playstation e le uscite in comitiva in giro per il quartiere, lui preferisce scandagliare il web alla ricerca di video o fotografie di animali, di paesaggi naturali o di nuovi trucchi di magia, che poi ripropone negli spettacoli domenicali in famiglia del Mago Matthew.

    È sereno ed ha la luce negli occhi.

    Gli altri due fratelli, molto più grandi di lui, vivono fuori casa da tempo. Questa circostanza ha permesso a Matteo di avere tutte le attenzioni della mamma e del papà come accade di solito ad un figlio unico.

    Mamma Maria, casalinga, è una donna forte che dedica anima e corpo alla famiglia. Ha cresciuto i propri figli con dedizione e li ha sempre riempiti di mille attenzioni.

    Anche lei è sempre in movimento. Ogni sua giornata è una lotta continua contro il tempo, sempre troppo poco per le mille attività da fare. Durante il giorno non si ferma mai al punto che la sera quando si corica nel letto la sua mente continua a correre e a frullare ancora per molto tempo.

    Spesso fa fatica a prendere sonno prima delle tre di notte.

    Tutto sommato non le dispiace godersi quelle ore di silenzio tutte per sé, magari leggendo un libro o facendo volare la mente verso quelle mille vite diverse che avrebbe potuto avere e che dentro di sé ha sempre sognato. Ma ormai le vicende della vita sono andate così e Maria e Carlo, insieme da quasi quarant’anni, sono felici della loro famiglia e dei loro tre ragazzi.

    «Matteo?» urla Carlo dalla stanza da letto dei genitori in penombra. «Puoi venire un attimo?»

    «Si papà, arrivo subito, finisco di guardare questo video di Dynamo e arrivo.»

    Le mani di Maria e Carlo si stringono forte e i due si sorridono, come a darsi coraggio a vicenda.

    «Eccomi. Che c’è?»

    La figura esile ma decisa di Matteo appare all’improvviso in controluce sull’uscio della stanza dei genitori.

    «Ecco vedi Matteo, oggi è successa una cosa» inizia Carlo con voce incerta.

    «Papà, guarda cosa ho appena imparato! Scegli una carta!» apre a ventaglio un mazzo di carte davanti al viso del padre con un sorriso a trentadue denti pieno di gioia. Il vento delle carte che si aprono muove i capelli radi del papà e spazza via in un solo colpo tutte le sue residue speranze di trovare la forza per dire al figlio di essere appena stato messo in riposo forzato.

    «Vieni di là con me» interviene Maria «lascia stare papà che è stanco dopo una giornata di lavoro, fallo riposare, vieni in cucina con me e fammi vedere questo fantastico nuovo gioco, amore mio!»

    È domenica mattina in Via Curio Dentato, una di quelle domeniche d’estate in cui la città fatica a svegliarsi ed in cui le voci ed i rumori della strada e del vicino parco degli Acquedotti sembrano attutiti, come se ci fosse uno strato di ovatta attorno alla casa per proteggerla dal mondo esterno.

    Come quasi tutte le domeniche, da quando i due figli più grandi sono andati a vivere lontano, Maria cucina e prepara il pranzo per riunire tutta la famiglia e vedere i suoi due nipotini.

    Suona il citofono.

    Le urla sono così acute che arrivano prima dalla finestra e solo dopo dalla cornetta del citofono. Maria capisce subito che si tratta di Pietro e Lorenzo, i due figli di Gianfranco, il maggiore dei figli di casa Ricci.

    «Nonna, siamo noi! Apri!» urlano in coro dal citofono.

    Dopo pochi istanti entra in casa un ciclone di energia, i due nipotini saltano in braccio alla nonna che li bacia e li accarezza dolcemente sulla testa scompigliando loro i capelli con la mano aperta. In un attimo filano via nell’altra stanza dove sanno che la nonna conserva i giochi che un tempo erano del figlio.

    Dopo poco entra Gianfranco con la moglie Letizia.

    Sono una coppia apparentemente perfetta. Gianfranco ha quasi trentanove anni. È il più grande dei figli di Carlo e Maria ed ha potuto portare a termine i suoi studi di medicina grazie ai tanti sacrifici dei genitori. Letizia è di buona famiglia, è la figlia di un importante commercialista romano ed è un’impeccabile segretaria di direzione che lavora per il direttore amministrativo di una nota azienda di informatica.

    Gianfranco ha sempre provato un senso di gratitudine verso i propri genitori ed ha sempre cercato di ripagare i loro sacrifici con un curriculum scolastico e professionale di tutto rispetto. Laureato con il massimo dei voti all’Università La Sapienza ora è uno stimato medico specializzato in gastroenterologia e lavora al Policlinico di Roma.

    La loro è la classica famiglia del Mulino Bianco anche se quasi sempre i sorrisi, le emozioni ed il contatto umano lasciano spazio alle regole, all’apparenza ed alla formalità.

    Completa la famiglia Pallina, una femmina di barboncino nero di cinque anni, tutta ricci e profumo, che per ultima fa il suo ingresso in casa in pompa magna zampettando fiera con il mento e la coda tirati all’insù.

    Seduti sulle poltrone Chesterfield marroni nell’angolo del salotto di casa Ricci sono già seduti Margherita e Riccardo.

    Lei è la figlia di mezzo di Carlo e Maria, ha cinque anni meno del fratello Gianfranco, è laureata in lettere, ha un diploma in naturopatia ed insegna arte nel liceo scientifico Augusto. Riccardo invece è uno scapigliato programmatore informatico che lavora da anni a progetto.

    Sono fidanzati da sempre. Da quando si sono conosciuti ai tempi del liceo sono sempre stati inseparabili. L’amore e la sintonia che li legano sono ancora così vivi che spesso chi li vede per la prima volta li scambia per due fidanzatini novelli.

    Si sorridono, scherzano, si prendono in giro e si scambiano battute mentre sorseggiano una Caipirinha, fatta come quella vera, grazie ai segreti appresi durante la loro ultima vacanza nella foresta amazzonica del Brasile.

    Margherita è felice e sorride mentre giocherella con il dito sui bottoni della poltrona. Di tanto in tanto si accarezza distrattamente ma con dolcezza la pancia che, al sesto mese di gravidanza, inizia a farsi ingombrante.

    «Ragazzi, a tavola!» si sente strillare dalla cucina.

    Ancora prima che Maria arrivi in salone, si sparge nell’aria un odore di pasta al forno così ammaliante ed invitante che tutti si alzano per seguirlo ipnotizzati come i cobra al suono di un flauto magico, abbandonando istantaneamente le proprie attività e prendendo posto a sedere.

    Dopo il caffè e l’ammazzacaffè i genitori comunicano agli adulti della famiglia le ultime novità sul lavoro di Carlo. Pietro e Lorenzo sono nell’altra stanza che giocano e strillano, mentre Matteo appena finito di mangiare è scappato in giardino. Sta studiando ed osservando il nido che una merla ha fatto sui rami del nespolo. Da qualche giorno si possono udire i cinguettii dei piccoli uccellini appena nati.

    La sera stessa Maria parla con Matteo e spiega anche a lui ciò che è successo al papà.

    Il ragazzo finalmente riesce a spiegarsi come mai suo padre nell’ultimo periodo, si è chiuso ancora di più in se stesso, ha perso completamente il sorriso, parla sempre meno e passa le sue serate ipnotizzato come un ebete a guardare in televisione ogni genere di sport fino a tarda notte.

    Pagine Gialle

    È lunedì, non sono passate nemmeno ventiquattr’ore da quella domenica pomeriggio e Matteo è già davanti al suo computer che naviga alla ricerca di un lavoro stagionale che qualcuno possa offrire ad un ragazzino della sua età.

    La magia e Dynamo per il momento possono aspettare.

    «Mamma, papà, forse ho trovato lavoro!» strilla ad un tratto poco prima dell’ora di cena.

    Mentre urla e corre per il corridoio con un foglio in mano, sbatte sulle pareti per la fretta e si precipita in salone, dove Maria sta stirando e Carlo guarda la televisione.

    «C’è questa azienda spagnola, si chiama Glovo, ha appena aperto una filiale a Roma e cerca ragazzi con la bicicletta per fare le consegne degli ordini nel quartiere. Ho chiamato e la nostra zona è ancora libera, domani mattina vado a fare il colloquio.»

    Tra Carlo e Maria uno scambio di sguardi tra lo stupito, il divertito e l’orgoglioso.

    La mattina seguente, per un ragazzo sveglio come lui, la distanza tra il momento del colloquio e quello del ritorno a casa con il borsone giallo e verde fosforescente è davvero breve.

    Torna a casa, apre la porta, attraversa l’uscio e cerca con il suo sguardo quello dei genitori. I suoi occhi e il suo sorriso con le labbra storte disegnano sul suo viso quell’espressione di chi prova gioia e soddisfazione, ma allo stesso tempo si sforza di trattenersi nel dimostrarla. Non dice nulla, ma mostra orgoglioso il suo borsone. La mamma lo guarda soddisfatta e sul viso di Carlo dopo tanto tempo si vede l’accenno di un sorriso.

    «Inizio da domani! Vado in garage a gonfiare le gomme ed a verificare cha la bicicletta funzioni!»

    Mercoledì quindici luglio.

    Nonostante sia estate Roma è sotto una fitta pioggia. Matteo si alza di buon mattino, fa una ricca colazione, accende il telefonino e, dopo un sospiro profondo, lancia l’applicazione in attesa della sua prima chiamata.

    Al primo bip del telefono il cuore di Matteo si ferma per un breve ma lunghissimo istante. In meno di un secondo tutta la sua giovane vita scorre velocemente nella sua testa, lasciandogli la sensazione e la consapevolezza di essere diventato tutto a un tratto un uomo.

    Un respiro profondo la sua prima giornata di lavoro ha inizio.

    Le chiamate si susseguono, una dopo l’altra, ritira e consegna panini dal Mc Donald di Via Tuscolana, piadine dal centro commerciale, pizze da asporto praticamente da tutte le pizzerie della zona. In preda ad una sorta di trance agonistica non si ferma un attimo. Il tempo che passa, la pioggia che batte incessante sull’asfalto e il suo k-way completamente zuppo sono un dettaglio a cui non fa nemmeno più caso.

    «Tutto sommato tra mance e percentuali non si guadagna male!» pensa ad alta voce mentre pedala per andare a ritirare l’ultimo ordine dal ristorante cinese di Viale Appio Claudio.

    Sa che i soldi di quel lavoro sono importanti per la sua famiglia in questo momento. È soddisfatto e si compiace orgoglioso.

    Attende davanti al bancone che l’ordine sia pronto: un riso alla cantonese e due involtini primavera. In mano tiene un foglietto giallo, spiegazzato e bagnato dalla pioggia, che indica la consegna alle diciannove e trenta in Via Servilio Isarnico al civico numero otto.

    Distoglie per un attimo lo sguardo dal foglietto, ma subito dopo d’istinto torna indietro con gli occhi incuriosito ed attratto dal nome della persona a cui deve consegnarlo: Hadi Qin Yueren.

    «Che nome strano, chissà da dove viene questo signore.»

    Ritira finalmente il pacco e si dirige verso la destinazione facendosi guidare dalle linee blu disegnate dall’applicazione sulla mappa del suo telefono.

    È un posto che dista solo poche centinaia di metri da casa sua, eppure il nome di quella via non l’aveva mai sentito prima. In effetti si tratta di una piccola stradina interna con l’unico apparente scopo di fungere da parcheggio per le macchine dei residenti dei tanti stabili popolari di quella zona.

    Percorre Via Lucio Sestio, gira a destra e imbocca questa piccola strada. Istintivamente rallenta l’andatura, i suoi piedi smettono di pedalare per un attimo e la bicicletta procede lentamente.

    Il rumore della catena che gira a vuoto lo sorprende indifeso.

    La sua mente con un rinculo improvviso nel tempo viene catapultata indietro di qualche anno, a quando da piccolino andava a pescare con il papà su una piccola barca vicino agli scogli del porto di Civitavecchia. Quei ricordi gli trafiggono il cuore, durante quelle notti passate con il papà si sentiva tanto come il giovane Manolín de Il vecchio e il mare.

    Quello della catena che scorre in folle è lo stesso rumore che faceva la frizione della canna da pesca quando un pesce abboccava. Il rumore improvviso di quel mulinello era il segnale che stava per succedere qualcosa, il silenzio, la tranquillità e la calma della notte soppiantati in un attimo dall’eccitazione e dall’adrenalina dell’avventura.

    Matteo è rapito da questo ricordo, non pedala più. Si ferma ed appoggia il piede sinistro per terra. Guarda gli edifici attorno a lui un po’ spaesato, prova la sensazione di essere entrato in un luogo strano.

    La mappa sul telefonino indica che deve percorrere ancora pochi metri. Avanza e dove la strada si allarga un po’ a formare un piccolo spiazzo, sulla destra, vede la targa di travertino con indicato il numero otto.

    È arrivato.

    Sulla grande insegna in stile vintage che campeggia sopra le tre vetrine di quella che sembra una libreria c’è scritto Pagine Gialle e poco più in basso in piccolo c’è scritto Libri antichi e libri usati per tutti i gusti. Matteo scende dalla bici, la lega al paletto del vicino cartello di divieto di sosta e si avvicina alla porta d’ingresso.

    Le tre grandi vetrine all’esterno attirano il suo sguardo, sono arredate come piccole stanze in stile inglese ed illuminate da una luce calda e fioca. Cumuli di libri usati e quadri d’epoca stipati all’interno di librerie in noce, una sedia a dondolo in legno, una lampada da terra in un angolo e sullo sfondo delle tende di velluto verde. Le tende sono così spesse e scure che da fuori non si intravede nulla di ciò che c’è all’interno della libreria.

    Matteo spinge la pesante porta di ingresso in vetro e ferro battuto, un secondo dopo il suono acuto di un piccolo scacciaspiriti di metallo situato dietro di essa annuncia il suo arrivo.

    «Wow… ma che bello qui!» esclama quasi senza volerlo.

    Una voce calda e rassicurante gli risponde da dietro una scrivania sommersa di libri in fondo alla sala:

    «Sono felice che ti piaccia! Vieni, accomodati.»

    La voce che gli ha parlato è quella di un simpatico vecchietto dai capelli bianchi seduto dietro ad una scrivania completamente ricoperta di libri e di fogli. Il suo sguardo sorridente, pieno di energia, di calore e di luce lo invita ad andargli incontro.

    Matteo è spaesato. Si guarda intorno. Quel luogo lo destabilizza, la sua bocca è mezza aperta, gli occhi spalancati, le gambe piantate per terra faticano a muoversi.

    Il portavivande dai colori fluorescenti che porta sulle spalle contrasta in maniera decisa ed evidente con i colori caldi e antichi dell’ambiente vintage che lo circonda.

    Matteo ha la sensazione di essere entrato nella casa di qualcuno. In effetti, guardandosi bene intorno, sembra proprio che sia così. Dopo aver voltato lo sguardo prima a destra e poi a sinistra, scorge dapprima un grosso gatto soriano con il pelo lungo sdraiato su un divano di velluto viola, poi una vecchia televisione appoggiata sopra ad un mobile antico ed infine le due ciotoline del gatto riposte in un angolo.

    Guarda in fondo al locale e nota sulla destra una scala a chiocciola di legno che porta al piano superiore. Matteo è convinto che lassù ci sia una stanza da letto.

    Il signore dietro la scrivania coglie il suo stato d’animo e sorride divertito, mentre il gatto lo fissa con lo sguardo torvo di chi sente minacciati i propri spazi.

    Matteo estrae dal contenitore le buste

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1