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Meditazione tra Oriente e Occidente: Il caso di Bede Griffiths
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Meditazione tra Oriente e Occidente: Il caso di Bede Griffiths
E-book93 pagine1 ora

Meditazione tra Oriente e Occidente: Il caso di Bede Griffiths

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Info su questo ebook

“Ci sono molti metodi di meditazione e vie della vita nel mondo di oggi. Yoga, zen, vipassana e meditazione trascendentale, tutte hanno avuto una vasta influenza per schiudere e rivelare il senso interiore della vita e lo scopo della vita nel mondo”. Parole di Bede Griffiths, tra le molte sue dedicate alla meditazione di cui ha parlato in varie occasioni formandone un insegnamento prezioso.  Nella sua prassi e nel suo insegnamento confluiscono Oriente e Occidente che occorre studiare in quanto segno della nostra epoca.  Il suo meditare possiede una storia degna di essere conosciuta e questo libro ne ripercorre le tracce fondamentali.
LinguaItaliano
Data di uscita28 apr 2020
ISBN9788835817475
Meditazione tra Oriente e Occidente: Il caso di Bede Griffiths

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    Anteprima del libro

    Meditazione tra Oriente e Occidente - Maciej Bielawski

    Abbreviazioni

    Meditazione

    Riguardo alla meditazione il caso di Bede Griffiths è prezioso per una serie di ragioni. Prima: si sa che e come ha meditato. Secondo: il suo meditare possiede una storia che è degna di essere conosciuta. Terzo: Griffiths ha parlato di meditazione in varie occasioni formandone un insegnamento prezioso. Quarto: nella sua prassi e nel suo insegnamento sulla meditazione confluiscono Oriente e Occidente che occorre studiare in quanto è un segno della nostra epoca. Quinto: Griffiths ha parlato non solo di meditazione, ma anche a partire da essa, perciò le sue parole sono pregne di esperienza, possiedono una forza particolare e una certa autorevolezza.

    La sua prassi meditativa, riportata dalle persone che lo conoscevano, e spiegata da lui stesso in alcune confessioni che si era permesso di fare nell’ultimo periodo della sua vita, è stata relativamente semplice. Bede Griffiths ha meditato regolarmente, due volte al giorno, al mattino e a sera, al sorgere del sole e al suo tramonto, considerando questi momenti più propizi per tale prassi spirituale. Meditava in un posto per quanto possibile tranquillo per circa un’ora. Durante la meditazione manteneva una posizione seduta, per terra a gambe incrociate o su una sedia, ma in età avanzata preferibilmente si stendeva su una sdraio o su un letto, dicendo che tale posizione gli permetteva di essere allo stesso tempo teso e rilassato, concentrato e disteso, che secondo lui erano i presupposti elementari per una buona meditazione. Il suo metodo meditativo consisteva nella ripetizione di un mantra: Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore, proveniente dalla tradizione esicasta, conosciuta anche come preghiera del cuore o preghiera di Gesù, che lui stesso ha appreso dai Racconti di un pellegrino russo.

    Nella giovinezza di Griffiths si possono indicare tre inclinazioni connaturali alla sua persona, che col tempo hanno contribuito in modo positivo alla sua prassi meditativa e che sono: l’incanto della natura, il bisogno spontaneo di concentrazione e l’intuizione poetica.

    Griffiths era convinto che la sua avventura spirituale avesse avuto inizio con l’esperienza avuta da scolaro, quando una sera camminando per i campi, aveva percepito l’armonia di tutto ciò che lo circondava, con cui si era sentito profondamente unito e in cui gli si era rivelato anche il mistero al di là di tutto ciò, che dava senso all’intera realtà e a cui aveva iniziato a tendere da questo momento in poi. L’elemento teofanico della natura è stato sempre importante per quest’uomo e in quanto possibile era sempre andato in cerca di spazi belli e quieti nella sua vita. Persino vivendo nell’Ashram di Shantivanam in Tamil Nadu, soprattutto quando questo luogo era affollato da visitatori, lui ogni tanto si allontanava e meditava sulla riva del fiume Kivi che scorreva nelle vicinanze.

    Sembra che quest’uomo naturalmente fosse incline ad una concentrazione prolungata a cui all’inizio si dedicava senza nessun metodo e senza sapere dove questo avrebbe portato. Dai racconti, che lui stesso ci ha fornito, sappiamo che in alcuni momenti importanti della sua vita Griffiths si ritirava in qualche posto isolato e persino angusto, concentrandosi a lungo e cercando in questo stato d’animo qualche risposta o illuminazione. In altre parole, lui spontaneamente tendeva ad uno stato di assorbimento e di concentrazione, in cui perdeva le nozioni di spazio e di tempo, ma da cui poi si alzava illuminato e deciso per agire nella vita. Tale raccoglimento poteva durare anche tutta la notte e lui da una parte vi era naturalmente portato a dall’altra insisteva con tutto il suo essere.

    Studiando a Oxford letteratura inglese, Griffiths si è interessato ai poeti inglesi appartenenti alla corrente metafisica e romantica come John Donne, George Herbert, William Blake o Gerard Manley Hopkins. La lettura e lo studio facevano parte del suo cammino spirituale, ma lui non era un accademico di tipo analitico ed erudita, apprezzava più l’immaginazione che l’analisi e si fidava più dell’intuizione che dei ragionamenti. Sulla base di questo tipo di atteggiamento poi ha sviluppato la sua indole meditativa a cui si dedicava con preferenza e che ha impregnato profondamente i suoi discorsi filosofici, teologici e spirituali. In altre parole, Griffiths era un intuitivo e questa sua tendenza interiore ha trovato uno sbocco profondo nella sua prassi meditativa.

    Durante gli anni di vita nei monasteri benedettini d’Inghilterra quest’uomo ha conosciuto la lectio divina, assai diffusa in questo periodo in questi ambienti, che consisteva nella lettura, chiamata anche meditativa, della Bibbia, che era importante, anche se, secondo le sue ulteriori esperienze e spiegazioni, eccessivamente segnata dalla parola e dallo sforzo mentale, perciò carente della dimensione silenziosa e mistica. I monaci benedettini, con cui ha vissuto e da cui è stato formato, quotidianamente dedicavano anche un periodo di tempo, una mezzora circa, alla cosiddetta preghiera mentale, che consisteva nello stare semplicemente inginocchiati in chiesa figurandosi di essere alla presenza di Dio, ma questa prassi era lasciata alla discrezione di ciascuno ed era priva di un metodo. Si parlava di contemplazione, ma le vie per questo ideale non erano ben tracciate. Nei monasteri si recitavano i salmi e si cantava il gregoriano, che nel loro insieme portavano ad esperienze spirituali, e che secondo Griffiths creavano un clima propizio per la contemplazione seppure non del tutto soddisfacenti. In tali contesti lui ha letto i testi di Agostino Baker, La nube della non conoscenza e Racconti di un pellegrino russo, sebbene fossero solo aperture e indicazioni in attesa di uno sviluppo ulteriore. Ad

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