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La Gabbia. Incatenato da una patologia
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E-book143 pagine2 ore

La Gabbia. Incatenato da una patologia

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Info su questo ebook

Tutti i miei lettori conoscono Cesare il mio fidato custode etereo, il mio amico di avventure e viaggi, e protagonista insieme al sottoscritto del nostro libro. Chi non sognerebbe di avere un amico come Cesare, ed essere protagonista inseme a lui di mille avventure. E un essere immaginario, o reale? E parto di una mente al limite del baratro? Ma a noi cosa importa se e reale, o e una fantasia. purché sia al nostro fianco, a guidarci e a tirarci fuori dalle brutte situazioni. La grande storia di Donna Giulia,una delle più grandi maghe di Capo Verde, fatti verificati dal sottoscritto. E i due grandi amori di Giuseppe; Belzebù un fortissimo purosangue nero, e Filomena, la donna della sua vita. E inoltre....., lo dovete comprare e leggere tutto di un fiato. E un libro ironico e romantico, per tutti i gusti.
LinguaItaliano
Data di uscita20 ago 2020
ISBN9788831685429
La Gabbia. Incatenato da una patologia

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    Anteprima del libro

    La Gabbia. Incatenato da una patologia - Giuseppe Soro

    verrà.

    Capitolo 1

    Cesare: Un angelo, venuto a salvarmi, dalla depressione.

    La prima volta che ho visto Cesare (partorito dalla mia fantasia, in una di quelle paralizzanti e opprimenti giornate, passate incatenato a quella diabolica sedia. Infernale macchina di tortura. Oppure nella mia disperazione, invocando una protezione divina. È arrivato lui. Non so più, quale è la fantasia, e quale la realtà). E stato nel lontano 2012, durante una delle mie interminabili e buie crisi giornaliere, che puntualmente mi costringono a stare bloccato per lunghe ore. Sono i primi di aprile, non fa più freddo, ma nemmeno caldo, la volta celeste del cielo, e sporcata, da piccole nubi grigie, un pallido sole avanza da est. Sembra quasi annoiato, non risplende come suo solito, in questo periodo. Qualche rondine ha anticipato il suo arriva, e sfreccia gioiosa nel cielo, con il suo garrulo richiamo, facendo brevi voli da un punto all’altro del giardino, e il suo richiamo, si fa più forte e sempre più pressante, come a richiamare le sue compagne, che sono in ritardo all’appuntamento con la primavera. Mi chiama mi invita a volare con lei. Sto fuori in giardino, e mi sto appisolando, sono circa le 15,00. Tutto a un tratto appare lui, avvolto in un alone di luce, come un benevolo e pietoso essere soprannaturale. Come premere un interruttore, prima buio pesto, ora luce. Una notte senza stelle, e con la latitanza della luna, come una coltre scura che ti avvolge, e nulla ti fa vedere. Un istante dopo è luce, con un clic si sono squarciate le tenebre, e una luce opalescente prende possesso della scena. Una luce tenue, che non dà fastidio, ma delinea chiaramente i contorni, tutto appare più chiaro, quasi irreale. Non ho avuto paura, ho subito sentito un’ondata di bontà; di amore, calore e amicizia. Così forte che può venire soltanto da una Divinità. Dopo il magone, e venuta la curiosità, la prima parola che ho sussurrato e stato, chi sei? E lui. Ciao Giuseppe, sono il tuo spirito guida, il tuo custode. Mi hanno chiesto di seguire il tuo caso, ed eccomi qui, e da tanto tempo che ti conosco e ti seguo. Perché devi venire da me. Cosa dobbiamo fare. E arrivata l’ora? Lui, con un sorriso. Non e ancora l’ora. Sono qui, per farti compagnia, assisterti. Per seguirti nelle tue escursioni oniriche. E pericoloso, avventurarsi da soli, in quella zona, infida e impalpabile, dove tutto è labile e indefinito, estremamente pericoloso. Ci sono tante porte da aprire e richiudere, tanti sentieri, dove puoi perderti facilmente. Lo interrompo; Hai detto che mi segui da tanto tempo, perché non sei venuto prima? L’entità; Prima non ne avevi bisogno, ci sono stati, casi più urgenti, e ancora non ti sei avventurato, in questo, mare impalpabile e infido. Ma sono stato sempre qui, presente, al tuo fianco pronto a intervenire. Noi spiriti guide, possiamo attraversare tutte le porte temporali, andare avanti e indietro nel tempo, a nostra discrezione. Quando ti accompagno, nei tuoi viaggi temporali, posso presentarmi in svariate versioni, questa è la versione ufficiale. Per te sono cosi . E all’istante, si trasforma, non è più la mia bella ed elegante guida, ma una maestosa e bellissima aquila reale, possente, e regale. Sfreccia nel cielo, come una freccia, si impenna bruscamente e sale oltre le nuvole, fino a sparire, dopo un attimo la vedi planare giù a tutta velocità, quasi grido dallo spavento, fermati, cosi ti vai a spiaccicare per terra, quando l’urto sembra inevitabile, come per magia, un colpo d’ala, o alza la testa e via in un'altra direzione. Sono strabiliato, estasiato a bocca aperta ad ammirarlo, come a un bambino a cui hanno dato un gelato. Sento la sua presenza dentro il mio cervello, che mi dice, allora, che ne dici. Va bene? Quando sei pronto, mi trovi qui, a bocca aperta, ancora estasiato, gli rispondo, non so se hai un nome, ma quando ti ho visto, in quel meraviglioso corpo sfrecciare possente e leggiadra, su nel cielo, mi e subito venuta in mente, l’Aquila di Roma, portata nei Labari, delle legioni romane in tutto il suo vasto impero. Cosi ti chiamerò come il più grande degli imperatori romani; Cesare. Non vedo l’ora di cominciare ti aspetto, a meno che non e uno scherzo. Cesare, serio. Non l’ho e"

    Capitolo 2

    Cesare, mostra i suoi enormi poteri

    Dopo tre o quattro giorni, Cesare riviene, mentre sto in mezzo a una brutta crisi. Immobilizzato sulla poltroncina, quasi per l’intera giornata, bestemmiando e, prendendomela con tutto il mondo. Sto così male, che a un certo momento della giornata ho sentito, un liquido caldo scivolare sulle cosce, scendere sulle gambe e bagnarmi, i piedi e le ciabatte. Me la sono fatta addosso, un senso di frustrazione mi prende e si aggiunge, al malessere generale; una montagna difficile da scalare. E in quel momento particolare, in cui rischio di impazzire, appare lui, Cesare, bello come un Dio, avvolto in un manto di luce, con un sorriso ironico, stampato su un bel viso, liscio come il marmo. Con voce, ironica, ma dura quasi demoniaca, dice soltanto, guardati, sei solo una cosa orrenda e puzzi. Reagisci. Andiamo, alzati, lascia quell’orrore, lascia tutte le tue brutture umane, e datti una ripulita. Con voce più dolce, e con il ghigno che si trasforma in un sorriso pieno di promesse mi dice; ti ho promesso che ti portavo con me, che quando mi avresti chiamato, sarei corso al tuo fianco, a scacciare i mostri, che tormentano la tua testa, e rendono la malattia, ancora più difficile da affrontare. Ai solo bisogno, di una bella ripulita; fuori e dentro, fa un gesto con la mano, e come per una magia, non sono l’essere immondo e puzzolente, buttato su questa sedia, come una marionetta disarticolata. Le sue parole sono un balsamo per me, come una salutare sauna, i miei nervi si rilassano, e tutto il mio corpo, ne trae giovamento. Sono pronto, gli dico, andiamo".

    2° bis- Volare che sballo

    Cesare comincia a volare nei dintorni, mi invita a seguirlo, tra di me penso, come faccio, dove vado? Dalla mia sedia mi sforzo di alzarmi, senza risultato, mi sento, frustrato e penso ma mi prende in giro? Quando un pensiero, delicatamente solletico la mia testa, Imbranato, lasciati andare, svuota la tua mente, scaccia i mostri che ti opprimono, e fatti guidare da me. Va bene ci provo, e respirando lentamente, scarico tutti i brutti pensieri, e mi concentro, intensamente. Lentamente, inizio ad alzarmi di un paio di metri, guardo giù, e il terrore mi afferra alla gola, e mi blocca, non salgo e nemmeno crollo giù. Lui sente il mio terrore, si volta, con un beffardo sorriso canzonatorio stampato sul suo bel volto. Sono talmente goffo e impaurito, che Cesare con un sorriso tra il bonario e il divertito, sdrammatizza la situazione. Perché credi che non sei caduto? Succede quasi a tutti la prima volta, non sei il primo, pertanto ero preparato. Adesso devi fidarti di me, e seguirmi senza riserve, non pensare a nient’altro che a sollevarti e a volare. Hai ancora timore? Fidati e seguimi, comincia a salire, a fare brevi voli intorno al giardino, e io dietro di lui, comincio a sentirmi sempre più sicuro di me, e a divertirmi. Cesare mi sprona, dicendo dai facciamo qualcosa di più difficile, e comincia a salire e bruscamente scendere in picchiata, e risalire quando sta a pochi centimetri dal suolo, a fare virate e contro virate. Sono felice come un ragazzino, dimenticandomi dei miei momenti brutti e tristi. Che meraviglia, libero dalle pastoie della malattia, mi immedesimo nella rondine che mi ha fatto compagnia stamattina. Non so quanto tempo passiamo tra le nuvole, non voglio più scendere. Cesare non e d’accordo, cominciamo a scendere, arrivati giù mi dice, sei stato bravissimo, hai imparato subito, per oggi basta così. La prossima volta ti spiego il mio programma, ciao Giuseppe e repentinamente svanisce nel nulla. Riappare, dopo quattro giorni, a risollevare il mio morale, sempre più nero, fisicamente e moralmente. Lui si presenta puntualmente nei momenti più stressanti, nei momenti in cui il Parkinson, mostra la sua immagine più spaventosa. Viene quando ho più bisogno di lui. Appare all’improvviso, come in un soffio. Come oggi, come sempre. Con un sorriso raggiante, e un tono quasi ironico dice, datti una mossa Giuseppe alzati, andiamo, o vuoi rimanere qui a poltrire, sulla tua poltrona di tortura, e cosi che la chiami, vero? Lo so che fa così per tirarmi su il morale. Come un lampo schizzo dal mio trono di terrore, in un attimo arrivo in quella tavolozza blu, del cielo primaverile, punteggiato da candide e abbaglianti nuvole, piccole e grandi, di tutte le forme; guarda quella, dico a Cesare, tutte le nuvole hanno delle forme strane, non ce n’è una uguale all’altra. Dopo essermi saziato di volare da una nuvola all’altra, di fare picchiate mozzafiato virate fantastiche e altro ancora, ci fermiamo in una bellissima nuvola. Sembra un oasi con le palme e un laghetto verde giada. Cesare mi propone il programma che ha preparato, per me, con il nome, Altro impazzimento. Che ne dici di un viaggio a ritroso negli anni, per rivedere e ritrovare, luoghi e persone, che hanno rappresentato per te, momenti emozionanti e importanti. Con un sorriso malinconico gli dico, Cesare, che dici, e impossibile, come faccio. E lui, con un sorriso sardonico; vedrai che e possibile, posso fare tutto, per me, e per chi sta con me e tutto possibile. E, come un telefilm, un giorno qui un altro là, e ancora, fino a tornare ai nostri giorni. Impressionato, dai suoi enormi poteri, e dalla semplicità, nell’illustrare l’idea, senza alzare i toni, o farsene un vanto, per lui è normale. Sono talmente meravigliato, che balbetto, Tu puoi farlo? E fantastico, non vedo l’ora di cominciare, sono commosso e gli dico grazie di essere venuto da me, grazie di tutto quello che fai e mi dai. Se non venivi, sarei certamente impazzito".

    Capitolo 3

    Capo Verde: una manciata di diamanti, buttati nel blu dell’Atlantico, di fronte alla Guinea

    Mi sento libero. Come il vento impetuoso, che spazia e spadroneggia su queste spiagge meravigliose e incontaminate, non ancora invase da orde di turisti. Turisti, che portano soldi, lavoro e agiatezza, ma anche la loro Civiltà malata, schiava del consumismo, della depressione e infelicità. Questo turismo che spodesta, quell’alone di magia, e di natura, senza gli orrendi residui della civiltà. E mina, quel senso di amore e rispetto, dei Capoverdiani, per la propria terra, che ancora impera in queste isole incantate. Mi sento, come una creatura immortale, pieno di vita, e di vigore, che nessuno può contrastare. Come quelle onde possenti e fragorose che si infrangono sulle alte e selvagge scogliere che racchiudono, come una cintura protettiva questa bellissima isola di Santo Antao, cosi selvaggia, ma varia. Arida in alcune zone, ricca di acqua, ortaggi e verdure in altre, come a Paul, e piena di vita e di valori umani, di calore e di colori. Mi sento leggero, come una candida nuvola, che punteggia questo cielo azzurro, che si rispecchia nell’oceano dello stesso colore. Dove onde immense si inseguono, una dopo l’altra. E mentre volo, sopra queste modeste alture di Capo Verde, mi sento come quella maestosa e possente aquila che con tanta grazia si libra in aria, tra meravigliose planate e repentine risalite. Su sempre più su fin quando non diventa un punto nell’azzurro del cielo. Forse e una delle ultime aquile che sono rimaste qui a Capo Verde, dove un tempo, erano le regine del cielo, con colonie abbondanti. Prima di essere sterminate dall’uomo". E estasi pura, mai sentita un emozione così grande. Capo Verde, che a vederla dall’aereo,

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