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L’architettura nell’armonia della luce. Seconda parte
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E-book496 pagine4 ore

L’architettura nell’armonia della luce. Seconda parte

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Info su questo ebook

In questa seconda parte, si evidenziano le conquiste progressive dell’uomo riguardo l’abitare, dalle origini all’arte contemporanea, passando per la nascita del castello, del palazzo ecc. ecc.; in particolare la meccanica della città, gli esempi ambientali ed il recupero dei centri storici rappresentano, quest’ultimi due in particolare, dibattiti attuali, ancora aperti. I sistemi costruttivi, la tecnologia dei materiali, l’urbanistica con le sue norme diventano gli strumenti operativi per la migliore organizzazione spaziale, progettuale dell’habitat e del territorio.

Maria Paola Sozio, dopo la laurea in Architettura e un’esperienza come insegnante di Tecnologia delle costruzioni e disegno tecnico presso l’Istituto Geometri “Levi” di Seregno (MB), si è interessata al settore medico-assistenziale, conseguendo i titoli professionali O.S.S. e Assistente familiare. Inoltre, ha collaborato nella Croce Rossa, nella Protezione Civile, A.V.U.L.S.S. e attualmente come volontaria in ospedale.
LinguaItaliano
Data di uscita30 apr 2022
ISBN9788830662032
L’architettura nell’armonia della luce. Seconda parte

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    L’architettura nell’armonia della luce. Seconda parte - Maria Paola Sozio

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    Maria Paola Sozio

    L’architettura nell’armonia della luce

    Seconda parte

    Gli aforismi, i grafici e la copertina sono di proprietà dell’Autrice

    © 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-5285-9

    I edizione marzo 2022

    Finito di stampare nel mese di marzo 2022

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    L’architettura nell’armonia della luce

    Seconda parte

    Introduzione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: «Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere».

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi:

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi, ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei Santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i quattro volumi di Guerra e pace, e mi disse: «Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov».

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre, è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi, potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    "La luce mutevole nelle diverse ore del giorno

    rivela le particolarità nascoste"

    (significato del titolo)

    Maria Paola Sozio

    Montesilvano, 26 luglio 2021

    Dedicato ad una persona speciale

    "L’uomo si muove a seconda delle sue emozioni e delle sue intuizioni".

    "Il sorriso è il simbolo della speranza,

    doniamolo a tutti, senza differenza di razza".

    "Non usiamo la violenza ma solo dolcezza ed ascolto,

    a chi è più debole di noi".

    "Ascoltare è un dono prezioso, ed è meglio che parlare".

    "I libri aprono la mente ai nostri orizzonti culturali".

    "Il silenzio non è mai troppo, non è costoso ma è difficile da conquistare".

    "Il rumore è distruttivo dà origine ad ansietà, tensione...

    e compromette la nostra emotività".

    "Il libro è un amico costante, abbiamone cura!".

    "La saggezza del vivere dipende solo da noi".

    Come si legge un’architettura?

    L’architettura è dove vive l’essere umano, che si attiene all’ambiente costruito.

    L’architettura è l’arte dello spazio.

    La scultura e l’architettura vengono individuate attraverso lo spazio tridimensionale, ma nell’opera architettonica, lo spettatore può esaminarla nell’aspetto sia dall’interno che dall’esterno. È impossibile la visione contemporanea dell’insieme dell’edificio, perché a volte si corrispondono, altre volte sono realtà diverse (se l’edificio ha subito ripristini nei secoli).

    L’architettura è nata dall’esistenza dell’uomo preistorico per costruirsi un riparo.

    Ogni civiltà nella storia ha sviluppato un’architettura in rapporto ai materiali disponibili, ed alle proprie esigenze collettive.

    Osservando l’architettura è possibile comprendere la cultura di un popolo, le abitudini, le condizioni climatiche e dove essa si sia sviluppata, anche la forma degli edifici è un modo per ricostruire il passato e le persone di un territorio che lo hanno abitato.

    Gli elementi caratteristici dell’architettura sono:

    • il volume → equilibrio compositivo;

    • la simmetria → regole;

    • il ritmo → ripetizione di un elemento compositivo;

    • i materiali → impiegati nelle costruzioni (pietra, mattoni, vetro ecc.);

    • le decorazioni → (pavimenti, sculture) ed arredi interni;

    • la luce → per il risalto delle superfici dall’ambiente interno, come le vetrate che assorbono la luce esterna come vittoria della luce;

    • lo spazio → come dimensione nell’ambiente in cui viviamo con i concetti: davanti, dietro, destra, sinistra, sopra, sotto.

    Per comprendere il motivo per cui l’architetto ha progettato l’edificio è importante studiare la storia, la forma che è determinata dalla funzione che esso deve assolvere (chiesa, villa ecc.), influenzato dalla tradizione artistica e culturale e dalle tecnologie di ricostruzione innovative. Le tecniche di costruzione si sono andate a svilupparsi (dal Neolitico con le capanne fino ai nostri moderni grattacieli) per la capacità dell’uomo di utilizzare i diversi materiali. Gli edifici si caratterizzano anche per l’assenza di rivestimento, si mettono in evidenza i materiali con cui sono realizzati.

    La struttura dell’edificio è l’insieme di tutti gli elementi che lo sorreggono, sostenendone il peso per la maggior comprensione ci avvaliamo dei disegni e degli schemi grafici, mettendo così in evidenza tutte le soluzioni costruttive.

    I dati di una architettura che ci informano sono:

    • materiali = caratterizzano l’architettura disponibilità nel territorio;

    • dimensioni = rapporto edificio/uomini che l’abitano;

    • data e collocazione = l’opera è in relazione con la città che l’ha prodotta;

    • autore = architetti, ingegneri, capo-mastri, muratori;

    La meccanica della città

    Osserviamo la città dalle impressioni visive, memorizzate, essa appare caotica. La meccanica della città è una questione di adattamento, l’uomo acquista la sua libertà, nella cellula abitativa, se esiste l’ordine logico di più cellule abitative egli raggiungerà la sua libertà. Gli architetti mantengono con la legge di gravità (fisica) l’equilibrio dell’universo.

    La verticale annulla le forze contrastanti e con l’orizzonte si delinea l’orizzontalità che è il segno di un piano immobile.

    Le verticali con le orizzontali formano due angoli retti, esse rappresentano le forme che sorreggono l’equilibrio del mondo.

    L’angolo retto (90°) fa parte dell’orientamento è rigoroso, un numero costante, ed uno spazio rappresentativo. La città è il luogo significativo dell’architettura che dovrebbe rapportarsi alla sua cultura storica, segnata dal susseguirsi del tessuto (continuità d’abitazioni) edilizio e nella città si vive, si lavora... Perciò essa deve funzionare negli interessi, nei divertimenti, nella cultura. Tutto ciò non si trova nei villaggi (centro abitato di modesta entità) o nelle campagne, esiste in esse la congestione dei rumori, con collegamenti difficili per il raggiungimento dei posti di lavoro, con sotto-mestieri, asocialità e disoccupazione...

    La città è un fatto storico, economico, sociale, con abitazioni, lavoro, traffico, commercio e l’organizzazione spaziale rende possibile il controllo delle forme e degli organismi (insiemi) edilizi. Attraverso la geometria (espressioni regolari) con l’ordine matematico, si esprime la città lasciandoci percepire, le cose intorno a noi, ora invece la città si opprime con le linee spezzate e non ci lascia intravedere lo skyline e l’armonia della luce, che investe la continuità delle facciate, con il gioco di ombre e delle luci sulle sporgenze (aggetti) balconi, cornicioni. Ma la sensazione di aridità aumenta con la monotonia (tutti uguali) e l’uniformità degli edifici, degli spazi, in certi quartieri (raggruppamento d’edifici), ma se esiste l’ordine nel tessuto urbano (habitat che si espande oltre la città) esso diventa un riconoscimento delle varie parti della città, con i punti di riferimento, mentre il disordine progettuale (disegno esecutivo) dell’habitat edilizio, crea il disorientamento psicologico, con asocialità (isolato) indifferenza, anche le trasformazioni continue che la città subisce realizzate da chi s’impossessa degli spazi, degli edifici, per guadagnarci sopra eliminandone l’uso di essi agli altri, allora la città si trasforma in peggio, i cittadini devono prendere coscienza ad usare la città ed esprimere la volontà di farla prevalere sui diritti da rispettare. L’architettura (habitat) e l’urbanistica (studio del territorio, con infrastrutture: strade, comunicazione, verde, abitazioni ecc.) sono lo specchio della società. Gli edifici sono i documenti che rivelano le realtà sociali, economiche, geografiche.

    Nel V secolo a.C. vive Ippodamo da Mileto (Grecia), architetto (studiò cardo N/S - decumano E/O) della città. La struttura da lui studiata reticolare rappresenta la stabilità con le funzioni distinte in abitazioni, agorà (piazza), mercato, costruzioni civili.

    Lo schema a scacchiera di strade parallele delimita gli spazi distributivi dell’abitazione (N/S-E/O) ed il reticolo segnò la crescita successiva delle varie città (vi-vii sec.).

    Ma andando in giro nella città la maggior parte delle case dove abita la gente sono sorte dopo l’Unità d’Italia (17 marzo 1861), i ⁵/6 sono gruppi isolati di edifici (5-8-9 piani) con facciate continue sulle strade e cortili interni, fabbricati di 5-6 piani, staccati da una decina di metri uno dall’altro. Poi villette con un po’ di verde. Ma dopo la guerra (1939-45) sorgono le costruzioni di case a torre; edifici molto alti e staccati uno dall’altro, e case a schiera con lunghe destinazioni di alloggi di molti piani, od abitazioni affiancate a due piani. Questi fabbricati sono stati disposti così per le disposizioni dell’autorità pubblica. Sono quartieri legati alla condizione operaia delle città industriali (più alloggi con lo sviluppo in verticale per l’utilizzazione razionata del suolo urbano).

    Essi sono gli edifici nella seconda metà dell’800 (Rivoluzione Industriale) con il sorgere delle industrie (acciaio, ferro e carbonio) filiere in cooperative, ecc.

    Poi i quartieri abusivi fuori dal controllo pubblico, sorti alla periferia delle grandi città per il profitto dei trafficanti di terreni. Altra distinzione è la zona centrale e periferica della città e parti alte, panoramiche della città con parchi e quelle mal collegate prive di verde.

    Ma i diversi caratteri della città corrispondono ai livelli economici diversi; i benestanti si collocano nell’edilizia centrale o in periferia ma in quartieri di lusso, per sfuggire alla degradazione-congestione del centro urbano con residenza ed il verde fuori città, invece i meno ricchi abitano nei palazzoni monotoni-uniformi della periferia della città, i ghetti dove il fascismo (1922-43) dittatoriale relegava le famiglie sfrattate dai centri sventrati (centri storici) per far posto ai grandi palazzi di colonne possenti, archi simboleggianti la romanità grandiosa del regime politico. Poi tra il ‘50 e il ‘60 sono sorte le case popolari oggi da abitati gradevoli sono degradati per difetti di costruzioni con servizi scarsi non quartieri modelli, ma la loro collocazione è avvenuta al di fuori del piano regolatore della città, con l’effetto di speculazione edilizia sui terreni attorno.

    PRGC = Piano Regolatore Generale Comunale, è uno strumento urbanistico che regola l’attività edilizia nel territorio comunale di ogni città.

    I quartieri di periferia popolari sono legati alla condizione operaia delle città industriali, con gli antecedenti slum (primo Ottocento) sviluppano la solidarietà i ferrovieri e gli operai, di certi stabilimenti, ma gli interessi sono limitati con la monotonia abitativa, ugualmente suscitano lo stesso sentimento i ghetti che sono i quartieri operai di Stato. Secondo Le Courbusier (vedi di Paola Maria Sozio la prima parte L’arte nelle costruzioni architettoniche) architetto-svizzero, nella società meccanizzata per i bisogni e dalle azioni si considererà l’utilizzazione del suolo con quattro realtà:

    1) d’insediamento umano, lavoro della terra con l’unità di gestione agricola;

    2) all’attività di trasformazione delle materie prime determinerà le città lineari (dalle industriali);

    3) l’attività di commercio-scambio, amministrativo, daranno forme a città concentrico-radiali, ciò affinché uomo-natura-cosmo, sono in accordo, in armonia con la civiltà delle macchine;

    4) con lo scambio-distribuzione merci si passa al trasporto delle merci che può accrescere la sua estensione, con la fusione di più comuni tra loro, intorno ha un nucleo nuovo, con la nuova velocità nella distribuzione dei prodotti e del lavoro (città concentrico-radiali).

    L’appartamento è un insieme d’elementi meccanici ed architettonici (appartamenti-cellulari) con l’incontro degli elementi geometrici degli edifici, con quelli pittoreschi della vegetazione, che costituisce la combinazione necessaria del paesaggio urbano e la strada rettilinea di lavoro, ed è elemento tipico dell’architettura.

    La strada curvilinea è da diporto e disorienta del tutto, raramente rientra nell’architettura.

    La strada rettilinea offre il facile orientamento, è monotona, fiancheggiata dall’uguaglianza delle case, con profili ordinati, mentre le strade curvilinee creano disordine per le case allineate ad intervalli. La strada rettilinea è sempre uguale, nel percorrerla a piedi, sembra non finire mai...

    La strada curvilinea riserva sorprese... ad ogni svolta, usata per passeggiare in campagna (prati) non si trovano gli elementi artificiali che si impongono (città-giardino); se però la strada ha un andamento serpeggiante, si può cogliere in modo ridotto, lo scorcio visuale. Nella strada curvilinea le facciate saranno continue per realizzare la forma plastica. La strada di curve è pittoresca, ed è un pregio, ma può rendersi stancante.

    Nelle nostre città, senza verde, può capitare che le persone siano disabituate e che stentino a prendere l’abitudine di servirsene. Il verde serve a tutti, ma ancora di più dove c’è un maggior numero di persone, che ne ha bisogno.

    Esiste il verde naturale (parchi) ed il verde costruito (ville-giardini) dei giardini in costruzioni geometriche italiani (rinascimentali) poi il verde attrezzato per lo sport ed il gioco.

    Palestre, piscine con i centri sportivi di quartiere e quello dello sport-spettacolo (stadio-calcio) con le distese di parcheggi.

    La tentazione di occupare il verde prede le amministrazioni pubbliche ed è tentazione per gli speculatori edili per occuparlo e costruisci sopra. Il verde, l’aria pulita, la salute e il ristoro delle persone... è cosa superflua? L’ideale sarebbe il tessuto verde continuo, esteso per tutta la città; cioè una rete polmonare d’ossigeno. Il flusso di gente, dalla campagna alla città, si è esteso con la civiltà industriale con il boom dei consumi e la città è stata più attraente, rispetto alla vita monotona di compagna. Nell’Italia del dopoguerra, l’industria e la città crearono il danno all’agricoltura e alle aree rurali. L’interesse dei costruttori è quello di utilizzare lo spazio in città per realizzare guadagni dall’edilizia urbana affidata al Comune che è legato al mercato edilizio creando la suddivisione della città in zone ricche-meno ricche-povere, poi il prezzo dei terreni fa salire il costo di vendita delle costruzioni. Per i terreni periferici il Comune li rende edificabili (si possono costruire edifici ecc.) costruendo strade, impianti di luce, gas, così i proprietari moltiplicano i prezzi...

    Anche nelle città, lungo le coste, nelle località turistiche, gli alti guadagni rovinano i paesaggi e gli ambienti naturali e le coltivazioni vengono trascurate. La considerazione valida per Ottocento ed anche oggi è che la città è la realtà urbana (infrastrutture, rete stradali, suddivisioni terreni per usi desinati ecc.) dipendono dal valore d’uso, il valore di scambio e la merce generalizzata prodotta dall’industria, tendono a distruggere la città e la realtà urbana.

    Dobbiamo costruire da noi le nostre città, cioè lo spazio fisico (per lo sviluppo corporale) l’ambiente mentale ed uno spazio socio-culturale che non ci condizioni ma dia gli stimoli a sviluppare l’intelligenza e la sensibilità. Bisognerebbe lasciare il più possibile ad uso di verde pubblico, gli spazi liberi rimasti nei congestionati tessuti urbani ed usare le costruzioni esistenti cioè appartamenti non utilizzati, ville, palazzi antichi, conventi, per risolvere il problema di case e scuole. Attivando il rinnovamento nella società, nella scuola.

    La città è la volontà dell’uomo sulla natura, che con la sua creazione stimola il nostro spirito attraverso la geometria. Ci esprimiamo e dà la forma ai simboli di perfezione, guidandoci verso l’ordine di carattere matematico. La casa pone il problema dei mezzi di realizzazione nuovi con l’estetica, ad una nuova espressione di vita, habitat rispondente alle funzioni fisiologiche dell’uomo e stabilisce i rapporti con l’ambiente cosmico ed i fenomeni biologici umani. Che l’uomo sia fermo od in movimento, gli occorrerà una giusta superficie e un’altezza delle stanze, proporzionata ai suoi gesti. L’abitazione può assumere due forme:

    1) la casa individuale isolata;

    2) il grande edificio con i servizi comuni.

    La prima assicura alla persona la massima libertà, la seconda pone la persona in costrizione. I prolungamenti dell’abitazione sono i servizi essenziali della vita quotidiana e sono di due ordini; materiale; approvvigionamento; servizi domestici; il servizio sanitario, spirituale; il nido, la scuola materna, la scuola elementare, ecc.

    Per ristabilire le condizioni di vita umane (rapporti giusti tra i fenomeni biologici ed ambiente cosmico) è necessario il rispetto della funzione tempo-distanza con la formazione per estesi agglomerati di città-giardino verticali. Le caratteristiche naturali del terreno saranno destinate ai fini paesaggistici. Le strade pedonali condurranno a mete definite indipendenti dai percorsi dei veicoli, la cui rete comprenderà (piste d’auto, in galleria) uno schema di volumi edilizi con l’ASCORAL (Associazione Costruttori Rinnovamento dell’Architettura Libera, 1940). È un’associazione i cui scopi sono:

    1) studiare l’utilizzazione del suolo (edilizia, reti di circolazione, spazi liberi);

    2) estendere i benefici (città-campagne) con i prolungamenti, secondo l’unità edilizia, che corrisponde alle quattro funzioni fondamentali: lavorare, abitare, circolare, coltivare il corpo e lo spirito;

    3) far adottare all’autorità la suddetta dottrina;

    4) sorvegliare l’applicazione nel paese.

    L’ASCORAL stabilisce una dottrina d’architettura e d’urbanistica, riguarda architetti, sociologi, ingegneri, insegnanti, scienziati, operai, dirigenti ecc.

    L’associazione si sviluppa liberamente per unione. L’edilizia diventa un’attrezzatura che favorisce l’armonico sviluppo delle funzioni. Il primo aspetto dell’ASCORAL sarà lo spazio che verrà distribuito sul territorio ed in futuro, il secondo aspetto riguarda il tempo; l’ordine delle operazioni successive per non creare confusione. Ancora oggi i tecnici troveranno nell’ASCORAL i principi su cui si basa l’urbanistica moderna. L’obiettivo è stato di fornire al paese un orientamento; ai piani regolatori di varia tipologia.

    All’ASCORAL partecipò Le Corbusier, architetto (1887-1965) architetto svizzero, l’urbanista Charles-Edouard Jean Neret (Le Corbusier, pubblicò l’ASCORAL 1940-1946 The Ciam 1928-1960) il CIAM = Congresso Internazionale Architettura Moderna.

    Carta d’Atene (1958) documenti d’architettura il problema dell’abitazione e determinante nello sviluppo urbano del XIX secolo (crescita di popolazione operaia nelle città industrializzazione) spostamento delle persone dalla campagna alla città per il sorgere delle industrie (città) ed il modo di ospitare un numero di persone slum (abitazione-operai) soluzioni di massa 1987) in zone periferiche di Manchester-Greater Manchester di quartieri nella città, si deve considerare, il problema della conservazione delle parti antiche. I centri storici sono le testimonianze d’arte di cultura d’epoche passate e si potranno salvare, per utilità pubblica collettiva.

    La conservazione dei centri storici si ottiene con il loro uso, per viverci dentro. Essi sono messaggi di cultura, ad uso di tutti, trasmesso dalle antiche pietre, le quali parlano nel loro silenzio apparente.

    La nuova organizzazione della città deve iniziare dalla periferia, cioè dai quartieri abitati con parchi, le strade, gli ospedali, i magazzini commerciali, poi i centri sono le attrezzature aiutanti le periferie, il centro diventa uno dei servizi della periferia.

    Riguardo il centro storico di Bologna il Comune ha presentato il 24 maggio 1969 il piano per il centro storico della città. Il piano realizzato da studenti di Architettura di Firenze e della facoltà di Ingegneria ha studiato l’ambiente storico della città (60-63). Il Comune ha commissionato l’indagine ad un gruppo di lavoro dell’istituto di Storia dell’Architettura di Firenze formato da Silvano Casini, Pier Luigi Cervellati, Armando Sarti, Francesca Bassi, Pier Giorgio Felcaro, Paolo Andina, Assessori comunali furono Cervellati, Sarti per il piano definitivo con le firme di Giovanni Agostini, Romano Carrieri, Giancarlo Mattioli, Felicia Bottini, Luigi Mari, Vieri Parenti.

    Il piano è il migliore delle città italiane, più progredito tra gli studi stranieri. Il centro storico di Bologna è un organismo urbanistico (non un insieme) perciò il piano ha un perimetro il cui tessuto della città antica si è conservato in modo completo entro il perimetro, sono stati considerati tutti gli edifici antichi degni di conservazione, con interventi di restauro escludendo la demolizione e ricostruzioni. Ammesse come nuove costruzioni solo le attrezzature pubbliche per i servizi da completare dei quartieri e per i cittadini, per le funzioni da mantenere nel centro storico. Costruire gli spazi aperti (non fabbricati) perché ciò che manca nel centro antico sono i vuoti non i pieni.

    Il piano di Bologna realizza il principio del restauro conservativo integrale, per una città estesa che s’attiene in modo rigoroso all’originalità. Italo Insolera (1929-2012) architetto, urbanista e storico italiano, pubblicò saggi, libri sulle condizioni economiche, sociali, culturali dell’Italia e dei centri storici-periferia, restauro, anche contemporaneo; nella sostituzione urbanistica l’applicazione nella città di Bologna, per la zona dell’università della montagnola e di via Rizzoli e via Orefici, crea l’ampliamento moderno di piazza Maggiore (ora è riservata ai pedoni) le zone demolite e ricostruite nel centro storico della

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