Dual Sim: Artemide e Marte si incontrarono a Milano
Di Rita Murgia
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Info su questo ebook
L'AUTRICE
Rita Murgia è nata a Quartu Sant’Elena il 6 aprile 1978. Ha vissuto in Sardegna, a Capoterra, il paese di sua mamma da generazioni, per diciannove anni. Dopo il diploma si trasferisce a Milano per studiare giurisprudenza all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Si è sposata nel 2019 con Marco Consolini. Svolge con soddisfazione la professione di avvocato civilista sempre a Milano. Ha già pubblicato il romanzo “Un giro di Jack”, Amicolibro, 2018.
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Anteprima del libro
Dual Sim - Rita Murgia
RITA MURGIA
DUAL SIM
ARTEMIDE E MARTE SI INCONTRARONO A MILANO
Rita Murgia
Dual SIM
Artemide e Marte si incontrarono a Milano
Proprietà letteraria riservata
l’opera è frutto dell’ingegno dell’autore
© 2021 AmicoLibro
Vico II S. Barbara, 4
09012 Capoterra (CA)
www.amicolibro.eu
info@amicolibro.eu
Prima Edizione
settembre 2021
PREFAZIONE
Prologo
Parte Prima
Scalzi e in viaggio
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
XIII
XIV
Parte Seconda
Artemide
protettrice dei trivi
XV
XVI
XVII
XVIII
XVIII
XIX
XX
Parte Terza
Venere dorme
se Marte veglia
XXI
XXII
XXIII
XXIV
XXV
XXVI
XXVII
Parte Quarta
Bacco Tabacco e Venere
XXVIII
XXIX
XXX
XXXI
XXXII
XXXIII
XXXIV
Parte Quinta
Marte
XXXV
XXXVI
XXXVII
XXXVIII
XXXIX
XL
XLI
XLII
XLIII
XLIV
XLV
XLVI
XLVI
XLVII
XLVIII
XLIX
Parte Sesta
Artemide e Marte
si incontrano a Milano
L
LI
LII
LIII
LIV
LV
LVI
LVII
LVIII
LIX
LX
LXI
LXII
Epilogo
POSTFAZIONE
A Elena, mia madre e mio firmamento
"La mia vita è monotona.
Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me.
Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano.
E io mi annoio, perciò.
Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata".
Antoine De Saint–Exupery, Il piccolo principe, 1943
PREFAZIONE
Un romanzo onesto Dual SIM, dove i personaggi si specchiano nella realtà riflettendo verità e introspezioni sincere, in una Milano frenetica e piena di vita. La stessa storia, raccontata da due punti diversi, proprio come fa la tecnologia di due SIM card nello stesso telefono, consentendone l’utilizzo contemporaneo.
Una donna, Rita, intraprendente e sicura di sé che non esita a lasciar trapelare le sue fragilità e a mettersi in discussione: il lavoro, il rapporto con gli amici, a volte la solitudine.
Un uomo, Numa, con una grande esperienza di vita, forte e complicato, a volte dolce quanto strafottente.
Due parti di una stessa storia, perché l’amore li coinvolgerà quando meno se lo aspettano, in una danza appassionata e combattuta.
Rita Murgia non ci racconta una storia diversa da quella che è nella realtà, la forza del suo scrivere consente al lettore di entrare nell’intimo di ciascun personaggio. Ecco che l’empatia è appunto la forza di questo romanzo, perché se è faticoso narrare di sé, farlo per qualcun altro è complesso e spesso non corrispondente alla realtà.
Dual SIM è un romanzo agile, coinvolgente e credibile, perché si respira la sincerità dei personaggi che, descritti nei pregi e nei loro difetti, diventano, anche quando sono disturbanti, parte della nostra normalità durante la lettura.
E quando il libro finisce vorremmo incontrarli perché ci siamo convinti di conoscerli, avendo condiviso gioie e dolori della loro quotidianità.
Carmen Salis
Prologo
I protagonisti di questo nuovo romanzo sono più o meno disperati, insensati, comodamente affaccendati e liberi, spesso e volentieri in attesa di un colpo di fulmine che li stenda sul pavimento: mirtilli e fragoline di un sottobosco milanese quasi verticale che ride e si diverte un po’ meno rispetto a quello cantato da Lucio Dalla, ma che non si perde d’animo mai. Che ne pensi?
"Hai trovato l’ispirazione? Stanotte, mentre dormivi, ho finito di leggere Un giro di Jack".
Ecco perché il libro era sul tavolo… È pronto il caffè. Amore, ti verso una tazza?
Sì grazie, mi faccio la barba e arrivo. Non mi chiedi che impressioni ho avuto?
Spara
.
Bello! Però finisce male!
Finisce come deve finire e vorrei partire proprio da quel mancato lieto fine per raccontare del costante fermento che sostiene le vite dei single: puntare un riflettore dentro le loro case e seguirli tra sogni, illusioni e tempo che scorre, ignorante e indifferente, in una città dove sembra che non siano rimaste frequenze libere per ascoltarsi
.
Penso che hai bisogno di una trama e anche del mio aiuto a questo giro!
Mi stai dicendo che per scrivere un romanzo sui single è meglio essere in due?
– Uè Makkimo, volevo dirti che mi manchi un casino… mannaggia a te che sei andato a Barcellona!
23.00
– Mi hai lasciato qua a casa con la Sacerdotessa, come l’hai soprannominata tu… ma come facevi a sopportarla?
23.01
– Sorellina bella, hai visto che magnifica eredità ti ho lasciato?
23.45
– Stai attenta che se la bagni dopo la mezzanotte con dell’acqua si moltiplica come i Gremlins!
23.50
– Però vicino a te hai Gio’, magari vi avessi qua tutte e due!
23.53
– Ti chiamo presto che ora sto uscendo! Ho un sacco di novità! Ciau!
23.55
Parte Prima
Scalzi e in viaggio
I
Dai venti ai trenta: un decennio è sufficiente per passare dall’illusione del primo grande eterno amore alla scoperta che niente dura per sempre.
Non mi interessa un granché di quel che sarà a quarant’anni; devo ancora metabolizzare questa scoperta, mi devo ancora abituare a essere novizia nel mondo dei single.
Guardo la gente che da via Vigevano si riversa in Darsena, seduta tra Depa e Pascal a uno dei tavolini del Cape Town riscaldata da una stufa a fungo.
Li conosco da poco: il primo è un designer di Bastia, un corso taciturno con l’espressione da pirata; il secondo un napoletano alto e sagace, di tante parole e dall’eleganza felina da nobile decaduto.
Pascal, con sguardo tenebroso, osserva una delle ragazze al tavolo accanto da un po’, mentre Depa chiacchiera con me e mi fa compagnia.
Potrei definirli uomini da bar, in orario per l’aperitivo e in largo anticipo rispetto alle imprese che vorrebbero compiere mentre il tempo infinito, neutro e ignaro, scorre loro attraverso.
Il popolo dell’aperitivo con i drink in mano staziona sul marciapiede e in parte sui parcheggi davanti al locale, obbligando così le moto e i motorini a stare in doppia fila: siamo sui Navigli, dove la grande metropoli si fa piccola e diventa quartiere e il vicinato fa spazio ai turisti.
A momenti dovrebbe arrivare DeVi, un tipo carino e intrigante che tutti chiamiamo con l’abbreviazione del suo cognome.
L’ho conosciuto pochi mesi fa per caso al Nidaba, una sera in cui avrei preferito restare a casa a commiserarmi perché il mio grande amore mi aveva lasciato senza grandi spiegazioni, ma le mie amiche mi avevano costretto a seguirle.
A dire il vero mi ha colpito subito perché somiglia un casino all’attore Hugh Laurie che interpreta il personaggio di Dr. House nell’omonima serie TV: dopo avermi ipnotizzata con i suoi occhi azzurri, si è avvicinato con la scusa di una sigaretta.
Non è un amante formidabile ma non gliene faccio una colpa. A voler generalizzare, non lo sono mai quelli particolarmente belli, forse perché abituati a ricevere attenzioni dalle donne a prescindere dal loro grado d’impegno.
Ciò che conta è che DeVi mi fa divertire e che mi basta un suo sorriso per riacquistare il buonumore. È una persona speciale ma non penso sia la mia persona speciale.
Eccolo arrivare! Vestito con cura e al tempo stesso sgualcito, indossa un bel cappotto sopra la camicia fresca di bucato e due borse sotto gli occhi che pare non dorma da mesi.
Gli sorrido e gli allungo una mano. Tra i saluti e gli scambi di battute, prende posto tra me e Pascal.
Sul tavolino, insieme al posacenere, ai cellulari e ai vari pacchetti di sigarette, ci sono una birra, un mezzo Negroni e un calice di vino rosso.
Ordina un Vodka Tonic, cerca di distrarre Pascal con battute, ma quello accenna un sorriso incredulo, il massimo del suo buonumore, e gli assesta una pacca sulla spalla.
Si avvicina pure Patrick: oggi non tiene tra le sue manone la macchina fotografica a cui non sfuggono mai le facce nuove, i soliti solchi sui visi e le ultime tracce del mio viso da bambina. Saluta con un’espressione neutra ed entra nel locale, così che io riprendo a giocare a fare la donna vissuta.
Dopo la batosta con il mio ex, stavolta penso di aver calcolato tutto e non dovrei rischiare nulla: sono consapevole che non potrò mai fare affidamento su DeVi e quindi, quando questa frequentazione finirà, non rimarrò delusa, proverò semmai solo una malinconia annoiata, figlia illegittima della solitudine, e un po’ d’inquietudine pensando al futuro incerto.
Mia madre, allora, potrà esclamare con il suo bellissimo accento sardo: "Ritta, ti ha fatto solo perdere tempo!" dall’alto di quella lungimiranza di donna che ha saputo con chi sposarsi; con la semplicità di una donna che continua a stupirsi dell’inconcludenza degli uomini che scelgono le proprie figlie.
Avevo ultimato gli studi per tempo e già lavoravo da qualche mese come avvocato in uno studio legale dalla grande reputazione ma, c’era da scommetterci, non sarei riuscita ad accasarmi.
Lo desideravo? Immaginavo nel mio futuro un matrimonio e dei figli per vocazione o solo per convenzione sociale?
Faticoso anche solo porsi queste domande a cui in passato avrei dato risposte scontate.
Ho sempre ritenuto di essere un animale di coppia perché, a pensarci bene, sono sempre stata fidanzata con qualcuno sin dal compimento della maggiore età: la strada a quei tempi sembrava maestra e divisa a tappe prefissate, ma guardarsi indietro è inutile, è come cadere in una voragine senza potersi mai schiantare al suolo.
Invece la strada non è mai già tracciata, piuttosto si ricalcola come fa il navigatore ogni volta che assumi una decisione, che fai una scelta.
Facile compiangersi ma stupido girare a vuoto se ci si è persi.
D’altronde da piccoli non ci insegnavano che dobbiamo stare fermi in un punto così da dare agli altri il piacere e la possibilità di ritrovarci?
Magari il mio destino mi verrà a soccorrere proprio qui al Cape Town.
Andiamo a mangiare un boccone?
DeVi mi sorride interrompendo il flusso dei miei pensieri.
Il cielo è scuro, un blu di rosa soffuso per via dell’inquinamento.
Annuisco. Scambiati veloci saluti con gli altri, lasciamo il locale e raggiungiamo la sua macchina.
Con questo cielo e queste nuvole, se non ci fosse lui mi sentirei di certo triste, invece sono quasi allegra, sprofondata sul largo sedile della sua auto che scivola in mezzo al traffico.
All’autoradio Carmen Consoli e Mario Venuti cantano insieme a noi "dolce pensiero di vivere tutto".
II
Sabato mattina inoltrato, dopo il vino rosso, il prosecco, il Cuba Libre e la birra bevuti ieri con DeVi in questo ordine preciso, butta veramente male.
Scendo dal letto e nuovamente a piede libero vado a prepararmi un caffè nero.
Trovo in cucina Giovanna, la mia amica antica, la mia insostituibile coinquilina e, nell’ultimo periodo, la mia balia. Intenta davanti ai fornelli, mi ricorda che fra poco ci raggiungeranno per pranzo Chiara e Mélanie.
Come potrei fare senza di lei? Mi fermo a guardarla, seduta al tavolo della cucina, mentre sorseggio il caffè che forse avrà il potere di farmi riprendere dal post sbornia.
La intrattengo con qualche ragionamento filosofico: anche se ci troviamo in due fasi totalmente diverse delle rispettive vite, lo sforzo reciproco di ascoltarci e comprenderci non viene mai meno.
Sono quasi le tredici, chiamiamo Chiara per sapere se è già in macchina e se sta arrivando, ma il telefono squilla a lungo e lei, come sempre, non risponde: sarà in autostrada.
Da qualche mese Chiara si è trasferita per lavoro da Milano a Dalmine, sembrano lontani i tempi in cui vivevamo in simbiosi sotto lo stesso tetto e partecipavamo a concerti rock fuori porta di fidanzati musicisti, membri della medesima band, e pure cugini tra loro.
Archiviata la musica dei Razzle Dazzle, Chiara non ha perso tempo – giusto quello per chiarirsi le idee – e si è avventurata con il solito brio verso nuove mete, viaggi e inediti ragionamenti interessanti.
Mi affaccio alla finestra e vedo arrivare Mélanie, il nostro quarto moschettiere, la nostra mascotte parigina, conosciuta sul lavoro un anno fa e subito entrata nel cenacolo di amiche sorelle: lega accuratamente la bicicletta a un palo del cortile interno e scompare dentro il palazzo per ricomparire dopo poco sul pianerottolo di casa intonando un allegro e musicale: È permesso?
Mi porge una bottiglia di vino che stappiamo subito.
Giovanna continua ad armeggiare tra pentole e coperchi ma è troppo curiosa per trattenersi dal chiederle aggiornamenti su Chiara: Si sa qualcosa sul week–end trascorso con… come si chiama? Silvan, Sylvain?
Mélanie ne sa quanto noi, ovvero nulla, però è fiduciosa: per quel poco che ha avuto modo di conoscerlo sembra un bravo ragazzo, peccato che viva a Lille, nel nord della Francia, non propriamente dietro l’angolo.
Il pranzo è pronto, Giovanna apre il forno e i profumi della Puglia invadono la cucina. Non vedo l’ora di mangiare un piatto di riso patate e cozze.
Rabbocco i bicchieri di vino rosso.
Tatine! Sono arrivata!
Mélanie che ancora disquisiva del connazionale si interrompe e arrossisce: è Chiara che bussa alla porta.
Cambiamo discorso prima che entri.
È carica di sacchetti che contengono souvenir dall’Olanda: Niente marijuana state tranquille! Solo qualche cosina dai sexy shop
, e ci strizza l’occhio.
Giovanna le scocca frettolosamente due baci: I vibratori li guardate dopo! Adesso siediti a tavola!
e così dicendo inizia a fare le porzioni dalla teglia fumante aiutata da Mélanie che le passa i piatti.
Chiara ci intrattiene con discorsi da guida turistica sul mercato dei tulipani, sul museo di Van Gogh ad Amsterdam e sui corsi d’acqua; per ora nessun riferimento a Sylvain.
Ascoltiamo con finta nonchalance, poi Méla rompe gli indugi: Allora Chiara, come sta Sylvain? Vi siete divertiti questo week–end?
Io e Gio’ ci raddrizziamo sulle sedie e aspettiamo la risposta.
Non sento Sylvain da una settimana, il suo telefono – dopo il nostro week-end insieme – risulta addirittura staccato
, ci risponde fredda.
Ci rassicura giurandoci che questa volta il cellulare non l’ha perso dentro il pianoforte della scuola e, anzi, lo ha sempre sotto gli occhi. Ce lo mostra con una smorfia, come se a tenerlo in tasca ne dovesse sopportare l’insostenibile peso.
Magari è un agente dei servizi segreti sotto copertura ed è partito improvvisamente per una missione!
Giovanna sdrammatizza forse perché tra di noi è l’unica fidanzata: "Nomen omen: ecco a voi il mago Silvan che – sim sala bin – sparì improvvisamente! Illusioni e illusionisti…"
Ok, non stiamo prendendo Chiara sul serio e infatti si sta giustamente spazientendo.
Prova a raccontarci qualche dettaglio sul fine settimana: siete andati d’accordo?
mi mostro propositiva proponendo un’indagine circostanziale di quei giorni.
Siamo stati bene! Abbiamo solo avuto un breve litigio quando ho perso la carta d’identità la prima volta e poi anche quando l’ho persa la seconda. Ma comunque l’ho ritrovata tutt’e due le volte!
si interrompe per guardarci e poi riprende: A dirla tutta era seccato anche, alla fine, quando mi ha accompagnato all’aeroporto e, una volta arrivati, abbiamo scoperto si trattava di quello sbagliato
.
Méla, che già tifava per il connazionale di Lille, si impappina per l’emozione ma toglie tutte dall’imbarazzo: "Tu devi rimanere single per legittima difesa degli altri! Sylvain il s’est envolé, non è scomparso: è proprio fuggito!" si è fatta tutta rossa e parla in maniera talmente concitata che l’italiano le si ingarbuglia in bocca. Méla è fatta così: tenera e forte, timida, a tratti insicura quando si tratta di se stessa, ma coraggiosa come una giacobina se c’è da parlare sinceramente a una amica.
Ognuno ha i propri difetti e poi pure Sylvain, una sera, usciti dal coffee shop, non si ricordava dove aveva parcheggiato la macchina!
esclama Chiara sulla difensiva e poi incrocia le braccia seccata. Osserva il nostro parlottare, aspettando, come fa con i suoi alunni, che sopraggiunga spontaneamente il silenzio per riprendere la lezione.
Appena ciò si verifica, taglia corto: Bastava parlare chiaro, non c’era bisogno di sparire così! Per me è accantonato come vorrei adesso accantonare questo discorso. Andiamo oltre, oggi mi sono ripromessa di affrontare un discorso ben più importante: si tratta di Alex perché finalmente sono riuscita ad avere un confronto con lui
.
A tradimento ecco che entra in scena il mio ex e io vengo chiamata alla lavagna.
Ma perché stiamo parlando ancora di lui?
sbuffa Giovanna, che in passato ha considerato Alex come un fratello, e ora lo ha condannato per sempre – come dice lei – alla damnatio memoriae. In pratica lo ha bannato dal suo cuore.
Chiara non si lascia distrarre e io distolgo lo sguardo perché non voglio che i suoi occhi incrocino i miei, e lei possa intuire la debole speranza mista a sorpresa che provo ogni volta che sto per ricevere notizie su di lui.
Ry, gli ho detto che io credo ancora nella vostra storia perché eravate bellissimi insieme, affiatati, appassionati. Lui mi ha ascoltato e poi… non so come dirtelo…
Dall’intonazione della voce e dal fatto che non mi sta chiamando ‘Murgia’ come fa sempre, ho già capito che mi devo preparare a qualche brutta notizia. Prendo a fissare con insistenza i quadretti della tovaglia, disegnandone i contorni con il dito.
Sono sicura che sta facendo un grande errore e che prima o poi si pentirà
. Chiara indugia ancora. Rivolgo di sottecchi uno sguardo a Gio’: si è versata ancora del vino e ora alza gli occhi al soffitto come a invocare l’intervento di qualche divinità che lo fulmini mentre suona la chitarra elettrica.
Méla pende dalla bocca di Chiara e la ascolta con attenzione, forse perché della mia relazione finita non ha fatto in tempo a capirci niente.
La voce di Chiara si fa incerta mentre dice: Alex si sposa fra qualche giorno, il 14 febbraio
.
Sento le braccia cadermi e la mano di Mélanie posarsi su una spalla. Non ho neppure bisogno di chiedere chi sia la fortunata sposa, chi altri può essere se non la tipa che si è messa tra di noi?
Tempo scenico da riempire ma non trovo reazioni, rabbocco il mio bicchiere di vino e bevo; potrebbe sembrare uno strano brindisi ma ho solo la bocca allappata.
Rivolgo lo sguardo al cenacolo di amiche sorelle: sembrano tre vigili del fuoco che reggono il telone in attesa che l’uomo appeso si lanci dal cornicione.
La domanda perché proprio a me? inizia a rimbalzarmi in testa come una pallina del flipper e so che non troverà risposta.
Sarà difficile ripartire da qui, se è vero che "la Natura ha dato agli uomini solo la costanza, mentre alle donne dava l’ostinazione" .
III
Attendo speranzosa l’arrivo dell’Armageddon prima del suo matrimonio
.
E basta!
sbotta mia sorella Mara, pensi ad Alex continuamente: quando non ne parli è solo perché stai scrivendo il romanzo sulla vostra storia d’amore! Sai bene che amo la malinconia, ma così esageri! Comincia a dedicargli solo le giornate di pioggia e riprendi a vivere… e non storcere il naso! Guarda che funziona: aspetto il brutto tempo tutte le volte in cui io e Rikki ci lasciamo, è quasi bello soffrire quando fuori è grigio e non usciresti comunque
.
Che fortuna avere Mara accanto che mi