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L' Amore consapevole
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E-book470 pagine6 ore

L' Amore consapevole

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Info su questo ebook

Un ricco collezionista muore in tarda età, lasciando alla casa editrice da lui fondata un reperto, rivelatosi autentico, che risale a circa duemila anni prima e che testimonia di alcuni aspetti della vita di Gesù Cristo.
Il reperto appare agli studiosi come la fonte di scritti posteriori della tradizione ebraica, che riguardano la presenza di Dio nel mondo [Shekinah] e la concezione dell'amore tra l’uomo e la donna.
Il contestuale arrivo di una mail da parte di una sedicente Shekinah suggerisce all’intraprendente direttore editoriale il progetto per l’apertura di Accademie e per la pubblicazione di una serie di romanzi che abbiano per tema la formula del cosiddetto amore consapevole, concepito come un mutamento di prospettiva della relazione amorosa, capace di produrre una rivoluzione nei rapporti umani senza precedenti.
Chi si nasconde dietro Shekinah? La ricerca per scoprire l’identità di chi gli invia messaggi d’amore si fa ossessiva da parte del direttore, e la permanenza a New York gli rivela l’esistenza di un complotto internazionale.

LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2018
ISBN9788869343926
L' Amore consapevole
Autore

Sergio Magaldi

Laureato in Scienze Politiche e in Filosofia, già ricercatore presso l'Istituto di Filosofia dell’Università di Roma, preside nei licei di stato e specializzato in Storia e culture americane presso l’Università di Irvine [California-USA], Sergio Magaldi è autore di numerosi saggi in libri e riviste, di articoli di taglio filosofico e sociologico sui quotidiani nazionali, ed ha una vasta produzione di programmi radiofonici per la Rai Tv: servizi giornalistici e soprattutto sceneggiati storici, antropologici e letterari, a puntate. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito: www.sergiomagaldi.it. Ha pubblicato, con traduzione introduzione e note, Aesh mezareph, trattato alchemico-cabbalistico del XVII secolo, la traduzione del noto romanzo Triste fim de Policarpo Quaresima di A. Lima Barreto, lunghe introduzioni a opere di carattere filosofico e teologico, come Necessità matematica dell’esistenza di Dio di René de Cléré, Racconti della Shoà, Akèldama, il campo di Giuda etc.; è autore di numerosi post di argomento politico, letterario e filosofico sul proprio blog: http://zibaldone-sergio.blogspot.com Con La Regione Sconosciuta è al suo quarto romanzo, dopo L’Amore Consapevole, La tinozza di rame e Thipheret.

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    Anteprima del libro

    L' Amore consapevole - Sergio Magaldi

    Sergio Magaldi

    L’amore consapevole

    Romanzo

    © Bibliotheka Edizioni

    Via Val d’Aosta 18, 00141 Roma

    tel: +39 06.86390279

    info@bibliotheka.it

    www.bibliotheka.it

    I edizione, Maggio 2018

    Isbn 9788869343926

    È vietata la copia e la pubblicazione, totale o parziale,

    del materiale se non a fronte di esplicita autorizzazione scritta

    dell’editore e con citazione esplicita della fonte.

    Tutti i diritti riservati.

    Progetto grafico: pastinadesign | Mara Scanavino

    Disegno di copertina: Eureka3 S.r.l.

    www.eureka3.it

    Sergio Magaldi

    Laureato in Scienze Politiche e in Filosofia, già ricercatore presso l’Istituto di Filosofia dell’Università di Roma, preside nei licei di stato e specializzato in Storia e culture americane presso l’Università di Irvine [California-USA], Sergio Magaldi è autore di numerosi saggi in libri e riviste, di articoli di taglio filosofico e sociologico sui quotidiani nazionali, ed ha una vasta produzione di programmi radiofonici per la Rai Tv: servizi giornalistici e soprattutto sceneggiati storici, antropologici e letterari, a puntate.

    Maggiori informazioni sono disponibili sul sito: www.sergiomagaldi.it.

    Ha pubblicato, con traduzione introduzione e note, Aesh mezareph, trattato alchemico-cabbalistico del XVII secolo e, con Ombretta Borgia, la traduzione del noto romanzo Triste fim de Policarpo Quaresima di A. Lima Barreto. Ha pubblicato lunghe introduzioni a opere di carattere filosofico e teologico, come Necessità matematica dell’esistenza di Dio di René de Cléré, Racconti della Shoà etc.; è autore di numerosi post di argomento politico, letterario e filosofico sul proprio blog: http://zibaldone-sergio.blogspot.com

    Con L’amore consapevole è al suo terzo romanzo, dopo Thipheret sentieri di armonia e La tinozza di rame..

    Prologo

    …Perché la Legge è stata data da Mosè;

    ma la Grazia e la Verità sono venute

    da Gesù Cristo…

    Vangelo di Giovanni,1,17

    La notizia rimbalzò in rete già verso sera, prima che la stampa di tutto il mondo la riportasse nella prima pagina dei quotidiani del mattino. Era accaduto qualcosa capace di mettere a rischio una religione millenaria. Da alcuni mesi, era morto, ultracentenario, un ricco collezionista italoamericano. Quel tardo pomeriggio, il suo notaio rese nota al mondo l’esistenza di un rotolo di pergamena in pelle di cammello che il magnate aveva acquistato tanto tempo prima da un mercante libanese, e che gli aveva consegnato perché lo custodisse sino al giorno della sua morte.

    Con il manoscritto, redatto in aramaico con inserti di ebraico, il collezionista consegnò al notaio tutte le perizie eseguite sul rotolo. Il metodo della spettrometria di massa e del radiocarbonio attribuiva al reperto una data compresa tra il 30 a.C. e il 70 d.C., mentre la pelle di cammello proveniva dalla riva nordoccidentale del Mar Morto, proprio come i Rotoli di Qumran, scoperti tra l’estate del 1947 e la primavera del 1956, ma resi noti solo quarant’anni più tardi.

    Con il resto, l’italoamericano aveva consegnato al notaio uno scritto di suo pugno, redatto a Boston, stato del Massachusetts, in cui raccontava nella lingua dei padri come fosse venuto in possesso del manoscritto e spiegava le ragioni che lo avevano indotto a custodirlo in segreto.

    «Approssimandosi l’istante in cui mi troverò al cospetto dell’Altissimo, sento la necessità – per amore della verità e della fede cattolica e apostolica romana, nella quale sono stato allevato e che ho sempre professato nel corso della mia vita – di restituire al mondo il prezioso manoscritto di chi conobbe Lord Jesus Christ, fu da Lui strappato alla morte e ne rese diretta testimonianza!

    Ho sempre vissuto nel dilemma, se rivelare all’umanità quanto era in mio possesso o tacere per il timore che molte anime si smarrissero e i nemici della Chiesa finissero col prevalere.

    Un giorno, trovandomi in Palestina, fui avvicinato da un mercante libanese con il quale in passato avevo concluso buoni affari. Mi disse di avere in mano un reperto d’inestimabile valore, con la prova inconfutabile dell’esistenza storica di Lord Jesus Christ. Alayhi al-salam, su di lui la benedizione, disse, e precisò che il manoscritto in pelle di cammello dava ragione all’Islam: Gesù non era il figlio di Dio, ma un profeta, venuto dopo Mosè e prima dell’ultimo e più grande di tutti i profeti. Allah lo benedica e lo salvi, concluse il mercante musulmano, riferendosi a Maometto.

    Per volontà di Dio, potevo contare a quel tempo sull’amicizia fraterna di un grande professore, un ebreo americano che conosceva sia l’aramaico che l’ebraico biblico, e al quale erano noti i primi rudimenti del metodo di datazione radiometrica, basato sul radiocarbonio.

    Condussi il mio amico dal mercante perché esaminasse il documento. Il manoscritto era integro e ben conservato e la traduzione fu piuttosto semplice. Ricordo ancora la mia emozione nell’ascoltare le parole contenute in quello che subito chiamammo il Vangelo di Lazzaro. Il mercante libanese aveva forzato certe conclusioni, come soprattutto quella di sostenere che nel reperto si negasse la natura divina di Gesù. Il mio amico ed io dovemmo però riconoscere che egli non si era allontanato dal vero nel porre l’accento sull’eccezionalità del testo, anche se restavano dubbi su diverse questioni, le stesse che per secoli avevano tormentato le coscienze dei cristiani e alimentato le intenzioni dei malevoli.

    Nel manoscritto, nulla si dice sulla nascita e sulla morte di Lord Jesus Christ, la sua natura divina non è affermata ma neppure negata e i miracoli sono ritenuti frutti della sapienza egizia. Si può pensare che Le nozze di Cana – la cornice in cui si svolge la narrazione di Lazzaro – siano le nozze di Yeshu con Myriam o Maria [Magdala o Maddalena non è mai nominata e la Myriam che gli siede accanto proviene dalla comunità ebraica di Alessandria], ma si può anche pensare che non lo siano, dal momento che il Vangelo si conclude con quello che sembra essere un monito agli sposi. Discorso che sorprese non poco il mio amico, che mai si sarebbe aspettato un Gesù così profondamente radicato nell’ebraismo da ispirare o addirittura anticipare opere della tradizione ebraica dei secoli successivi.

    Sentii subito crescere in me l’angoscia all’idea che il Vangelo di Lazzaro fosse reso noto al mondo. Come avrebbero reagito i fedeli di fronte a un uomo che conosceva e forse praticava l’alchimia, che era forse lo sposo o il compagno di Maria Maddalena, una prostituta penitente per la maggior parte dei cattolici?

    L’aspetto più inquietante era tuttavia un altro: quale credito dare ancora ai Vangeli canonici, tutti redatti dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme, ora che era venuto alla luce il Vangelo di Lazzaro, opera di un testimone oculare che con abbondanza di particolari aveva descritto un largo tratto della vita di Lord Jesus Christ?

    Sperai che il rotolo fosse un falso, anche se un istinto che veniva dal profondo e che allora credetti ispirato dal Maligno, mi faceva pensare il contrario. Restava che il Gesù testimoniato da Lazzaro mi sembrava un saggio, forse il più grande che avessi mai incontrato. Diceva di essere venuto nel mondo per portare la rivoluzione delle coscienze: una vista nuova per guardare in faccia l’Eterno e la spada per tagliare alla radice i vizi e i pregiudizi che dimorano dentro di noi e che ci rendono incapaci di amare gli altri.

    Si parlò subito di sottoporre il documento all’esame di autenticità. Il mercante non aveva intenzione di consegnarci il prezioso rotolo senza riceverne in cambio il corrispettivo in denaro e poiché – egli diceva – il suo valore era ‘inestimabile’, pretendeva 100.000 dollari per consegnarcelo! Una somma assurda se il reperto si fosse rivelato falso, più che giusta, se autentico. Con i mezzi allora a disposizione, l’apprezzamento di autenticità sarebbe stato al massimo del 60-70%, una percentuale relativamente alta ma non del tutto rassicurante. Dicemmo al mercante che gli avremmo dato 10.000 dollari a fondo perduto per consegnarci il documento. Gli altri 90.000 li avrebbe ricevuti dopo l’esame del radiocarbonio, se il referto avesse certificato un’autenticità pari al 100% [cosa che sapevamo impossibile], 80.000 se la percentuale fosse stata del 90% e così via a scalare sino a zero dollari con una percentuale del 10%. Pensavamo così di aggiudicarci il reperto, se ne fosse stata accertata l’autenticità, per 60.000 o 70.000 dollari al massimo. La proposta ci pareva equa: il mercante non avrebbe ricevuto tutta la somma richiesta e noi, nel peggiore dei casi, comprando una patacca per 10.000 dollari, avremmo guadagnato dal togliere dalla circolazione un falso, pericoloso per i fedeli dalla mente debole, e vantaggioso per i nemici della Chiesa!

    Il mercante fu più scaltro di noi. Disse di non fidarsi dei nostri accertamenti e che aveva già fatto i suoi, grazie ad un esperto che non si sbagliava mai [sic!]. Aggiunse parole che, più che offenderci, c’indussero a riflettere: Il documento è autentico… ma se anche fosse falso… per voi non cambierebbe nulla… perché lo dareste alle fiamme proprio come hanno fatto i vostri amici….

    Lo invitammo a spiegarsi meglio. Confessò che era esistito un altro esemplare del Vangelo di Lazzaro, che differiva da quello che avevamo sotto gli occhi solo per il colore dell’inchiostro e per la grafia delle lettere, leggermente più piccole. Segno evidente, concluse ineffabile, che Lazzaro aveva incaricato uno scriba di farne una copia. Quello davanti a noi era l’originale o la copia? Chi aveva comprato l’altro esemplare per darlo alle fiamme? Come potevamo essere sicuri che non esistessero altre copie? Se aveva mentito al primo acquirente, come potevamo avere fiducia in lui?

    "Se avessi voluto ingannarvi – rispose l’astuto mercante – avrei taciuto con voi sull’esistenza della copia data alle fiamme. È vero! Ho mentito al compratore, un europeo venuto di Giordania, ma solo perché mi disse di voler distruggere il reperto. Per strappare un buon prezzo aggiunse che l’avrebbe bruciato davanti ai miei occhi. Dichiarò di essere costretto a farlo perché, se fosse stato reso noto, nuovo sangue sarebbe corso tra cristiani, ebrei e musulmani. Feci finta di credergli, ma capii che il vero motivo del rogo era il timore di far conoscere al mondo un Gesù Cristo così diverso da quello che, per secoli, cristiani ed ebrei avevano raccontato! Per vendicarmi della menzogna, decisi così di tacere sull’esistenza del secondo manoscritto in tutto simile al primo e giurai a me stesso – che Allah, benedetto il Suo Nome, mi sia testimone – di renderlo noto senza neppure guadagnarci un dollaro! L’imam al quale chiesi consiglio mutò il mio proposito: Lascia che siano gli infedeli – mi disse – a decidere… se tu divulgassi il documento… saresti punito dalle autorità per il tuo commercio… qualche testa calda potrebbe attentare alla tua vita e ti renderesti responsabile del peccato di superbia".

    "Anche se il manoscritto mostra che l’Islam ha ragione – obiettai all’imam – e che Gesù Cristo è un profeta, non il figlio di Dio?".

    Ciò che dici è già una verità del Corano… chi sei tu per inverare la parola di Allah e di Muhammad… il suo profeta più grande? – Allah lo benedica e lo salvi! – Tu sei un mercante, fai dunque il mercante!.

    E facendo il mercante, il libanese dopo averci propinato la storiella dell’imam, c’invitò ad acquistare il reperto per 100.000 dollari o a lasciarlo nelle sue mani. Il mio amico osservò a voce alta che per gli ebrei non sarebbe stato un gran male se il manoscritto fosse stato divulgato, al contrario: non vi era traccia del cosiddetto deicidio e Cristo appariva un rabbi, un saggio profondamente radicato nella cultura giudaica.

    Il mercante, che ne sapeva una più del diavolo, sorrise e osservò di rimando: "Bene… che mi dice delle Toledòt Yeshu?(1)".

    Non le ho mai prese sul serio, rispose il mio amico.

    Molti giudei l’hanno fatto, replicò il mercante.

    Come cristiano, io non avrei potuto far finta di nulla e in più c’erano in me lo stupore e la preoccupazione che le parole di Cristo, contenute nel Vangelo di Lazzaro, anticipassero di tredici secoli, e quasi alla lettera, un testo anonimo e fondamentale della tradizione ebraica: ‘La lettera sulla Santità’.

    Cattolico apostolico romano, io sapevo che la mia Chiesa era stata edificata in gran parte sui vangeli sinottici e sulle lettere di San Paolo. Mi rendevo conto di non poter lasciare il documento nelle mani del mercante a rischio che altri lo divulgasse. Come massone, tuttavia, neppure avrei permesso che andasse perduta la testimonianza della verità. Così, non stetti a mercanteggiare e decisi di acquistare per 90.000 dollari [con uno sconto di 10.000] un manoscritto che poteva rivelarsi un falso, come l’eccezionalità delle cose che vi erano contenute lasciava supporre. Non fu così, e l’esame ancora rudimentale del radiocarbonio rivelò una percentuale di autenticità pari al 70% [il massimo allora accertabile!], confermata con percentuali sempre più alte negli anni successivi.

    Tra i rotoli del Mar Morto che il team di studiosi – presieduto da padre Roland De Vaux, un domenicano residente in Giordania – fu chiamato a esaminare, non figurava il Vangelo di Lazzaro. Chiuso nella mia cassaforte, vi restò per tutti i quarant’anni che il team impiegò nello studio dei documenti, e anche dopo, per timore che rivelarne l’esistenza comportasse uno sconvolgimento di proporzioni imprevedibili per la cristianità. Tentennai soltanto quando nel 1970, l’accademico inglese John Marco Allegro – unico laico chiamato a far parte del team per lo studio dei rotoli, ma presto allontanato per comportamento indegno – pubblicò ‘Il fungo sacro & la croce’, un libello nel quale, non solo egli nega l’esistenza storica di Lord Jesus Christ, ma asserisce, nel suo delirio filologico, essere il Figlio di Dio nient’altro che un fungo allucinogeno [Amanita Muscaria], venerato dagli antichi per le sue eccezionali proprietà e ritenuto, come ogni fungo a quel tempo, nato senza bisogno di seme! [Nato da vergine…].

    Quando tra il 1972 e la fine degli anni Settanta furono resi noti anche i tredici Codici rinvenuti più di trent’anni prima a Nag Hammâdi e custoditi dalle autorità egiziane, temetti che saltasse fuori anche una copia del Vangelo di Lazzaro, riprodotta in codice. Non fu così, ma dovetti costatare che il Vangelo di Tommaso e il Vangelo di Filippo del Codice II, scritti in copto e datati col radiocarbonio al III-IV Secolo d.C. – i cui originali, tuttavia, secondo gli studiosi risalirebbero a circa il 150 d.C. – riprendevano incredibilmente alcuni contenuti del Vangelo di Lazzaro. Fui tentato allora di dire al mondo: ‘Guardate, dove si trovano già formulati questi concetti: nella mia cassaforte!’.

    Ancora una volta respinsi la tentazione, e mantenni il segreto sul documento in mio possesso, temendo che la sua diffusione potesse rivelarsi fatale per la Chiesa di Roma e per l’intera cristianità. Preoccupazione accresciuta negli anni, per il clamore suscitato dalla pubblicazione del lavoro di Baigent, Leigh e Lincoln e di più ancora, dopo l’enorme successo del libro e del film, ‘Il codice da Vinci’, di Dan Brown. Tutte opere che, sulla scia di antiche leggende medievali, parlavano del Santo Graal come della discendenza divina.

    Fu allora che, nelle notti insonni, presi a leggere e rileggere il Vangelo di Lazzaro nella traduzione inglese che il mio amico di un tempo [passato ad altra vita, egli è il solo a conoscere la Verità!] aveva fatto per me. Per quanto il testo non contenga nulla che avvalori le tesi di Dan Brown e degli altri, mi convinsi sempre più che la relazione tra Yeshu ha-Notzrì e Myriam, descritta da un testimone oculare, sarebbe servita ai nemici della Chiesa per sostenere i propri argomenti.

    Una notte, però, una voce mi parlò ed io seppi che non veniva da Satana: "Chi sei tu – mi disse – per nascondere ancora la verità?". Così, cominciai a pensare di rendere manifesto all’umanità ciò che gli avevo sottratto. Il Vangelo di Lazzaro non aveva diminuito in me la fede, al contrario, l’aveva accresciuta! Perché pensare che ai fedeli non dovesse accadere lo stesso? Conoscevo ormai a memoria le parole di Lazzaro e feci un bilancio di ciò che sarebbe accaduto se io le avessi rivelate al mondo.

    Estirpato ogni dubbio sull’esistenza storica di Lord Jesus Christ; sul suo presunto matrimonio nulla si sarebbe appreso di certo e definitivo, con la conferma, tuttavia, che Lui e la Maddalena erano fratelli di una comunità iniziatica e forse amanti. Nel manoscritto, Yeshu ha-Notzrì non dice di essere figlio unigenito di Dio, esattamente come nei vangeli canonici: tutti gli uomini sono figli di Dio, tant’è che egli chiama se stesso ‘Figlio dell’Uomo’. I miracoli sono per Lazzaro opere della ‘sapienza egizia’, ma egli non esclude che in loro vi sia qualcosa di soprannaturale, come riteneva la folla che seguiva Yeshu e lo acclamava. Yeshu ha-Notzrì eredita il sapere degli antichi, come simboleggia la tradizione della mia fede, quando narra che i Re Magi si recarono a rendergli omaggio, ma al tempo stesso è radicato nella cultura ebraica, tanto da recitare il Cantico dei Cantici in occasione delle nozze [sue o di altri?], da conoscere la Qabbalah, che allora si trasmetteva bocca-orecchio, e da benedire la Torah. A un esame più attento e approfondito, scoprii con gioia che il Vangelo di Lazzaro non era in contraddizione con il contenuto dei vangeli canonici, li arricchiva piuttosto di nuovi elementi.

    C’è in più in Lord Jesus Christ, testimoniato da Lazzaro, l’anticipazione di una nuova consapevolezza del rapporto uomo-donna che sorprende e sconcerta i suoi stessi fratelli [come testimoniano anche i Vangeli di Tommaso, di Filippo e di Maria]: dalla lettura nuziale del Cantico sino alle parole che tanti secoli dopo avrebbero trovato posto nel ‘Segreto del matrimonio di Davide e Betsabea’ e soprattutto nella ‘Lettera sulla santità’.

    La decisione di divulgare il documento in mio possesso non era tuttavia facile da prendere e passai altri anni nel dilemma. Mi sembrò più vicino il momento allorché Karen Leigh King, docente alla Harvard Divinity School, in un convegno internazionale di studi copti tenutosi a Roma, rivelò l’esistenza di un piccolo frammento di papiro, sul quale è scritto in copto: ‘E Gesù disse loro, mia moglie… lei sarà capace di divenire mia discepola’.

    All’annuncio della King, rispose subito l’Osservatore romano, dedicando all’evento un’intera pagina con l’articolo ‘Un papiro alla deriva’ di Alberto Camplani. Il docente, sulla base dei dubbi espressi da alcuni studiosi che avevano osservato il frammento solo in fotografia, sosteneva che avrebbe potuto trattarsi di un falso, perché era dissimile dai papiri copti del IV secolo e non proveniva direttamente da ritrovamenti archeologici, ma dal mercato antiquario. Se pure il frammento si fosse dimostrato autentico, non sarebbe stata comunque una prova della verità storica delle affermazioni in esso contenute: ‘In altre parole – egli scriveva – o il manoscritto è contraffazione moderna, e allora qualsiasi ulteriore indagine perde di significato; oppure è stato redatto in ambienti che non volevano trasmettere un testo letterario, ma un testo a uso interno o privato, come accadeva tra l’altro nelle officine della magia tardoantica. Questi ultimi potrebbero aver utilizzato testi noti, di carattere soprattutto gnostico, per costruire uno scritto nuovo, ai loro occhi particolarmente efficace, nello stesso modo in cui altri loro colleghi costruivano testi assemblando versetti evangelici. Se così fosse, il significato stesso del frammento ne risulterebbe fortemente ridimensionato.’

    A Camplani faceva eco, sulla stessa pagina, Gian Maria Vian, il direttore dell’Osservatore romano che in una nota stringata dal titolo ‘In ogni caso, un falso’, osservava perentorio: La vicenda della presunta ‘moglie’ di Gesù, che sarebbe attestata da un frammento papiraceo molto problematico e controverso, è raccontata con prudenza e rigore dal coptologo Alberto Camplani, che insegna Storia del Cristianesimo all’Università di Roma La Sapienza ed è stato tra gli organizzatori del convegno internazionale, teatro del clamoroso annuncio. Annuncio preparato senza lasciare nulla al caso: testate americane preavvertite, una conferenza stampa preventiva tenuta da Karen L. King per preparare uno scoop mondiale che però è stato subito messo in discussione dagli specialisti. Ragioni consistenti indurrebbero a concludere che il papiro sia anzi una maldestra contraffazione (come tante altre provenienti dal vicino Oriente) che potrebbe essere stata finalizzata alla vendita, da parte di un privato a una prestigiosa istituzione, del frammento e di altri manoscritti. Nel quadro, del tutto implausibile, di una lettura del fenomeno gnostico tendenziosa e piegata a un’ideologia contemporanea che con la vicenda storica del cristianesimo antico e con la figura di Gesù non ha nulla a che vedere. Insomma, in ogni caso un falso.

    Naturalmente, oltre agli studiosi citati da Camplani, ve ne sono stati anche di quelli che negarono trattarsi di una contraffazione. Karen King fece esaminare il testo ad alcuni noti papirologi. Roger Bagnall della New York University e Anne Marie Luijendijk di Princeton, furono del parere che il frammento fosse autentico. La Luijendijk in particolare ne fu decisamente convinta: ‘Il frammento sarebbe impossibile da falsificare, è scritto in copto sahidico, un dialetto dell’Egitto del sud. Le fibre, l’inchiostro e il contesto culturale corrispondono’. Dello stesso avviso fu anche Ariel Shisha-Halevy, esperto linguista dell’università ebraica di Gerusalemme: ‘Sulla base della lingua – egli sostiene – io direi che il testo è autentico’.

    Trovavo giusto che la Chiesa si difendesse con ogni mezzo dal proliferare di documenti che ne avrebbero potuta minare l’integrità, lasciandola in balia dei nemici di sempre. Cominciai tuttavia a pensare che la religione cristiana non aveva nulla da temere dalla diffusione del reperto in mio possesso, perché i più illuminati tra i suoi rappresentanti sarebbero presto pervenuti alle conclusioni cui ero giunto io, anche se per arrivarci avevo impiegato tanto tempo! La figura di Lord Jesus Christ usciva addirittura ingigantita dal Vangelo di Lazzaro. Inoltre, per chi, alla guida della Chiesa, avesse tardato a condividere le mie stesse conclusioni o tastando saggiamente il polso della situazione, si fosse accorto che una febbre malsana cominciasse a serpeggiare tra i fedeli, ci sarebbe stata sempre la possibilità di negare l’autenticità del rotolo o quantomeno di sostenere che era stato redatto in ambienti gnostici che nulla avevano a che vedere con Lazzaro e con il Signor Gesù Cristo. Sorrisi in cuor mio, consapevole di aver preso la decisione giusta e che la Chiesa, nella sua millenaria saggezza, era così radicata nelle coscienze da essere indistruttibile.

    Confidando nella Verità e nell’Altissimo, restituisco perciò all’umanità ciò che, nella mia insipienza, le ho sottratto per tanto tempo.»

    Tra i documenti che il ricco italoamericano consegnò al notaio, figurava anche la copia di un contratto con una casa editrice – da far valere dopo la sua morte – per la pubblicazione in esclusiva del Vangelo di Lazzaro. La contraente era la Chiaroscuro Edizioni, da lui stesso fondata, con sede in Roma e capitale quasi interamente statunitense. Con questa mossa, il vecchio collezionista si tutelava anche nei confronti del notaio, gettava le basi per le fortune editoriali della Chiaroscuro ed evitava che circolassero versioni spurie del manoscritto. La scelta del mercato italiano, per la prima edizione del Vangelo di Lazzaro, era motivata dall’esigenza di restituire idealmente alla Chiesa di Roma ciò che era appartenuto alla figura del Cristo storico. Tant’è che, nel testamento dell’americano, si stabiliva che, a distanza di sette anni dalla sua prima pubblicazione, del prezioso manoscritto fosse fatto dono agli archivi vaticani.

    Alla morte del collezionista e dopo l’apertura del testamento, avvenuta inspiegabilmente a distanza di diversi mesi, la Chiaroscuro si mise subito in moto. In breve tempo fu stampata la prima edizione del nuovo vangelo, arricchita di note che lo collegavano alle sacre scritture, ai vangeli canonici e a quelli apocrifi, alla XVI Omelia Clementina, a vari scritti ebraici, tra i quali il Libro dello Zohar e i due noti trattati del XIII secolo: Il segreto del matrimonio tra Davide e Betsabea del cabbalista castigliano Joseph ben Abraham Gikatilla e soprattutto La Lettera sulla Santità di anonimo autore. Attribuita in un primo tempo a Nachmanide, poi a Gikatilla, rimasta infine senza padre, La Lettera sulla Santità aveva goduto nel tempo di grande fortuna.

    (1) Le Toledòt Yeshu, racconti sulla vita di Gesù più noti con il titolo di Il Vangelo secondo il Ghetto, sono scritte in ebraico, anche se pare che la lingua originale fosse l’aramaico. Gesù è presentato come un mago, nato dal rapporto adulterino tra un soldato romano e una donna ebrea maritata. Il giudizio più severo e più famoso sul Sepher Toledòt Yeshu fu quello del protestante Johann Wagensell che lo definì: Nefandum et abominabilem libellum… cacatum a Satana [N.d.a.].

    Il Vangelo di Lazzaro

    (2)

    [A]. Eleazar svegliati! Gridò Yeshu, e mi ridestò alla vita che avevo lasciato a cagione dei miei peccati. Ero cieco e mi aprì gli occhi, sordo e mi sturò le orecchie, morto e mi fece rivivere.

    [B]. Lo conobbi [Yeshu] coi fratelli e le sorelle a Cana di Galilea, convenuti per le nozze. Allora ero già sul punto di seguirlo ma la benda sugli occhi m’impediva ancora di vedere. Aveva fama [Yeshu] di esseno zelante e per quanto non avesse completato il sacerdozio, portava ancora la veste bianca e lunga dei nazorei, la corona del santo [i capelli lunghi] e predicava la vita eterna in Galilea, in Samaria e Giudea, acclamato dai suoi, ma più di una volta rischiando la lapidazione da parte dei nemici. Tra i discepoli, molti erano gli zeloti che cercavano di usarlo contro Roma e lo dicevano il Messia della stirpe davidica delle profezie, il Cristo, il figlio e l’unto del Signore, venuto per unificare il Regno d’Israele e liberarlo dalla schiavitù dei Romani, ma [Yeshu] diceva di essere il figlio dell’Uomo, venuto a testimoniare il Padre e rifiutava sempre nelle sue peregrinazioni di andare a Gamala, roccaforte zelota.

    [C]. Con grande sorpresa lo vidi bere e mangiare in abbondanza, pensando in cuor mio che il suo comportamento dipendesse dall’occasione delle nozze. Quando il vino terminò, dimostrò le conoscenze attinte dagli egizi di Alessandria, riempiendo le botti vuote e rapprese di mosto con vino novello più sapido di quello appena bevuto. Tale fu la sorpresa, che chiesi alle sorelle che avevo accompagnato alle nozze e che lo conoscevano bene, chi fosse veramente questo Yeshu nazoreo, capace di prodigi della sapienza egizia.

    [D]. Destinato per nascita al sacerdozio, ammirato e invidiato dai sacerdoti farisei e sadducei di Gerusalemme, scacciato dal Tempio per aver profanato il Sabato, compiendo guarigioni(3) che il popolo diceva miracolose, e per aver parlato come il nostro profeta Osea contro il sacrificio degli animali [Osea, 8,13: Essi offrono sacrifici e ne mangiano le carni, ma il Signore non li gradisce (e) si ricorderà della loro iniquità e punirà i loro peccati], Yeshu s’era rifugiato tra gli esseni del Carmelo dov’era il cugino Giovanni. Insieme, più tardi, avevano abbandonato la comunità e predicato nel deserto: Yeshu insofferente di ogni regola, Giovanni anelando addirittura una purezza più grande. Le loro strade s’erano presto divise. Stanco [Yeshu] di una vita di stenti e di nutrirsi di cavallette abbrustolite al sole del deserto, si diresse ad Alessandria insieme al maestro della sua giovinezza [Trattato Sanhedrin, 107 b]. Qui conobbe Apollonio ed entrò a far parte della sua comunità itinerante. Il saggio pagano lo istruì sulla scienza dei Magi e gli rivelo il segreto dell’unione dell’uomo e della donna per rigenerare la carne e prolungare la vita. Ma Yeshu anelava alla trasformazione dello spirito e dopo tre anni tornò alla terra dei padri e alla fede che mai aveva perduto. Recò con sé discepoli della comunità ebraica di Alessandria, uomini e donne tra i quali era Miryam.

    [E]. Uno di loro [tra i discepoli], chiamato Tommaso, si levò all’inizio della cerimonia e domandò:

    – Rabbi, perché i maggiorenti della città non hanno onorato il banchetto? Vedrai che tutti accamperanno una scusa, negando che a queste nozze non sono venuti a causa della nostra presenza e a quello che si dice di noi.

    – Perché, fratello, cosa si dice di noi?

    – Che nella comunità lasciamo entrare prostitute, pubblicani e ogni genere di peccatori, che illudiamo i poveri promettendo il regno dei cieli e minacciamo i ricchi dicendo loro che lo perderanno a causa della ricchezza. Ci accusano di servirci della magia per guarire i malati, disubbidendo all’Eterno che con la malattia e l’afflizione della povertà punisce in loro le colpe dei padri. E persino gli zeloti, molti dei quali erano un tempo tra noi, ci rimproverano che la nostra mansuetudine verso i Romani è causa della schiavitù di Israele e della miseria del popolo…

    – Fratello, il potere non conosce nazione, né tregua, né farmaco contro la miseria. La sua bandiera sventola ovunque allo stesso modo sotto la volta del cielo. Satana veglia su di lui. Non c’è che un mezzo per fermarlo: la rivoluzione delle coscienze…

    – Rabbi, come dobbiamo rispondere alle accuse?

    [F]. Non preoccuparti Tommaso e considera l’ipocrisia e la calunnia tra i peccati più gravi [Vangelo di Bartolomeo, V, 2]. Noi non faremo come Giona, non andremo a Tarsis che non ha bisogno di noi, per sfuggire a Ninive dove ci attendono i diseredati della Terra. Un tale allestì un banchetto per i suoi ospiti abituali e pregò il servo di invitarli. Il primo invitato disse: Non posso, proprio oggi devo riscuotere denaro da alcuni mercanti e ordinare la merce. Attendo in casa il loro arrivo. Il secondo invitato disse: ‘Mi spiace… ho comprato dei mobili e in giornata attendo i falegnami’. Il terzo invitato disse: ‘Mi scuserai col tuo padrone, ma devo andare a riscuotere la rendita del terreno che ho appena acquistato’. Il quarto invitato così ripose all’invito: ‘Dirai al tuo padrone che verrei volentieri se non dovessi fare acquisti per le nozze di mia figlia’. Il servo disse allora al padrone: Nessuno di quelli che hai invitato sarà presente al banchetto. E il padrone di rimando: ‘Bene, esci in strada e invita chiunque sia disposto a venire’ [Vangelo di Tommaso, 70; Vangelo di Luca XIV, 16-24; Vangelo di Matteo XXII, 2-10].

    [G]. Si levò a questo punto Salomè, una delle sorelle che sedeva tra Giovanna e Marta, e disse:

    – Chiarisci, Rabbi, il senso delle tue parole! Non tutti i convitati hanno orecchie per intendere…

    – Chi non ha orecchie per intendere meglio avrebbe fatto a non partecipare al banchetto! Ho detto soltanto che compratori e mercanti non entreranno nella casa di mio Padre! [Vangelo di Tommaso, 70].

    – Chi sei veramente tu, che hai preso posto nel mio giaciglio e mangiato alla mia tavola? Di chi sei figlio? [ibid, 67].

    Myriam che sedeva accanto a Yeshu avvampò in viso, ma il Rabbi rispose prontamente:

    – Io sono colui che viene dal Padre! [ibid.]

    – E io sono Salomè, tua discepola! [ibid.]

    Susanna un’altra delle sorelle che sedeva accanto a me si levò e fece eco alle parole di Salomè:

    – Noi che sediamo alla tua mensa siamo tutti tuoi discepoli e chi ancora non lo è presto lo diventerà! Aggiunse guardando dalla mia parte.

    [H]. Consumato il rituale delle nozze, un altro discepolo si alzò in piedi a domandare.

    Perché sei venuto? Chiese Giacomo, fratello di Yeshu.

    – Fratello Giacomo, ché non senza motivo sei detto mio fratello anche se fisicamente non lo sei! [Giacomo10, 3-5, Codex Tchacos.]. Ti dirò perché sono venuto: sono il figlio dell’Uomo e vengo dall’Adam Qadmon, immagine dell’Esistente, per manifestare l’Esistente [Ibid., 11, 2-3].

    – Rabbi, gli esseni ti chiamano empio perché condanni il digiuno, scribi e farisei blasfemo perché predichi contro l’elemosina e la preghiera. Tu che rispondi?

    – Fratello Giacomo, conosci già la risposta. Tra di voi, io non sono venuto a portare la pace ma la spada [Vangelo di Matteo, 10, 34.], non la morte, l’ignavia e l’ipocrisia ma lo scandalo! In verità vi dico, il digiuno reca danno alla casa dello spirito, la preghiera cerca fuori ciò che va trovato dentro, l’elemosina vi rende complici dei mercanti! [Vangelo di Tommaso,15, Vangelo di Matteo(4)]. Gli esseni mortificano la vita che è immagine dell’Esistente, scribi e farisei possiedono le chiavi della conoscenza ma non entrano né vi lasciano entrare [ibid., 44].

    Sì, fratello Giacomo, gli esseni mi chiamano empio e blasfemo gli scribi e i farisei ipocriti; e i sadducei, sacerdoti del Tempio, contano le lettere del mio nome nella lingua dei padri(5) e vedono in me l’immagine di Satana, ma il mio nome non è Yeshu Notzrì [Gesù Nazoreo o Nazareno], né il mio numero il 666: y r x n w c y [10 + 300 + 6 + 50 + 90 + 200 + 10 = 666], bensì Yeshu ha Notzrì [Gesù il Nazoreo o il Nazareno] e il mio numero il 671: y r x n h w c y [10 + 300 + 6 +5 + 50 + 90 + 200 + 10 = 671], lo stesso del Sesto Giorno in cui fu creato Adamo [ Sesto giorno, Yom Hashishi,y c c h s w y 10 + 6 + 40 +5 + 300 +300 +10 = 671](6).

    – Rabbi, fratello mio, tu hai insegnato che la nostra fede, messa alla prova, produce temperanza [Lettera di Giacomo, I,3,]. Il ricco e falso sapiente, il sadduceo sacerdote del tempio sarà presto abbassato e seccato dal sole come fiore d’erba [ibid., I,10-11].

    – Così sia fatta la volontà del Padre, e le tue parole siano, per tutti, lievito di vita, fratello Giacomo.

    – Le mie parole sono quelle che tu hai piantato nel mio spirito, Rabbi. Le ho ascoltate e le ho fatte mie! Perché se qualcuno ascolta la tua parola e non la mette in pratica sarà come colui che si guarda allo specchio e fugge via dimentico di sé [ibid., I,23-24].

    [I]. Seguì un lungo silenzio, finché Simon Pietro si levò per dire:

    – Rabbi, non siamo noi i tuoi fratelli e i tuoi discepoli, non raccogliamo forse le tue parole?

    – Voi siete le mie sorelle e i miei fratelli perché tutti veniamo dallo stesso Padre, ma sappiate che letizia non viene a chi raccoglie dall’esterno le mie parole, ma a chi le accoglie all’interno! [Vangelo di Maria, 43-44]. Non chiunque mi chiama entrerà nel regno dei cieli [Vangelo di Matteo 7,21] ma colui che mi ascolta.

    – Rabbi, Noi accogliamo sempre nel nostro cuore le tue parole, ma all’esterno soffriamo tutti della parola che divide. Materia e spirito non sono forse due? [ibid.,91]. Non dobbiamo noi sopportare la voce di chi afferma che il nostro creatore è duplice, uno per il corpo, l’altro per lo spirito? [XVI Omelia Clementina].

    – Materia e spirito sono due ma solo nel sogno che l’Esistente ci lascia immaginare. La materia è il sorriso dell’Eterno, il gioco inventato per farci degni dell’unica Realtà. Spirito e

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