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Malati Di Prevenzione
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E-book288 pagine3 ore

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Info su questo ebook

Al giorno d’oggi, grazie alle conquiste in campo medico e farmacologico, l’aspettativa di vita è giunta a valori impensabili solo fino a due secoli fa. I progressi in questo ambito sono valutabili non solo in termini di allungamento dell’aspettativa di vita, ma soprattutto in un miglioramento generale delle condizioni di salute delle persone anziane. Contestualmente assistiamo a un proliferare di notizie più o meno veritiere su alimentazione, stili di vita, cibi che combatterebbero l’invecchiamento. Va da sé che, specie se si è soggetti sensibili all’argomento – fino a sconfinare nell’ipocondria o nella patofobia – si rischia spesso di trascorrere il tempo tra un esame e l’altro, alla perenne ricerca di una spiegazione ai tanti malesseri da cui si può essere affetti. Proprio allo scopo di fare chiarezza in questo mare magnum di informazioni spesso incontrollate e sensazionalistiche, l’autore – forte di un’esperienza ultraquarantennale come medico geriatra – ha concepito questo volume che ha il pregio di unire una trattazione divulgativa a un doveroso rigore medico e scientifico, soffermandosi su quelle buone abitudini che effettivamente garantiscono una migliore salute e sfatando i tanti miti che spesso circondano l’argomento. L’ansia di invecchiare, di ammalarsi o di incorrere in una limitazione della propria autosufficienza è più che comprensibile, ma non deve offuscare la ragione, impedendo quel “successful aging” che garantisce uno stato di complessivo benessere fino all’ultimo giorno della nostra vita.

Massimo Palleschi è un appassionato cultore della Geriatria, alla quale ha dedicato gran parte della sua attività professionale. Ha ricoperto per molti anni la carica di Primario Geriatra dell’Ospedale San Giovanni Addolorata di Roma e quella di Presidente della Società Italiana Geriatri Ospedalieri. È Presidente della Fondazione Internazionale Palleschi per l’aiuto all’anziano.
Relatore in molti congressi nazionali ed esteri, autore di 150 pubblicazioni e di 8 monografie, svolge intensa attività di opinion leader e di divulgatore scientifico nell’ambito della sanità e in particolare della gestione della salute. 
Si occupa dei problemi relativi alla conservazione dell’efficienza della persona e alla acquisizione di una buona qualità di vita, senza trasformare questa esigenza in un eccessivo, continuo, angoscioso ricorso ad una serie innumerevole di esami clinici e strumentali.
LinguaItaliano
Data di uscita27 set 2018
ISBN9788899706470
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    Anteprima del libro

    Malati Di Prevenzione - Massimo Palleschi

    prefazione

    Conoscere: è uno dei verbi più importanti di cui disponiamo nel nostro lessico, senza del quale sarebbe impossibile perfino dirci umani; un verbo con radici profonde quanto lontane che ci giunge direttamente dalla culla del pensiero occidentale, l’Antica Grecia, attraverso il consueto filtro della latinità: γιγνώσκω, conosco, che – non certo per caso – condivide la radice con γίγνομαι che vuol dire nasco.

    E non è poco.

    Muovendo dalla riflessione sulla fascinosa importanza di questo verbo nasce – appunto - una collana che tenta di soddisfare un’esigenza fondamentale da sempre della società umana: mettere in comunicazione chi dispone della conoscenza, conquistata attraverso anni di studio e un’intera vita di esperienza, e chi della conoscenza si vuole servire per migliorare la propria condizione, perché afflitto da una malattia, titolare di un diritto da far valere, per promuoversi socialmente o, semplicemente, perché beatamente curioso di un sapere.

    Ci viene proposta, dunque, una serie di opere dedicate alla diffusione della conoscenza: la novità, cruciale, è che i titolari della sua trasmissione non sono intermediari, come spesso accade, ma proprio le persone che detengono il sapere che si fa prassi socioculturale, dimensione antropologica. Sono medici, avvocati, commercialisti, architetti, imprenditori, artisti. Cittadini, insomma della Citta dell’uomo.

    Chiunque abbia costruito, negli anni, una competenza basata sullo studio e approfondita dall’esperienza è chiamato a condividerla per formare un bagaglio comune, un alveare di sapienza al servizio dei lettori.

    La Collana è perciò anche una rassegna di buoni professionisti del Paese, donne e uomini che hanno dedicato passione e – diciamolo! – anche fatica, all’acquisizione di un patrimonio che sono disposti a condividere. Per non dimenticare la definizione della cultura data dal filosofo: il sedimento naturale dei saperi condivisi. E da condividere, aggiungerei, con il villaggio globale fatto di informazione del quale tutti, oggi, siamo abitanti.

    La Collana, infine, è un farmaco. Un genere preciso e molto particolare di farmaco: un antidoto. Va assunto senza alcuna preoccupazione di effetti indesiderati perché è l’antidoto a un veleno potente e diffuso: l’ignoranza.

    Fake news, bufale, catene di Sant’Antonio multimediali, chiacchiere di fattucchiere e bugie più o meno telematiche sono gli agenti del contagio, gli untori dell’intruglio velenoso.

    Ogni atto volto a contrastare la progressione del morbo va dunque accolto con la riconoscenza che si tributa al medico intervenuto a salvarci la vita. E a scacciare lo stregone.

    Con la certezza di rivolgervi il più fausto degli auspici, il migliore che possa capitare di ricevere, vi auguro dunque una buona lettura.

    Michele Mirabella

    Introduzione

    Nel nostro Paese la divulgazione scientifica non ha una grande tradizione anche nel settore medico, dove troppo spesso si assiste alla lettura di notizie incredibili, sprovviste cioè di ogni fondamento. Nei libri e negli articoli divulgativi è il linguaggio che deve essere il più semplice ed il meno tecnologico possibile, ma questa esigenza non autorizza a propinare informazioni inattendibili. Una buona divulgazione medica può essere invece molto utile al cittadino, non nell’intento di sostituirsi a chi è preposto istituzionalmente alla cura e all’assistenza delle persone malate, ma per dare un aiuto ad orientarsi meglio nell’ambito dei servizi sanitari a disposizione e soprattutto per indicare la metodologia più adatta ad un adeguato approccio verso i problemi della salute, un bene primario della persona.

    Viviamo in un’epoca nella quale i progressi sociali, ma soprattutto le scoperte sensazionali nel settore della Medicina, hanno causato una delle più grandi rivoluzioni dell’umanità: l’enorme incremento della quantità di vita che ci è concesso di usufruire. Negli ultimi due secoli vi è stato un raddoppio dell’età media di vita. Infatti dall’inizio dell’Ottocento, l’aspettativa di vita alla nascita, in tutti e due i sessi era di poco superiore ai 40 anni, mentre oggi raggiunge gli 80 anni per gli uomini e gli 85 per le donne. I centenari in Italia sono 19.000, mentre gli ultra novantenni arrivano ad oltre 600.000. Non solo oggi si vive tanto, ma si vive meglio.

    I detti popolari spesso testimoniano profonde verità, ma alle volte non corrispondono assolutamente alla realtà. È diffuso il concetto che gli uomini dei tempi passati avevano una tempra superiore. È un’impressione completamente errata. Prima non solo si viveva poco, ma i rari soggetti che arrivavano ad un’età elevata, ad esempio 80-85 anni, avevano una salute ed una efficienza in media molto inferiore alle persone di analoga età di oggi. In sostanza adesso si vive a lungo e meglio, ma tutto questo si è verificato e si sta ulteriormente ampliando a costi non indifferenti. La salute e l’efficienza si conquistano con molte risorse, anche economiche, con grandi attenzioni, a volte con notevoli sacrifici e rinunce. I tentativi di conquistare la salute e di invecchiare bene si possono accompagnare ad insicurezza, ad ansia, ad angoscia, a depressione. È assolutamente necessario evitare queste eventualità.

    In questo libro si troverà diverse volte la parola benessere. Può essere opportuna qualche spiegazione e considerazione su questo termine coinvolgendo da vicino la filosofia del volume. La parola benessere ha strette analogie con la qualità della vita, ma anche con altre espressioni come la felicità. In sostanza i termini qualità della vita, benessere e felicità, anche se non sono sinonimi, hanno un significato analogo e tutti implicano una serie di elementi oggettivi (salute, pil, attività lavorativa, ecc.) e soggettivi (condizioni affettive, ecc.).

    Nonostante la difficoltà di analizzare e considerare insieme elementi così diversi, numerosi sono i tentativi di valutare nel loro complesso tutti i fattori che contribuiscono al benessere della persona. Ad esempio molte Istituzioni, anche internazionali, si sono prese la briga di stilare una classificazione sui popoli, sulle nazioni più felici. Secondo il Rapporto Mondiale della Felicità del 2016, redatto dal Sustainable Development Solutions Network, un importante organismo dell’onu, il Paese più felice del Mondo, tra i 156 considerati, è risultato la Danimarca che ha preceduto nell’ordine Svizzera, Islanda, Norvegia, Finlandia, Canada, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Australia e Svezia. L’Italia risulta ad un miserevole 50° posto. Con tutte le possibili riserve che si possono avere su queste classifiche, il dato non può che preoccuparci.

    Nel 1948 l’Organizzazione Mondiale della Sanità definiva la qualità della vita come la percezione soggettiva che una persona ha della propria posizione nella vita, anche in relazione ai propri obiettivi, aspettative e preoccupazioni. Essa pertanto riguarda un concetto ad ampio spettro, che è modificabile in maniera complessa dalla percezione della propria salute fisica e psicologico-emotiva, dal livello di indipendenza, dalle relazioni sociali e dalla interazione con il proprio specifico contesto ambientale. La stessa OMS ha stabilito che la salute non corrisponde semplicemente all’assenza di malattie, ma comprende anche la percezione positiva che la persona ha della sua esistenza. In sostanza il termine qualità della vita (utilizzato soprattutto nella versione inglese, quality of life, QoL), se riferito agli aspetti della salute ha permesso di rivolgere l’attenzione verso tutti quegli elementi che privilegiano la centralità del paziente, il suo ruolo, la sua soggettività. D’altra parte la presenza di una o più malattie influenza negativamente non solo gli aspetti biologici e funzionali dell’organismo, ma è in grado di incidere sulla vita sociale, psicologica, familiare, lavorativa della persona.

    In questo libro cercherò di dare consigli utili per mantenere o recuperare una buona salute ed efficienza e soprattutto per vivere in armonia, in serenità, in definitiva per raggiungere uno stato di benessere, con un rapporto favorevole anche verso l’incalzare del tempo. Nell’era attuale un’enorme conquista è stata realizzata dalla Medicina con una durata della vita lunga ed una maggiore efficienza della persona. L’attenzione a mantenere una buona salute, osservando determinati stili di vita, eseguendo alcuni controlli e sottoponendosi ad adeguate cure anche preventive, è diventata una tendenza diffusa ed utile. Da questa impostazione non si deve mai sconfinare nell’eccesso e nell’angoscia. Io vedo molte persone soprattutto anziane, la cui occupazione principale della giornata consiste nello svolgimento di innumerevoli esami clinici e diagnostici. Il timore delle malattie è tale da desiderare di avere costantemente un medico a portata di mano. Anche tra i vip vi è chi gira sempre con il medico personale. Non dobbiamo entrare in un tunnel dominato dall’ansia di perdere la salute, di rimanere invalidi, di invecchiare, perché in questo caso la partita è persa in partenza, non ottenendosi migliori risultati ed in più compromettendo l’equilibrio, la serenità, la gioia di vivere.

    Queste considerazioni sono facilmente condivisibili, se si tiene presente che accanto ad indagini sicuramente utili, preziose o addirittura indispensabili, ve ne sono molte altre che non hanno questi requisiti. L’aspetto che è assolutamente necessario tener presente consiste nel fatto che le indagini sono utili quando servono a rispondere ad alcuni dubbi del medico dopo un’accurata visita del paziente. Sottoporsi invece a ricerche cliniche a tappeto o ad ogni minimo disturbo senza una guida complessiva dell’intero problema, costituisce una soluzione poco razionale e infruttuosa. La prevenzione e la cura delle malattie non devono mai confondersi con la paura angosciosa di pericoli visti, intravisti o immaginati. La ricerca ossessiva della salute e del benessere è incompatibile con quello che gli autori anglosassoni chiamano Successful aging, cioè l’invecchiamento di successo. Quest’ultima condizione si può raggiungere, non con l’ambizione e l’ansia, ma con l’equilibrio, la serenità e l’attribuzione di giusti valori alla vita. Allo stesso tempo si devono mettere in atto, giorno dopo giorno, tutte le misure rivolte affinché la maturità e la vecchiaia si caratterizzino per questi tre requisiti: 1) un contenimento della probabilità di andare incontro a malattie/disabilità; 2) una soddisfacente capacità funzionale, sia fisica che cognitiva; 3) una vita ricca di attività.

    Questo volume si conclude con un capitolo denominato Alcuni consigli spiccioli. Nonostante il carattere sintetico della trattazione, vi accorgerete che questo capitolo è il più corposo, essendo così numerosi gli errori e i pregiudizi che si osservano nei diversi ambiti della salute da indurmi a fare qualche raccomandazione in più. In particolare ho avanzato riserve verso impostazioni errate, come quella riguardante l’approccio del cittadino verso la Medicina e i medici. L’Italia sembra che sia l’unico Paese al mondo dove quasi tutti credono di avere buone competenze in materia di Medicina e si sentono pertanto autorizzati ad avere proprie opinioni in tema di diagnosi e terapia delle malattie.

    La prescrizione di un farmaco presuppone approfondite cognizioni sulla sua efficacia e sugli effetti collaterali. Secondo fonti del Ministero della Salute di qualche anno fa, ogni giorno nel nostro Paese vengono ricoverati in ospedale ben 100 pazienti per manifestazioni tossiche dipendenti dall’impiego dei farmaci. L’antico detto primum non nocere rimane un caposaldo dell’odierna Medicina. La tendenza alla prudenza ed anche alla prescrizione ragionata del farmaco non va d’accordo con quello che si osserva nella pratica quotidiana dove il cittadino comune interpreta, aggiusta, modifica la prescrizione originaria del medico. Sul piano diagnostico andiamo ancora peggio nel senso che ognuno, sulla base del rilievo di conoscere meglio di tutti il suo organismo, il suo corpo, ritiene di poter valutare anche l’origine dei propri malanni.

    Comprendo bene che le mie argomentazioni a favore della pratica, solo se associata a specifiche competenze mediche, possono lasciare il tempo che trovano, ma almeno si potrebbero tenere maggiormente presenti le parole del sommo scienziato e pittore Leonardo da Vinci che così si esprimeva: Quelli che s’innamoran di pratica senza scienzia son come ‘l nocchiero ch’entra in navilio senza timone o bussola, che mai ha certezza dove si vada. In questo capitolo ho cercato di dare suggerimenti contro i numerosi pregiudizi che inquinano il corretto approccio verso i problemi della salute. È talmente diffusa l’abitudine di farsi guidare dai pregiudizi nell’adozione degli stili di vita, del comportamento alimentare, dell’attività fisica, delle misure diagnostiche e terapeutiche alle quali dobbiamo sottoporci, che sento il bisogno di intrattenermi ancora un po’ su questo problema.

    Il termine pregiudizio, come quello di preconcetto, ha assunto un valore negativo, anche se la parola di per sé indica semplicemente un giudizio non ancora sufficientemente motivato, documentato. In sostanza non vi sarebbe niente di male se esprimessimo a volte pareri insicuri, provvisori, purché in attesa di acquisizioni più attendibili. Ma il pregiudizio nella sua veste peggiore consiste in opinioni, affermazioni, piene di luoghi comuni e di concetti preconfezionati che resistono anche a quella che viene definita la forza della ragione. Pur con queste difficoltà noi medici dovremmo essere maggiormente impegnati in una campagna di educazione sanitaria e di sensibilizzazione, cercando di rimuovere tante false idee, a volte senza alcun costrutto, senza alcuna base scientifica. In questo tentativo dovremmo però cercare di non essere polemici, né presuntuosi, avendo anche la pazienza di dare il tempo necessario perché l’interlocutore faccia propria una diversa interpretazione della realtà. Mi sono impegnato a ricercare le più frequenti storture mentali riguardanti i comportamenti in tema di salute e a suggerire qualche rimedio.

    L’altro aspetto fondamentale della filosofia del mio libro è inspirato dall’esigenza di far prevalere l’ottimismo. Nella vita è importante sapere affrontare le difficoltà, anche quelle riferibili ai problemi della salute. Le ansie, i nervosismi, le insicurezze, le cadute dell’umore, le demoralizzazioni, non ci aiutano a ricercare la strada del benessere. Nessuna condizione clinica giustifica una vita ridotta a uno scadenziario di visite, indagini, controlli, che servono solo ad incrementare l’angoscia e ad impedirci di vivere ed invecchiare bene.

    Un’ultima considerazione riguarda la forma nella quale ho inviato i miei messaggi. Ho cercato di evitare forme pseudoculturali di scientismo. Vi sono divulgatori che terrorizzano il cittadino con termini che non aggiungono nulla al contenuto, ma che in ragione della misteriosità del linguaggio provocano solo preoccupazione. Giustamente il prof. Dario Bressanini, ricercatore universitario presso il dipartimento di scienze chimiche dell’Università dell’Insubria, giudica severamente l’abitudine spocchiosa di chiamare l’acqua con l’espressione monossido di idrogeno, con paura da parte dell’ignaro cittadino di aver assunto un possibile veleno. Io ho cercato di fare del mio meglio per evitare simili errori, riferendo su eventi sfavorevoli o addirittura drammatici, solo quando l’informazione potesse aiutare ad evitar guai peggiori. Speriamo di esserci riuscito.

    Guardatevi dai disturbi funzionali

    Gli accertamenti (di laboratorio, radiologici, ecografici, strumentali, istologici, ecc.) hanno contribuito al progresso della Medicina e della Chirurgia e sono risultati preziosi per diagnosi sempre più sicure e precise. Con queste credenziali così importanti, come si giustifica il titolo di questo libro? Per rispondere compiutamente all’interrogativo e per ragioni di chiarezza è opportuna una breve premessa. Le indagini sono utili quando a servirsene è il medico che gestisce l’intero problema diagnostico-terapeutico. Gli esami diagnostici vanno cioè inseriti nell’ambito dell’atto clinico fondamentale che deve procedere secondo la seguente successione logica:

    • l’anamnesi, cioè la raccolta dei disturbi lamentati dal paziente,

    • i reperti obiettivi provenienti da un’accurata visita.

    In base all’analisi dei dati derivanti da questo duplice ordine di fattori, il medico preparato e coscienzioso è già in grado di formulare in molti casi una diagnosi attendibile. Questa impostazione generale varierà nella sua applicazione ed avrà anche un peso diverso in alcuni casi nei quali anamnesi ed esame obiettivo la faranno da padrone ed in altri nei quali il ricorso alle indagini avrà un’importanza maggiore. Come già accennato, se nonostante questa corretta procedura persistono dei dubbi, il medico farà ricorso alle indagini ritenute necessarie.

    Mi preme sottolineare che se non si esegue questa metodologia, gli esami diagnostici possono essere:

    • inutili,

    • colpevolmente dispendiosi,

    • addirittura pericolosi.

    Vi sono però persone, forse non ben consigliate dagli stessi medici, o più spesso con tendenza all’autoprescrizione, che non seguono una razionale procedura ed incorrono nell’incessante ed angosciosa ricerca dell’esame risolutore. Si tratta di soggetti che un tempo venivano chiamati malati immaginari, espressione diventata famosa in tutto il mondo, da quando il 10 febbraio 1673 fu rappresentata con questo titolo la divertentissima commedia-balletto del grande Molière.

    Della patofobia e del disturbo ipocondriaco si era fatto cenno fin dall’antichità. Ippocrate, cioè il personaggio che può essere considerato il Padre della Medicina, descrisse i casi di due soggetti che avevano fobie, uno sofferente alla visione o all’idea del crepuscolo, l’altro a quella dei precipizi e dei fossati. Nel Medio Evo le fobie più che vere e proprie patologie vennero assimilate a fenomeni di carattere magico-religioso. Solo nei secoli successivi e soprattutto dalla metà dell’Ottocento i disturbi fobici vennero inquadrati in un ambito esclusivamente medico, con la descrizione analitica della sintomatologia e con la proposta di specifiche terapie. In tempi recenti si è distinta la patofobia dall’ipocondria, quest’ultima essendo caratterizzata non solo dalla paura abnorme di avere una determinata malattia, ma tale da indurre la percezione di alterazioni e modificazioni corporee.

    Il termine ipocondria deriva dal fatto che queste sensazioni corporee ingiustificate si possono localizzare all’ipocondrio, zona per così dire di confine tra torace ed addome. Per semplicità io adopererò indifferentemente i termini ipocondria e fobia.

    L’errore più grave che si può compiere da parte del medico e dei familiari è quello di dire che il malato non ha niente e non ha bisogno di prendere medicine. Il problema della terapia farmacologica nei soggetti con disturbi funzionali è molto delicato. È noto come da parte dei medici non vi sia sempre identità di vedute sull’eventuale utilizzazione del cosiddetto effetto placebo di alcuni farmaci nei soggetti patofobici. Alcuni disturbi (insonnia, astenia, cefalea, disordini intestinali, ecc.) possono essere influenzati positivamente da farmaci placebo contenenti sostanze inerti (acqua distillata, zollette di zucchero, ecc.), prive di una effettiva azione farmacologica, in virtù di una forte componente psicologica. In questi casi il placebo agisce presumibilmente attivando circuiti cerebrali correlati allo stato emotivo e all’attenzione.

    Ora se è uno sbaglio avere un atteggiamento sbrigativo e di sottovalutazione dei disturbi funzionali della persona, se anche è vero che in qualche caso si può assecondare l’effetto placebo, è altrettanto vero che non si deve sistematicamente rinunciare ad un’impostazione più razionale del problema diagnostico e terapeutico del malato. L’argomento della patologia fobica è estesamente trattato, oltreché in ambito medico, nella letteratura. Può essere significativo per comprendere la psicologia contorta del patofobico leggere quanto diceva nel 1923 Italo Svevo attraverso il protagonista Zeno Cosini del suo famoso romanzo La coscienza di Zeno: Ho dei cassetti interi di medicinali e sono i soli cassetti miei che tengo io stesso in ordine. Io amo le mie medicine e so che quando ne abbandono una, prima o poi vi ritornerò. Del resto non credo di aver perduto il mio tempo. Chissà da quanto tempo e di quale malattia io sarei già morto se il mio dolore in tempo non le avesse simulate tutte per indurmi a curarle prima ch’esse m’afferrassero.

    Tra le fobie di natura medica, vi è anche l’esagerata paura per i danni provenienti dalle cure tradizionali, in particolare dai farmaci della Medicina ufficiale, scientifica. Da qui prende lo spunto, in soggetti predisposti, ansiosi, dalla personalità disturbata, il ricorso eccessivo alle medicine alternative, naturali. Il termine naturale utilizza l’idea molto diffusa che il naturale sia di per sé buono e che il farmaco, la sostanza chimica introdotta artificialmente, sia cattiva. Come ha osservato il noto farmacologo Silvio Garattini, il naturale in sé non è né buono né cattivo, ma può essere sia buono, sia cattivo, tanto è vero che sono del tutto naturali i maggiori veleni contenuti in alcune piante o emessi da alcuni insetti e sono naturali anche i batteri ed i virus responsabili di gravissime malattie, oggi in gran parte debellate nei Paesi industrializzati. Altrettanto si deve riconoscere che naturali non sono la maggior parte dei farmaci che vengono sintetizzati chimicamente e non naturali sono anche gli interventi chirurgici.

    Il ricorso alla Medicina alternativa o complementare costituisce un problema di grande rilevanza, dal momento che milioni di persone vi si affidano in Italia e all’estero, nonostante le frequenti riserve della classe medica più colta ed autorevole. Senza avere la presunzione di essere esaustivo su tutto l’argomento vanno però sottolineati almeno 2-3 aspetti significativi. Anzitutto vi

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