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Storia di san Tommaso d'Aquino
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E-book441 pagine9 ore

Storia di san Tommaso d'Aquino

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Si direbbe – afferma Inos Biffi – che Tommaso d’Aquino sia come avvolto e nascosto dalle sue opere, che in certo modo ne celano i tratti della persona, le radici storiche dalle quali è sorta e gli eventi che l’hanno contrassegnata. In realtà, non sono mancati al Dottore Angelico biografi attenti e precise documentazioni sulla sua vita. Risalta tra queste la più antica Storia di san Tommaso d’Aquino (Ystoria sancti Thome de Aquino). Redatta tra il 1318 e il 1323 da Guglielmo da Tocco in vista della canonizzazione dell’Aquinate, essa rappresenta, con gli Atti dell’inchiesta di Napoli, la principale fonte sulla vita dell’Angelico. Più volte rimaneggiata, la Storia si costituisce di due parti: la Vita, composta da 70 capitoli, e la raccolta dei Miracoli, che si presenta come una sorta di diario del postulatore della causa, in cui alla narrazione di 145 miracoli si affianca un resoconto sullo sviluppo del processo di canonizzazione. Allo schema agiografico tradizionale, Tocco aggiunge una sezione ulteriore, mirata a rendere giustizia dell’attività filosofica e teologica del futuro santo.
LinguaItaliano
EditoreJaca Book
Data di uscita28 gen 2021
ISBN9788816802049
Storia di san Tommaso d'Aquino
Autore

Guglielmo Da Tocco

Nato tra il 1240 e il 1250 vicino a Benevento, è verosimile che lì abbia condotto il noviziato. Conobbe san Tommaso nel 1272-1274: era stato alla sua scuola e ne aveva udito la predicazione. Nominato predicatore generale nel 1288, fu priore del convento di Napoli nel 1289 e di Benevento nel 1291 e nel 1297. Riveste ancora questo incarico nel 1319. Numerosi documenti gli attribuiscono la funzione di inquisitore. Nel 1317 fu affidato a lui, e a Roberto di Benevento, il compito di promuovere la causa di Tommaso d’Aquino. Tuttavia non se ne fa menzione tra quanti, il 18 luglio 1323, ne festeggiarono ad Avignone la canonizzazione: forse perché già defunto o troppo anziano.

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    Anteprima del libro

    Storia di san Tommaso d'Aquino - Guglielmo Da Tocco

    Biblioteca di Cultura Medievale

    diretta da

    INOS BIFFI E COSTANTE MARABELLI

    Guglielmo da Tocco

    STORIA DI SAN TOMMASO D’AQUINO

    A cura di

    Davide Riserbato

    Editoriale

    Inos Biffi

    © 2015

    Editoriale Jaca Book SpA, Milano

    tutti i diritti riservati

    Prima edizione italiana

    settembre 2015

    Copertina e grafica

    Break Point / Jaca Book

    Il presente volume è pubblicato con il contributo

    dell’Istituto di Storia della Teologia, Lugano

    Redazione e impaginazione

    Elisabetta Gioanola / Jaca Book

    eISBN 978-88-16-80204-9

    Editoriale Jaca Book

    via Frua 11, 20146 Milano, tel. 02/48561520

    libreria@jacabook.it; www.jacabook.it

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    INDICE

    Editoriale: La storia di san Tommaso d’Aquino, di Inos Biffi

    Sigle e abbreviazioni frequentemente utilizzate

    INTRODUZIONE

    STORIA

    DI SAN TOMMASO D’AQUINO

    Nota alla traduzione

    VITA

    MIRACOLI

    Bibliografia

    Editoriale

    LA STORIA DI SAN TOMMASO D’AQUINO

    Si direbbe che Tommaso d’Aquino sia come avvolto e nascosto dalle sue opere, che nella loro molteplicità e portata in certo modo celano o discostano i tratti della sua persona, con le radici storiche dalle quali è sorta e con gli eventi che l’hanno contrassegnata.

    In realtà, non sono mancati al Dottore Angelico biografi attenti e precise documentazioni sulla sua vita.

    In modo particolare risalta tra queste la Storia di san Tommaso d’Aquino (Ystoria sancti Thome de Aquino), cioè la più antica delle biografie di Tommaso: redatta tra il 1318 e il 1323 da Guglielmo da Tocco in vista della canonizzazione dell’Aquinate, essa rappresenta, con gli Atti dell’inchiesta di Napoli, la principale fonte delle nostre informazioni sulla vita dell’Angelico. In sintonia con la sua finalità, l’opera si propone di mostrare le virtù del candidato e di provare la verità dei suoi miracoli, che erano le due condizioni per l’apertura del processo. E, infatti, «l’interesse principale di questo documento è il ritratto che esso delinea del maestro domenicano»¹.

    Quanto all’autore, Guglielmo, era perfettamente nella condizione di poter offrire una fondata attestazione sulla vita di Tommaso. Lo aveva, infatti, conosciuto a Napoli negli anni 1272-1274, era stato alla sua scuola, e ne aveva sentito la predicazione. La convivenza con Tommaso nel medesimo convento appare così la fonte diretta delle notizie di Tocco, a cui vanno aggiunte le testimonianze che gli potevano provenire o da quanti nel medesimo convento napoletano erano stati a contatto con Tommaso o da Reginaldo, il «socio carissimo» dell’Angelico, che lo stesso Guglielmo riconosce come propria fonte, o dalla famiglia dei d’Aquino, specialmente per il tempo relativo agli anni dell’infanzia di Tommaso.

    Il biografo non è invece menzionato tra quanti il 18 luglio 1323 ne festeggiarono ad Avignone la canonizzazione: forse perché già defunto o perché troppo anziano.

    Quanto alla Ystoria, l’esame della sua tradizione manoscritta la rivela in modo interessante nel suo farsi progressivo, quindi con le riletture, le revisioni, le soppressioni, le aggiunte, le inserzioni, e quindi le esitazioni che la sua composizione ha comportato.

    Essa «impone un certo profilo del santo». In particolare, ciò che anzitutto risalta in tale ritratto è l’astrazione dello spirito (abstractio mentis), che, mentre allontana e distrae san Tommaso dalla vita sensibile (alienatus a sensibus), associa la sua preghiera con fenomeni di estasi, di lievitazioni, di visioni, di lacrime, tutte disposizioni felici per la soluzione di ardue questioni di esegesi biblica.

    Sempre la Ystoria sovrabbonda soprattutto delle testimonianze dei miracoli ottenuti per intercessione dell’Angelico, specialmente le guarigioni; per altro, proprio i miracoli rappresentavano il segno, la garanzia della santità, che doveva essere solennemente proclamata.

    Appare, da questi rilievi, quanto sia importante per la iniziazione alla vita di san Tommaso la lettura di questa biografia del Tocco. A favorirla concorre ora felicemente la sua edizione italiana, curata da Davide Riserbato con l’estrema diligenza che lo distingue e che rende affidabili i suoi lavori.

    Inos Biffi

    ¹L’histoire de saint Thomas d’Aquin de Guillaume de Tocco, Cerf, Paris 2005, p. 10.

    Sigle e abbreviazioni frequentemente utilizzate

    INTRODUZIONE

    di

    Claire le Brun-Gouanvic*

    1

    CONTESTO STORICO E LETTERARIO

    DELL’YSTORIA SANCTI THOMAE DE AQUINO

    A) L’YSTORIA SANCTI THOMAE DE AQUINO

    E IL PROCESSO DI CANONIZZAZIONE DI TOMMASO D’AQUINO (1317-1323)

    Il principale documento biografico che possediamo su san Tommaso, l’Ystoria sancti Thomae de Aquino, è stato composto per l’introduzione della causa di canonizzazione. La storia di questo testo, una cui prima versione fu presentata da Guglielmo da Tocco al papa Giovanni XXII nel 1318, è dunque indissociabile da quella della canonizzazione del Dottore Comune.

    Lo svolgimento di un processo di canonizzazione alla fine del medioevo¹, le circostanze particolari e i fatti salienti legati a quello di Tommaso d’Aquino², sono noti. Dopo un breve richiamo alla procedura in uso e al contesto dottrinale e politico, si tratterà, in questa prima sezione, di descrivere soprattutto le varie fasi della canonizzazione di san Tommaso dal punto di vista del postulatore della causa e redattore dell’Ystoria, Guglielmo da Tocco.

    1. Il processo di canonizzazione all’inizio del XIV secolo

    Quando nel 1317 iniziò il processo che condusse alla canonizzazione di Tommaso d’Aquino il 18 luglio 1323, la procedura di canonizzazione pontificia era già codificata³. È noto che il papato accettasse di aprire un’indagine se la domanda fosse stata accompagnata da un numero sufficiente di richieste da parte di personalità influenti. I postulatori intanto avevano già effettuato un’indagine preliminare di cui fornivano i risultati su richiesta⁴. L’indagine propriamente detta – processus o informatio in partibus – veniva affidata a tre commissari, di cui almeno uno era un vescovo, ai quali il papa inviava lettere remissorie. Alcuni notai venivano incaricati di redigere le disposizioni in forma publica⁵. A partire dal secondo terzo del XIII secolo, veniva istituita la figura del postulatore, ruolo che Guglielmo da Tocco ha rivestito nel processo di san Tommaso. Il postulatore doveva occuparsi delle questioni preliminari all’apertura del processo e aveva anche il compito di reperire i testimoni. Oggetto d’indagine erano la vita e i miracoli del candidato alla santità. Nel corso del XIII secolo è possibile osservare un crescente interesse sulla santità di vita a detrimento dei miracoli, benché l’indagine su questi diventi più rigorosa⁶.

    Conosciamo l’iter del processo di canonizzazione grazie agli atti giunti fino a noi⁷. Per i primi anni del XIV secolo, quando si assiste alla canonizzazione di Tommaso d’Aquino, disponiamo anche di una descrizione della procedura che precedeva la canonizzazione: l’Ordo Romanus XIV, attribuito a Giacomo Gaetano (1270ca-1343), cardinale-diacono residente nella Curia avignonese e autore di un racconto della canonizzazione di papa Celestino V (1296)⁸. Secondo questo documento, se la prima indagine, affidata a un vescovo della regione, era favorevole, il papa poteva ordinarne una seconda per verificare la verità delle informazioni prodotte. Il pontefice delegava gli stessi inquisitori, o ne designava di nuovi, che avrebbero poi dovuto redigere un rapporto munito di sigillo. Tale rapporto veniva affidato ai chierici della Curia papale che lo riassumevano raggruppando gli elementi del processo sotto un certo numero di rubricae. Questo sommario, con l’intero dossier, passava quindi nelle mani dei cardinali, i quali esponevano la situazione in concistoro alla presenza del papa. Una volta che l’assemblea avesse ritenuto probanti le testimonianze sulla vita, ciascun miracolo veniva poi accuratamente esaminato dai cardinali. Se essi si fossero pronunciati per la canonizzazione del candidato, il papa avrebbe riunito un nuovo concistoro di tutti i prelati presenti nella Curia, sollecitando un loro parere. Infine, in un ultimo concistoro pubblico, il postulatore della causa chiedeva al papa di iscrivere il candidato nel catalogo dei santi, e setto o otto prelati scelti dal pontefice appoggiavano la richiesta.

    Il XIV secolo è caratterizzato da un dilatamento della procedura, imputabile alla durata crescente della fase curiale del processo. Dai due anni sotto Innocenzo III e Gregorio IX, la durata media passa ai dieci alla fine del XIII secolo, fino ai venti all’inizio del XIV secolo. Durante il pontificato dei papi avignonesi, un processo di canonizzazione impiegava mediamente trent’anni per giungere al suo scioglimento⁹. Queste cifre consentono di apprezzare la rapida risoluzione della causa di Tommaso d’Aquino.

    I passi compiuti tra il 1317 e il 1323 in vista della sua canonizzazione corrispondono in larga misura alle fasi di cui abbiamo appena dato notizia. Esclusi gli atti delle indagini in partibus di Napoli (1319) e di Fossanova (1321), le informazioni che possediamo sul processo provengono dallo stesso Guglielmo da Tocco. Se il testo dell’Ystoria pubblicato dai Bollandisti, e in seguito da Domenico Prümmer, aveva reso note alcune fasi del processo, la nostra edizione, che presenta l’ultima redazione del testo della Vita e la collezione completa dei miracoli, fornisce un’idea più precisa e distesa dei fatti.

    2. L’Ystoria sancti Thomae de Aquino come parte

    del processo di canonizzazione

    L’Ystoria occupa un posto ben preciso nell’orizzonte della letteratura agiografica. In questa parte fondamentale del processo di canonizzazione, l’autore persegue due obiettivi: dimostrare l’eroicità delle virtù e far riconoscere i miracoli, condizioni necessarie all’apertura dell’indagine. Superata questa fase, il testo serviva ordinariamente come base per i capitula generalia, questionario utilizzato per interrogare i testimoni¹⁰. Risulta, del resto, che nel corso del XIV secolo la redazione dei capitula spettasse proprio al postulatore della causa¹¹.

    Sebbene i capitula generalia siano già la regola sotto i papi di Avignone¹², sembra tuttavia che non siano stati utilizzati nella causa di san Tommaso. Nell’indagine di Napoli non si trova, infatti, la stessa partizione della vita del santo in periodi, a loro volta suddivisi in capitoli. Mentre la Vita di Luigi di Tolosa è divisa in 5 periodi e 55 capitoli, quella di Tommaso Cantalupe in 4 periodi e 24 capitoli, quella di Eleazaro di Sabran in 170 articuli¹³, i testimoni che depongono a Napoli sono invece interrogati genericamente «super vita et conversatione dicti fratris Thome»¹⁴.

    Ci si può domandare perché Guglielmo da Tocco non abbia osservato la procedura già in uso durante la sua epoca. Fin dal 1233, per il processo di san Domenico, il postulatore della causa, Filippo da Vercelli, aveva preparato un elenco di articoli che enumeravano i tratti caratteristici della santità del fondatore dell’Ordine¹⁵. Tocco non sembra averlo imitato, dal momento che i testimoni non sono mai interrogati su un aspetto particolare della vita di san Tommaso. L’Ystoria mal si presta al découpage cronologico che fin dalla seconda metà del XIII secolo serviva come base per l’indagine de vita¹⁶. Lo sviluppo dell’indagine di Napoli sembra rifarsi invece a una procedura antica in cui l’evocazione delle virtù ha un’importanza maggiore rispetto alla successione degli episodi edificanti. Questa modifica alla procedura si spiega senza dubbio con l’assenza delle testimonianze riguardanti alcuni periodi della vita del santo. Tra la morte di frate Tommaso nel 1274 e l’indagine di Napoli nel 1319 sono infatti intercorsi quarantacinque anni e la maggior parte dei testimoni rintracciati dal postulatore – vecchi Domenicani o monaci di Fossanova – avevano conosciuto Tommaso d’Aquino soltanto al termine della sua vita. Nell’impossibilità di associare testimonianze agli altri periodi della vita del santo, Guglielmo da Tocco dovette dunque rinunciare agli articuli interrogatorii e dividere l’interrogatorio in due sezioni: «de vita et conversatione» e «de miraculis»¹⁷.

    Il contenuto dell’Ystoria deve essere esaminato in riferimento alle direttive sull’indagine de vita emanate dalla Curia pontificia. Nel corso del XIII secolo, nella sua iniziativa di centralizzazione delle canonizzazioni, la Chiesa romana aveva precisato alcuni criteri per riconoscere la santità. Uno dei documenti più espliciti a questo riguardo è il commento del cardinal Enrico di Susa alla decretale Venerabili di Innocenzo IV¹⁸. Secondo il canonista, l’indagine deve porre l’accento sulle pratiche penitenziali, la purezza dei costumi, e le azioni coraggiose. Due virtù sono ritenute fondamentali: la semplicità e l’umiltà. Queste nuove norme sembrano essere state osservate dall’autore dell’Ystoria, che consacra due capitoli all’umiltà (Vita¹⁹ 25 e 26), prima tra le virtù «a qua omnium virtutum proficit incrementum»; e descrive con enfasi e insistenza le lacrime, il digiuno, le veglie, l’elevazione costante dei pensieri di un asceta votato all’esegesi della Scrittura.

    Il ritratto tracciato da Tocco riflette inoltre le tendenze più generali della Chiesa in fatto di verifica della santità. Una di queste è la preferenza ormai accordata ai cristiani senza macchia, a detrimento dei peccatori pentiti. A partire da Innocenzo IV, infatti, la Santa Sede esige dagli aspiranti alla santità una vita interamente consacrata alla virtù²⁰. Mentre nella Legenda aurea – composta verso il 1260, ma che lascia poco spazio ai santi recenti – la santità passa generalmente attraverso la penitenza²¹, nell’Ystoria la nozione di espiazione è invece assente: Tommaso d’Aquino resiste vittoriosamente a tutte le tentazioni, quelle dello spirito come quelle della carne. Si racconta, scrive Tocco, che san Tommaso rendesse grazie a Dio di non aver mai ceduto a un moto d’orgoglio (Vita 25). Quanto alla lotta contro l’impudicizia, gli viene definitivamente assegnata la palma della vittoria dopo la prova della prostituta (Vita 11). Secondo il suo biografo, san Tommaso ignora il peccato²². Questa proclamazione di assenza totale di colpa nel candidato si può spiegare con la nuova esigenza di impeccabilità. Analogamente, in questa stessa prospettiva occorre leggere le testimonianze dei confessori che Tocco cita nella sua Vita (27 e 63). Nel processo di Luigi d’Angiò, la cui canonizzazione ha di poco preceduto quella di san Tommaso, i testimoni pongono l’accento sull’innocenza del candidato²³: la perfezione di tutta la vita è divenuta la condizione sine qua non della santità.

    Quanto al problema della povertà che divideva allora la Chiesa, e che raggiunse un’acutezza ineguagliata sotto il pontificato di Giovanni XXII, i Domenicani avevano una posizione molto più flessibile rispetto ai Francescani²⁴. Lo stesso san Tommaso riteneva che la povertà non fosse una virtù per se. L’atteggiamento del biografo è conforme a questo modello di vita religiosa; Tocco, infatti, affronta la questione della virtù della povertà in modo assai sobrio. Il disprezzo delle ricchezze e degli onori non è che un aspetto dell’abstractio di san Tommaso²⁵. La povertà non è ricercata per se stessa, ma in ragione di un interesse superiore: Tommaso è «contemptor seculi et amator celi» (Vita 42). Questa pacatezza è in forte contrasto con le frasi indignate che l’autore indirizza ai Fraticelli, difendendo le posizioni recentemente assunte dal papa nella bolla Sancta Romana e la costituzione Gloriosam Ecclesiam (dicembre 1317 e gennaio 1318)²⁶.

    La relativa scarsità dei miracoli in vita deve essere interpretata alla luce di un’evoluzione generale degli scritti agiografici²⁷ e messa in parallelo con le nuove esigenze di perfezione della vita del santo. André Vauchez rileva una netta diminuzione dei miracoli in vita tra la fine del XII secolo e l’inizio del XV e una crescita proporzionale dei miracoli post mortem²⁸. Ora, il procedimento dell’indagine per la canonizzazione di Tommaso d’Aquino è rivelatore dell’importanza attribuita ai miracoli postumi. Avremo occasione di verificare gli sforzi reiterati di Tocco per ottenere dal papa un’indagine a Fossanova, luogo della sepoltura²⁹. Il postulatore della causa di canonizzazione lavora simultaneamente su due fronti: mostrare l’eccellenza della vita nella Vita e il potere taumaturgico in una collezione di miracoli post mortem.

    3. Contesto politico della canonizzazione:

    Giovanni XXII e la casa d’Angiò

    Nel 1316, al termine di una difficile elezione³⁰, il cardinal Jacques Duèze divenne Giovanni XXII. Il nuovo papa volle forse dimostrare la propria gratitudine ai Domenicani, il cui convento di Lione aveva accolto il conclave per due anni. Secondo la testimonianza di Pietro Gui, Giovanni XXII propose all’Ordine di canonizzare uno dei suoi³¹. La candidatura di Raimondo di Peñafort, avanzata dal re d’Aragona, non venne approvata³². Le simpatie di Jacques Duèze andavano piuttosto alla casa d’Angiò, alla quale era direttamente legato da molti anni³³.

    Il sostegno del candidato da parte dei reggenti angioini di Napoli non è certo estraneo alla rapida risoluzione del processo: se l’iniziativa dell’apertura del dossier si dovette ai Domenicani della provincia di Sicilia, la richiesta della canonizzazione rivolta al papa è invece opera della regina Maria, vedova di Carlo II, e dei suoi figli Roberto, Filippo e Giovanni. Re Roberto si sobbarcò gran parte delle spese del processo e pronunciò un discorso ai festeggiamenti per la canonizzazione³⁴. Bartolomeo di Capua³⁵, alto dignitario del Regno, assistette Guglielmo da Tocco nella raccolta delle testimonianze, e fu lui stesso, per l’ampiezza e la precisione della sua deposizione, il principale testimone dell’indagine di Napoli³⁶. Tommaso d’Aquino non fu un caso isolato. Sotto i papi di Avignone, e in particolare durante il pontificato di Giovanni XXII, le ragioni politiche ebbero un peso enorme nella selezione dei candidati alla santità. Le cause presentate dai sovrani d’Aragona, in particolare quella di Raimondo di Peñafort, e dai regnanti inglesi, si scontrarono con un rifiuto sistematico durante il pontificato di quest’ultimo³⁷. Al contrario, la canonizzazione di Luigi d’Angiò – proposta da Carlo II e da suo figlio Roberto, ma non dai Francescani – fu uno dei primi atti del pontificato di Giovanni XXII³⁸. E per giunta si trattava di elevare agli onori dell’altare, in una delle fasi più critiche del dibattito sulla povertà di Cristo, un francescano vicino agli Spirituali! La casa d’Angiò fu, con il ramo della casa reale di Francia, la grande beneficiaria delle scelte della Santa Sede.

    Il peso delle alleanze politiche, tuttavia, non deroga affatto al significato teologico della canonizzazione di Tommaso d’Aquino. Iscrivendolo nel catalogo dei santi, Giovanni XXII sanciva una sintesi dottrinale che non si era imposta da subito nel mondo universitario e che all’inizio del XIV secolo non riscuoteva ancora un consenso unanime³⁹. In tal modo, manifestava nello stesso tempo il proprio appoggio a una forma precisa di vita religiosa: quella dei Domenicani, in opposizione a quella dei Francescani. La bolla di canonizzazione lo dimostra inequivocabilmente.

    4. L’autore dell’Ystoria

    L’Ystoria è un’opera anonima: nessun manoscritto l’attribuisce a Guglielmo da Tocco. Il suo nome è presente in due manoscritti perduti del XIV secolo, di origine italiana⁴⁰. Una Vita di san Tommaso «R.P.F. Gulielmo de Thoco authore» fu riprodotta, secondo uno di questi manoscritti⁴¹, all’inizio di una edizione della Summa Theologiae nel 1588. Dopo tali manoscritti, questo è il più antico riferimento a Tocco che conosciamo.

    Non mancano tuttavia argomenti di critica interna che ci consentano, senza dubbi di sorta, di vedere in Tocco l’autore dell’Ystoria. Si tratta, in particolare, delle informazioni di prima mano sullo sviluppo del processo, ma anche del modo così intimamente personale con cui l’autore descrive i dubbi e le difficoltà del frate incaricato di promuovere la causa di Tommaso d’Aquino. L’argomentazione condotta a partire dal testo stabilito da Prümmer⁴² è corroborata dalla nostra edizione dell’ultima redazione del testo. L’attribuzione dell’Ystoria sancti Thomae de Aquino a Guglielmo da Tocco, pertanto, non è più in discussione.

    Gli scarsi dati biografici che possediamo su Guglielmo provengono dagli atti dei capitoli della provincia romana, dagli archivi del Regno di Napoli-Sicilia e dalla deposizione di Tocco stesso al processo di Napoli⁴³. La deposizione dell’autore, rilasciata il 4 agosto 1319, fornisce alcune precisazioni cronologiche. Nel verbale del processo, il notaio qualifica Tocco come anziano: «antiquus religiosus» (Napoli 58). Questo documento rivela inoltre che il testimone conobbe san Tommaso a Napoli nel 1272-1274, dove lo udì predicare e insegnare.

    Guglielmo da Tocco nacque tra il 1240 e il 1250 vicino a Benevento. È verosimile che abbia condotto il noviziato nel convento di questa città, dove lo si ritroverà priore al termine della vita. Circa trentenne, conobbe san Tommaso seguendo le lezioni del maestro in veste di uditore e non da studente. Il suo nome compare negli atti dei capitoli della provincia romana⁴⁴, tali ricorrenze permettono così di seguire l’andamento della sua carriera. Nel 1288 è nominato, insieme al confratello Tolomeo da Lucca, predicatore generale dal capitolo provinciale di Lucca. È priore del convento di Napoli nel 1289⁴⁵ e di Benevento nel 1291 e nel 1297. Occupa ancora questo incarico nel 1319 (Napoli 58).

    Numerosi documenti datati 1292-1300 attribuiscono inoltre a Guglielmo la funzione di inquisitore⁴⁶. Nel 1300 è Grande Inquisitore del Regno. Nell’esercizio di questa funzione, sembra abbia attirato su di sé le ire di Carlo II, il quale mandò in esilio tutti i membri della sua famiglia. Le cause di questa disgrazia restano oscure, forse il re volle consumare così una vendetta politica⁴⁷. Sappiamo soltanto che la famiglia poté rientrare nelle grazie del re nel 1301 per intervento del papa o del logoteta del Regno, Bartolomeo di Capua.

    Non si possiedono notizie certe riguardo alle attività di Tocco prima dell’inizio del processo. L’Ystoria (Vita 70) indica che nel 1316 si trovava a Salerno, presso il conte di Marsico, nipote di Tommaso d’Aquino. Questo indizio, insieme a pochi altri – Bartolomeo di Capua (Napoli 79) riferisce di essersi premurato di comunicare a Tocco un’informazione ricevuta nel 1303 per bocca di frate Giovanni del Giudice ad Anagni –, fa supporre che Tocco si dedicasse da molti anni alla raccolta delle testimonianze sul maestro. È dunque verosimile che questi gli abbia affidato l’onore di promuovere la sua causa.

    5. Guglielmo da Tocco e le fasi

    del processo di canonizzazione

    Per chiarezza espositiva distingueremo quattro fasi nel processo che portò alla canonizzazione di Tommaso d’Aquino: l’iniziativa dei Domenicani di Napoli; l’indagine preliminare di Tocco e il suo primo viaggio ad Avignone; l’indagine di Napoli; il secondo viaggio di Tocco ad Avignone e l’indagine di Fossanova.

    1317: l’iniziativa dei Domenicani di Sicilia

    La proposta del papa giunse a Napoli nell’estate o nell’autunno del 1316. Si è inclini a ritenere che la candidatura di Tommaso d’Aquino sia stata presentata senza esitazioni. Nel 1317 il capitolo della provincia domenicana di Sicilia, riunito a Gaeta, decise di affidare a due dei suoi, Guglielmo da Tocco e Roberto di Benevento⁴⁸, il compito di promuovere la canonizzazione del maestro. Lo veniamo a sapere dallo stesso Guglielmo, dal momento che gli atti del capitolo non si sono conservati⁴⁹. Il nome dei due Domenicani compare nell’ultima redazione del testo. Ancora da Tocco siamo informati sul nome del provinciale di Sicilia: Roberto di San Valentino (mir. 10).

    1318: inizio dell’indagine

    e primo viaggio ad Avignone

    Dopo il capitolo di Gaeta, che un’antica tradizione vuole collocare a settembre⁵⁰, Tocco con ogni probabilità dovette essersi rimesso al lavoro con rinnovato ardore. Nel novembre del 1317, infatti, lo ritroviamo negli Abruzzi presso Tommaso di San Severino, conte di Marsico (Napoli 60). Figlio di Ruggero di San Severino e di Teodora, la sorella più giovane del santo, Tommaso intratteneva ottimi rapporti con i Domenicani (Vita 37 e 70).

    Nel febbraio del 1318, Guglielmo è di nuovo presso il conte e la contessa per raccogliere la testimonianza di Caterina di Morra, figlia di Maria d’Aquino, altra sorella del santo (Napoli 62). Il conte aveva scomodato l’anziana signora apposta per la circostanza; secondo Tocco, la deposizione fu registrata da un notaio. In primavera o all’inizio dell’estate dello stesso anno, Tocco è pronto a partire per Avignone con una prima redazione della sua Vita di san Tommaso⁵¹, un elenco di miracoli⁵² e lettere di importanti personalità del Regno di Sicilia⁵³ che pregavano il papa di autorizzare la canonizzazione. Il viaggio in mare si rivela pericoloso e i viaggiatori si salvano da un naufragio grazie all’intercessione di san Tommaso (mir. 11). Lungo il tragitto fanno sosta al convento di Saint-Maximin (Vita 52).

    In estate Guglielmo è ammesso alla corte di Giovanni XXII⁵⁴ e il pontefice gli propone di presentare la sua richiesta nel prossimo concistoro. Tocco ne fa un ampio resoconto nella raccolta dei miracoli (mir. 13). Nell’ultima redazione, egli fa precedere l’episodio da un miracolo il cui beneficiario è Roberto di Benevento (mir. 12). Questo passaggio inedito, di grande interesse psicologico, la dice lunga sullo stato d’animo dei due Domenicani che attendevano con ansia di essere ricevuti dal papa. Tale prova sembra sia stata particolarmente penosa per il giovane Roberto, le cui reazioni fanno pensare che i messaggeri della provincia di Sicilia si siano scontrati con alcune difficoltà. L’Ystoria racconta, infatti, che, disperando di fronte alla difficoltà dell’impresa, frate Roberto proruppe in parole d’indignazione, rifiutandosi di lavorare alla causa di Tommaso d’Aquino. Assalito da febbre violenta, chiese poi perdono al futuro santo.

    In ogni caso, presso Giovanni XXII la causa di san Tommaso era in parte già stata vinta: il papa, infatti, l’anno precedente, aveva fatto acquistare le opere complete di Tommaso d’Aquino per la Biblioteca Apostolica⁵⁵. Il 13 settembre, Guglielmo da Tocco ricevette le lettere pontificie che ordinavano un’indagine sulla vita e i miracoli di frate Tommaso e nominavano come delegati Umberto⁵⁶, arcivescovo di Napoli, Angelo⁵⁷, vescovo di Viterbo, e Pandolfo Savelli⁵⁸, notaio apostolico (Napoli 3; mir. 13). A dicembre fa ritorno in Italia, facendo sosta ad Anagni alla fine del mese (Napoli 61).

    1319: Fossanova e Napoli

    Il papa aveva affidato ai suoi delegati il compito di scegliere il luogo in cui si sarebbe tenuta l’udienza dei testimoni. Guglielmo sperava potesse essere Fossanova⁵⁹. Nel marzo del 1319 lo troviamo nella regione di Piperno per registrare una guarigione (Napoli 65)⁶⁰. Il postulatore si aspettava che i due commissari potessero recarsi a Fossanova a interrogare i monaci anziani che avevano assistito alla morte di san Tommaso, dal momento che molti di loro non potevano viaggiare fino a Napoli. Tuttavia, anche l’arcivescovo di Napoli non poteva spostarsi perché infermo⁶¹; quanto al vescovo, invece, Tocco riferisce di averlo atteso per quattro mesi a Fossanova⁶².

    Nella sua deposizione (Napoli 63), Guglielmo menziona una guarigione avvenuta il 17 luglio⁶³, precisando che si trattava della vigilia dell’arrivo del vescovo di Viterbo. In seguito (Napoli 65), afferma però di aver lasciato Fossanova il 15 luglio. Al di là dell’incoerenza delle date – Tocco si è sbagliato in un caso o nell’altro –, tutto fa supporre che il vescovo sia passato a Fossanova soltanto qualche giorno prima dell’apertura del processo. Dal 21 luglio al 18 settembre, Tocco assiste all’indagine canonica tenuta al palazzo arcivescovile di Napoli, dove farà lui stesso una deposizione il 4 agosto.

    Gli atti del processo, affidati ai canonici Matteo e Pietro di Viterbo, arrivano ad Avignone nel febbraio del 1320⁶⁴. Compiuto in pieno inverno, il viaggio dei messi è assai pericoloso: giunti in Lombardia, cadono nelle mani dei Ghibellini⁶⁵, per poi rischiare di morire nei pressi del Lago Lemano⁶⁶.

    1320-1321: una seconda indagine

    Nel 1320 perdiamo per un po’ le tracce di Guglielmo. In autunno si trova a Sonnino⁶⁷, dove è testimone di una guarigione miracolosa⁶⁸. Alla fine dell’anno o all’inizio del 1321, si imbarca nuovamente per Avignone, per chiedere al papa di ordinare una nuova indagine, questa volta a Fossanova. Secondo l’Ystoria (Vita 28), nel corso della traversata gli appare il santo, che può così consultare a proposito di un passaggio della leggenda che gli ha dedicato. Il testo ci rivela poi che una violenta tempesta paralizzò i viaggiatori nel porto di Torre Astura (Lazio). Ma come la prima volta, Guglielmo e Roberto di Benevento riusciranno a fare ritorno in Italia portando con sé le lettere papali.

    Le ragioni di questo viaggio sono indicate dallo stesso Tocco in una lunga addizione dell’ultima redazione⁶⁹. Questo racconto getta nuova luce sul periodo oscuro della sua vita che si frappone tra le due indagini⁷⁰. Il postulatore della causa ha intrapreso questo secondo viaggio per presentare al papa una nuova raccolta di miracoli, alcuni registrati a Fossanova nei mesi precedenti il processo di Napoli, altri verificatisi durante lo svolgimento di quest’ultimo, e che volle fare approvare in concistoro. Approvatane dai cardinali la maggior parte («acceptis quam pluribus de predictis»), Tocco volle quindi sottoporre i risultati di un’indagine ufficiosa condotta a Fossanova dal vescovo di Viterbo in assenza dell’arcivescovo di Napoli, suo collega. Con ogni verosimiglianza, l’autore fa riferimento al breve passaggio del vescovo a Fossanova a metà luglio 1319⁷¹, mentre si recava a Napoli: «transiens per sacrum monasterium». Dopo l’esame di questi miracoli, il papa ordina un’indagine ufficiale a Fossanova. Il testo esprime chiaramente l’idea secondo la quale l’indagine di Napoli, condotta sulla fama sanctitatis, e meno interessata ai miracoli post mortem⁷², potesse mostrare solo in modo assai imperfetto la santità del candidato. L’esposizione degli avvenimenti mostra la determinazione del postulatore nell’ottenere l’apertura di un’indagine a Fossanova: per Tocco, infatti, la causa di Tommaso d’Aquino non poteva progredire senza un’indagine condotta sul luogo della sepoltura. Riteneva, del resto, che sarebbe stato come arrecare un’offesa al santo omettere di registrare i miracoli ottenuti per sua intercessione⁷³.

    Questo racconto conferma, inoltre, che i portatori delle lettere pontificie furono anche questa volta Guglielmo da Tocco e Roberto di Benevento. I due Dominicani avranno, dunque, soggiornato ad Avignone almeno fino al 1 giugno 1321, data delle lettere di Giovanni XXII. Furono scelti come delegati Pietro Ferri, vescovo di Anagni e, di nuovo, il notaio pontificio Pandolfo Savelli⁷⁴.

    Dal 10 al 26 novembre, Guglielmo assiste all’indagine canonica di Fossanova⁷⁵. Gli atti saranno portati alla Curia papale da Pietro Sanguineus di Terracina. Questo dettaglio inedito⁷⁶ è rivelato da Tocco nel racconto di uno dei miracoli legati all’indagine di Fossanova (mir 139): Pietro Sanguineus, cameriere di Pandolfo Savelli, esitava a intraprendere il viaggio per timore dei pirati, quando un uccellino entrando in casa si posa su di lui. La confidenza manifestata dall’uccellino infonde così nel messaggero il coraggio di compiere la missione.

    Abbiamo scarse informazioni circa la vita di Guglielmo da Tocco dopo la chiusura dell’indagine di Fossanova. È esclusa la possibilità di un terzo viaggio ad Avignone. Tocco non aveva preso parte al concistoro pubblico in cui il procuratore richiede solennemente la canonizzazione del candidato. Gli ultimi miracoli invitano a ritenere che l’anziano frate abbia risieduto nel convento di Napoli nel 1322-1323, e che abbia appreso qui l’annuncio della canonizzazione nel gennaio del 1323⁷⁷. Nell’ufficio di postulatore gli successe un confratello più giovane, Giovanni Regina, noto anche come Giovanni di Napoli, che si era distinto come fervente difensore di Tommaso d’Aquino all’Università di Parigi⁷⁸.

    Il 18 luglio 1323, Tommaso d’Aquino è iscritto nel catalogo dei santi. Si sono conservati due racconti dei festeggiamenti celebrati in occasione della canonizzazione⁷⁹; non vi presero parte né Guglielmo da Tocco, né

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