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Naja 1974
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E-book199 pagine3 ore

Naja 1974

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Info su questo ebook

1974, quell'anno esprimeva un periodo d'oro. Gli sviluppi economici, industriali, scientifici, culturali, musicali, fornirono il carburante per potenziare i valori democratici a beneficio delle libertà individuali e sociali, anche se purtroppo a oscurare questi progressi in Italia si inserirono sanguinosi attentati che causarono vittime innocenti e la diffusione del triste fenomeno del consumo delle droghe. In questo anno Dario protagonista del racconto durante gli studi universitari trascorre la naja in due luoghi diversi: il CAR nei pressi di Imperia per oltre quaranta giorni e il restante tempo nel mantovano. Sul treno che sta viaggiando verso la caserma che lo ospiterà per il suo primo giorno in veste militare conosce una ragazza che lo porterà a intraprendere diverse trasgressioni, con avventure oltre il limite della decenza. Per queste imprudenze subirà brutali vessazioni da parte di personaggi malavitosi. Nelle varie fasi del racconto eventi spudorati e ignobili si alternano con aneddoti che descrivono gli aspetti tipici della vita di caserma e le relative reazioni umane.
LinguaItaliano
Data di uscita11 mar 2021
ISBN9791220327725
Naja 1974

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    Anteprima del libro

    Naja 1974 - Massimo Casarini

    Dedico il libro al mio nipotino Edoardo.

    A tutti gli artiglieri: truppa, ufficiali, sottufficiali del 4° Reggimento Artiglieria Missili Contraerei di Mantova, (Caserma S. Martino).

    In particolare ai commilitoni del 1974.

    Immagine

    SI CONSIGLIA LA LETTURA A UN PUBBLICO ADULTO

    Ogni riferimento a fatti, persone, cose realmente accaduti o esistiti è da considerarsi puramente casuale o involontario.

    Titolo | NAJA 1974

    Autore | Massimo Casarini

    ISBN | 979-12-20327-72-5

    Prima edizione digitale: 2021

    © Tutti i diritti riservati all'Autore.

    Questa opera è pubblicata direttamente dall'autore tramite la piattaforma di selfpublishing Youcanprint e l'autore detiene ogni diritto della stessa in maniera esclusiva. Nessuna parte di questo libro può essere pertanto riprodotta senza il preventivo assenso dell'autore.

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    1974, quell’anno esprimeva un periodo d’oro. Gli sviluppi economici, industriali, scientifici, culturali, musicali, fornirono il carburante per potenziare i valori democratici a beneficio delle libertà individuali e sociali, anche se purtroppo a oscurare questi progressi in Italia si inserirono sanguinosi attentati che causarono vittime innocenti e la diffusione del triste fenomeno del consumo delle droghe. In questo anno Dario protagonista del racconto durante gli studi universitari trascorre la naja in due luoghi diversi: il CAR nei pressi di Imperia per oltre quaranta giorni e il restante tempo nel mantovano. Sul treno che sta viaggiando verso la caserma che lo ospiterà per il suo primo giorno in veste militare conosce una ragazza che lo porterà a intraprendere diverse trasgressioni, con avventure oltre il limite della decenza. Per queste imprudenze subirà brutali vessazioni da parte di personaggi malavitosi. Nelle varie fasi del racconto eventi spudorati e ignobili si alternano con aneddoti che descrivono gli aspetti tipici della vita di caserma e le relative reazioni umane.

    PREFAZIONE

    Il racconto vuole rappresentare le avventure di un ragazzo ventenne degli anni settanta, mentre svolge il servizio militare che in quel periodo era obbligatorio. Parlare della naja semplicemente elencando le regole di quel servizio non si darebbe giusta gloria a quel dovere, invece rappresentare il modo in cui si trascorreva quel dovere verso la patria tramite aneddoti e una storia romanzata riesce a trasmettere al lettore in modo più reale come certe regole potessero influire sulla vita dei giovani chiamati alle armi. A quei tempi non c’erano gli smartphone per comunicare. Fare una telefonata era un vero e proprio impegno, occorreva stare in fila davanti a una cabina telefonica per ore. La vita non era scandita ogni secondo da un auricolare o dai selfie. Non c’era Facebook a rintracciare gli amici o donne del cuore. Riuscire a rintracciare una ragazza che avevi conosciuto era una vera impresa che costava tempo e tentativi. Diversamente da oggi molti ragazzi iniziavano a lavorare presto, per la naja erano costretti ad abbandonare le attività; durante questo servizio imparavano a porre limiti alle proprie libertà ma anche ad aver rispetto dei doveri e così pure del prossimo di ogni ordine o grado fosse stato. Non c’era il grande fratello in tv a offrire tristi lagne di ragazzi pieni di muscoli ma così deboli da piagnucolare alla prima difficoltà. C’era chi doveva mandare la misera paga (decade) a casa, e per questo si privava anche del caffè senza lamentarsi o compiangersi.

    Ora se non c’è lo smartphone ultimo grido da mille euro i ragazzi puntano i piedi e fanno capricci come i neonati. Per quanto anche in quel periodo non fosse tutto rose e fiori citando il crescente fenomeno della diffusione delle droghe, per un anno o più si doveva stare lontani dalle madri e dai padri, ci si doveva arrangiare in tutto. Attaccare bottoni, riparare calzini, fare pulizie, letti e lunghi turni di guardia. I giovani dei nostri giorni difficilmente lavorano in età minorile, te li vedi bighellonare come zombie in cerca di azioni vessatorie tramite i social per liberarsi dalla noia, lanciare bottiglie vuote di birra o vagare come fantasmi con gli occhi persi nel nulla. I genitori non minacciavano i professori se scrivevano una nota di demerito al figlio come succede nel nuovo millennio, anzi ne avrebbero fatto tesoro per correggerne le carenze. Ovviamente questa osservazione non intende generalizzare.

    Si pensava che quell’anno di naja fosse un anno perso, invece guardando cosa succede oggi penso all’importanza che aveva nel formare il carattere, far maturare davanti alle difficoltà e a trovare valori nell’amicizia. Non c’erano veli di silenzio stesi sulla sofferenza come invece avviene in questo nuovo secolo. Le nuove generazioni non vedendola perdono il senso dell’umanità. Non sono contro i giovani la colpa non è loro, ce l’ho con quelli della mia generazione e con me stesso inquanto non siamo stati capaci di cogliere l’essenza di quei valori e farne virtù per i nostri discendenti. Ce l’ho con chi fa di tutto per tenerli ignoranti al fine di poterli gestire a piacimento.

    NAJA 1974

    Erano le ore 16 di giovedì 4 aprile 1974, Dario attendeva il treno per Ventimiglia, ad accompagnarlo in stazione centrale di Milano c'era la sua ragazza Gabry Rosberg. Dario non era molto felice di partire poiché la destinazione era la caserma di Imperia. Pochi giorni prima aveva ricevuto la cartolina precetto di presentazione al distretto militare per il servizio di leva. Per un bel pezzo di tempo' avrebbe dovuto dimenticare tutte le cose divertenti che un ragazzo di vent'anni dovrebbe gustarsi. Doveva lasciare per chissà quanto tempo la sua ragazza prima di poterla rivedere. Il treno arrivò, la stazione era molto affollata, c’era il classico movimento caotico che contraddistingue la stazione di questa città così frenetica. Dario baciò mestamente Gabry: la conobbe durante una vacanza al mare, Il cognome straniero deriva dal padre di origine Danese. Era consapevole che stando lontani l'intensità dei sentimenti rischia di affievolirsi. La sensazione era di impotenza, non poter fare nulla per cambiare il destino di quella giornata in quanto cercare di evitare l'ingresso in caserma equivarrebbe a ricevere sanzioni da parte dello stato. Salì sulla carrozza al binario sette, Gabry attese che il treno partisse prima di lasciare spazio alle lacrime. Il ragazzo si sedette rassegnato e pensieroso. Tante cose gli passarono nella mente. Molti timori e qualche preoccupazione di trovare in caserma ragazzi ostili o inclini a imporre atti di bullismo. I pensieri nella sua testa erano molti, soprattutto si focalizzavano sugli ultimi dieci anni della sua vita, lavoro, scuola, amici, ragazze, genitori. È strano come il tempo non dia sempre lo stesso effetto a volte sembra sia scorso lentamente, altre invece ti appare rapido come una saetta.

    È qui che comincia la nostra storia.

    Davanti a lui si siede una coppia, lei una bella ragazza mora sui vent’anni vestita con un tubino aderente rosso e lui un po' più vecchio indossa jeans e una polo azzurra. Risalta molto la differenza di qualità tra la ragazza e il giovane, lei bella e lui per nulla appartenente a questa frivola qualità. Anche sentendoli parlare si nota chiaramente la differenza di acume. Dario non si permette di valutare superficialmente persone appena conosciute ma la differenza è palese. Immagina che quel ragazzo abbia doti sconosciute e anche che l'amore non necessariamente pretenda bellezza. A un certo punto del viaggio lei estrae dalla borsa un libro, Il giovane cerca di leggerne il titolo giusto per capire quali gusti possa avere la ragazza nel merito della letteratura. Il libro sembra appartenere a una collana di romanzi, tipica del genere preferito dalle donne. Lei nota la sua attenzione al titolo di copertina. e per un attimo lo guarda dritta negli occhi. Dario sorride e abbozza a un timido approccio per interloquire con lei.

    – Non c'è nulla di meglio che leggere quando si viaggia sui treni, constatando che sono molto lenti.

    Lei gentilmente risponde.

    – Tu non leggi però.

    – Non sono un gran lettore, comunque leggo solo riviste a sfondo scientifico. Ma oggi non è la miglior giornata per leggere, non credo che riuscirei a concentrarmi.

    – Come mai? – Diciamo che sono atteso con grande interesse dalle autorità militari.

    La ragazza sorride. – Sei ricercato?

    – Certamente! C’è pure una taglia di duecento lire su di me… a parte gli scherzi devo presentarmi in caserma a Imperia, oggi è il mio primo giorno di naja.

    – Auguri; credo che passerai diversi mesi segregato, è un bel problema per un giovane.

    – Non so come potrò abituarmi ma penso che cercherò ogni possibile modo per evitare di essere segregato, soprattutto per quanto attiene gli impedimenti di uscire la sera. Amo troppo la libertà. Avrei fatto anche obiezione di coscienza pur di non essere reclutato nell'esercito ma il prezzo della libertà sarebbe anche peggio adottando tale credo ideologico. A mio modo sono opportunista; per non rinunciare ai miei privilegi rifuggo dai miei ideali più profondi. Comunque, io sono Dario, con chi ho il piacere di parlare?

    – Con Serena; piacere… però se posso dire la mia, gli ideali non portano a nulla, oggi quello che conta è il danaro e io voglio cercare di averne quanto più possibile, se ti guardi intorno gli idealisti soffrono la fame e se hanno soldi è solo perché sono dei falsi idealisti, basta osservare i politici.

    – Non posso darti torto ma io forse sono masochista e continuo a pensare che questo mondo si possa migliorare. Vorrei farti una domanda, tu cosa pensi di fare per raggiungere questo obiettivo di ricchezza?

    – Per ora frequento lingue all’università e se capita qualche concorso di bellezza o sfilate cerco di parteciparvi, l’ambiente aiuta a trovare conoscenze utili.

    – Sicuramente le qualità fisiche e dialettiche non ti mancano da quanto vedo.

    Serena sorride mentre abbassa leggermente il capo in segno di ringraziamento. Il suo ragazzo non appare molto espansivo e si limita ad ascoltare senza commenti.

    Dario si sente un po` in colpa perché trova una certa attrattiva per quella ragazza, poco fa Gabry era piangente alla partenza del treno. C’è da dire che Serena è proprio bella e forse un po` di ammirazione ci può stare. Gira il capo e osserva oltre il finestrino del treno attraverso la sua evanescente immagine riflessa, tutto ciò che gli scorre alla vista, prati, rogge, boschi, distese agricole, ecc. Fionda il suo pensiero a molti anni prima quando si era appena reso conto di esistere. Per un attimo si assenta dalla reale situazione del suo viaggio rimanendo imbambolato e ingabbiato nelle proprie meditazioni. In quel vetro le immagini reali si mischiano con i ricordi, vede sé stesso da bambino, e altri piccini che giocano vestiti con strani costumi e il volto mascherato, schiamazzare gioiosamente. Poi ritorna quella figura evanescente riflessa dal vetro, è come se rappresentasse la sua anima e lo stesse osservando spietata e contrariata per quel suo subdolo e vile pensiero. Ma dentro di sé cerca una scusante. "Ma chi se ne frega ho solo vent’anni non è così grave se questa ragazza mi piace, non sono mica un monaco. Ma il fantasma del vetro lo redarguisce. Pensa se Gabry fosse così meschina come te, cosa diresti?" È brutto guardarsi allo specchio e scoprire quanto si è pietosi, quanto basta poco per perdere le più elementari certezze. Quindi non trova di meglio che zittirsi e mentre il treno continua con la sua monotonia a viaggiare passa ai ricordi.

    La campagna sterminata che vede al di là del finestrino è già piena di colori della primavera da poco iniziata e questo lo fa di nuovo ritornare alla sua infanzia, il suo rione popolare circondato dal verde. Campi irrorati da rogge che in estate si riempivano di ogni tipo di animali. Le rane gracchiavano al calar della sera e le lucciole sembravano piccole stelle delle galassie. I passeri a migliaia riempivano i rami dei gelsi. Ci fu un momento in quella sua vita da poco iniziata che tutto in un attimo divenne chiaro. Si rese conto di esistere. Si chiedeva: "Che cosa ci faccio qui? che fanno quei bambini con le facce dipinte? Come mai portano maschere e costumi? Non riusciva a capire e guardava silenziosamente tutto ciò che lo circondava. Era una sensazione stravolgente come se improvvisamente un’anima fosse stata fiondata in quel piccolo corpicino e avesse iniziato ad avere la consapevolezza di esistere senza sapere da dove fosse arrivata e quale scopo quel corpo potesse avere, non sapeva che era febbraio ed era iniziato il carnevale. La guerra era finita da pochi anni e quel rione di Triante alla periferia ovest di Monza si stava espandendo, Lo sviluppo economico era agli inizi e le campagne di quella zona vennero destinate dal piano regolatore alla costruzione di case popolari. Così nacque la via Pitagora, la via che lo accolse appena nato. La mamma di Dario sprizzava felicità da tutti i pori della pelle, da poco viveva in uno di quegli alloggi popolari che riuscì ad avere lottando con le unghie e con i denti, dopo anni di dura vita passata tra tante tribolazioni la guerra e umiliazioni. Sorrideva felice a tutti quelli che incontrava mentre teneva Dario per mano. Aveva quasi quarant’anni ma non li dimostrava, il suo era un bel viso con capelli al limite del biondo e grandi occhi azzurri che non potevano non essere notati. Ricorda ancora i volti di quelle persone che abitavano nel rione. Gente tranquilla, operai, emigrati dalle zone dell’Istria, chi lavorava nella polizia, chi tra i vigili urbani, oppure tra le guardie giurate. C’era anche un negozio di frutta e verdura gestito da siciliani e una latteria che la sera si riempiva di ragazzi giunti con gli scooters; portavano le classiche pettinature ispirate ai giovani impersonati da Marlon Brando nel film il Selvaggio e alle caricature dei teddy boys". Tutti i ragazzini del rione si rimpinzavano di gelati che i titolari fabbricavano artigianalmente. Il gelato era fantastico il più buono che Dario abbia mai mangiato; durante il pomeriggio c’erano bambini in ogni zona dell’abitato. Le case erano una decina composte ciascuna da dodici appartamenti circondate da cortili e giardini, una recinzione rendeva sicura l’incolumità dei ragazzini che rimanevano isolati dal traffico ai tempi molto scarso ma non meno insidioso di quello di oggi.

    Il treno continua la sua corsa, il giovane non smette di guardare quelle distese di prati che scivolano via dagli occhi come l’incessante corsa dei ricordi. Una mattina il papà di Dario aprì il cancello del cortile e si presentò con l'auto nuova. Il suo colore era blu elettrico lucido, modello (1100 E) della FIAT. Assomigliava un po' alla balilla, aveva il cofano triangolare con grossi parafanghi laterali, si fermò sotto al balcone di casa che era al terzo piano e l'ultimo della palazzina. Molte persone del rione uscirono di casa per curiosare. Il signor Marzano fu il primo a uscire dal vialetto del giardino, indossava una semplice canottiera di cotone e un paio di calzoncini corti, si avvicinò al padre del piccolo Dario che si apprestava a uscire dall’abitacolo. Cominciò a far domande sul modello sul prezzo la velocità e una serie infinita di quesiti, diceva che anch’egli era indeciso se acquistare un’automobile e quindi abbandonare la sua moto Guzzi ormai un po’ acciaccata e mal funzionante. La gente del rione partecipava in modo spontaneo a ogni novità con semplicità e priva di invidie. Non si poteva descrivere quanto in quegli anni il piccolo si sentiva felice nonostante la malattia che lo invalidava tanto da non consentirgli di giocare in cortile come tutti quanti i ragazzini del rione. Soffriva di forti e continue epistassi nasali dovute a capillari sporgenti nelle cavità. Questa condizione fisica costringeva i genitori a stare perennemente in allerta, le emorragie alcune volte capitavano anche di notte senza che nessuno se ne accorgesse, una mattina il piccolo fu trovato in un lago di sangue, cuscino e lenzuola arrossate come se qualcuno lo avesse accoltellato.Fu ricoverato più volte all’ospedale, dovette spesso sottoporsi a numerose trasfusioni, proprio perché tali epistassi si verificavano sempre più spesso. A nove

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