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Il Sogno dell'arcobaleno
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Il Sogno dell'arcobaleno
E-book239 pagine2 ore

Il Sogno dell'arcobaleno

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Info su questo ebook

Gabriele Mondelli è un semplice ragazzo di diciassette anni e proprio come tanti suoi coetanei si destreggia tra: scuola, studio, rapporto con la famiglia, gli amici e... sentimenti contrastanti. Che diventeranno evidenti quando farà la conoscenza di Daniel Lucchesi; affascinante ragazzo di buona famiglia dal carattere protettivo e romantico. Fra di loro si instaurerà una passione travolgente che con il tempo diverrà indissolubile, arrivando a sfociare in un amore quasi proibito.
LinguaItaliano
Data di uscita14 mag 2021
ISBN9791220335218
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    Anteprima del libro

    Il Sogno dell'arcobaleno - Michele Lourado Menendez

    sempre.

    1

    Fine delle vacanze e inizio di una nuova Vita

    Era appena cominciato un nuovo anno scolastico, me ne resi conto appena varcai la soglia del liceo, fino a pochi minuti prima pensavo di essere ancora in vacanza, spiaggiato in riva al mare a godermi il sole caldo e rilassante. Guardai le mie braccia e sperai con tutto me stesso che l’abbronzatura, anche se minima, potesse essere evidente. Non sono mai stato un ragazzo a cui piace prendere il sole dato che la mia pelle, bianca come la neve, faticava a diventare almeno rosea.

    Un paio di ragazzi mi passarono accanto e uno di loro, per sbaglio, mi diede una leggera spinta facendomi tornare nel mondo reale.

    Ho voglia di ritornare al mare. Non potevo fare a meno di continuare a pensare alla sabbia bianca e al profumo di salsedine, se mi soffermavo a riflettere che avrei dovuto trascorrere un altro anno rinchiuso tra quelle quattro mura di cemento a studiare: latino, greco, fisica e filosofia; mi sarei potuto sparare.

    «Gabriele!». Una voce familiare attirò la mia attenzione.

    Vidi la mia migliore amica, Kaory Huangzi, che agitava la mano per salutarmi e farsi strada tra gli altri studenti per raggiungermi.

    «Ciao Kaory». La salutai appena fu abbastanza vicina.

    «Come stai?». Mi strinse in un forte abbraccio e io ricambiai il suo gesto.

    «Benissimo e tu?». Le chiesi sorridendo.

    «Alla grande!». Il suo entusiasmo mi avvolse.

    «Oggi sei proprio euforica». Ammisi.

    Era davvero strana, di solito non era mai entusiasta quando doveva andare a scuola.

    «Sono euforica perché ho una splendida notizia da darti». Mi prese le mani e me le strinse.

    «Dai raccontami tutto».

    Scrutai ogni angolo del suo viso, circondato da numerose ciocche di capelli neri e lisci, dagli occhi a mandorla color nocciola, labbra sottili e naso piccolo; era una bella ragazza e, se dovessi essere sincero, ho sempre pensato che potesse avere qualsiasi ragazzo che volesse, ma lei era troppo orgogliosa per accorgersi di quella qualità.

    «Allora... sai che durante le vacanze estive a Rimini ho incontrato un ragazzo inglese?».

    «Sì, mi pare che tu mi avessi accennato qualcosa, anche se non abbiamo potuto parlare molto in quel periodo, visto che mi dicevi sempre che eri occupata». Ci pensai un secondo. «E ora ho capito a cosa ti riferivi».

    Kaory sorrise. «Infatti era proprio per il motivo che stai pensando». Era davvero in estasi. «Il ragazzo in questione si chiama Darren ed è…». Prese in mano il cellulare e si mise a sfogliare le foto. «… semplicemente divino».

    Mi mise davanti alla faccia la foto di Darren. Era veramente bello, non potevo negarlo: aveva i capelli biondo cenere, un’abbronzatura perfetta e il fisico degno di un modello.

    «E che avete fatto?». Andai dritto al punto.

    Kaory si fece rossa in viso. «Ecco… diciamo che ci siamo messi insieme».

    «Ma sul serio?». Ero sbalordito.

    Lei annuì.

    «Non ci credo. Kaory, ma è fantastico. Sono molto felice per te». La abbracciai.

    Lei mi ringraziò.

    «Ma lui dov’è adesso?». Le domandai incuriosito.

    «È tornato in Inghilterra a Londra, ci sentiamo quasi tutti i giorni tramite Skype».

    Non potevo fare a meno di sorridere ed ero veramente felice per lei, in fondo si meritava di trovare un ragazzo che sapesse apprezzarla. Ad essere onesti Kaory non era mai stata molto fortunata in amore, ricordo ancora tutte le volte che ha avuto il cuore spezzato per colpa di alcuni ragazzi che facevano finta di amarla quando in realtà la prendevano in giro e, una volta che avevano ottenuto quello che volevano, la lasciavano con l’amaro in bocca. Pregai che anche Darren non entrasse nella lista degli amori falliti di Kaory.

    Ci avviammo al secondo piano dell’edificio verso la nostra classe: la 3°C che si trovava tra due aule e appena entrammo ci accorgemmo che Riccardo Gorelli si era già accomodato.

    «Come hai fatto ad arrivare così in anticipo? Di solito sei sempre in ritardo». Disse Kaory andandogli incontro.

    «Oggi ho voluto fare uno strappo alla regola». Squittì lui.

    «D’accordo... Secchione». Kaory lo prese in giro.

    Riccardo era l’altro mio migliore amico: era un ragazzo scarno, pelle olivastra quasi da farlo sembrare malaticcio, capelli corti e unti e con degli occhiali dalla montatura spessa e larga abbastanza da coprirgli mezzo viso.

    «Come stai Gabry!?». Chiese quasi gridando, come suo solito.

    «Una Meraviglia». Ci stringemmo la mano. «E tu?».

    «Sì, abbastanza bene». Si sistemò gli occhiali e mi domandò: «tu sei stato in qualche posto in particolare?».

    «Bé ecco…». Mi accomodai vicino a Kaory, nel banco davanti a lui. «Sono andato a Jesolo con i miei genitori e mio fratello Davide».

    «Ma vai sempre in quel posto? Forse dovresti cambiare ogni tanto». Sbottò Riccardo.

    «Sì. Hai ragione, ma i miei genitori ci tengono molto ad andare lì, e poi hanno già i loro giri di amicizie e credo che non ci rinuncerebbero tanto facilmente».

    «Gabriele!». Kaory mi prese per un braccio costringendomi a guardarla. «Che ne dite se l’anno prossimo andassimo noi tre da soli in vacanza?».

    L’idea di Kaory non era così male, e poi l’anno successivo avremmo compiuto tutti e tre diciotto anni e nessuno ci avrebbe negato il permesso di fare quello che volevamo.

    «E dove potremmo andare?». Chiesi.

    «Non so magari all’estero; che ne dite di New York? O Londra? Oppure Barcellona?». Riccardo si sporse in avanti mettendo la testa tra me e Kaory, stava quasi per cadere dal banco da quanto era agitato.

    «Prima di prendere una decisione, dobbiamo essere sicuri di passare l’anno, se no col cavolo che ci lasceranno uscire di casa». Intervenni facendo cadere gli animi di entrambi i miei amici e vedendo la loro espressione capii di averli demoralizzati.

    Ecco, sono il solito guastafeste. Dissi tra me e me.

    «Ci metteremo d’impegno». Esclamò Kaory, facendo uscire il suo spirito guerriero.

    Meno male.

    «Parole sante». Ci demmo il cinque.

    Il nostro entusiasmo venne interrotto dall’ingresso dell’insegnante della prima ora; si trattava della professoressa Cerutti: insegnava Italiano ed era una donna minuta, sul metro e sessanta, con i capelli scompigliati e la pelle del viso sembrava che le stesse colando da ogni lato.

    La prima cosa che fece fu quella di spiegarci il programma di tutto l'anno, poi passò al solito discorso di etica morale che avremmo dovuto tenere all’interno della scuola. In poche parole, la prima ora fu davvero molto noiosa.

    Anche le altre ore che seguirono furono particolarmente pesanti, ma non potevo pretendere nulla, lo sapevano tutti che i primi tre giorni di scuola sono quelli più monotoni; perché, in genere, i professori davano delle spiegazioni sul programma, ed eventuali eventi extrascolastici, come l’open day.

    Finalmente arrivò la ricreazione, fu un vero sollievo. Al suono della campana i miei compagni di classe uscirono per recarsi in giardino, o nei corridoi per raggiungere i distributori automatici.

    «Era ora, avevo bisogno di una pausa». Disse Kaory sbadigliando.

    «A chi lo dici». Esclamai.

    «Ragazzi che ne dite se andassimo a fare due passi in giardino? Ho bisogno di sgranchirmi le gambe». Propose Riccardo, sbadigliando e stiracchiandosi.

    «Ma sì dai, tanto non ho nemmeno fame». Risposi.

    Una volta raggiunto il cortile, Kaory andò a sedersi su una panchina in pietra e noi la raggiungemmo.

    «Kaory, non mi hai ancora detto come hai conosciuto Darren». Tirai in ballo l’argomento.

    «Bé ecco…».

    «Aspettate un secondo, forse mi sono perso qualcosa. Chi sarebbe questo Darren?». Intervenne Riccardo.

    «Ah sì. Non ti ho ancora detto che ho conosciuto un ragazzo». Il viso di Kaory si illuminò.

    Riccardo la interruppe chiedendo... «Parli seriamente? Sei sicura che non sia un tuo fidanzato immaginario?».

    La mia amica non seppe stare allo scherzo e rispose dandogli un calcio sullo stinco e riempiendolo di insulti. Io mi ero scansato di poco per evitare che la furia di Kaory potesse travolgermi.

    «Come stavo dicendo…». Fulminò Riccardo. «Questa volta sembra che ci sia tra di noi un forte legame». Ammise, giocherellando con le dita.

    «Da cosa lo deduci?». Mi pentii immediatamente di aver fatto quella domanda. «Vorrei solo capire...».

    Kaory non se la prese anzi… «Bè. Da come ci parliamo». Divenne rossa come un pomodoro.

    Le sorrisi e stringendola a me le domandai: «Kaory, ma riesci a capire quello che ti dice o parlate italiano?».

    «Parliamo in inglese. Lo sai che non mi riesce difficile».

    In effetti non aveva tutti i torti, lei era sempre stata molto brava nella lingua inglese, era come se le uscisse naturale. Io me la cavavo, ma non ero bravo quanto lei.

    Quando la campanella risuonò nei corridoi, avvisandoci che era finita la ricreazione, ci apprestammo ad entrare in classe, ma prima di farlo incontrammo un ragazzo piuttosto carino e, con fare spavaldo, ci sbarrò la strada mettendosi proprio davanti a Kaory.

    «Ehi! Come stai? È tanto che non ci si vede».

    Mi ricordai di lui, si trattava di Nicola Lodrini, era il ragazzo della 3°A. Fin dall’inizio delle superiori ha avuto un debole per Kaory, gli è sempre corso dietro come un cagnolino, ma lei ovviamente non gli ha mai dato troppa corda. Infatti lo definiva uno stronzo. In cuor mio sapevo che, in fondo, poteva anche essere il suo tipo; a Kaory sono sempre piaciuti i ragazzi con una pessima reputazione e Nicola rispettava quei parametri.

    «Che ci fai qui? E che vuoi da me?». Kaory era infastidita.

    «Ma come? È così che tratti gli ammiratori?». Nicola le si avvicinò, senza degnare di uno sguardo me e Riccardo.

    «Da quando sei il mio ammiratore?». Kaory cercò di scansarlo. «Io e te non abbiamo nulla da dirci».

    Nicola la prese per un braccio. «E dai. Sei ancora arrabbiata con me?».

    Kaory cercò di trattenersi. «Pensi davvero che mi sia dimenticata l’umiliazione che mi hai dato?».

    All’improvviso mi ricordai quello che era successo tra loro. Come avevo fatto a dimenticarlo?

    Quando Kaory conobbe Nicola, tre anni prima, lui tentò in tutti i modi di conquistarla, senza avere nessun risultato. Provò anche a farle dei regali, ma senza ottenere nessun risultato. Finché un giorno, tutto degenerò; Nicola aveva convinto un’amica di Kaory, che adesso non frequenta più il liceo, a portarla in bagno e, quando la mia amica ci andò, si ritrovò da sola con Nicola e fu in quel momento che fece la follia. Nicola afferrò Kaory con forza, cercando di obbligarla a baciarlo, per difendersi gli sferrò uno schiaffo e riuscì a scappare. Per vendicarsi di quello che era successo, Nicola mise in giro false notizie sulla mia amica, gettando fango su di lei.

    Fu un periodo particolarmente brutto per lei e ogni volta che si incontrava con Nicola le saltavano alla mente quegli episodi spiacevoli.

    «Ma è successo tanto tempo fa». Il tono di Nicola sembrava quasi strafottente.

    «Certe cose non si dimenticano e adesso lasciaci passare; faremo tardi a lezione».

    Kaory andò oltre e noi la seguimmo.

    «Quello stronzo ha ancora il coraggio di parlarmi dopo tutto quello che mi ha fatto!». Kaory si infuriò.

    «È chiaro che non ha cervello». Dissi sedendomi vicino a lei.

    «Per me gli piaci ancora». Intervenne Riccardo.

    Kaory si voltò verso di lui e lo fulminò con lo sguardo.

    Riccardo vuole proprio morire. Pensai.

    «Per favore, ma ti ascolti quando parli?». Kaory si mise le mani nei capelli esasperata.

    Per tirarla un po’ su di morale le appoggiai una mano sulla schiena e gliela accarezzai. Dopo pochi attimi si ricompose e tornò la stessa ragazza di sempre. Ammiravo il suo modo di affrontare ogni situazione con grande coraggio, una cosa che io non so fare.

    2

    Silvia, Alberto e Davide

    Quando terminarono le lezioni, salutai i miei amici e mi incamminai verso casa; non abitavo lontano e non c’era nemmeno bisogno che utilizzassi i mezzi di trasporto pubblici per poter tornare indietro. Invece Riccardo e Kaory erano costretti a dover fare a gara con gli altri studenti per riuscire a prendere in tempo l’autobus che si fermava a pochi metri dal liceo.

    Per raggiungere il condominio dove vivevo, mi bastava seguire la strada fino piazzale Arnaldo e da lì dirigermi verso il carcere, per poi svoltare a destra; a occhio e croce impiegavo all’incirca venti minuti.

    Appena giunto davanti casa, osservai l’edificio: si trattava di una struttura risalente ai primi anni del Novecento, aveva due piani ed era diviso in quattro appartamenti, quello della mia famiglia si trovava al secondo piano; mi è sempre piaciuto vivere lì.

    «Ciao mamma, sono tornato!». Urlai appena entrato in casa.

    «Com’è andata?». Silvia sbucò fuori dalla cucina che si trovava proprio accanto al soggiorno.

    Io e lei ci somigliavamo molto, in un certo senso, da lei avevo preso il colore chiaro dei capelli, ciocche mosse e ribelli, pelle bianca e occhi castani.

    «Abbastanza bene. Sono stato molto contento di aver rivisto Kaory e Riccardo».

    «Ah. Bene». Si asciugò le mani con un canovaccio. «E gli insegnanti sono gli stessi dell’anno precedente?».

    Appoggiai lo zaino tracolla sul divano prima di rispondere. «Quasi tutti. A parte quello di latino».

    «Ah. Ma che peccato, l’insegnante dell’anno scorso mi piaceva». Esclamò Silvia, quasi delusa.

    Entrai in cucina insieme a lei e mi sedetti al tavolo che si trovava proprio in mezzo alla stanza.

    «Che hai preparato per pranzo?». Chiesi, tanto per conversare.

    «Ali di pollo piccanti». Le tirò fuori dal fornetto, mettendomele davanti.

    «Mamma lo sai che non mi piacciono i cibi piccanti». Mi lamentai.

    Silvia mi guardò come se avessi detto la cosa più stupida del mondo. «Perché? Sono così buone e poi non sono nemmeno tanto piccanti. Io ne ho mangiate un paio».

    «Sarà». Non ero del tutto convinto.

    Quando finii di mangiare, ripresi lo zaino tracolla e andai in camera. Entrando in quella stanza, la prima cosa che mi saltava sempre all’occhio, era la finestra che dava proprio sul parco dall’altra parte della strada; l’arredamento era piuttosto sobrio, come quello dell’appartamento, avevo una scrivania con il computer portatile e la stampante, un armadio che occupava una parete intera e numerosi scaffali su cui tenevo tutti i miei libri. E tra quelli c’era anche il mio preferito: Twilight.

    La prima cosa che feci fu di accendere il computer per collegarmi ai Social Network, ero curioso di sapere che cosa avevano postato i miei amici.

    Di sicuro Kaory ha messo qualche foto di me e lei insieme, mentre Riccardo si sarà limitato a mettere mi piace su qualche post.

    Infatti fu proprio così. Guardando il mio profilo, notai che avevo delle notifiche ed erano tutte di Kaory.

    Feci passare i post messi dai miei amici, ma dopo pochi minuti lasciai perdere, leggere tutti gli innumerevoli pettegolezzi mi faceva girare la testa.

    Spensi il computer e mi sdraiai sul letto, presi in mano l’ultimo romanzo che stavo leggendo e ricominciai dal punto in cui lo avevo terminato la

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