Tilde che amava le Dr. Martens
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Anteprima del libro
Tilde che amava le Dr. Martens - Armeno Nardini
Capitolo I
- Libero!
- Dannazione!
Antonio aveva fatto irruzione nel locale sfondando l’uscio con un calcio, mitraglietta in pugno ad alzo zero. Si era quindi posizionato immediatamente di lato per lasciar entrare Sultano.
Nell’aria, l’odore del sigaro toscano si mescolava con quello della cipolla; la lampada, che pendeva nuda dal soffitto, illuminava di luce fioca lo squallore dell’ambiente. Sul fornelletto a gas, un tegame d’alluminio scoperchiato; a fianco, un lavabo di pietra grigia senza rubinetto. Per terra, una tanica di plastica piena d’acqua a metà, con un bottiglione di vino. Oltre una tenda scura parzialmente scostata, si scorgeva la sponda di una branda con una coperta militare. Su di un mobile basso, laccato un tempo di azzurro ora slavato, il piccolo televisore con tubo catodico era spento. Su di una mensola a muro, una spia rossa lampeggiava dal supporto di carica di una ricetrasmittente portatile, che mancava. Sul tavolino quadrato, che occupava il centro dell’angusto locale, c’era un piatto con quel che restava d’una zuppa di cipolle, un bicchiere con un fondo di vino rosso ed una caraffa di terracotta colorata.
Rapido e guardingo, aggirato il tavolino, Antonio si era diretto verso la branda, ma era sicuro ormai che non c’era più nessuno oltre la tenda, mentre la spostava di lato con la canna della sua affidabile pistola mitragliatrice, una M12 Parabellum calibro 9 mm, capace di sparare a raffica ben 550 colpi al minuto. Dalla occhiata circolare data in giro appena entrato, aveva infatti immediatamente intuìto che Due di Bastoni si era già dato precipitosamente alla fuga.
Due di Bastoni era il nome in codice di chi aveva occupato quel locale fino ad un momento prima dell’irruzione. Era ricercato da tempo. La sua scheda segnaletica lo vedeva imputato di una decina di delitti, varie rapine a mano armata e alcune estorsioni. C’era stata una soffiata da parte di Spiffero. Questo confidente del Commissario Ventola aveva ricevuto il danaro richiesto, assicurando che sarebbe finito nelle tasche giuste per ottenere l’informazione cercata. Così, il covo di Due di Bastoni l’avevano trovato. Ma lui no.
Era perfettamente addestrata la Squadra di Sultano, l’Ispettore Capo Luigi di Donno: Gigi per tutti. Il ricercato aveva abbandonato il rifugio poco prima che entrassero in azione: questo era certo; qualcuno lo aveva avvertito giusto in tempo. I locali mostravano infatti tutti i segni d’una fuga improvvisa e Due di Bastoni doveva già essere preparato a questa evenienza.
Sultano era prossimo ai cinquant’anni. Di corporatura regolare, sul metro e settantacinque di altezza, si distingueva per i suoi capelli leggermente ondulati, che portava un poco lunghi, a incorniciargli un viso da bravo ragazzo. Della sua compagna, pochi sapevano. Si diceva che a lui piacessero le donne mature: la sua convivente aveva infatti almeno cinque anni più dei suoi. Con i colleghi non legava molto, ma con Antonio, Francesco, Giacomo e Mauro aveva portato a compimento molte operazioni. Ai superiori faceva comodo perché non si vantava del proprio lavoro e così permetteva loro di far carriera con i suoi risultati positivi. Gli piaceva che lo chiamassero Sultano e si realizzava solo quando entrava in azione, dal momento in cui indossava il giubbotto antiproiettile sino a quando se lo toglieva. Fuori da questo spazio temporale, la sua vita era quella anonima di un anonimo ed ossequiente comune servitore dello Stato. Si diceva che le serrature delle porte per lui non avessero segreti. I suoi capi, di questo erano certi, perché molto avevano saputo dai microfoni che Sultano aveva piazzato con l’assistenza di qualcuno dei suoi fidati subalterni. Con la sua squadra, il rapporto gerarchico era stato liquefatto dall’affiatamento, dalla reciproca intesa, dalla preparazione: predisponeva minuziosamente tutto e, stabilito chi doveva fare che cosa, non c’erano più comandi da dare ed ordini da eseguire; in azione, ognuno era la ruota dentata di un ingranaggio lubrificato, che si muoveva senza inceppamenti.
L’operazione Due di Bastoni era partita con i migliori auspici e tutti si attendevano il risultato sperato. Il Commissario Ventola era certissimo che Sultano avrebbe riportato in manette il ricercato. Il piano era stato elaborato con ogni cura. La ricognizione era durata una settimana. Antonio era rimasto incollato ad un potente binocolo, per due giorni interi, da un poggio distante poco meno di un chilometro. Un drone, equipaggiato con una telecamera ad elevata risoluzione, aveva scansionato il luogo. Il casotto aveva un’unica piccola finestra quadrata, pressappoco a due metri d’altezza, protetta da sbarre. Nel locale si poteva entrare e uscire solo da una porta a doppia anta; questa portava sul vialetto di raccordo con la strada campestre non asfaltata che, duecento metri dopo, immetteva nella provinciale. Due di Bastoni era stato visto uscire solo per le proprie esigenze corporali, soddisfatte accoccolato dietro un carretto e per attingere acqua dal pozzo vicino. Una volta aveva orinato sotto il carrubo lì vicino e sempre era rientrato immediatamente. Il basso fabbricato, col tetto ricoperto da lastre ondulate in amianto, era il temporaneo ricovero di chi un tempo coltivava le patate del campo circostante. Anche Due di Bastoni era lì temporaneamente. Più volte nel passato era stato segnalato in luoghi diversi, dove, però, non era stato mai beccato. L’operazione avrebbe posto uno stop definitivo al suo peregrinare. Ventola ne era sicurissimo. Spiffero però glielo aveva detto che il ricercato era lì solo di passaggio e forse avevano indugiato due giorni di troppo, in attesa di quella notte: era previsto cielo coperto, ma s’erano mossi con troppo buio sotto una coltre di nubi più spessa di quanto immaginato, su un terreno conosciuto solo tramite la ricognizione del drone, senza alcun visore notturno. Due di Bastoni si era volatilizzato sotto il loro naso.
Spiffero era stato il suo primo confidente ed era l’unico a godere di un certo rispetto da parte del Commissario. Ventola, gli concedeva la libertà controllata di qualche sconfinamento dalla retta via, ma lo teneva in pugno ricattandolo, in modo consentito, col chiudere un occhio su quel suo furto, di cui alla fine nulla da Spiffero fu trattenuto per sé, avendo permesso che tutto fosse ritrovato e restituito. Fu per questo che ladro e poliziotto trovarono un modo per intendersi.
La moglie di Spiffero era caduta da una scala mentre puliva una finestra ed era semiparalizzata in casa. Al figlio era stata diagnosticata, un paio d’anni dopo la nascita, una rara malattia che imponeva cure continue e costose. I proventi del furto sarebbero serviti a Spiffero per venire fuori dal giro nel quale bazzicava per mantenere la propria disgraziata famiglia. Ventola, che gli aveva dato una mano con le proprie conoscenze nel mondo della sanità, da Spiffero aveva preteso informazioni su di una certa mala. Il loro legame andava avanti da qualche tempo e già, sui media, più d’una brillante operazione di polizia era stata associata al nome del Commissario.
- Ha visto, Dottore, le ho fatto fare una bella figura!
Questo gli diceva Spiffero alla prima occasione buona, nel corso della quale, comunque, trovava anche il modo per chiedere qualcosa di più per la propria famiglia, qualche altro favore.
Quando Ventola gli intimò di informarsi su Due di Bastoni, Spiffero prese nota diligentemente. Nell’incontro successivo, le sue richieste precedettero le informazioni domandate, che comunque erano già in suo possesso. Aveva pensato subito di trarne qualche vantaggio nel passarle a Ventola; per questo le aveva custodite gelosamente per qualche tempo, per valorizzarle. La circospezione, che aveva imparato agendo al limite della legge, l’aveva reso furbo.
- Lei lo sa, Commissario, che quello è un mondo particolare. La persona che le interessa ha molti amici.
- Questo lo so. Non dirmi quello che so.
- Ma ha anche qualche nemico.
- E questo mi interessa.
- Due tizi ce l’hanno con lui perché non li paga più come vorrebbero.
- E beh?
- Vogliono soldi.
- E dove li trovo?
Ventola pensava ai soldi. Spiffero pensò