Il tesoro perduto dei templari. Il codice del Cinquecento
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Il tesoro perduto dei templari. Il codice del Cinquecento - G. L. Barone
14
Prima edizione ebook: gennaio 2014
© 2014 Newton Compton editori s.r.l.
Roma, Casella postale 6214
ISBN 978-88-541-6015-6
www.newtoncompton.com
Realizzazione a cura di Librofficina
Progetto grafico: Sebastiano Barcaroli
Foto: © Shutterstock.com
G. L. Barone
Il tesoro perduto dei templari
Il codice del Cinquecento
Parte quarta
IL CODICE DEL CINQUECENTO
Capitolo 59
Roma, 3 gennaio. 19:10.
Cassini era sdraiato sul letto con gli occhi spalancati. Come imbambolato.
Gli era già capitato di fare l’amore con una donna diversa da sua moglie, ma Julia era stata incredibile. Lo aveva accarezzato nei punti giusti fino a che ogni suo proposito di sapere di più su quanto gli era accaduto si era dissolto nei baci di lei.
Quella ragazza aveva qualcosa di magnetico… e non era solo una questione di abilità, indubbia, nelle arti dell’amore. In lei c’era di più, nel suo sguardo si nascondeva qualcosa che il professore non riusciva a identificare.
Poteva essere solo la passione a farlo ragionare così? Se ne era già innamorato?
Cassini scosse la testa e si voltò. Lei era lì, accanto a lui, nuda e girata di spalle. La luce proveniente dalla piazza disegnava sul copriletto lame giallognole che raggiungevano le sue natiche perfette e la schiena segnata da alcune vecchie cicatrici. Se non l’avesse creduto impossibile, avrebbe giurato che potevano essere segni di frustate.
«Sei stato bravo», mormorò lei, tenendo lo sguardo fisso sul muro.
Lui deglutì. «Ti capita normalmente di farlo con il primo che capita?»
«Solo quando ne ho voglia», replicò secca. «Scarica la tensione!».
Ci fu un momento di gelo tra i due.
Scarica la tensione. Non era proprio il messaggio romantico che si sarebbe aspettato.
«Non ti sei divertito?», indagò ancora lei, voltandosi di scatto e coprendosi il seno.
Cassini non rispose. Si sentì usato. E dopo quello che avevano fatto con il suo cervello, non era stata neppure la prima volta.
Si alzò di colpo, per cercare di allontanare quel pensiero, e si infilò i boxer. Si sentiva come un ubriaco sul ponte di una nave. Raggiunse il tavolo, dove aveva lasciato i vestiti, e prese il foglio con il disegno che aveva tracciato poco prima.
Doveva distrarsi. Forse non sarebbe riuscito a dimenticare subito quello che, per lui, era stato molto di più che un passatempo. Ma doveva provarci… e quale modo migliore, se non fare a Julia tutte le domande alle quali lei non aveva voluto rispondere?
Le porse la stampa della Primavera e la fissò.
Lei sembrò stupita. «Cos’è?», domandò distratta, prendendo in mano il foglio di carta.
«Dimmelo tu!», l’apostrofò lui. «Cosa significano quei triangoli e quei numeri?».
Julia fissò il disegno, Cassini aveva tracciato i triangoli astronomici esattamente come erano stati ricostruiti sei mesi prima dallo sceicco. Si domandò se fosse opportuno rivelarglielo e decise che ormai non c’era più pericolo… lì, dopo mesi di scavi, non avevano trovato nulla. Se ciò che loro cercavano esisteva realmente, in riva a quel fiume non c’era! Era inutile mentirgli ancora. «Sai cosa sono le tavole effemeridi?».
Cassini scosse la testa.
«Sono delle tavole che consentono di calcolare le posizioni degli astri in una certa data e ora. La configurazione dello spazio è unica, in perenne movimento. È come un grande orologio, insomma».
«Cosa sono quei triangoli? Perché erano sul braccialetto di Meredith?».
Julia sorrise. «I triangoli sono estremamente connessi con i numeri che tu per primo avevi individuato nel tuo libro».
«Cosa significa?».
«Sei stato tu nel Segreto dei pittori maledetti a ipotizzare che i numeri rappresentassero una data: 1, 4 - 1000, 300, 10, 9 e poi 3. O se preferisci 14, 1319, 3 cioè 14 marzo 1319».
Il professore fissò il disegno e per un istante. Quando, per farselo ridare le sfiorò la mano, un brivido lo attraversò di nuovo. «14 marzo 1319», concordò Cassini. Era la stessa conclusione alla quale era arrivato lui cinque anni prima, senza però coglierne il significato. «Ha qualcosa a che fare con Dante?»
«Potrebbe!», ammise lei.
«È questa la ragione per la quale mi avete messo in mezzo? E i triangoli cosa significano?»
«Sono triangoli di posizione astronomica. Ogni vertice rappresenta un corpo celeste, ed è il dipinto stesso di Botticelli a spiegare quale: la figura di sinistra, con la mano in basso tiene la spada, che simboleggia Marte, e con l’altra il caduceo, che simboleggia Mercurio. Lo Zenith è simboleggiato da Cupido; allo stesso modo, Giove, Saturno e il Sole sono rievocati dalle mani delle tre Grazie».
«Sono una specie di mappa del cielo?», insistette Cassini. «Un po’ quello che facevano i naviganti col sestante? Si orientavano guardando le stelle, no?».
Julia annuì soddisfatta. «È esattamente così: quei triangoli rappresentano la mappa del cielo in una certa data».
«14 marzo 1319», proseguì Cassini.
«Esatto. E sulla terra c’è un solo luogo in cui, in quella data, gli astri nel cielo avevano quella particolare disposizione!».
«È una mappa!», dedusse Cassini. «E dove ci porta?»
«Le coordinate indicano un luogo in Islanda, lungo il fiume Jökulfall. Abbiamo verificato la scorsa estate, ma purtroppo ci sbagliavamo!».
Cassini rifletté su quelle parole e poi tentò di ricordare la conversazione avuta sul treno quel pomeriggio: «È un appassionato d’arte», gli aveva rivelato lei parlando di Mohamed bin Saif Al Husayn. «Vorrebbe rivedere le opere più importanti del Rinascimento. Purtroppo non si può più muovere e così ha ingaggiato qualcuno che potesse farlo per lui!».
A quel punto era evidente che non si trattava della semplice volontà di rivivere
le opere d’arte attraverso le sensazioni di esperti. C’era qualcosa di più: quelle opere nascondevano un segreto, lo stesso che lui non era riuscito a svelare cinque anni prima. Un codice che doveva unire Dante a Botticelli e agli altri pittori maledetti.
Guardò nuovamente il disegno. La Primavera nascondeva delle coordinate, ma per cosa?
La prima riflessione, per quanto folle, andò al Giardino dell’Eden descritto da Dante nella Divina Commedia. Si era sempre interrogato sul significato allegorico della splendida foresta rigogliosa sullo sfondo del dipinto di Botticelli. Tutta quella vegetazione sembrava essere un elemento a sé stante, quasi volesse richiamare alla mente qualcosa che non fosse solo il simbolo della primavera. Era possibile che Botticelli avesse realizzato il quadro ispirandosi a un’ipotetica rappresentazione del Paradiso raccontato dal sommo poeta?
Da tempo gli studiosi avevano definito il punto di partenza del viaggio di Dante: la selva oscura
era stata identificata nella valle di Giosafat, vicino a Gerusalemme. La sua ipotesi, assieme a Claude de Beaumont e Andrea Cavalli Gigli era che, se il punto di partenza del viaggio esisteva veramente, forse poteva esistere anche quello di arrivo: in