Zero Zero (Uno Spy Thriller della serie Agente Zero—Libro #11)
Di Jack Mars
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Info su questo ebook
--Roberto Mattos, Books and Movie Reviews
ZERO ZERO è il libro n. 11 della serie di best seller dedicata all'Agente Zero, che inizia con AGENTE ZERO (libro n. 1), un libro a download gratuito, con quasi 300 recensioni a cinque stelle.
Quando l'Agente Zero si reca dal suo medico in Svizzera, nella speranza di migliorare la sua salute in costante peggioramento, va incontro ad una sorpresa scioccante: l’incontro con un altro agente a cui è stato effettuato un impianto di memoria, proprio come è successo a lui. E, proprio come lui, questo agente ha terribili abilità e una missione singolare: uccidere l'Agente Zero.
L'Agente Zero incontra così il suo alter-ego, una versione più oscura di sé stesso.
Chi è? Per chi lavora? Chi gli ha impiantato il chip? Quali segreti nasconde sul passato di Zero? E perché vuole vedere morto Zero?
ZERO ZERO (Libro #11) è un thriller di spionaggio che ti terrà attaccato alle sue pagine fino a notte fonda.
"Un thriller fantastico".
--Midwest Book Review
"Uno dei migliori thriller che ho letto quest'anno".
- Recensioni di Libri e Film
È disponibile anche la serie di THRILLER LUKE STONE di Jack Mars (7 libri), che inizia con A ogni costo (Book #1), download gratuito con oltre 800 recensioni a cinque stelle!
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Zero Zero (Uno Spy Thriller della serie Agente Zero—Libro #11) - Jack Mars
ZERO ZERO
(UNO SPY THRILLER DELLA SERIE AGENTE ZERO — LIBRO 11)
J A C K M A R S
Jack Mars
Jack Mars è l’autore bestseller di USA Today della serie di thriller LUKE STONE, che per ora comprende sette libri. È anche autore della nuova serie prequel LE ORIGINI DI LUKE STONE, e della serie spy thriller AGENTE ZERO.
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I LIBRI DI JACK MARS
SERIE THRILLER DI LUKE STONE
A OGNI COSTO (Libro 1)
IL GIURAMENTO (Libro 2)
SALA OPERATIVA (Libro 3)
CONTRO OGNI NEMICO (Libro 4)
OPERAZIONE PRESIDENTE (Libro 5)
IL NOSTRO SACRO ONORE (Libro 6)
REGNO DIVISO (Libro 7)
SERIE PREQUEL CREAZIONE DI LUKE STONE
OBIETTIVO PRIMARIO (Libro 1)
COMANDO PRIMARIO (Libro 2)
MINACCIA PRIMARIA (Libro 3)
GLORIA PRIMARIA (Libro 4)
SERIE DI SPIONAGGIO DI AGENTE ZERO
AGENTE ZERO (Libro 1)
OBIETTIVO ZERO (Libro 2)
LA CACCIA DI ZERO (Libro 3)
UNA TRAPPOLA PER ZERO (Libro 4)
DOSSIER ZERO (Libro 5)
IL RITORNO DI ZERO (Libro 6)
ASSASSINO ZERO (Libro 7)
UN'ESCA PER ZERO (Libro 8)
INSEGUIRE ZERO (Libro 9)
LA VENDETTA DI ZERO (Libro 10)
ZERO ZERO (Libro 11)
UN RACCONTO DELLA SERIE AGENTE ZERO
Agente Zero - Riepilogo del Libro 10
Un gruppo terroristico con poche risorse, nell’intento di lasciare il segno nel modo più efficace possibile, rapisce un ex presidente, lo tiene in ostaggio e fa ricadere la colpa a
sull’Iran. Le relazioni si deteriorano rapidamente mentre gli Stati Uniti si preparano alla possibilità di una guerra. Ma l’Agente Zero affronta la sua battaglia personale: la perdita di Maria, uccisa in un tentativo di assassinarlo, lo fa entrare in una spirale discendente che lo porterà a desiderare di farsi vendetta, ad ogni costo.
Agente Zero: grazie ad un nuovo piano di trattamento per le sue condizioni neurologiche e al recente matrimonio con Maria Johansson, la sua vita sembra finalmente andare per il verso giusto, fino al secondo giorno della loro luna di miele, quando un assassino, tentando di uccidere Zero, toglie la vita a Maria. Annebbiato dal dolore e assetato di vendetta, Zero inizia una feroce caccia all’uomo fino a quando sua figlia Maya lo affronta e lo aiuta a riprendere lucidità. Al ritorno negli Stati Uniti, Zero capisce dove si trova l’ex presidente William McMahon e lo salva dai rapitori iraniani, ma così facendo permette all’assassino Stefan Krauss di fuggire ancora una volta.
Maya Lawson: dopo aver completato il programma Agente Junior
della CIA, a Maya viene assegnata la sua prima missione insieme al nuovo partner Trent Coleman, ma i due scoprono di essere stati reclutati nell’SRM, noto anche come programma Agenti Oscuri
, per portare a termine assassini strategici. Maya rifiuta e si trova faccia a faccia con John Watson, l’uomo che ha ucciso sua madre. In cambio della sua vita, Watson le offre informazioni vitali sul luogo in cui si trova suo padre; grazie a queste informazioni Maya lo raggiunge in Grecia e lo riporta a casa negli Stati Uniti. Dopo che Zero viene preso in custodia, Maya localizza Mischa e la salva dalla morte per mano di Stefan Krauss, che scappa nuovamente per un soffio.
Sara Lawson: nonostante il suo accanimento contro gli aggressori maschi, l’omicidio di Maria lascia Sara impotente e con un senso di sconfitta. Suo padre, Maya e Mischa sono assenti, così Sara parte da sola per la Florida, dove uccide uno dei suoi vecchi aggressori, uno spacciatore, prima di tornare a casa. Non racconta a nessuno dove è stata, né parla della rabbia che sente crescerle dentro.
Mischa Johansson: l’ex spia tredicenne, sconvolta dalla morte di Maria, cerca di reagire nell’unico modo che conosce, ossia cercando l’assassino di Maria e affrontandolo lei stessa. Una situazione di stallo con Krauss, ancora in cerca dell’Agente Zero, finisce quasi per ucciderla, se non fosse per l’intervento di Maya. Ma Zero giura di non aver ancora chiuso con Stefan Krauss, e Mischa, ora legalmente sua figlia, gli offre il suo aiuto per trovarlo e ucciderlo.
Stefan Krauss: l’assassino che avrebbe dovuto eliminare l’Agente Zero rimane sgomento per l’atto di sacrificio di Maria e, seguendo il suo bizzarro codice d’onore, risparmia la vita a Zero per permettergli di vendicarsi. Ma Krauss si trova invece di fronte a Mischa Johansson, che gli suggerisce che lui è solo un burattino nelle mani di un ricco profittatore che lo manipola da dietro le quinte. Dopo una sanguinosa lotta, Krauss riesce a salvarsi, giurando non solo di mantenere fede alla sua promessa di uccidere Zero, ma di indagare in merito alle affermazioni di Mischa.
Todd Strickland: un tentativo di riportare Zero a casa in Marocco porta a una lotta in cui Zero batte l’ex Army Ranger, lasciandoli in cattivi rapporti. Dopo la morte di Chip Foxworth e Maria Johansson e le dimissioni di Alan Reidigger e dell’Agente Zero, Strickland è l’unico membro rimasto della Squadra delle Operazioni Speciali (EOT).
Il signor Bright: tutto quello che si sa del ricco finanziere di New York è che una volta era il socio in affari del signor Shade, lo speculatore bellico incarcerato che aveva finanziato molte delle operazioni terroristiche che Zero aveva debellato personalmente. Nonostante non si sappia molto di lui, il signor Bright sembra avere le mani in quasi tutto ciò che è nefasto, incluso non solo il complotto per rapire l’ex presidente, ma anche il contratto di Stefan Krauss per uccidere l’agente Zero.
Zero Zero:
Condizioni atmosferiche che riducono a zero la visibilità; l’espulsione dell’occupante di un aeromobile da una posizione stazionaria a terra.
INDICE
PROLOGO
CAPITOLO UNO
CAPITOLO DUE
CAPITOLO TRE
CAPITOLO QUATTRO
CAPITOLO CINQUE
CAPITOLO SEI
CAPITOLO SETTE
CAPITOLO OTTO
CAPITOLO NOVE
CAPITOLO DIECI
CAPITOLO UNDICI
CAPITOLO DODICI
CAPITOLO TREDICI
CAPITOLO QUATTORDICI
CAPITOLO QUINDICI
CAPITOLO SEDICI
CAPITOLO DICIASSETTE
CAPITOLO DICIOTTO
CAPITOLO DICIANNOVE
CAPITOLO VENTI
CAPITOLO VENTUNO
CAPITOLO VENTIDUE
CAPITOLO VENTITRE
CAPITOLO VENTIQUATTRO
CAPITOLO VENTICINQUE
CAPITOLO VENTISEI
CAPITOLO VENTISETTE
CAPITOLO VENTOTTO
CAPITOLO VENTINOVE
CAPITOLO TRENTA
CAPITOLO TRENTUNO
CAPITOLO TRENTADUE
CAPITOLO TRENTATRE
CAPITOLO TRENTAQUATTRO
CAPITOLO TRENTACINQUE
CAPITOLO TRENTASEI
CAPITOLO TRENTASETTE
CAPITOLO TRENTOTTO
CAPITOLO TRENTANOVE
EPILOGO
PROLOGO
Troppo facile, pensò Krauss. Finora era stato troppo facile.
Chi è il signor Bright per te? Era quello che gli aveva chiesto la ragazza, subito prima della loro lotta. Mischa Johansson, tredici anni, una ragazza magra per la sua età, con i capelli biondi e una maglietta rosa, lo aveva quasi ucciso.
Stefan Krauss era un assassino di livello mondiale con trentasette uccisioni all’attivo, escluse quelle di molti altri che si erano intromessi o avevano visto troppo. Eppure una preadolescente senza pretese aveva quasi avuto la meglio su di lui. Be’, fisicamente aveva quasi avuto la meglio su di lui. Mentalmente, sicuramente lo aveva sopraffatto.
Chi è il signor Bright per te?
Il Buchanan Building a Midtown Manhattan era molto meno sicuro di quanto si aspettasse. Tuttavia, Krauss prese molte precauzioni. Indossava il suo abito migliore, un completo slim-fit Giorgio Armani, una giacca di lana italiana a due bottoni con revers dentellato e una cravatta blu navy Ermenegildo Zegna. Ai piedi indossava dei mocassini di pelle Giuseppe Zanotti.
Krauss non era particolarmente affascinato da questo genere di beni materiali, ma anche lui doveva ammettere che, se fosse morto quel giorno, se non altro il suo cadavere sarebbe stato molto elegante.
Il Buchanan Building aveva portieri e, nella hall, un addetto al controllo dell’identità e tre guardie armate, ma Krauss riuscì a ottenere l’accesso con la scusa di un appuntamento con un gestore di fondi speculativi al quinto piano, e ciò non era menzogna, almeno non del tutto. Il gestore dei fondi speculativi aveva un appuntamento con un belga di nome Simon Woulters.
Krauss non poteva rischiare di usare di nuovo il suo pseudonimo americano, Patrick McIlhenney. Dopotutto, era così che la ragazza Mischa l’aveva trovato in un hotel a Washington. Gli faceva un po’ male dire addio a una copertura a cui si era affezionato, un po’come le élite americane si divertono a imitare i giovani sudamericani. Più si appoggiava allo stereotipo, più sembrava che le persone credessero alla sua copertura.
Pazienza. Almeno il belga gli permetteva di usare il suo accento tedesco nativo, con qualche leggera modifica per rendere conto dell’influenza olandese.
Chi è il signor Bright per te? Il signor Bright non era nessuno per lui. Non aveva nemmeno sentito il suo nome fino a quattro giorni prima, quando si era scontrato con Mischa Johansson.
Signor Bright, di New York. Il socio in affari del Signor Shade. Finanzia le organizzazioni che ti hanno pagato per uccidere Zero.
La ragazza aveva più informazioni di lui, il che era preoccupante. Stefan Krauss aveva passato mesi a rintracciare le cellule terroristiche defunte che il signor Shade aveva finanziato, ottenendo i loro fondi in cambio dell’uccisione dell’Agente Zero.
Non solo non era riuscito a uccidere l’Agente Zero, ma aveva anche appreso che qualcun altro lo aveva usato per i suoi scopi, per tutto il tempo. Questo signor Bright sapeva cosa stava facendo Krauss ed era riuscito a far credere a Krauss di aver fatto tutto da solo.
No, non da solo; Krauss era stato aiutato dal Kiwi, un ex contrabbandiere neozelandese che si faceva chiamare L’Olandese. Si erano conosciuti tre anni prima in un bar di Jakarta. L’Olandese aveva accettato di utilizzare la sua rete malavitosa e i suoi ampi contatti in cambio del quindici per cento del guadagno di Krauss.
Non aveva mai pensato prima di allora a quanto fosse strano che L’Olandese fosse riuscito a farcela sempre da solo, senza compiere alcun passo falso.
Stefan Krauss era un assassino di livello mondiale e aveva compiuto più di trentasette assassini. Ventinove di questi erano stati messi in atto nel periodo in cui aveva lavorato con L’Olandese. Era stato questo signor Bright a commissionarli tutti? Era stato davvero dietro L’Olandese per tutto questo tempo?
Nessuno mi controlla,
mormorò tra sé Krauss nell’ascensore, sono io a controllare loro.
Le parole della ragazza gli risuonarono nelle orecchie: io vedo solo un uomo che non si rende conto di essere il burattino di qualcun altro.
L’ascensore, notò Krauss, saliva solo al ventiseiesimo piano, nonostante ci fossero quarantotto piani in quell’edificio. Questo probabilmente significava che l’uomo che stava cercando si trovava su in uno dei piani superiori.
Il Buchanan Building, aveva appreso, era di proprietà di una società chiamata Sunshine Realty, un nome banale. Tanto valeva che il signor Bright ci mettesse il suo nome.
Il Kiwi adesso era morto. Krauss lo aveva previsto. Non era nemmeno stata una morte piacevole. Krauss non amava la tortura; preferiva le morti rapide, perché erano più veloci da infliggere, ma aveva fatto un’eccezione per L’Olandese. Il Neozelandese, a dirla tutta, aveva resistito il più a lungo possibile. Si era rifiutato di parlare, di ammettere l’influenza di Bright, per molto più tempo di quanto Krauss pensasse possibile. Fu solo quando gli furono strappate le palpebre che sputò fuori il nome dell’edificio da cui operava Bright. A quel punto parlare diventò difficile per lui, a causa dei tanti denti mancanti, ma riuscì a scandire discretamente la parola Buchanan
.
Le porte dell’ascensore si aprirono al quinto piano e Krauss uscì, seguendo un cartello che indicava l’ufficio del gestore dei fondi speculativi.
Lei deve essere il signor Woulters
. Quando Krauss entrò nell’ufficio, un uomo con la stempiata prominente e un sorriso sbiadito si affrettò a stringergli la mano. Zane Thompson, piacere di conoscerla. Può chiamarmi Zane. Preferisco i rapporti informali
. L’uomo ridacchiò, come se stesse scherzando.
Simon, allora
disse Krauss.
Si accomodi, Simon.
L’ufficio era bianco, con grandi vetrate e mobili neri. Krauss si sedette su una sedia in pelle.
Posso offrirle qualcosa da bere?
Acqua, caffè, tè?
No, grazie
, disse Krauss e accavallò le gambe.
Il sorriso sbiancato di Zane si allargò. Quelle sono scarpe raffinate, Simon. Lei mi sembra un tipo da scotch. So che sono solo le undici, ma non lo verrà a sapere nessuno.
Zane fece l’occhiolino. Krauss gli rivolse un sorriso amabile.
Non mi dispiacerebbe.
Fantastico.
Zane si avvicinò a un minibar nell’angolo dell’ampio ufficio. Krauss notò attraverso la finestra che da lì aveva una vista parziale di Central Park, solo un frammento di verde, ma probabilmente abbastanza da triplicare il costo di un ufficio simile sul lato opposto dell’edificio.
Era strano bere durante il giorno. Ma era necessario, non solo per la sua copertura, ma perché pensava che sarebbe stata una mossa inaspettata.
Allora, Simon,
disse Zane lasciando cadere un grosso cubetto di ghiaccio in un paio di bicchieri. Prima di poter iniziare, sembra che il mio ufficio non abbia ricevuto la sua cartella finanziaria. Ora, immagino sia stato un errore nostro, per il quale mi scuso. Potrebbe cortesemente...
Conosce un uomo che si fa chiamare signor Bright?
Lo interruppe Krauss alzandosi lentamente dalla sedia.
Zane gli dava le spalle mentre versava due dita di scotch nel primo bicchiere. No, non posso dirle di conoscerlo. Dovrei?
No,
gli disse Krauss, suppongo di no.
Se Zane era stato onesto, forse lui era innocente. Mi dispiace.
Per cosa?
Zane versò il secondo bicchiere.
Ci vollero solo due lunghi passi per raggiungerlo. Nel momento in cui Zane posò di nuovo la bottiglia, Krauss prese il mento dell’uomo in una mano e, fermando la parte posteriore della sua testa con l’altra, gli ruppe il collo.
Adagiò Zane sul pavimento. Non gli piaceva il gesto, ma era un atto necessario per far credere che Simon Woulters fosse ancora in riunione.
In cima alla scrivania nera di Zane c’era un sottile tagliacarte in argento. Krauss se lo mise nella manica e poi si affrettò a tornare all’ascensore. Premette il pulsante per il ventiseiesimo piano.
Chiunque altro avrebbe potuto pensare che entrare nel Buchanan Building disarmato fosse avventato, ma Krauss doveva assicurarsi di non essere catturato prima di raggiungere il suo obiettivo. Non poteva rischiare di essere perquisito, che ci fosse un metal detector, o dei cani; ma non trovò niente di tutto questo, e fu di nuovo sorpreso da quanto l’edificio fosse meno sicuro di quanto aveva creduto.
Bright sembrava essere il tipo di uomo che non poteva credere che qualcuno potesse cercarlo. Un uomo che si riteneva intoccabile. Un uomo che aveva confuso ricchezza e potere con l’autorità. Krauss aveva già incontrato molti di questi uomini e non aveva problemi a insegnare loro la lezione finale: quando le mani ti si stringono intorno alla gola, ricchezza e potere non significano nulla.
Nessuno mi controlla,
ringhiò Krauss sottovoce, le spalle tese mentre si avvicinava al suo bersaglio. Sono io a controllare loro.
Le porte si aprirono al ventiseiesimo piano. Krauss uscì in un corridoio dipinto di grigio chiaro e illuminato da luci soffuse alle pareti, che creavano un bagliore silenzioso nell’ambiente. C’erano porte lungo il corridoio, numerate come se fossero appartamenti, ma non si sentiva alcun suono provenire dall’interno. Niente voci, nemmeno il suono di un televisore, niente.
Il tappeto sotto i suoi mocassini Zanotti era immacolato, non c’era un graffio o una fibra fuori posto. Il ventiseiesimo piano, a quanto pareva, doveva apparire come un piano di appartamenti, ma probabilmente non era altro che un cuscinetto tra i piani accessibili al di sotto e tutto ciò che si trovava di sopra.
Seguì il corridoio che serpeggiava a destra e a sinistra, portandosi vicino all’altro lato dell’edificio prima di scorgere un altro paio di porte dell’ascensore, quelle che era certo lo avrebbero portato dove voleva arrivare.
Tra le due porte c’era una semplice sedia di metallo, e su quella sedia c’era un uomo dal collo grosso, in divisa.
Quando vide Krauss si alzò e si accigliò.
Signore. Non è autorizzato ad accedere a questo piano.
Krauss aggrottò la fronte. Mi scuso
disse, accennando un accento britannico. Gli piaceva l’accento britannico; faceva sembrare tutto educato e disarmante. Sto cercando l’appartamento di un amico. A che piano mi trovo?
Ventisei
, gli disse l’uomo. Il cipiglio rimase. Deve tornare di sotto, signore.
Certamente
. Krauss indicò la coppia di porte d’acciaio. Posso prendere questo ascensore?
No, signore. È solo per il personale autorizzato.
Lui si accigliò. Temo di dover insistere
.
La mano della guardia si spostò all’interno della sua giacca.
Allora Krauss scattò, allungando la punta delle dita della mano destra verso il grosso collo dell’uomo. Il tagliacarte d’argento scivolò nel suo palmo. La punta entrò e uscì dalla gola della guardia in un istante.
Krauss si spostò rapidamente per evitare il sottile getto di sangue che eruttava dalla carotide della guardia. Stefan Krauss non era particolarmente attaccato ai beni materiali, ma questa era una giacca da più di mille dollari e gli era stata cucita su misura. Sarebbe stato un peccato rovinarla.
La guardia era svenuta in undici secondi e sarebbe morta in meno di un minuto. Krauss localizzò l’arma nella fondina sotto l’ascella dell’uomo: una Sig Sauer P226. L’arma più utilizzata dagli agenti dei Servizi Segreti. La cartuccia conteneva venti colpi di Parabellum 9 x19 mm.
Sperava che sarebbero stati sufficienti.
La coppia di ascensori non aveva alcun pulsante di salita da premere, ma piuttosto una sottile fessura sul pannello tra di loro. Trovò una chiave magnetica nel taschino della guardia e la inserì. Per alcuni secondi si chiese se dovesse fare qualcos’altro, ma poi sentì un lieve rumore e la porta a sinistra si aprì.
Krauss entrò. I numeri sul pannello andavano da ventisei a quarantotto. Premette quello più in alto. Aveva inquadrato Bright; uomini come lui dovevano essere al vertice, non solo in senso metaforico. Inoltre, se si fosse sbagliato, avrebbe preferito farsi strada verso il basso piuttosto che verso l’alto.
Non aveva idea di cosa aspettarsi una volta arrivato in cima. Una dozzina di guardie armate pronte a dare la vita per proteggere il loro datore di lavoro? O forse solo un vecchietto dietro una scrivania, con la presunzione che la sua identità fosse al sicuro?
Qualunque cosa la sua mente potesse evocare, non aveva niente a che fare con ciò che lo stava aspettando al quarantottesimo piano.
Le porte dell’ascensore si aprirono e Krauss fu immediatamente raggiunto da un odore di segatura. Non c’erano luci elettriche accese; solo la luce del giorno illuminava l’ultimo piano del Buchanan Building. Il pavimento era di cemento grezzo e dei teli di plastica pendevano dal soffitto. Cassette, banchi da lavoro improvvisati e una serie di strumenti erano disseminati nell’area.
L’ultimo piano, a quanto pareva, era in costruzione. Eppure non c’era suono. Non c’era nessuno lì, nonostante fossero le undici di mattina di un giorno feriale.
Krauss alzò la Sig Sauer e si fece avanti. Con attenzione spinse da parte un telo di plastica. Nel silenzio, quel telo spiegazzato sembrò estremamente rumoroso. Superò un’apertura nel muro privo di intonaco.
Non c’era niente. Doveva trovare le scale; prendere di nuovo l’ascensore avrebbe potuto rivelarsi rischioso. Doveva...
Krauss udì piccoli passi e si accovacciò rapidamente dietro il banco da lavoro più vicino. I passi si stavano avvicinando alla sua posizione, lentamente e cautamente. Fece scivolare la Sig Sauer nella parte posteriore dei pantaloni e allungò una mano, sollevando un martello da carpentiere dalla cima della panca.
Prima arrivò una pistola, con la canna nera che spuntava da un telo di plastica. Poi una mano, e poi la manica di una giacca. Krauss scattò, colpendo l’uomo sulla rotula con il martello. Urlò, ma la sua voce si spezzò immediatamente quando l’assassino fece oscillare il martello sulla parte inferiore della sua mascella. I denti della guardia sbatterono rumorosamente tra loro. La sua testa scattò all’indietro e il suo corpo lo seguì.
Krauss sentì altri passi muoversi rapidamente, dietro di lui, si voltò e lanciò il martello. L’oggetto attraversò la stanza e colpì il secondo uomo alla fronte.
Non perse tempo a verificare se l’uomo fosse cosciente. Sapevano che era qui; rimanere all’ultimo piano sarebbe stato come chiudersi in una trappola. Si precipitò in cerca delle scale e le trovò, ma udì un tonfo di stivali che veniva verso di lui. Più di una coppia.
"Merda". Imprecò e tornò di corsa agli ascensori, solo per imprecare di nuovo, più forte, quando si rese conto di non aver portato con sé la chiave magnetica della guardia al piano di sotto.
Per un attimo sembrò che non sarebbe stato un problema. Una delle porte alla sua sinistra si aprì. Krauss estrasse la Sig Sauer e sparò contro la porta, preoccupandosi poco di chi si trovava dall’altra parte. Sparò rapidamente coppie di colpi.
I primi due uomini caddero all’istante senza nemmeno un grido. Dietro di loro altri tre cercarono di mettersi al riparo vicino ad un pannello mentre Krauss sparava sei colpi, poi otto.
Poi delle mani lo raggiunsero da dietro e si chiusero in una stretta robusta. Krauss fece scattare la testa all’indietro, il suo cranio andò a sbattere sul naso del suo aggressore. Le braccia si allentarono ma mantennero la presa.
Un uomo si precipitò fuori dall’ascensore con una pistola in mano, sanguinando dalla spalla. Mirò a Krauss, ma non sparò.
Dalle scale sul lato sud dell’edificio uscirono altri tre uomini, in divisa scura e giubbotti antiproiettile. Avevano con sé dei manganelli.
Krauss alzò entrambi i gomiti, costringendo le braccia intorno a lui a sollevarsi, e si voltò di scatto. Infilò la Sig Sauer nelle costole del suo aggressore, era l’uomo a cui aveva lanciato il martello, e gli sparò due volte all’addome.
Una mano prese saldamente la pistola e la rivolse verso l’alto.
C’erano due uomini a bloccarlo. Poi furono tre.
Un manganello gli colpì lo stomaco.
Il respiro gli uscì dai polmoni mentre Krauss si piegava in due.
Gli strapparono la pistola dalla mano.
Il manganello gli cadde sulla schiena e Stefan Krauss crollò a terra, respirando affannosamente.
No. Non morirò qui
cercò di dire, ma dalla sua bocca non uscì altro che un suono rauco e incomprensibile. Aspettò che tornasse il manganello. Che gli spezzasse la spina dorsale o che gli sfondasse il cranio. Aspettò che l’uomo con la pistola e la spalla colpita da un proiettile gli infilasse una pallottola nel petto. Pensò alla vita che aveva vissuto. Nessuno avrebbe saputo ciò che aveva fatto. Nessuno avrebbe saputo come era morto. Alzò lo sguardo, o almeno ci provò, e vide che gli stivali neri che lo circondavano erano fermi.
Udì un solo alcuni passi e vide avvicinarsi un paio di morbidi mocassini marroni. Mocassini Giuseppe Zanotti in pelle, ironia della sorte.
Belle scarpe
disse sputandoci sopra.
L’uomo sospirò. Dai su. Alzati
.
Con una certa difficoltà, Krauss si sollevò su un ginocchio borbottando qualcosa. Il dolore allo stomaco era intenso, ma ancora sopportabile. Non gli avevano sparato. Lo avevano solo immobilizzato. Perché?
Improvvisamente, comprese. Sapevano che stava arrivando. Era rimasto sorpreso di quanto fosse debole la sicurezza di quell’edificio. Ora sapeva perché: avevano lasciato che venisse.
Era strano. L’uomo davanti a lui era ben lontano dall’idea che si era fatto del signor Bright, eppure non aveva dubbi che l’uomo davanti a lui fosse il signor Bright. Era più giovane di quanto Krauss avesse immaginato, sulla quarantina al massimo. Portava grandi occhiali da aviatore e aveva il naso leggermente adunco. Portava i capelli lunghi, pettinati all’indietro, e aveva un accenno di barba color sabbia sul mento.
Stefan Krauss
. Bright si appoggiò al banco da lavoro e incrociò le braccia. Non indossava una giacca, solo una camicia bianca inamidata con le maniche arrotolate fino al gomito e una cravatta rossa sciolta intorno al collo. È un piacere incontrarti finalmente faccia a faccia
.
Come?
chiese Krauss.
Il signor Bright si strinse nelle spalle. Conosco tutti i tuoi pseudonimi, Krauss. Anche Simon Woulters. Anche quelli che credi nessuno conosca. Devo ammetterlo, ho molte risorse io giro, ma tu sei il mio preferito. Scommetto di sapere cose di te che non hai mai detto a nessuno in tutta la tua vita
.
Krauss scosse la testa. Non sono impressionato o intimidito dalla tua arroganza
.
"Oh, non si tratta di arroganza, Krauss. È la verità. Il mio problema è che non so come distinguere gli affari dal piacere. Amo quello che faccio. Sono diventato abbastanza bravo in questo. Proprio come te. In un certo senso, siamo molto