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Il Nastro di Möbius. Azione scenica surreale per due attori e una superficie incoerente
Il Nastro di Möbius. Azione scenica surreale per due attori e una superficie incoerente
Il Nastro di Möbius. Azione scenica surreale per due attori e una superficie incoerente
E-book79 pagine44 minuti

Il Nastro di Möbius. Azione scenica surreale per due attori e una superficie incoerente

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Info su questo ebook

Due Attori. Due personaggi. Due caratteri senza nome, senza storia,

senza presente, senza futuro. Due elementi irrazionali intrappolati in

una scena infinita, una superficie incoerente.

Arricchita da una

breve analisi storica, "Il Nastro di Möbius" è un'azione scenica

surreale pungente, un dialogo geniale, assurdo, fulmineo e ossessivo nel

quale i due protagonisti provano a decifrare il significato

dell'esistenza attraverso l'osservazione dell'altro e del mondo

circostante il palcoscenico. Cosa c'è oltre il buio? Cosa oltre la luce?

Vivere significa davvero esser vivi? E come chiamare vita, qualcosa che

potrebbe cessare da un momento all'altro semplicemente… uscendo di

scena?
LinguaItaliano
Data di uscita24 feb 2021
ISBN9791220324557
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    Anteprima del libro

    Il Nastro di Möbius. Azione scenica surreale per due attori e una superficie incoerente - M. V. Pogliaghi

    esistenza.

    La Superficie Incoerente

    guida alla lettura, non necessaria e insufficiente

    La prima volta che ho avuto a che fare con il nastro è stato da bambino, dopo aver visto l’opera di Maurits Cornelis Escher che mostra delle formiche intente a percorrere una superficie a forma di otto.

    È stato un colpo di fulmine.

    La forma apparente è proprio quella dell’otto coricato, il simbolo matematico dell’infinito. Quando John Wallis nel suo De Sectionibus Conicis lo introdusse nel 1655 come segno rappresentativo dell’infinito, forse non era cosciente del fatto che in un simbolo tanto piccolo e simpatico si racchiudessero tematiche tanto profonde. L’origine di quel segno è controversa, ma sembra che fosse presente già nel 700 d.C. nella croce di San Bonifacio. Il segno di infinito avvolge i bracci della croce latina come un laccio. Altra possibile origine è quella del serpente Ouroboros, un simbolo alchemico presente in tantissime iconografie di popoli ed epoche diverse. Mostra un serpente che si morde la coda che rappresenta l’energia universale che si consuma e rigenera di continuo. Anche negli antichi papiri egizi talvolta appare Horus bambino circondato dal serpente Mehan come segno vitale di un continuo rinnovamento. Persino la moderna letteratura se n’è occupata: nella geniale opera di Michael Ende La Storia Infinita, il pantakel Auryn è la raffigurazione di due serpenti, uno bianco e l’altro nero, che si mordono reciprocamente la coda. Un doppio Ouroborus che è, senza dubbio alcuno, la più prossima rappresentazione del simbolo dell’infinito.

    Fu però Jacob Bernoulli attorno al 1696 a descrivere graficamente il simbolo ∞ che lui chiamò lemniscata (dal latino lemniscus, fiocco pendente), come una curva algebrica simile ad una doppia ellisse. Rispetto all’ellisse vera e propria dove la somma delle distanze dai fuochi di ciascun punto è precisamente costante, nella lemniscata di Bernoulli ad essere costante è il prodotto di quelle distanze.

    Ecco la formula:

    Il risultato che si ottiene graficamente appare come un otto coricato con centro nel punto di origine degli assi cartesiani.

    L’infinito è un simbolo pressoché perfetto che indica grandezze tali per cui la misurazione è impossibile o fortemente inutile. Quel segno non indica solo smisurate immensità, ma anche il microscopico invisibile. Già da ragazzino sono stato colpito da questo aspetto duplice di quel concetto matematico quando ho realizzato che, oltre all’infinito espresso in quanti di universo giganteschi e talmente vasti da non poter essere contemplati dal nostro punto di vista umano, esisteva anche una varietà di infinito più infinitesimale contenuta nelle piccole dimensioni: tra zero e uno (o meno uno), c’è la stessa quantità di infinito che separa lo zero dal numero più grande positivo o negativo che si possa sognare. Quindi non esistono infiniti più grandi o elevazioni a potenza di infinito, ma un solo ed unico indeterminato infinito il cui valore è tanto grande o tanto piccolo da non poter essere considerato che teoricamente.

    Tornando al quadro di Escher l’aspetto stupefacente non è il fatto che le formiche procedano in qualsiasi direzione, ma che la superficie che esse calpestino sia una superficie impossibile, geometricamente incoerente. Osservatela bene… non è un anello, né un simbolo di infinito… è tutt’e due e nessuna delle due: è un Nastro di Möbius, una superficie tanto complicata da teorizzare…

    … quanto banale da realizzare. Non ci credete?

    Basta prendere una semplice fascia di carta o di stoffa lunga una ventina di centimetri, creare un anello perfetto avendo cura, però, di far compiere mezzo giro su se stessa ad una delle due estremità prima di chiuderlo. Ora, avete davanti a voi una delle più straordinarie e sorprendenti figure geometriche che in nessun altro modo vi sarebbe possibile costruire.

    La sua particolarità è

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