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Matefinder – L’equilibrio
Matefinder – L’equilibrio
Matefinder – L’equilibrio
E-book232 pagine3 ore

Matefinder – L’equilibrio

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Info su questo ebook

Da quando Kai ha rivelato agli esseri umani l’esistenza delle razze soprannaturali, sul Monte Hood regna la confusione. Aurora è stanca di aspettare che Layla faccia la sua mossa, in modo da poter compiere la sua missione e ucciderla, riportando così la pace nel suo branco e fra la sua specie.
Kai fa tutto ciò che può per tenerla al sicuro, confinata sulla montagna e costantemente sorvegliata. Tuttavia, l’Alfa dovrebbe oramai sapere che nessuno può davvero impedire ad Aurora di fare ciò che vuole nella vita e lei è determinata a stanare Layla e a mettere fine a quella guerra per sempre.
Ma quale sarà il prezzo?
LinguaItaliano
Data di uscita23 ago 2020
ISBN9788855311755
Matefinder – L’equilibrio

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    Anteprima del libro

    Matefinder – L’equilibrio - Leia Stone

    Una Nuova Era

    La vita per l’umanità non sarebbe più stata la stessa.

    Da quando, quattro mesi prima, Kai aveva rivelato agli umani l’esistenza dei licantropi, avevamo dovuto spegnere un sacco di incendi. Ovunque, nel mondo, erano spuntate le milizie: uomini ribelli che non stavano dalla parte del governo o della polizia. Si erano uniti ai licantropi nel passare al setaccio le tane e i night club dei vampiri, massacrando chi metteva in pericolo la razza umana. Eppure, anche loro erano diventati un problema: c’erano persone che ritenevano che vampiri e licantropi non meritassero di vivere, che fosse una cosa innaturale, che la Terra fosse fatta solo per gli umani. Il risultato fu un bagno di sangue, placato solo dalle ricerche secondo le quali i lupi mannari erano una piccola specie che si stava estinguendo in modo naturale e, quindi, innocui per gli esseri umani. Non come i vampiri che, invece, necessitavano del loro sangue per nutrirsi. Era quasi una bugia dal momento che, grazie al mio dono, sempre più coppie di licantropi stavano avendo figli.

    Adesso Kai non poteva più farsi vedere in pubblico come prima, e le nostre vite sulla montagna erano cambiate. Gli abitanti umani del Monte Hood, quelli che non andavano d’accordo con i licantropi, erano andati via. Avevano abbandonato case, negozi, tutto. Fu inquietante. Gli altri licantropi erano riusciti a mantenere la copertura, ma il volto di Kai era ovunque.

    Io morivo dalla voglia di trovare Layla, ma ogni traccia si perdeva nel vuoto. Volevo disperatamente scoprire se fosse incinta o meno. Il tempo correva da quando mi aveva morso diventando fertile e ora, con Emma stesa su un letto e pronta a partorire, il pensiero mi dava il tormento. La gravidanza di un licantropo era pericolosa e cercavo di non pensarci, passando il tempo seduta alla scrivania di Kai ad armeggiare con delle erbe secche, per fare pratica con gli incantesimi. Non avevo potuto incontrare le streghe tutte le volte che avrei voluto. Erano riuscite a sfuggire alle luci della ribalta e volevano mantenere segreta la loro esistenza.

    La porta cigolò e, avvertendo Kai, alzai lo sguardo sorridendo. Entrò e mi lanciò un’occhiata. I suoi occhi scuri erano incupiti, e i ciuffi ribelli castani ricadevano in onde arruffate sulla sua fronte.

    Sei nervosa mi disse.

    Sospirai. Non proprio mentii.

    Si avvicinò per massaggiarmi lentamente le spalle. Mhhh. Poi girò la sedia e mi guardò. Allungando una mano, gli sfregai con forza la barba e lui mi baciò il naso.

    «Emma starà bene e troveremo Layla» mi rassicurò a voce alta, come se dirlo potesse renderlo più vero.

    «Okay» risposi, dal momento che stava cercando di farmi sentire meglio. Niente avrebbe migliorato il mio umore, non finché Layla non fosse stata ridotta a un mucchio di cenere.

    Il suo telefonò squillò segnalando l’arrivo di un messaggio. «È Emma. Vuole che andiamo da lei.»

    Balzai in piedi con il cuore che scoppiava. «Sta bene? È in travaglio?» Fregai i palmi delle mani sui jeans. Ero pronta: avevo letto tutti i libri e partecipato a tutti i corsi.

    Kai mi posò entrambe le mani sulle spalle. «Sta bene. Ha detto che vuole parlarci.»

    Lasciai andare un respiro tremante mentre Kai mi osservava ansioso.

    Andammo verso casa di Emma mano nella mano. Il tempo era perfetto: era estate e tutto era in fiore. Gli alberi si stagliavano alti e fitti intorno alla nostra proprietà e io inspirai a fondo. Dio, quanto amavo questa montagna.

    Kai bussò prima di entrare. A Emma non era permesso alzarsi dal divano perché, anche se era a trentasei settimane di gravidanza, Diya non voleva che entrasse in travaglio prima del tempo.

    Diya, la sorella di Kai e l’ostetrica del branco, era rilassata accanto a Emma sul divano, la pancia gravida in bella mostra. Quanto tempo era passato? Quattro mesi. Quasi tutte le coppie di licantropi che avevo riunito aspettavano un bambino. Tra dieci o vent’anni da questo momento, il nostro branco sarebbe stato molto più numeroso.

    Diya ci diede un abbraccio veloce e se ne andò.

    Guardai Emma sul divano. I capelli rosso acceso e i vibranti occhi verdi erano caratteristiche uniche della mia migliore amica. Così bella, ma anche a pezzi dopo aver perso il suo compagno. Il mio stomaco vacillò al pensiero della morte di Devon, che si era sacrificato per salvarmi. Non ero certa che il branco si sarebbe mai ripreso da quella perdita. Le mani di Emma erano posate sul proprio ventre enorme. Era davvero gigante. So che a una donna incinta non si dovrebbe dire, ma pensarlo era concesso, no? La sua pancia era gonfia e tesa, come se fosse pronta a esplodere da un momento all’altro. Mi sporsi e le posai un piccolo bacio sulla guancia. La sua felicità era tutto per me.

    «Ehi, splendida mamma» la punzecchiai.

    Lei roteò gli occhi. «Sta’ zitta. Sono gigantesca.»

    Scambiai un’occhiata con Kai.

    «Non sei gigantesca. Sei solo parecchio incinta» la consolai.

    Lei mi zittì agitando una mano. «Come ti pare. Volevo parlarti di qualcosa di importante. Siediti, per favore.»

    Mi sedetti a disagio e mi preparai. Diya aveva forse trovato una rottura nella placenta? Poco liquido amniotico? Avevo fatto ricerche su ogni cosa. Ero la compagna di parto di Emma e volevo essere pronta a tutto.

    Kai le prese con delicatezza la piccola mano pallida. «Che succede, piccola?» domandò preoccupato. Non l’aveva mai detto ad alta voce, ma Emma era la sua preferita tra i membri del branco, quella che gli stava più a cuore. Lo sapevo, riuscivo a sentirlo.

    Gli occhi di Emma si riempirono di lacrime e le sue labbra si contrassero. Rivolgendosi a me, incrociò il mio sguardo. «Prima che morisse, io e Devon avevamo discusso e deciso che, se ci fosse successo qualcosa, avremmo voluto che foste tu e Kai a prendervi cura del bambino.»

    Le lacrime mi offuscarono la vista. «Non ti succederà nulla» dissi mentre l’emozione mi spezzava la voce. Perché lo stava dicendo? Kai tenne duro per entrambi, guardandola con occhi forti e amorevoli.

    «Devon se n’è andato, Aurora. Devo essere pratica.» Tirò fuori dei fogli da sotto il cuscino. «Una volta firmati questi, se dovessi morire, avrete la piena custodia legale. Devon li ha firmati prima...»

    Mi alzai. «No! Tu non morirai. Mi hai sentita?» Uno specchio appeso al muro cadde mentre la nebbia fuoriusciva dalla mia pelle. «La vita non sarà così crudele. Non può» dichiarai all’universo. Riuscivo a sentire la Devi agitarsi dentro di me. Le streghe avevano scoperto che possedevo due affinità, una per la guarigione e una per la preveggenza. Avevano anche scoperto che ero una Devi, cioè che un’altra anima era legata alla mia per aiutarmi a raggiungere lo scopo della mia vita. Avevano paragonato quest’anima a un angelo, ma la cosa mi terrorizzava comunque. Ora la Devi si era risvegliata con la mia rabbia e mi stavo sforzando di contenerla.

    «Calmati» mi ammonì Kai con fermezza, infondendo del potere Alfa le sue parole. La nebbia si bloccò all’istante e presi un respiro profondo.

    Emma allungò la mano. «Aurora, tu non capisci. Non sei una madre. Non puoi comprenderlo. Ho questa vita dentro di me, questo essere indifeso che dipende da me per sopravvivere. Ho bisogno di avere un piano per ogni evenienza. Se non sei d’accordo, sceglierò Diya e Trent.»

    Il mio cuore andò in pezzi. «Certo che sono d’accordo.» Mi inginocchiai e l’abbracciai.

    Emma annuì. «Entrando in travaglio, ho bisogno di sapere che tutto è a posto.»

    Kai appoggiò i fogli sul tavolino, poi tirò fuori una penna dalla tasca posteriore e firmò i documenti prima di porgermeli. Il mio compagno era un Alfa, ma con me era diverso. Non faceva mai pressioni né mi minacciava, ma lo sguardo che mi rivolse in quel momento mi fece venire i brividi.

    Non morirà gli dissi.

    Firma, adesso ordinò lanciandomi un’occhiata che mi spaventò. Presi la penna e firmai. Emma aveva bisogno che lo facessi, quindi l’avrei accontentata, ma la mia migliore amica non sarebbe andata da nessuna parte.

    Emma sospirò di sollievo e le strinsi la mano. «La tua migliore amica e compagna di parto è anche una grande strega con poteri curativi. Non dimenticarlo» la rincuorai. Avrebbe fatto meglio a credere che, se qualcosa fosse andato storto, avrei invocato ogni singolo potere in mio possesso per aiutarla.

    Lei sorrise e mi accorsi che si era tolta un peso che probabilmente portava da un po’.

    Kai le massaggiò la pancia. «Emma, non preoccuparti. Questo bambino sarà curato e amato; saprà quanto sia stato coraggioso suo padre e quanto sia affettuosa sua madre, e mi assicurerò che abbia una vita lunga e felice.»

    Emma sembrò più serena. «Era questo che volevo sentire.» Si stese e si rilassò sul divano. «Allora, pensate che sia una femminuccia?» chiese a Kai. Voleva che il sesso del bambino fosse una sorpresa, anche per lei.

    Kai sorrise. «Sì, lo sento.»

    «È un maschio» dissi a entrambi, roteando gli occhi.

    Non l’avevo percepito, ma riuscivo a immaginare un ragazzo esuberante con i capelli rossi e gli occhi verdi.

    Emma rise. «Penso anch’io che sia un maschio. Devon avrebbe voluto una bambina. Vedremo.»

    Chiuse gli occhi, esausta. Le baciai la guancia e andai nella stanza del bambino. Diya ed io avevamo sistemato tutto, ma volevo aggiungere ancora una cosa. Tirai fuori dalla tasca un piccolo lupo di legno. Era un incantesimo di protezione da parte di Nahuel, mia guida spirituale e mio fratello in una vita passata. Ci stava aiutando a trovare Layla, ma senza successo. Appoggiai la statuetta di legno lucido sul comò bianco e mi guardai attorno. La roba per bambini era carina. Avevo detto a Kai che avrei aspettato cinque anni e poi, dopo due figli, mi sarei sottoposta a un incantesimo per diventare sterile. In questo modo, i vampiri e la drecdes mi avrebbero lasciata in pace. Presi tra le mani una piccola tutina bianca e sorrisi. Chissà, forse avremmo dovuto aspettare un anno soltanto.

    Kai mi si avvicinò e mi diede una pacca sulla pancia. «Ho sentito quel pensiero» mi disse.

    Mi voltai e gli diedi un piccolo colpetto di rimando. «Ehi! Privacy, per favore!» Mi indicai la testa.

    Lui sorrise e si guardò attorno nella stanza del bambino, prima di rivolgere uno sguardo alla mia pancia. «Io sarò pronto quando lo sarai tu.»

    Alzai gli occhi al cielo e lo superai. «Buono a sapersi.»

    Vecchio Amico

    Volevo passare al Safe Haven per vedere come stavano le ragazze, ma sapevo che Kai non mi avrebbe permesso di lasciare la montagna. I nostri lupi lavoravano a tempo pieno nella sicurezza, proteggendo il Safe Haven e correndo da una postazione di controllo all’altra lungo tutta la montagna, oltre a cercare di mantenere il loro lavoro giornaliero e combattere al fianco delle milizie. Certo, i settecento militanti che si erano uniti a noi erano d’aiuto, ma Kai voleva assicurarsi che il carico di lavoro fosse uguale per tutti.

    Decisi di passare il resto della giornata con Emma e le ragazze. Mentre iniziava a farsi buio, salutai e corsi a casa a fare un po’ di giardinaggio, prima che la luce del giorno sparisse completamente. Avevo piantato delle verdure e dovevo annaffiarle tutti i giorni. Stavo prendendo piena consapevolezza di quanto fossi diventata casalinga. Facevo giardinaggio, cucinavo e avevo un gatto. Il prossimo passo, a questo punto, sarebbe stato lavorare a maglia.

    Ero curva su un cespuglio di fragole quando Kai uscì dalla porta principale e cominciò a stiracchiarsi, preparandosi per una corsa. Si stava controllando alcuni tagli sulle braccia.

    «Quel dannato gatto! È pazzo!» esclamò.

    Soffocai una risata. Luna mi era stata regalata da Gretchen, la strega guaritrice che mi fa da mentore. Era bianca, minuta e assolutamente innocua. Odiava i licantropi, io le piacevo solo perché odoravo anche di strega.

    «Ohhh, ti ha graffiato di nuovo?» chiesi con voce infantile.

    All’inizio, Kai l’aveva chiusa in una camera da letto, ma dopo un paio di settimane di accattonaggio, mi aveva permesso di lasciarla vagare liberamente per casa.

    Kai mi guardò male. «Si era nascosta in un cassetto del mio archivio. Mi ha tolto cinque anni di vita!» urlò ancora.

    Esplosi a ridere. «Ultime notizie! Un minuscolo gattino bianco fa venire un infarto a un Alfa grande e grosso!»

    Kai sorrise, facendo splendere i suoi denti bianchi e accentuando le fossette, guardandomi dall’alto in basso. Indossavo un paio di pantaloncini di jeans strappati, gli stivali da pioggia e i guanti da giardinaggio. Il sole stava tramontando e i miei lunghi capelli biondi sciolti mi arrivavano a metà schiena.

    Kai sospirò. È difficile concentrarsi se indossi quei pantaloncini corti.

    Sorrisi e mi chinai per afferrare l’annaffiatoio, dandogli una visione completa del mio lato migliore. Sentire il suo ringhio mi fece quasi ridere.

    Buona corsa gli augurai.

    Certo. Tu sporcati per bene, così dopo potremo lavarci mi rispose facendomi l’occhiolino.

    Sorrisi in risposta. La vita da marito e moglie ci si addiceva. Sentii uno schiocco di ramoscelli mentre Kai si avviava nella sua corsa nel bosco.

    «Aurora!» Si voltò all’improvviso, urlando il mio nome. Lasciai perdere i miei pensieri e corsi da lui. Aveva il volto corrucciato dalla preoccupazione e le narici dilatate. «Lo senti?» mi chiese.

    Mi bloccai e inspirai. «Alek?»

    Ma che ci faceva qui? Era l’unico vampiro buono che avessi mai incontrato. Beveva esclusivamente da banche del sangue e viveva con una moglie umana.

    Kai mi prese la mano e ci dirigemmo verso la parte anteriore della casa. Lasciai a terra i miei guanti da giardinaggio e corremmo lungo la strada principale seguendo la scia. La strada era costeggiata da alberi fitti e girando l’angolo vidi i fari di un’auto che illuminavano Alek inchiodato al cofano, con il gomito di Max sulla gola. Jai teneva fermo un altro giovane a faccia in giù e aveva in mano un paletto.

    Kai urlò con voce profonda: «Fermi! È un mio amico!»

    Max guardò verso Kai, ma non si staccò dalla trachea di Alek. Avvicinandomi, vidi che anche Max aveva un paletto d’argento nell’altra mano. Alek non stava combattendo, era rigido e calmo. Max era stato il secondo in comando di Kai per un bel po’, prima che arrivassi io. Era molto dominante, spesso non ascoltava, e questa sembrava una di quelle volte.

    «Sei sordo, Max? Sta’ buono!» urlai e il potere intrise la mia voce. Kai mi gettò uno sguardo di traverso, sul viso una smorfia divertita. Max si staccò da Alek e l’occhiataccia che mi riservò mi fece capire che non aveva apprezzato il mio commento e che più tardi l’avrei pagata. Be’, che peccato.

    Mi mossi velocemente e afferrai il gomito di Alek, aiutandolo ad alzarsi. Jai rimise dritto il ragazzo.

    «Mi dispiace, loro non sanno di te» spiegai ad Alek.

    Lui annuì, guardando vendicativo Max.

    Jai spinse l’altro ragazzo verso di noi. «Da quando i succhiasangue sono nostri amici?» si rivolse a suo fratello.

    Il vampiro sibilò, facendo un passo per attaccarlo, ma la mano di Alek lo afferrò per la maglietta, trattenendolo. I capelli del ragazzo erano grassi e neri, il suo corpo era magro e le sue mani tremavano. Inspirai. C’era puzza di eroina. L’avevo sentita per la prima volta nel night club, quando Kai ed io avevamo scoperto che i vampiri stavano trasformando gli umani in tossicodipendenti prima di bere da loro. I vampiri non potevano sballarsi da soli, perché metabolizzavano tutto troppo in fretta, quindi bere da un essere umano era per loro l’unico modo.

    «Calmati, ragazzo. Abbiamo già parecchi problemi di cui preoccuparci» lo avvertì Alek.

    La sua voce tremò. Adesso che gli ero vicina, riuscivo a notare che il suo aspetto, di solito ordinato, era scarmigliato. Le sue pupille erano nere, le occhiaie gli circondavano gli occhi e aveva i vestiti sporchi.

    Anche Kai lo notò. «Ragazzi, state bene?»

    Alek sospirò, poi guardò Jai e Max. «Possiamo parlare in privato?»

    Max ridacchiò. «Così che tu possa uccidere il nostro Alfa o rapire Aurora? Bel tentativo. No.»

    Kai rivolse un’occhiataccia a Max, ma non lo congedò.

    Ha ragione mi disse Kai.

    Ero d’accordo, per quanto facesse schifo. Non conoscevamo davvero Alek. Feci un cenno a Jai. «Va’ a prendere Alexa.»

    Jai sembrò deluso dal mio ordine di allontanarsi, ma fece come avevo chiesto. Rimase soltanto Max.

    «Che sta succedendo, Alek?» gli chiesi.

    Emise un respiro tremante. «Da dove comincio?»

    L’adolescente si grattò le braccia. «Abbiamo bisogno di sangue.»

    Alek gli lanciò un’occhiata letale e per la prima volta vidi quanto potesse essere pericoloso se

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