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Bambini e COVID-19. Come orientarsi
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Bambini e COVID-19. Come orientarsi
E-book379 pagine4 ore

Bambini e COVID-19. Come orientarsi

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Info su questo ebook

I bambini e il COVID-19: siamo di fronte a molti interrogativi. Quanto è grande il problema? Il SARS-CoV-2 può essere trasmesso durante la gravidanza o il parto? Una mamma positiva al virus può allattare? Come si manifesta il COVID-19 nei bambini? Ci sono farmaci o integratori che possono aiutare i bambini a prevenire o combattere l’infezione? La ricerca scientifica, l’intelligenza artificiale e la telemedicina possono essere d'aiuto? Come è proseguita la cura dei pazienti pediatrici con malattie croniche durante il lockdown del 2020? Qual è stato l’impatto emotivo del distanziamento sociale su bambini e adolescenti? Come parlare ai bambini della pandemia? Come affrontare la scuola? 65 esperti hanno creato questo instant book, che risponde a queste domande e a molte altre, per evitare fake news e sovraccarico informativo. Nel libro vi sono riflessioni etiche, medico-legali e giuridiche, con l’analisi dei D.P.C.M. emanati per prevenire la diffusione del Coronavirus, e considerazioni storico-sociali sulle pandemie. Un testo ricco di indicazioni, approfondimenti e testimonianze, ma anche di storie ed emozioni, per capire il significato dell’esperienza che stiamo vivendo.
LinguaItaliano
Data di uscita6 ago 2020
ISBN9788898636358
Bambini e COVID-19. Come orientarsi

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    Anteprima del libro

    Bambini e COVID-19. Come orientarsi - Vassilios Fanos

    editrice

    1. La sapienza dell'umiltà

    Vassilios Fanos

    Da dove nasce questo volume? La pandemia da COVID-19 ha messo in ginocchio il mondo, provocando decessi, dolore e sofferenze. Il nostro futuro è, attualmente, ancora incerto. Se volgiamo lo sguardo indietro di pochi mesi, nulla è più come prima. Non siamo più quelli di prima e non sappiamo ancora chi saremo. Siamo in una sorta di terra di mezzo. Si è parlato molto in questo periodo, e la voce della scienza è stata inevitabilmente incerta di fronte a un nemico invisibile, potente e sconosciuto: questo succede quando un'epidemia si espande a grande velocità, a differenza della scienza, che procede lentamente. Inoltre, nel mondo attuale, la scienza è spesso soffocata da fake news o da voci urlate da non esperti della materia.

    In questo scenario, per certi versi post-atomico, dove sono finiti i bambini? Da sempre i bambini sono gli ultimi, i più vulnerabili, in particolare quelli poveri, i bambini diversamente abili, con malattie croniche, complesse, i bambini migranti, o i bambini delle minoranze in società diseguali: un'infanzia ancora più isolata.

    Questo libro ha solidi fondamenti scientifici e clinici nel mondo della pediatria (universitaria, ospedaliera, di famiglia) ma si apre ad altri territori quali neuropsichiatria, psichiatria, medicina di laboratorio, medicina legale, farmacologia, immunologia, epidemiologia, intelligenza artificiale, epigenetica, ma anche psicologia, etica, legge, letteratura, etc.

    Questo libro racconta le cose successe, e in corso, in un'era fuori dall'ordinario, attraverso la lente dei bambini e degli adolescenti, scritte da chi è quotidianamente in trincea per capirli, aiutarli e difenderli, ed è rivolto a chi vuole sbloccare la loro voce e favorire la loro resilienza, quella delle loro famiglie e, conseguentemente, di tutta la società. Con competenza, collaborazione e disponibilità al cambiamento.

    Alla fine della lettura dovremmo porci questa domanda: stiamo cogliendo l'opportunità di rendere il mondo migliore per i bambini? Dobbiamo essere consapevoli che ciò che è un bene per i bambini è un bene per la società. Gli investimenti nel ben-essere dei bambini hanno ricadute immediate, ma anche durature, con benefici a lungo termine e intergenerazionali. Lo stesso dicasi per gli investimenti a favore delle donne in gravidanza, alla luce delle nuove conoscenze scientifiche.

    Gli autori di quest'opera corale, che è contemporaneamente scientifica, narrativa ed emozionale, hanno cercato di realizzare un'installazione scientifica, ma anche artistica e umana. Ogni capitolo è a se stante, ma è intrecciato profondamente con gli altri, come parti di un'esperienza collettiva, come tasselli di un puzzle complesso, completato velocemente, per non perdere l'attimo fuggente. Questo è un instant book, scritto in pochissimi giorni, per capire cosa ci è successo, per onorare chi non c'è più, per non perdere l'opportunità di ricostruire una società ferita partendo dal rispetto per i bambini. E per recuperare insieme la sapienza dell'umiltà.

    La sola sapienza che possiamo sperare di acquisire è la sapienza dell'umiltà: l'umiltà è infinita.

    Thomas S. Eliot

    2. Pericolo e opportunità

    Bassem J. Khoory

    Certamente, tanto la pandemia quanto la quarantena estesa a tutta la popolazione italiana hanno costituito e costituiscono tuttora un momento traumatico che coinvolge contemporaneamente diversi aspetti della vita presente e futura. Da queste due esperienze improvvise, e per certi aspetti surreali, sono scaturite sofferenze, difficoltà e crisi, ma possono derivare anche opportunità e capacità di reazione e di riscatto, sia in generale che nel mondo dei bambini in particolare.

    In un momento di tale delicatezza, il rischio principale che si corre è infatti quello di non riuscire a intravedere e cogliere nuove prospettive e opportunità che noi tutti, operatori sanitari compresi, siamo chiamati a incentivare e coltivare. Ricordando che quando la porta della gioia si chiude, subito se ne apre un'altra; ma spesso restiamo incantati a guardare la porta chiusa, e non ci accorgiamo di quella aperta (Helen Keller).

    In una società centrata sulla famiglia, come quella in cui viviamo, il ruolo del pediatra è di fondamentale importanza nell'esercitare un sostegno psicologico destinato a genitori e bambini, affinché essi possano intercettare aspetti e cambiamenti in positivo anche in circostanze così eclatanti quali la pandemia e l'isolamento.

    È bene tuttavia ricordare che l'impatto psicologico ed emotivo della pandemia ha profondamente inciso sugli equilibri intrafamiliari e sulle relazioni interpersonali, che si tratti di adulti genitori o del binomio genitore-figlio.

    Non bisogna inoltre dimenticare che anche gli stessi bambini sono stati sottoposti a restrizioni e costrizioni conseguenti alla recente situazione di emergenza. Fortunatamente la loro percezione del pericolo (in questo caso quello pandemico) risulta minore rispetto a quella di un adulto, e in qualche misura differenziata in base all'età. Tuttavia, vari studi clinici della letteratura recente hanno ripetutamente segnalato nella popolazione infantile e adolescente ansie, turbamenti, alterazioni comportamentali, evitamenti, paure e altri disturbi e manifestazioni di natura psicosomatica.

    All'interno di uno scenario così complesso, il medico pediatra assume un ruolo centrale nella preservazione della salute psicologica ed emotiva di ogni bambino assistito: intercettando precocemente i primi segnali di un eventuale disagio emotivo, egli si impegna a minimizzare ogni sua esposizione ad ulteriori fattori di rischio psicosociale e, contestualmente, gli garantisce conforto attraverso un approccio individualizzato.

    La parola crisi, scritta in cinese, è composta di due caratteri. Uno rappresenta il pericolo e l'altro rappresenta l'opportunità.

    John Fitzgerald Kennedy

    3. Un futuro diverso

    Gianfranco Trapani

    La brevissima ma intensa e complessa vita del SARS-CoV-2 ci ha portato, oltre a una quantità enorme di problemi, anche una smisurata e affastellata, e non sempre approfondita, mole di informazioni. Il risultato più affascinante è stato e sarà la condivisione planetaria di questi dati.

    Da quando abbiamo iniziato a pensare a questo instant book, sappiamo che circa il 20% delle notizie raccolte non erano completamente corrette, quando il libro verrà pubblicato almeno il 40% avrà subito delle revisioni, quando lo leggerete molte informazioni saranno in continuo aggiornamento, … e tutto questo è avvenuto nel breve spazio di sei mesi.

    I virus esistono ovunque si trovi la vita da sempre. Il loro ruolo è essenziale per l'evoluzione degli organismi viventi, dai batteri, alle piante, agli esseri umani. L'origine dell'umanità, invece, è molto più recente. Ricordate Lucy, ritrovata nel 1974 in Etiopia? L'ipotesi era che l'uomo moderno si fosse evoluto da una sola popolazione in Africa Orientale, la culla dell'umanità, 150 mila anni fa. La teoria oggi viene confutata da Robert Foley, paleoantropologo dell'Università di Cambridge. Grazie a nuovi ritrovamenti archeologici, questo studioso ha recentemente spiegato che la nostra specie (umanoidi moderni) è nata dall'incrocio occasionale di più specie di ominidi diversi, vissuti in tutto il Continente africano e in Eurasia (ipotesi multiregionale) da 350 mila a 400 mila anni fa. Insomma, una frazione di tempo veramente minima se confrontata con i milioni di anni della vita dei virus, che hanno meccanismi evolutivi e di sopravvivenza veramente raffinati rispetto a quelli della specie umana. Siamo ospiti in un mondo gestito dai virus dall'origine dell'umanità, con buona pace dei complottisti. L'incrocio tra la nostra specie e i virus avviene da sempre e condiziona la nostra evoluzione. Il mondo non è antropocentrico, e questa epidemia è soltanto una delle tante che si sono manifestate da quando la specie umana ha iniziato il suo percorso.

    Nel 1940, Sir Frank Macfarlane Burnet (Nobel per la Medicina 1960) scrisse Biological Aspects of Infectious Disease, aggiornato nel 1953 e nel 1972 come The Natural History of Infectious Disease. In questo lavoro, esortava i ricercatori a non pensare solo ai risultati dell'infezione sull'uomo, ma anche a come i patogeni vivevano, si moltiplicavano e si diffondevano nell'uomo e nel suo ecosistema (ecologia ed evoluzione). David Quammen, nel libro Spillover, raccontando degli studi di Burnet sulla psittacosi e sulla febbre Q, riprende quanto affermato dal Premio Nobel per la Medicina, ovvero che nell'ecosistema nel quale viviamo esiste un equilibrio tra l'uomo e i suoi parassiti (virus, batteri). Le malattie infettive nascono dallo sconvolgimento di questo equilibrio. Infatti, il conflitto permanente per la sopravvivenza presenta caratteristiche costanti, ma l'ambiente continuamente modificato dalle attività umane impedisce e altera questo equilibrio. I danni che noi provochiamo all'ecosistema possono scatenare nuove malattie, epidemie e pandemie (siamo nel 1940!).

    Il passaggio di un virus da una specie ospite a un'altra viene chiamato spillover, che significa sconfinamento o tracimazione. Lo spillover non sempre genera un patogeno pericoloso, il meccanismo di replicazione virale può interrompersi, senza provocare modificazioni o danni, ma apportando modificazioni utili alla nostra sopravvivenza. Quando il virus trova una condizione favorevole, e inizia a propagarsi tra i membri della specie nella quale è penetrato, viene definito malattia emergente. Una nuova zoonosi nasce quando il virus parte da un serbatoio animale (dove può essere non patogeno) e si trasforma, in un altro animale che funge da incubatore, in un virus capace di replicarsi in un essere umano, ovvero nasce una nuova malattia che diventa caratteristica della specie umana. Secondo lo studio pubblicato su Nature nel 2008 da Kate Jones e collaboratori, il 60,3% delle malattie emergenti proviene dagli animali, e di queste il 71,8% proviene da animali selvatici. Le zoonosi che originano da animali selvatici sono una costante minaccia per la salute degli esseri umani. Queste malattie, che hanno accompagnato e segnato tutta la nostra evoluzione, ora stanno aumentando. Ad esempio, negli ultimi decenni si sono verificati numerosi salti dei virus dagli uccelli ai maiali negli allevamenti intensivi. Sicuramente l'eccessiva antropizzazione e un rapporto molto stretto con gli animali e il loro ambiente favoriscono la formazione e la trasmissione delle zoonosi, come le abitudini alimentari dei carnivori di nutrirsi di selvaggina (i wet market in Cina sono l'esempio più eclatante). La modificazione dell'ecosistema, l'inquinamento, l'espansione delle aree urbane antropizzate creano condizioni di vita e contaminazioni che consentono questi passaggi trasversali. Alcune zoonosi sono note: influenza aviaria e suina, brucellosi, tubercolosi, malaria, rabbia, West Nile Fever, AIDS, Ebola, Ebola Zaire, Marburg; altre sono meno note: Hendra, Nipah, angiostrongilosi, meloidosi, e l'elenco delle zoonosi non è nemmeno iniziato, sono veramente tante.

    Poiché facciamo tutti parte dello stesso ecosistema, lo spillover può essere anche inverso: il passaggio dei virus dagli esseri umani agli animali (zoonosi inversa) avviene sempre più spesso negli allevamenti di bestiame, oppure in ambienti selvatici frequentati da ecoturisti, come avviene per i gorilla del vulcano Virunga in Ruanda, che rischiano l'estinzione a causa del virus del morbillo. Altri esempi di antropozoonosi, che creano notevoli danni economici e rischi per la salute pubblica in Europa e in Italia, sono le epidemie di MRSA CC398 (Staphylococcus aureus meticillino-resistente Clonal complex 398), e di virus dell'influenza A, trasmesse dall'uomo agli animali da allevamento trattati con eccessive quantità di antibiotico. Queste zoonosi inverse rappresentano una perturbazione dell'equilibrio dell'ambiente e sono fattori favorenti lo sviluppo di future epidemie nell'uomo.

    Dedicati al SARS-CoV-2, che è l'ultima zoonosi segnalata, sono apparsi numerosi instant book. Alcuni raccontano la sua storia, il suo ruolo nell'ambiente, la sua influenza sul nostro stile di vita, come la pandemia cambierà il mondo, il ruolo che hanno avuto (e quello che avranno in futuro) i medici e il personale sanitario in prima linea contro il Coronavirus. Altri hanno scomodato Dio, parlando di teologia del Coronavirus e ponendosi la domanda: Dov'è Dio di fronte al virus?, cercando nella religione la risposta a un fenomeno che è da sempre presente nella nostra storia e che è normalmente biologico, ma oggi è aggravato dall'intervento dell'uomo sull'ambiente. Altri hanno evidenziato le controversie di una scienza spesso strabordante e poco trasparente, che ha fatto danni non solo per incompetenza, ma anche per altri interessi. Certamente ci sono molte criticità, presenti e future, ma la consapevolezza del problema ci aiuterà a decidere cosa fare nel futuro.

    Il SARS-CoV-2 è solo l'ultima delle zoonosi comparse, anche se in rapporto al tempo della sua vita è sicuramente quella più studiata della nostra storia, ma non la più conosciuta. Sta provocando una pandemia, con una gestione molto problematica. L'Italia nel 2003 aveva un piano pandemico, messo a punto dopo l'influenza aviaria, e i medici erano stati allertati e preparati per il possibile arrivo di quella temuta pandemia. Questa volta, almeno all'inizio, le misure da adottare per evitare di infettare gli ospedali, le comunità per anziani, gli ambulatori medici, e tutti gli operatori sanitari, sono state disattese e sono arrivate in ritardo. Abbiamo assistito anche a una infodemia con esperti di tutti i tipi, dai virologi, ai matematici ai filosofi ai politici che parlavano e confondevano le persone, senza dimenticare le fake news che hanno ulteriormente complicato il quadro. Guardando la pagina della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO) con l'elenco (che purtroppo continua ad aggiornarsi) dei 173 medici caduti nella battaglia contro questa pandemia, si capisce che molte cose non hanno funzionato. Molti di questi colleghi erano rientrati dalla pensione, abbandonando una vita serena e la sicurezza per il futuro, per riprendere a fare il loro lavoro, perché non si smette mai di essere medici e lo si è per tutta la vita. In cambio cosa hanno avuto? I medici caduti nulla, se non l'affetto delle persone e dei loro colleghi, e i medici che restano al lavoro ancora meno. Basta leggere cosa si sta facendo nel settore della sanità e per i giovani medici per capire quanto scrivo. Naturalmente, tutto ciò vale anche per il personale sanitario e per coloro che in silenzio (forze dell'Ordine, dipendenti, operai) hanno portato avanti il Paese.

    Tutti hanno scritto di tutto, ma pochi hanno pensato ai bambini, anche se ci sono gli instant book per spiegare loro il Coronavirus. Questo è un libro dedicato a loro, che hanno sofferto poco dal punto di vista sanitario, ma molto per i danni sociali ed economici, oltre che psicologici, che il virus sta facendo e farà per la nostra società e per il loro futuro. È rivolto anche ai loro genitori, alle loro famiglie, ai loro pediatri, agli insegnanti, a tutti coloro che hanno il compito di far crescere le nuove generazioni perché ricordino che il legame tra salute e ambiente è indissolubile. Fenomeni inevitabili come lo spillover tra animale e uomo o viceversa vengono peggiorati dalla crisi climatica, dalla scomparsa delle biodiversità, dall'inquinamento e dal degrado ambientale di aria, acqua e suolo, dall'insicurezza sociale e dalle migrazioni di sterminate masse di profughi, dalle diseguaglianze crescenti tra le nazioni e nello stesso tessuto sociale della nazione. Anche il SARS-CoV-2 è figlio di tutto questo, e dopo di lui ne verranno altri e per questo le giovani generazioni devono essere istruite e preparate.

    4. Breve storia dell'intensa vita del SARS-CoV-2 nei bambini: è arrivato il tempo di separare i fatti dalla finzione?

    Maria Antonietta Marcialis, Marco Limone, Paolo Figliolini, Maria Cristina Pintus

    Introduzione

    Fin dal manifestarsi in Cina dei primi casi di infezione da SARS-CoV-2, si acquisiva rapidamente la consapevolezza che non si trattava della solita malattia causata da un nuovo virus respiratorio, ma di una patologia grave con potenziale pandemico. La rapida emergenza e la disseminazione globale conseguente hanno determinato oltre 10 milioni di casi nel mondo. In poco tempo l'Europa è diventata il continente più colpito, con Italia e Spagna dimostratesi particolarmente vulnerabili agli effetti devastanti del virus. Anche se le forme più gravi ad elevata mortalità si sono manifestate nei soggetti più anziani, soprattutto se affetti da una o più comorbilità, i più giovani non sembravano risparmiati. Questo ha generato ansie e paure riguardanti la possibilità che l'infezione si propagasse nella popolazione pediatrica. Le scuole sono state chiuse con la convinzione, peraltro senza evidenza, che analogamente a quanto avviene per l'influenza i bambini fossero i maggiori vettori della trasmissione domestica del virus. La chiusura ha riguardato il 90% degli studenti dell'intero globo terrestre con l'eccezione ad esempio della Svezia, dove non sono state applicate misure così restrittive di lockdown. In effetti, i primi dati cinesi sembravano confermare il ruolo dei bambini nella trasmissione dell'infezione, nonostante questi presentassero una forma più lieve o completamente asintomatica. Tuttavia, la storia del SARS-CoV-2 si è poi modificata: dati giapponesi hanno dimostrato un basso tasso di trasmissione nei bambini ed ulteriori studi effettuati in diversi Paesi hanno prodotto gli stessi risultati. Diversamente dalle infezioni influenzali e da quelle causate dai virus SARS-CoV e MERS, la pandemia da SARS-CoV-2 ha mostrato una bassa morbilità e una quasi nulla mortalità nei bambini. È inoltre emerso che, nella maggior parte dei casi, il COVID-19 non dipende semplicemente dal virus, ma è il risultato dell'interazione del SARS-CoV-2 con il sistema immunitario del paziente. La malattia, anche se benigna e autolimitante nei bambini, in un ridotto numero di casi può complicarsi con una sindrome infiammatoria multisistemica.

    I bambini hanno una bassa frequenza di malattia

    In tutto il mondo i bambini costituiscono una minoranza di casi confermati di COVID-19, contribuendo in genere tra l'1% e il 5% del numero totale dei casi. Esistono dei dubbi sul fatto che tali bassi tassi riflettano test selettivi che coinvolgono solo i più malati, tuttavia i dati provenienti dalla Corea del Sud e successivamente dall'Islanda, Paesi che hanno diffusamente implementato i test, hanno dimostrato numeri significativamente minori nei bambini. In Italia la frequenza del COVID-19 sotto i 18 anni è dell'1,2%. Nella città italiana di Vo', che ha valutato l'86% della sua popolazione, non c'è stato un bambino (di età inferiore ai 10 anni) positivo, nonostante il tasso nella popolazione generale fosse del 2,6%. Questo accadeva nonostante un certo numero di bambini vivesse insieme ad adulti affetti da COVID-19. Nei dipartimenti pediatrici di emergenza italiani, i bambini colpiti erano stati esposti a una fonte non familiare nel 55% dei casi. L'incidenza di trasmissione attraverso l'esposizione a cluster familiari è più bassa in Italia, rispetto ad altri Paesi, probabilmente in rapporto al fatto che il lockdown in Italia è stato più tardivo.

    I bambini hanno forme più lievi e sintomi atipici

    Attualmente sono emerse informazioni più dettagliate sulla gravità dell'infezione, una percentuale significativa di bambini positivi al SARS-CoV-2 non sembra sviluppare alcun sintomo né presentare sintomi subclinici. La maggioranza mostra una malattia lieve o moderata, mentre le forme critiche sono molto rare, così come i decessi (una quindicina di casi segnalati nel mondo). I bambini più piccoli sembrano essere più vulnerabili e a maggior rischio di forme severe e a maggior tasso di ospedalizzazione rispetto ai più grandi. La presentazione severa è leggermente più frequente nei maschi. La coinfezione con altri patogeni respiratori (virus respiratorio sinciziale, micoplasmi, virus influenzale e citomegalovirus) è frequente nei bambini affetti da COVID-19. I dati provenienti dalla Cina hanno dimostrato che il 13% dei casi confermati e rilevati attraverso tracciabilità dei contatti non presentava alcun sintomo, il 43,1% aveva sintomi lievi, il 41% moderati, il 2,5% severi, i pazienti critici, infine, erano lo 0,4%. Le caratteristiche cliniche nei bambini sintomatici differiscono da quelle degli adulti perché la malattia è più lieve. I segni clinici della malattia non sembrano differire sostanzialmente da quelli che si manifestano in corso di altre infezioni da virus respiratori. I bambini presentano comunemente tosse e febbre (in più della metà dei casi), rinorrea e mal di gola (30-40% dei pazienti). La dispnea, la mialgia e la cefalea sono infrequenti. Non è raro che i sintomi di esordio o di accompagnamento, ma talvolta anche gli unici sintomi, siano rappresentati dalla diarrea e dal vomito. Sono state segnalate inoltre manifestazioni cutanee, che ricordano i geloni, che interessano mani e/o piedi. Gli esami del sangue mostrano anomalie leggermente diverse da quelle degli adulti: la linfocitopenia è relativamente rara, infatti la conta linfocitaria è spesso normale o talvolta aumentata. I marcatori infiammatori, come la proteina C reattiva (PCR) e la procalcitonina (PCT), sono spesso lievemente aumentati. Un lieve aumento delle transaminasi sembra essere comune. Le radiografie del torace sono leggermente diverse dalle loro controparti adulte, infatti spesso sono normali come pure le tomografie computerizzate (TC). Di converso, talvolta la TC è positiva in bambini asintomatici. Le opacità, quando presenti, sono, come nell'adulto, a vetro smerigliato lievi e bilaterali, ma con una prevalenza periferica inferiore rispetto a quanto riportato negli adulti.

    I dati italiani dei dipartimenti di emergenza riportano sintomi nel 21% dei bambini positivi al SARS-CoV-2. Tra i sintomatici, il 58% ha una malattia lieve, il 19% moderata, l'1% severa, e l'1% presenta condizioni critiche. L'età media dei bambini colpiti è di 3,3 anni. Il 54% dei piccoli ha una temperatura di almeno 37,6°C, tosse (44% dei pazienti) e dispnea (nel 4% dei bambini i valori di saturazione sono < 95%). Il 23% dei pazienti sintomatici mostra rifiuto del cibo o, nei bambini di età inferiore a 21 mesi, difficoltà nell'alimentazione. In queste casistiche, la maggioranza dei bambini presenta forme lievi e, delle poche forme gravi che richiedono un supporto respiratorio, 2 su 3 presentano comorbidità. Le forme caratterizzate da infiammazione sistemica, in contrasto con i quadri dell'adulto, sono rare e si osserva un aumento dei linfociti T e B, associato a una riduzione dei neutrofili col progredire dell'infezione.

    Il COVID-19 nel neonato

    Nei neonati, la malattia può avere una presentazione non specifica con febbre, letargia, distress respiratorio, instabilità della temperatura corporea, rash, cianosi, disturbi dell'alimentazione o intestinali (ileo o diarrea). Nei casi più gravi possono essere presenti trombocitopenia, alterazioni della funzionalità epatica, coagulazione intravasale disseminata, shock e danno multiorgano.

    Il COVID-19 nell'adolescente

    Negli adolescenti il periodo di incubazione è più lungo rispetto ai pazienti più adulti ed è in media di 6,5 giorni. I teenager, paragonati ai giovani adulti, sono meno frequentemente sovrappeso, fumano meno e bevono meno alcol. Tra gli adolescenti non si osservano casi severi e questi pazienti sono più frequentemente asintomatici. Il numero dei giorni di febbre è inferiore. Gli adolescenti hanno una bassa incidenza di anomalie di laboratorio. La PCR e la PCT sono elevate, rispettivamente nel 13,6% e nel 10,6% dei casi. Rispetto agli adulti, le opacità a vetro smerigliato, visibili alla TC del torace, si osservano meno frequentemente (50% vs 68%). I giovani ricevono ossigenoterapia inalatoria più raramente e solo un basso numero di adolescenti sviluppa complicanze severe. In contrasto con il COVID-19 che colpisce gli adulti, ci sono pochissime evidenze sugli effetti del SARS-CoV-2 nei bambini affetti da comorbidità. In Cina, alcuni piccoli pazienti affetti da comorbidità (leucemia, idronefrosi e invaginazione intestinale) hanno richiesto intubazione, ma non è chiaro se il COVID-19 fosse effettivamente la causa della necessità di terapia intensiva. Dati rassicuranti si ottengono da bambini trapiantati, affetti da malattie infiammatorie intestinali, tumori o trattati con immunosoppressori, mentre dati provenienti dagli Stati Uniti sottolineano che il 23% dei casi confermati tra i bambini presentano comorbidità prevalentemente di tipo respiratorio.

    Esistono anche rare sindromi iperinfiammatorie gravi tardive

    Recentemente i media hanno evidenziato la possibilità di una rara sindrome iperinfiammatoria, simile alla malattia di Kawasaki, che sembra essere una risposta immunitaria ritardata al SARS-CoV-2. Articoli scientifici hanno riportato i primi casi a Londra, in Italia e in Francia in bambini che avevano avuto il COVID-19.

    La sindrome colpisce pazienti da 0 a 19 anni (età media 9 anni), che presentano febbre della durata superiore a 3 giorni e due dei seguenti sintomi:

    rash o congiuntivite non purulenta bilaterale o segni muco-cutanei di infiammazione a livello orale, delle mani e dei piedi; ipotensione o shock;

    disfunzione miocardica, pericardite, valvulite, anomalie coronariche, aumento del rapporto tra troponina e NT-proBNP;

    evidenza di coagulopatia (elevato D-dimero);

    dolore addominale, vomito e diarrea.

    Questi sintomi sono associati ad alterazioni dei marker infiammatori (PCR, PCT e VES), in assenza di cause microbiche di infiammazione (incluse la sepsi, la sindrome da shock settico), e con evidenza di COVID-19 (anticorpi o test antigenici positivi) o di contatti con pazienti COVID-19 positivi. È caratteristica l'assenza di coinvolgimento respiratorio e il possibile sviluppo di aneurismi coronarici. Questi sporadici casi non cambiano il fatto che la forma severa di COVID-19 sia rara.

    I bambini hanno una minore infettività

    Non soltanto la frequenza e la gravità della malattia sono più basse nel bambino ma, diversamente da quanto temuto, anche la velocità di diffusione è più bassa rispetto agli adulti. In sostanza i bambini hanno una minore probabilità di contrarre la malattia, ma l'esatto ruolo dei bambini nel trasmettere la malattia non è ancora noto, anche se non sembrano essere super contagiosi. La commissione congiunta Cina/OMS non è stata in grado di segnalare casi in cui la trasmissione sia avvenuta da un bambino a un adulto. In uno studio pubblicato dal Public Health France, un bambino SARS-CoV-2 positivo, collegato al primo caso positivo al Coronavirus in Gran Bretagna, non l'ha trasmesso a nessuno, nonostante sia entrato in contatto con più di 170 persone. Numerosi studi hanno dimostrato la presenza dell'RNA

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