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Nella Brughiera
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E-book216 pagine2 ore

Nella Brughiera

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Uno scrittore. Un romanzo. Uno scrittore nel romanzo - ma non è un personaggio: ci è proprio caduto dentro, quasi senza accorgersene. Immerso negli ingranaggi delle sue creazioni fittizie, si muove incuriosito cercandone l'uscita, ma anche nel suo piccolo mondo precostruito c'è qualcosa che è in grado di stupirlo: idee mai sviluppate, chimere che in sua assenza hanno preso vita propria, nel dubbio costante che non sia il solo ad aver forgiato tutto questo.
 
LinguaItaliano
Data di uscita7 set 2020
ISBN9788869632433
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    Anteprima del libro

    Nella Brughiera - Valerio Dalla Ragione

    Valerio Dalla Ragione

    NELLA BRUGHIERA

    Elison Publishing

    Proprietà letteraria riservata

    © 2020 Elison Publishing

    Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno o didattico.

    Le richieste per l’utilizzo della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono essere inviate a:

    Elison Publishing

    www.elisonpublishing.com

    ISBN 9788869632433

    La mia più profonda gratitudine e ammirazione va a Percival Pembroke, alla sua musica, al suo elettronico sussurrare campestre.
    Stermina ogni pensiero razionale
    David Cronenberg, Il Pasto Nudo.

    Indice

    PARTE PRIMA

    Capitolo 0

    La Caccia & l’Esorcismo

    Capitolo 1

    La Ragazza & la Vecchia Cornacchia

    Capitolo 2

    L’ufficio & i Cowboy

    Capitolo 3

    Venere & Bourbon

    Capitolo 4

    I Negoziati

    Capitolo 5

    L’intruso, quasi

    Capitolo 6

    L’intruso

    Capitolo 6

    ½

    Capitolo 7

    Il Passaggio

    PARTE SECONDA

    Capitolo 1

    La Brughiera & la Brezza

    Capitolo 2

    Il Percorso

    Capitolo 3

    Il Tempio di Marmo & Credit Risk Modelling

    Capitolo i

    La Grandiosa Confraternita dei Quartetti d’Archi tardo-tonali & Cimiteri campestri

    Capitolo 4

    Il Bulbo

    Capitolo 5

    Preludio al Grande Organismo Multicellulare

    PARTE TERZA

    Capitolo 1

    Il Grande Organismo Multicellulare

    Capitolo 2

    La storia del Grande Organismo Multicellulare

    Capitolo 3

    Il compito del Grande Organismo Multicellulare

    Capitolo 4

    Il Catalogo & il Lago

    Capitolo 5

    La Brughiera, di nuovo & il Muro

    Capitolo 6

    Dopo il Grande Organismo Multicellulare

    Capitolo 7

    Il Cambiamento di Paradigma

    Capitolo 8

    L’inversione

    PARTE QUARTA

    Capitolo 1

    La Continuazione

    Capitolo 2

    Il Percorso, di nuovo

    Capitolo 3

    La Nuova Roccaforte del Cigno

    Capitolo 4

    Il Momento

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 0

    La Caccia & l’Esorcismo

    Ma passerà, come ogni altro affare che prende luogo sotto il sole.

    Il responsabile delle risorse umane rimase sbigottito nell’apprendere la notizia – o almeno è ciò che intuirono dal cambiamento improvviso dei suoi tratti facciali, altrimenti concentrati. Non è il tipo di aggiornamento che faccia piacere ricevere: un ragazzo così giovane – non esattamente l’immagine idealizzata della salute, ma neanche nulla che facesse presagire il contrario.

    La sua mente plana improvvisamente sulla notte prima, riportandolo a quella scenetta comica che aveva visto in un locale. Un uomo sulla trentina, evidentemente molto eccitato, stava dicendo ‘Se vi fosse dato un libro con su scritta la storia della vostra vita, leggereste il finale? Io direi di no: ho già visto il film’. L’impiegato mormora risatine smorzate fra sé e sé, ma poi si ricorda che la battuta poteva essere leggermente diversa. Forse, invece del film, il comico aveva detto la prefazione dell’autore, o forse entrambe le cose – ma non riesce a ricordarsi in quale ordine. Realizza mestamente di non trovare più divertente la battuta, qualunque fosse la sua struttura.

    Scuotendo la testa, il responsabile delle risorse umane ritrascina gli occhi sul programma lavorativo di un ennesimo mercoledì, interiorizzando la notizia, aggiungendo un’altra mattonella al muro dell’esperienza, muovendo un altro passo nel deserto dell’anzianità, pensando che non si è mai troppo giovani per morire. Ma tutto questo non fa davvero parte della storia.

    C’è, in fondo, dell’altro da raccontare, disseminato in solchi arati da decorazioni bizantine, irascibili polveri, caratteri mobili, la fame, e grandinate di teste nobiliari. L’impresa mi è però impossibile: lo stato parassitario e vegetativo del mio pigro e giovane cervello mi impedisce di individuare reti di punti semantici interconnessi. Perché – voglio immaginare mi domandiate? Perché faccio uso di preservativi. Scusate, volevo dire droghe pesanti.

    Ma ora è tardi, e sono costretto ad affrettarmi: qualcosa ribolle e fermenta sul fondo della grande pentola. Una pletora di organismi che mi conoscono meglio di quanto io conosca loro, e devo evitare che prendano il sopravvento, che risalgano alla fonte di questa corrente di cui non avrebbero mai dovuto sapere. Come una foresta in fiore di funghi albini e portatori sani di logiche innaturali; una scacchiera di pedine aliene e parassitarie; un composto colloso di muffe inodori, una goccia di rugiada sieropositiva in tuffo aperto verso l’eternità.

    Una sola, grande, rete neurale priva di autocoscienza in continua fase REM, un sogno spasmico senza sognatore, fino alla fine di tutte le cose.

    Capitolo 1

    La Ragazza & la Vecchia Cornacchia

    ‘Uno dovrebbe essere fiero di andare al giro col proprio figlio disabile’, diceva suo padre ogni volta che gli domandava se lui e la madre si sarebbero vergognati di mostrarsi al giro con lei, se fosse nata disabile. Non lo era, davvero, ma era solo attraverso questa gamma di domande morbose, estreme e disperate che riusciva a sentirsi amata dai suoi genitori, a credere che veramente ci fosse qualcosa per cui valeva la pena vivere. Un padre silenzioso, attento e tagliato con l’accetta – ma lui non è più lì per lei, né per nessun altro. L’unica cosa che le è rimasta del padre è la cintura che le viene regolarmente fiondata sul volto, sulla schiena e sulle mani dalla madre – perché è venuta su brutta e non intende studiare medicina.

    – Se almeno avessi avuto una figlia dignitosamente bella da dare in sposa a un qualche giovane istruito, avrei ancora preservato della fede nella pietà del Signore  … ma la piazza vuota e fredda del mio letto e questo rospo di donna come suo unico dono mi portano a pensare che lui sia indifferente alle mie preghiere.

    Questo è più o meno ciò che la madre le dice durante l’Ora della Cintura – che solitamente prende luogo un paio di volte al giorno. Ma come si potrebbe contraddire l’anziana signora? Crescere senza voler diventare un medico, e neanche magrolina, sorridente o bionda abbastanza da poter incastrare un giovane istruito in una trappola matrimoniale – non necessariamente un avvocato, ma un ingegnere civile con qualche hobby casalingo sarebbe stato soddisfacente. Una tale delusione per la donna che un tempo l’aveva nutrita, e prima ancora data alla luce.

    Con ogni giorno che passa senza un solido avanzamento di carriera, l’investimento biologico dell’antica signora sembra non raggiungere mai il suo periodo di rimborso.

    La ragazza ci aveva comunque provato, a continuare i suoi studi – non necessariamente divenire un chirurgo, ma una triennale in biotecnologie o chimica sarebbe stata tranquillamente fattibile per le sue capacità cognitive. La chimica le piace molto, ma anche qui c’è un problema, un ulteriore impedimento psicologico: giusto una manciata di giorni prima che riuscisse a raccogliere tutti i fogli richiesti per l’iscrizione al corso universitario, un ragazzo di considerevole aspetto – unico compagno di classe che le sorridesse – rese pubblica la sua relazione con la professoressa di chimica del liceo, ora temporaneamente disoccupata.

    Lei sapeva benissimo di non avere alcuna possibilità con lui, ma oliare ripetutamente l’illusione era diventato per lei una dipendenza troppo forte da abbandonare. Ora giace nel letto da più di sei ore, e il suo corpo eccessivamente grande e disfunzionale è così disidratato dal pianto da non essere più in grado di buttare fuori una lacrima.

    Ma oggi farà il botto.

    Il barman giù al piano terra offre un giro gratuito di pop-corn a quelli che vorranno godersi lo spettacolo con un gin-tonic ghiacciato ben stretto nei pugni tesi ed eccitati: c’è una giovane donna seduta sulla finestra al sesto piano, le gambe sospese nel vuoto. Si spinge gradualmente più e più all’infuori dalla sua stanzetta oscura e stantia. Che intenzioni avrà? La chiassosa studentessa di marketing nel lato a sud della piazza grigia e nuvolosa è troppo impegnata a scattare, filtrare e inoltrare fotografie della povera obesa da curarsi di alcune causalità. La studentessa non lo sa ancora, ma in questo stesso momento il suo fidanzato la sta tradendo con una mistress settantenne austriaca travestita – ma questo non fa davvero parte della storia.

    L’anziana madre irrompe nella stanza, e non ci sono cinture tese fra le sue mani. Mormora qualcosa a proposito del perdono, della Sacralità della Vita, della seconda, e terza e quarta ed ennesima altra opportunità nel cammino di ognuno. Il suo volto è irrorato di lacrime, e le labbra mutilate dai suoi stessi morsi di colpa. Apre le braccia da vedova nera verso la figlia.

    – Perdere un amore è già abbastanza nella vita di una madre; non fare sì che un altro abbandoni il mio seno.

    Abbraccia la figlia, strusciando le braccia sulla t-shirt power metal di lei, ungendosi delle sue lacrime. La ragazza poteva ancora piangere, dopotutto.

    È finita, è abbastanza. Non ha più davvero bisogno di uccidersi per punire la madre e, in qualche senso inutile e illusorio, il mondo intero. Ora si scosterà dalla finestra, e tornerà nella cucina con l’anziana madre, preparerà un’insalata  …. No, no, ma quale insalata  … se ne andranno insieme al fast-food e ordineranno quel panino nuovo e oleosissimo che hanno visto tre giorni prima in televisione, in una pubblicità – l’ultimo argomento di conversazione che hanno avuto prima di questo momento. E rideranno, forse, probabilmente – sì, sicuramente rideranno, realizzando che non si ha bisogno di diventare medico o sposare un avvocato per essere felice.

    no, pensa poi. Ammazzerà sé stessa e la vecchia cornacchia. L’abbraccio si fa di colpo più stretto. La madre si accorge che qualcosa non va, ma quella fetta di tempo che le rimane da vivere è troppo sottile perché possa comprendere cosa esattamente stia per succedere. Proprio adesso.

    Cadono insieme, due punti neri incastonati, due scarafaggi aggrovigliati che ondeggiano nell’aria chiara di questa giornata ordinaria in questa città senza nome, perché il suo nome deve ancora essere deciso.

    – Farà il botto – ma non come uno si augurerebbe.

    Lui sta passando di lì. Il giornalista. Il grande, il mitico: fra i circa cento miliardi di esseri umani che sono mai stati baciati dal sole su questa Terra, doveva succedere proprio a lui di essere quello che ha capito tutto. Certo, questo è almeno ciò che la sua mente gli suggerisce di credere – ma il suo prematuro e solido successo ben supporta l’intuizione: uno svelto e slanciato principio di carriera a base di torture emotive, estorsioni, intimidazioni e manipolazione del più debole e paziente lo ha aiutato a costruirsi un consistente trampolino di lancio verso la ricchezza e lo sfruttamento dei suoi simili. I più anziani lo temono per la sua irrompente e inarrestabile potenza comunicativa e capacità nell’interazione, unite al furto d’informazione che costituisce il suo lavoro; i coetanei gli si sottomettono; le donne lo amano – specialmente quelle la cui infanzia è stata una pièce teatrale avanguardistica dominata da un padre violento e tirannico nel ruolo di protagonista, regista e sadico proprietario della compagnia.

    Ma come si potrebbe dar loro torto? Tutti gli attributi del giornalista corrispondono alla nozione di capobranco: leader illuminato in tempi copiosi, Saturno cannibale e stupratore in ere di carestia.

    Il giornalista fotografa il greppo di organi fumanti disseminato sui pochi metri quadri di piazza sotto la finestra di quella che ora è diventata una casa di fantasmi. Il sorriso delineato sul volto ingrassato di profumi carismatici non è dovuto all’opportunità lavorativa che quell’avvenimento gli ha presentato: lui non lo sa – e anche se fosse, non cambierebbe molto – ma quella soddisfazione è data dal sapere che due esseri umani, chiaramente molto più sfigati di lui, hanno scelto di liberare il suo mondo dalla loro pestilente aura di miserabili disgraziatissime.

    Poi monta in bicicletta – l’eco-friendly è uno dei suoi punti di forza – e si dirige alla sede del giornale, sole delle nove e un quarto riflesso dai finestroni impolverati di appartamenti anonimi, sparsi in questa città come in altre, come in tutte le città anonime di questo Paese senza nome, perché il suo nome deve ancora essere deciso.

    Flebili occhiali da sole sul volto abbronzato, fazzoletto nel taschino, dopobarba sulla caviglia sportiva e nel cuore il pacchetto alla spa di lusso il mese prossimo – perché alla fine, ma proprio alla fine, è veramente tutto ciò che conta.

    Capitolo 2

    L’ufficio & i Cowboy

    Un’altra volta, un’altra volta, solo un’altra volta, solo un’ultima volta, è il mantra che si ripete il caporedattore ogni volta che si fa guardare dalla donna delle pulizie ripiena di ecstasy mentre lui si rade l’addome con un coltello da caccia. E ogni singola volta prega ogni dio o chi per lui che nessuno faccia ingresso nel suo ufficio – che non chiude mai a chiave per ottenere il massimo dall’esperienza malata ed autopunitiva – soprattutto quel giovane giornalista, il tipo con le spalle da film sulle guerre civili nella giungla subsahariana. Lo stesso tipo che fa ingresso in questo momento.

    Un tempo c’erano i cowboy, i cinturoni e gli stivali marci in pelle di bisonte, e il duello lo vinceva chi riusciva a estrarre per primo il ferro sudato dalle tasche. Ma i tempi erano cambiati, e il caporedattore deve riuscire a ricomporsi e a calciare l’inserviente strafatta sotto la scrivania prima che la sanguisuga dottorata in giornalismo possa premere lo scatto della fotocamera. Un duello perso in partenza. Clic.

    Au revoir, saluta il cowboy dello smartphone, e riassestandosi la giacca di lino si avvia verso un ristorante nelle vicinanze. Ha concluso il suo lavoro, per oggi. Anzi, se il suo fiuto è arguto e vincente come al solito, ha concluso il suo lavoro per un bel pezzo.

    Capitolo 3

    Venere & Bourbon

    Il solito?

    La cameriera fiamminga, quelle guance pallide e arrossate e lo sguardo languido di una bambola ballerina con l’hobby di leggere storie di serial killer sovietici senza mai immaginarsi di esserne una vittima – cosa che al giornalista non divertirebbe, ma che in fondo non dispiacerebbe nemmeno.

    – No, no  … preferirei qualcosa di più unico.

    Gambe accavallate, gli stessi occhiali da sole e il fazzoletto nel

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