Dimmi che sono meravigliosa
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Anteprima del libro
Dimmi che sono meravigliosa - Patricia Artani
Dimmi che sono meravigliosa
Immagine di copertina: Shutterstock
Copyright © 0, 2021 Patricia Artani and LUST
All rights reserved
ISBN: 9788726786354
1st ebook edition
Format: EPUB 3.0
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CAPITOLO 1
Cazzo!
Faccio un balzo nel letto come se un leone si fosse intrufolato sotto le coperte e mi avesse morso il sedere. Mi ritrovo con un occhio spalancato – uno solo, perché sono ancora troppo addormentata per trovare la forza di sollevare entrambe le palpebre – le labbra atteggiate a una mezza smorfia e la coperta stretta tra le dita.
Ho dimenticato qualcosa? Oh, sì, il cuore che mi martella al centro del petto con la furia tipica di chi è stato svegliato nel cuore della notte con pianti e urla che non accennano a smettere.
Come un automa, mi volto verso il comodino e, come un Polifemo appena uscito dal Regno di Morfeo, adocchio la sveglia. Le 5 e cinquantanove.
Cazzo. Doppio cazzo. E triplo cazzo.
Ci risiamo.
La mia sveglia di ogni giorno è questa: il pianto del figlioletto dei vicini. Ogni mattina, attorno alle 6, minuto più minuto meno, le grida disperate di quel bebè tutto ciccia e bava si insinuano nella mia mente ancora addormentata – profondamente addormentata – buttandomi bruscamente fuori da Dream Land. Quando invece avrei ancora un’altra bellissima ora e mezza da dedicare all’invenzione migliore di questo mondo: il materasso.
Mi riaccascio nel letto, a braccia e gambe spalancate, i capelli arruffati, e sbadiglio rumorosamente. Mi sento tanto la principessa Anna di Frozen. Cerco di mettermi in posizione comoda, tentando di riprendere sonno. Mi schiaccio addirittura il cuscino sulle orecchie, così da ovattare le urla di quel poppante, serro gli occhi. Ma… niente.
Mi sento sconfitta.
Ma forse va bene così. Anzi, quasi quasi potrei dire di essere grata a quel moccioso per mettere fine ogni mattina ai miei incubi.
Ehi, ma che maleducata! Non mi sono presentata.
Mi chiamo Claire McCullough. Vent’anni, una borsa di studio per l’Università di Greenwich e il buio più assoluto circa ciò che desidero fare da grande.
A stento ricordo quanto tempo sia passato dall’ultima notte tranquilla. E non mi riferisco solo al piccoletto urlante nella casa accanto.
È iniziato tutto più o meno quando ha ricevuto quella dannata borsa di studio. Una benedizione, certo, per chi ha le tasche (quasi) sempre vuote come la sottoscritta. Ma anche, credetemi, una vera maledizione. Perché a quel punto mi sono detta che OK, adesso si inizia a fare sul serio.
Mio padre sarebbe davvero fiero di me per essere stata ammessa a un’università così prestigiosa.
Ovviamente se non se ne fosse andato quando avevo poco più di undici anni, lasciando me e mia madre con il conto in rosso e un mutuo ancora sulle spalle.
Sarebbe un po’ carino se si facesse sentire almeno qualche volta, magari per chiedermi come vanno gli studi. O con i ragazzi… Le sane scopate, altra nota dolente…
Nessuno è più riuscito a mettersi in contatto con David McCullough da quando ha lasciato moglie e figlia; nemmeno l’agenzia per il recupero crediti. E se non ci sono riusciti loro, non vedo proprio chi mai potrebbe farlo.
Come dicevo, stavamo affogando nei debiti e perciò mamma ha dovuto trovarsi due lavori: commessa da Sainsbury’s di giorno e badante di sera (o notte) per quattro volte la settimana. Io faccio il mio servendo ai tavoli al pub locale, nei fine settimana.
Abitiamo a Totteridge, un sobborgo a nord di Londra, in una casettina a schiera nella zona popolare del quartiere. Tante casette l’una accanto all’altra, di un’improbabile sfumatura di marrone, con un fazzoletto di terra sul retro. Non serve essere molto allenati per arrampicarsi sulla staccionata e scavalcarla, atterrando così nel giardinetto dei vicini. Io lo faccio spesso, quando sono troppo annoiata per qualsiasi altra cosa.
Quando il resto del mondo diventa troppo insopportabile per tollerarlo e l’unica cosa che voglio fare è urlare, urlare e ancora urlare...
Il piccolo giardino della casetta accanto è così pieno di giochi per bambini che