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Meditazione spontanea.: Il caso di Thomas Merton
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Meditazione spontanea.: Il caso di Thomas Merton
E-book100 pagine1 ora

Meditazione spontanea.: Il caso di Thomas Merton

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Info su questo ebook

“Lunghe ore di quiete nei boschi, ho letto un po’, ho meditato molto, camminando su e giù”. (Thomas Merton)
Merton ha meditato, letto, riflettuto, parlato e scritto di meditazione per circa trent’anni. Esaminare il suo caso in materia di meditazione è istruttivo, interessante e necessario, vista la sua importanza nella spiritualità contemporanea.
LinguaItaliano
Data di uscita10 dic 2020
ISBN9791220233774
Meditazione spontanea.: Il caso di Thomas Merton

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    Anteprima del libro

    Meditazione spontanea. - Maciej Bielawski

    Abbreviazioni

    Meditazione

    Ricerche iniziali (1939-1941)

    In La montagna dalle sette balze (MSB) Merton racconta di quando, essendo studente a New York, un giorno si fosse recato nella casa di preghiera dei quaccheri, in passato frequentata da sua madre, ormai morta da tempo, in cui lei era solita sedersi con gli amici e meditare. Questa è forse la prima volta in cui Merton fa riferimento alla meditazione. È solo un cenno, ma va bene coglierlo, in quanto unisce la meditazione alla figura della madre in un contesto religioso.

    La parola meditazione (in inglese meditation) ha iniziato a farsi strada nel suo vocabolario e dunque nella sua mente da quando lui, ventitreenne, ha cominciato ad interessarsi di vita spirituale ed oscillare intorno al cattolicesimo. Questa forma di cristianesimo lo attirava, ma anche disdegnava, perché vi vedeva un insieme di pratiche tipo sacramenti quotidiani, molta preghiera, penitenza, meditazione e mortificazione (MSB). La meditazione è stata a quel tempo da lui percepita come una delle prassi del cattolicesimo piuttosto antipatiche. Il significato della parola in questo frammento non è preciso, ma considerando il contesto si può dire che, nella mente del giovane ricercatore, essa poteva indicare un modo forzato, schematico e arido di riflettere su alcuni temi piuttosto sgradevoli come morte, peccato, inferno.

    Nello stesso periodo, insieme ad alcuni suoi amici, Merton trascorreva le vacanze in una casa di campagna a Olean nello stato di New York. Proprio lì, trascorreva alcuni pomeriggi in solitudine per meditare (I got to using the solitude for meditation, MSB) sedendosi nell’erba, sotto un piccolo albero di pesche, leggendo tra le altre cose le Confessioni di Sant’Agostino. Anche in questo caso vanno colti alcuni elementi che in futuro saranno costitutivi per la meditazione di Merton come: solitudine, natura e lettura.

    Ricordo che la lettura delle Confessioni di Agostino gli era stata consigliata da Brachmachari, figura particolare, un monaco indiano di passaggio negli USA, che lo ha impressionato e influenzato profondamente. Non escludo che una certa inclinazione nel raccogliersi a meditare in solitudine Merton l’abbia presa da questo indiano, anche se direttamente non ne parla. Colgo invece l’opportunità per dedicare alcune parole al concetto di meditazione presente nelle Confessioni, sia perché proprio da questo testo alla sua mente potevano migrare alcune nozioni riguardo alla meditazione, sia perché è un classico della spiritualità.

    Nelle Confessioni di Agostino le parole meditatio e meditare, nelle loro svariate forme di casi e declinazioni, accadono una decina di volte. Generalmente si potrebbe dire che il meditare agostiniano equivale a riflettere in modo approfondito sul proprio stile di vita in relazione a Dio. Ma vediamolo concretamente in alcuni frammenti. Nel libro ottavo, Agostino racconta come pensando alla condotta della propria vita, abbia incominciato a rendersi conto della distanza tra il suo modo di vivere e il modo in cui avrebbe voluto farlo a quel tempo affinché fosse più aderente alle esigenze di Dio presentatosi alla sua coscienza. Lo esprime scrivendo: "Mi sentivo dolcemente oppresso dal fardello del mondo come succede nel sonno e i pensieri che meditavo in te (et cogitationibus quibus meditabar in te), erano simili agli sforzi di coloro che intenderebbero svegliarsi, e tuttavia vinti dalla profondità del sonno, si addormentano" (8, 5, 12). La meditazione appare dunque come un processo mentale in cui i pensieri sono, appunto, meditati in Dio. Va sottolineata questa spazialità interiore in cui si ha l’impressione che si pensi ai propri pensieri, ma lo si fa all’interno (ecco la spazialità) del pensiero di Dio, che possiede una estensione, perciò si tratta in effetti di una metafora. Come se esistessero due spazi: uno in cui si svolgono i pensieri dell’uomo e l’altro in cui esistono i pensieri di Dio. Meditare sarebbe dunque muoversi con i propri pensieri all’interno del movimento esistente nella mente di Dio. Il pensiero diventa meditazione quando è svolto in relazione al pensiero di Dio. Da qui nasce nell’uomo la percezione della distanza da Dio e la tensione tra la realtà e il sogno, così tipico per tutte le culture meditative. Normalmente il pensiero riguarda il mondo che viene considerato come reale, invece un possibile mondo di Dio, pur pensato, è visto come qualcosa di effimero, come un sogno. Quando invece il pensiero umano si sposta in Dio, mutando in meditazione, l’ordine viene invertito, perché ora il Dio e il suo pensiero all’interno del quale si medita è reale, invece il mondo e la vita umana nel mondo, che prima sembrava reale, ora si presenta come un sogno.

    Agostino, proseguendo su questa strada, si rende conto che deve lasciare il suo precedente modo di vivere e riflettere sul cambiamento della sua vita rendendola più conforme alle esigenze di Dio e proprio nella meditazione, cioè in una forma particolare di pensiero, vede e pregusta questa possibilità. L’idea è espressa con queste parole: "Là, infatti, dove mi ero adirato contro di me, nella stanza segreta del mio pensiero (intus in cubili) in cui mi ero pentito (ubi conpuntus eram), dove ti avevo immolato (ubi sacrificaveram) il sacrificio dell’uomo vecchio, e avevo iniziato a meditare sul mio rinnovamento sperando in Te (et inchoata renovationis meae sperans in te), proprio là Tu avevi iniziato a farmi gustare la tua dolcezza, infondendo la gioia nel mio cuore (9, 4, 10). La meditazione si presenta dunque come un processo interiore e intimo, che anche rivela all’uomo questa sua dimensione interiore chiamata qui cuore o stanza segreta del pensiero". Importante rimane il fatto che l’intero processo meditativo si svolge al cospetto di Dio a cui lui si affida (sperans in te), e durante il quale sperimenta o gusta l’agire di Dio in lui, che è gradevole. Non senza significato è anche l’aspetto di una liturgia interiore ossia del sacrificio interiorizzato di se stessi, che è uno dei tratti caratteristici di molte

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