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Namaskar – La magia delle mani: Risveglia il guaritore che è in te
Namaskar – La magia delle mani: Risveglia il guaritore che è in te
Namaskar – La magia delle mani: Risveglia il guaritore che è in te
E-book147 pagine1 ora

Namaskar – La magia delle mani: Risveglia il guaritore che è in te

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Info su questo ebook

La magia delle mani è un potere da scoprire. È la totale connessione fra cuore, mente e spirito. Le mani sono meravigliose ed espressive, i loro movimenti sono tanto accattivanti quanto dolci. La mano rappresenta il passaggio dal concettuale al reale, dall’idea alla realtà, che serve anche per “parlare” per comunicare.
Massaggiare ed auto-trattarsi può offrire un importante contributo alla conoscenza interiore delle proprie emozioni ed una crescita comportamentale individuale, riequilibrando l’energia vitale che scorre in ognuno di noi, riscoprendo l’amore puro per se stessi. Le mani sono lo strumento di comunicazione non verbale, generato dal sentire del cuore che scoprirai attraverso le diverse tecniche presenti nel manuale e della pratica costante che donerai a te stesso con totale devozione.
LinguaItaliano
Data di uscita14 giu 2021
ISBN9788863656145
Namaskar – La magia delle mani: Risveglia il guaritore che è in te

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    Anteprima del libro

    Namaskar – La magia delle mani - Fabiana Stringano

    PRIMA PARTE

    L’amore ristora come il sole dopo la pioggia.

    William Shakespeare

    TUTTO CAMBIA ALL’IMPROVVISO

    Era un freddo pomeriggio di ottobre. Ci incamminammo per far visita al nonno ricoverato in ospedale. Pioveva quel giorno, una pioggerellina insistente e gelida tipica del mese di ottobre, il cielo bigio, le foglie gialle bagnate sul marciapiede. Mamma camminava in fretta, visibilmente preoccupata, io al suo fianco, dietro Daniele, a quel tempo quattordicenne, il mio gemello e Cecilia la più grande, diciassette anni, silenziosa e assorta nei suoi pensieri. Non sapevo spiegarmi l’inconsueto silenzio di mia sorella, silenzio che, da qualche tempo, durava anche intere giornate. Forse è innamorata, mi dicevo, forse ha qualche problema a scuola, ma non avevo voglia di indagare, tutto si sarebbe normalizzato e avremmo ripreso le consuete chiacchierate. Da quando il nonno si era ammalato la mamma era sempre assorta nei suoi pensieri, certe volte mi sembrava proprio lontana da tutto e tutti. La grande quercia, come chiamavamo il nonno, non era più lui. Ho ancora una foto del nonno che lo ritrae al mare. Bello come il sole, esprimeva una sicurezza di sé, rara per quei tempi. Prendevo in giro la nonna, le ricordavo la sua fuitina, come si diceva ai loro tempi, e ridendo sostenevo che anch’io sarei fuggita con il nonno tanto era affascinante e prestante. La vita del nonno non era stata facile, solo fatica e miseria, miseria e fatica in una terra bellissima che non poteva offrire nulla ai suoi figli. Per questo, ancora giovane, come tanti, aveva fatto il grande passo, si era trasferito per dieci anni in Germania lavorando come operaio in una fabbrica dove collegavano fili per portare corrente elettrica da un paese all’altro.

    La camera del nonno era in fondo al corridoio, spaziosa, con due letti e un bagno grande e pulito. Mi guardai intorno prima di avvicinarmi a lui. Forse non volevo avvicinarmi. Ansia? Paura? Forse entrambe le cose. Era dimagrito molto, i suoi occhi un tempo mobili e vivaci erano spenti, respirava a fatica e aveva un tubicino che passava nel naso e che, poi seppi, era necessario per aiutarlo a respirare. La mamma si muoveva in continuazione, riassettava le coperte, alzava o abbassava le tapparelle, si allontanava verso il corridoio per cercare un medico e avere notizie sugli ultimi esami. Io e i miei fratelli eravamo invece immobili, ai piedi del letto, timorosi. Cecilia aveva un sorriso ebete sulle labbra, forse non capiva la situazione o forse cercava di sdrammatizzarla. Daniele era taciturno, io avevo la testa vuota e non pensavo a nulla. Restammo con il nonno forse un’ora in cui sentimmo i suoi lamenti e il suo respiro affannoso, in cui notammo lo sguardo fisso verso un angolo della stanza come se ci fosse qualcuno che lo chiamava. Ce ne andammo che già faceva buio. L’orario delle visite era terminato. Due giorni dopo il nonno ci

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