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Al di là del Tempo
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E-book192 pagine2 ore

Al di là del Tempo

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Info su questo ebook

Una storia piena di avventure e valori dalla mano di Carlos Gran e Manuel Tristante!

Estratto dal romanzo: «Il tempo è il più saggio dei giudici: non emette immediatamente la sua sentenza, ma, alla fine, dà ragione a chi la possiede e concede a tutti ciò che meritano.»

Si dice che il tempo cambi le cose. In verità, alle volte siamo noi stessi a doverle cambiare. Da tempo immemore, gli Erbani viaggiano per il mondo con una grande responsabilità sulle spalle: aiutarci a vedere le cose da una nuova prospettiva. Arthas, la Mastra Orologiaia, ha perfezionato il suo ultimo Megidonometro e Azim, il Guardiano, sarà incaricato di consegnarlo a Gary. Il tempo non può far sparire magicamente i suoi problemi, ma Gary sa di poterlo usare a proprio vantaggio. Ad Hy Tairngire, sull'Isola Promessa, troverà l’amicizia di Tim e scoprirà come dare una svolta alla sua vita.

Cosa troverai?
1 Fiction, avventure, amicizia e valori.
2 Un universo parallelo, celeste e liberatorio.
3 Un viaggio nel tempo indimenticabile.
4 Due tempi antagonisti simultanei.

Cosa dicono i lettori:
"Un romanzo fantasy che permette di accompagnare il personaggio nella sua scoperta, nel suo passaggio alla tranquillità e all'apprezzamento della vita al di là di ciò che gli altri determinano", rivista Cuatro Bastardos.

"È un libro che affascina con la sua magia, con la sua triste realtà e con il messaggio di speranza che trasmette", blog di Weaving in Klingon.

"Se ti piace la fantasia, conoscere altre dimensioni e giocare con i viaggi spazio-temporali, questo è senza dubbio il tuo libro", Etérea Sanguez, GoodReads.

«Leggi tra le righe e una volta finito il libro medita sulle frasi chiave e rifletti. Perché il Tempo che ci è stato concesso, ce n'è uno solo », Kike BlackArrow, lettore.

LinguaItaliano
Data di uscita15 feb 2023
ISBN9781667401195
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    Anteprima del libro

    Al di là del Tempo - Manuel Tristante

    Al di là del Tempo

    Manuel Tristante, Carlos Gran

    ––––––––

    Traduzione di Irene Cristaudo 

    Al di là del Tempo

    Autore Manuel Tristante, Carlos Gran

    Copyright © 2023 Manuel Tristante, Carlos Gran

    Tutti i diritti riservati

    Distribuito da Babelcube, Inc.

    www.babelcube.com

    Traduzione di Irene Cristaudo

    Progetto di copertina © 2023 Manuel Tristante

    Babelcube Books e Babelcube sono marchi registrati Babelcube Inc.

    AL DI LÀ DEL TEMPO

    Carlos Gran

    Manuel Tristante

    Ad Adrià ed Evan, gli ultimi arrivati.

    - Carlos Gran

    A mia zia Rosi e alle mie cugine Virginia, Gloria, Raquel, Juanamari e Silvia del Pilar, le mie più grandi fan.

    - Manuel Tristante

    Non dimenticare di sostenere la cultura condividendo le tue impressioni con amici e familiari e commentando la storia letta. In questo modo, aiuti gli autori a continuare a scrivere.

    Indice

    Prologo: La Mastra Orologiaia

    1.«Maledetto».

    2. «Mai».

    3. «Fuga».

    4. «Insulti».

    5. «La visita».

    6. «Paure».

    7. «L’Ora Zero».

    8. «Tim».

    9. «Domande».

    10. «Ritorno».

    11. «Hy Tairngire».

    12. «Il segreto di Arthas».

    13. «Enal-Tyum».

    14. «Rimembranze».

    15. «Destino».

    Epilogo: La ricerca.

    Ringraziamenti.

    Incantatrice è la terra al di là di tutti i sogni, più chiara di qualsiasi cosa i tuoi occhi abbiano mai visto, lì per tutto l’anno; i boccioli sono in fiore, e tutto l’anno fioriscono. Lì il miele silvestre gocciola dagli alberi della selva, le riserve di vino e cibo mai si esauriranno. Né il dolore né la malattia conosce chi vi soggiorna, la morte e la decadenza mai la raggiungeranno.

    L’Isola Promessa.

    Prologo:

    LA MASTRA OROLOGIAIA 

    ––––––––

    Era notte fonda e il freddo sferzava con violenza. Il sussurro del vento si udiva dall’interno della casa, nel suo infrangersi contro le finestre, e lo stridere della banderuola posta sul tetto non lasciava presagire un imminente miglioramento del tempo. Si avvicinavano giorni di tormenta. Per fortuna il caminetto riscaldava la camera; c’era abbastanza legna, e le coperte e il calore umano facevano il resto.

    «La Banderuola del Tempo gira senza sosta e le stagioni passano lasciandosi dietro ricordi che presto si trasformeranno in leggende, certamente dimenticate prima che il vento soffi e la sospinga di nuovo», pensò. «Eppure questo vento non è il principio, poiché non esiste né inizio né fine nell’eterno girare della Banderuola del Tempo, ma – sì – un luogo nella profondità dei sette mari, circondato dalle acque, dove si trova l’Isola Promessa o, come viene chiamata da alcuni, Hy Tairngire

    Gary sedeva su una comoda poltrona mentre recitava tra sé quelle parole. Si avvicinò un po’ di più al letto e rimboccò le coperte a sua figlia Tim, che aspettava – impaziente come ogni notte – un nuovo racconto o una nuova storia.

    L’uomo si sentiva vecchio e stanco, ma il suo volto lo lasciava trasparire a malapena.

    Nonostante la paternità tardiva, era soddisfatto della propria vita e ringraziava ogni giorno di aver potuto realizzare i propri sogni, così come di poter godere, ad ogni risveglio, di una nuova alba.

    — Quella che ti racconterò oggi, figlia mia, è una storia avvenuta molto tempo fa e che custodisco come il più grande dei miei tesori. — La guardò con tenerezza. Era la sua immagine riflessa, soprattutto nello sguardo e in ciò che riusciva a trasmettere senza parlare. Il colore dei suoi occhi, verde come la foglia appena nata di un albero, gli riportava alla mente la stupefacente abbondanza di una terra ormai tanto lontana. — Ho atteso questa occasione per molto tempo. Non mi aspetto che tu comprenda tutto adesso, ma è arrivato il momento di raccontarti. Se non succederà ora, so che – chissà quando, chissà come – scoprirai il suo significato.

    — È una storia di draghi, principi e principesse, papà?

    Gary sorrise brevemente. Quelle erano le storie che le piacevano. Eppure, la storia che stava per narrarle non parlava di draghi, principi o principesse, ma di una persona che dovette affrontare più battaglie di qualsiasi guerriero.

    — No, questa volta sarà qualcosa di diverso. Qualcosa di più personale...

    Tim lo scrutò, incuriosita.

    — È una cosa successa a te, vero?

    — A dire il vero, è meglio se ascolti e trai le tue conclusioni da sola.

    Non vi furono più domande, solo il silenzio e le parole di Gary, che fluivano dalla sua bocca come le note del ritornello di una canzone.

    ––––––––

    «Il tempo a Hy Tairngire trascorreva in maniera diversa rispetto al resto della Terra, sembrando quasi fermarsi. Ciò era dovuto alla grande energia emanata dall’Enal-Tyum, un gigantesco orologio che irradiava potere e proteggeva gli abitanti, gli Erbani, da qualsiasi calamità o visita indesiderata. Non era facile accedere all’isola e solo pochi fortunati in tutto il mondo poterono constatare che quel luogo esisteva davvero e che lì viveva Arthas, la Mastra Orologiaia, la Misuratrice del Tempo.

    Arthas seppe sempre riconoscere il valore del tempo, giacché per lei il tempo era vita. La vita e il tempo erano i migliori maestri che chiunque potesse avere. La vita ti insegnava a sfruttare il tempo e il tempo ti insegnava a dare valore alla vita. E per questo motivo non lo sprecava mai, custodendolo come se fosse un tesoro. Sapeva che una sua cattiva gestione poteva influenzare negativamente le decisioni prese, il lavoro svolto e, in definitiva, lo stesso dispiegarsi dell’esistenza. E sapeva che, presto o tardi, tutti i tasselli sarebbero finiti per combaciare. 

    Senza dubbio, il tempo passava. Non si fermava ad aspettare nessuno, sebbene a volte qualcuno potesse credere il contrario. Il tempo non poteva essere modificato, e di questo era ben consapevole Arthas; eppure, sì, sapeva come poterlo controllare.

    La Mastra Orologiaia si trovava in uno dei settori di Heriandor, il tempio in cui veniva custodito l’Enal-Tyum. Si trattava di una sala dalle alte colonne di marmo, con il pavimento e il tetto d’oro, circondato da un imbuto di cristallo al centro del quale si trovava l’orologio. Lo stesso tempio possedeva l’aspetto di una grandiosa clessidra. Al suo interno volavano milioni di piccoli frammenti di cristallo di luce dorata che simboleggiavano il tempo. Prima salivano verso l’alto, roteavano alcune volte e si accumulavano fino alle dodici, per poi scendere e tornare dentro l’orologio. E così ciclo dopo ciclo, giorno dopo giorno.

    In quel luogo, all’interno di una piccola cabina che fungeva da laboratorio, si trovava la Mastra Orologiaia. Lei godeva della massima autorità a Tairngire e molti nutrivano grande rispetto nei suoi confronti. Gli Erbani possedevano scienza e tecnologia molto avanzate rispetto a quelle dei semplici umani, eppure Arthas era l’unica della sua specie capace di inventare questi congegni tanto simili ai normali orologi, ma allo stesso tempo così diversi da quelli convenzionali. Non ne disegnava mai due uguali, ciascuno era speciale, costruito con uno scopo ben preciso e per qualcuno in particolare.

    Finalmente aveva terminato il suo ultimo lavoro. Lo sollevò in alto e lo contemplò, orgogliosa. No, non era un orologio qualsiasi, era un Megidonometro del Tempo. Uno dei molti che aveva fabbricato nel corso della sua lunga vita. Quell’utensile tanto meraviglioso conteneva al suo interno un congegno automatico molto complesso e di grande raffinatezza. Cosa che lo rendeva un tipo di orologio molto apprezzato tra gli Erbani. Tra le sue tante minuscole componenti vi erano viti, molle, quarzo, rubini (che evitavano la frizione), platine e rotelle. Azionato attraverso un pulsante quasi impercettibile all’occhio umano, il Megidonometro innescava il movimento dei suoi differenti ingranaggi (tutti di diversa grandezza) e attivava il meccanismo di funzionamento, incaricato di mantenere regolare l’impulso dell’orologio e di controllare il tempo grazie al movimento delle sue lancette. Eppure, a renderlo speciale era il suo grande potere magico.

    D’un tratto, bussarono alla porta diverse volte, con insistenza.

    Arthas abbassò le braccia e si voltò. Aspettava l’arrivo di Azim, poiché lei stessa lo aveva mandato a chiamare. Il Guardiano del Tempo era stato puntuale, così come lei si aspettava.

    — Mia signora?

    Con cautela, Azim le si avvicinò e, prima che potesse dire qualcosa, la donna dalla pelle olivastra e gli occhi ambrati lo guardò fissamente.

    — È già finito. Il tempo stringe. — Mostrò l’orologio sorretto da una fine catena d’oro, custodito all’interno di un piccolo cofanetto di legno la cui sommità era decorata da due lancette impresse a fuoco — Dal lavoro che svolgerai stanotte dipenderà la vita dell’eletto.

    Azim fece un passo indietro. Osservò il Tempo sospeso all’interno dell’Enal-Tyum e, in seguito, Arthas. Le particelle svolazzavano più in fretta all’interno dell’imbuto, con una tonalità diversa dalla solita. In genere erano di un colore dorato, ma adesso andavano assumendo una sfumatura differente, argenteo brillante. Era la prima volta che vedeva qualcosa del genere.

    — Azim ­— la voce di Arthas risuonò duramente — Non c’è tempo. Guarda!

    Azim indirizzò lo sguardo verso il punto che Arthas gli indicava. Le macchioline di luce del tempo, salendo, stavano formando un’immagine: una donna camminava per le strade, sola, stringendo il proprio ventre. Piangeva, gridava di dolore e, alle volte, tremava. I suoi vestiti la proteggevano a malapena dal vento e dalla neve che cadeva.

    Il Guardiano riportò gli occhi su Arthas e annuì; era giunto il momento di intraprendere una nuova missione.

    Cercò nella sua tunica l’Illuminatore e lo trovò all’interno del taschino destro. Certamente ne avrebbe fatto buon uso nel corso di quella notte oscura e tempestosa.

    — Mia signora... — si limitò a dire Azim, a mo’ di congedo.

    L’Illuminatore era come un coltello di luce, celato all’interno di una fodera di metallo, che si attivava premendo un bottone. Quando Azim lo schiacciò, ne emerse una lama affilata, che lacerò l’aria e aprì uno squarcio di luce.

    — Buona fortuna, Azim — furono le ultime parole di Arthas prima che il Guardiano attraversasse l’Arco del Tempo, annuendo».

    1

    «Maledetto»

    ––––––––

    Nördlingen, Germania.

    Anno 1969

    Controllò un’ultima volta la camera dei bambini e chiuse la porta, esausta. Si appoggiò alcuni secondi contro la parete, giusto sotto la lampada che le illuminava il volto pallido, si accarezzò il ventre e sospirò. Per quanto tempo ancora avrebbe potuto sostenere quella situazione? Le giornate erano estenuanti, i suoi piedi si gonfiavano quando stava troppo alzata e la schiena pativa a causa del peso del suo addome. Sapeva che non avrebbe potuto nasconderlo ancora per molto. Presto o tardi se ne sarebbero resi conto e allora...

    A questo era meglio non pensare. Già troppi incubi non le permettevano di dormire, assillandola con le medesime angosce che la tormentavano durante le ore diurne.

    Si spostò una ciocca di capelli biondi e si preparò a raggiungere il salone, così da poter informare la sua signora del fatto che entrambi i bambini stessero già dormendo e che lei si sarebbe ritirata per riposare, ma non arrivò a scendere neppure due gradini quando un’orribile fitta di dolore le trafisse il ventre. Una grossa goccia di sudore le scivolò lungo la fronte.

    La donna, abbracciandosi il ventre, non si arrese al bisogno di urlare, grata che, mentre le lacrime sgorgavano dai suoi occhi, il dolore andava affievolendosi. Riprese fiato, cercando di calmarsi, e continuò a scendere le scale, ma il dolore tornò; una, due, tre volte ancora, con maggiore insistenza.

    No, non poteva essere, non in quel momento. Rivolse una supplica al tetto della casa.

    Tornò sui suoi passi, appoggiandosi alla parete, ed entrò in quella che – fino a quel momento – era stata la sua camera; afferrò il suo cappotto e, con grande sofferenza, raggiunse il piano terra. Non si preoccupò di venir vista. Uscì nella tormenta, con gli occhi inondati di lacrime, e richiuse sonoramente la porta dietro di sé.

    Provò a correre, ma il peso del suo addome e il dolore non glielo permettevano.

    Udì l’uscio che si riapriva alle sue spalle. Si nascose dietro alcuni alberi, respirando a fatica, mentre ascoltava la voce della propria signora che, con quel suo accento tedesco tanto marcato da renderla inconfondibile, la chiamava.

    — Hanna? Hanna? Dove sei? — vi era timore nelle sue parole— Hanna!

    Hanna si tappò la bocca quando una nuova ondata di dolore le attraversò il ventre, tentando di impedire che un qualsiasi suono le sfuggisse dalle labbra, soprattutto mentre la signora si aggirava per il marciapiedi, in cerca dell’istitutrice.

    — È successo qualcosa, Hanna? Dove ti sei nascosta?

    Hanna girò intorno agli alberi e sgattaiolò via, percorrendo una strada che costeggiava l’abitazione, senza meta.

    — Perché hai deciso di venire al mondo così presto, figlio mio? ­— si domandò, infelice.

    La neve cadeva copiosamente e sulle strade ve ne era già uno strato spesso una spanna. Il freddo gelava le viscere. Dove sarebbe andata, adesso? Aveva bisogno di trovare quanto prima un tetto sotto al quale mettersi al riparo, se non voleva morire congelata né partorire in mezzo alla strada. Non disponeva di denaro sufficiente per pagarsi una pensione, ma sperava che – vista la sua condizione – facessero un’eccezione. Le contrazioni erano ogni volta più forti.

    D’un tratto, si fermò e si accorse di un liquido caldo che le scivolava lungo le gambe: le si erano rotte le acque. Non le restava molto tempo. E se fosse stata una pessima idea quella di abbandonare la dimora della sua signora? Se fosse stata sincera dal primo momento, magari lei avrebbe compreso e...

    No, non lo avrebbe fatto. L’ultima istitutrice era stata licenziata per lo stesso motivo, e con lei non sarebbe andata diversamente. Doveva persino essere grata che il suo segreto fosse rimasto tale così a lungo.

    Nördlingen non era una cittadina molto grande.

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