Come in una fiaba al contrario
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Anteprima del libro
Come in una fiaba al contrario - Roberta Bianchessi
IL BAMBINO DELLA SOFFITTA
Quando la mamma rifiutò la mia ennesima richiesta di contante, dovetti capitolare. Fui costretta a cercarmi un lavoretto.
L’Avvocato Balestrieri mi scelse come babysitter.
Una diciassettenne dovrebbe avere i suoi spazi, ma tra cugini e fratellino era impossibile districarsi in casa, di bambini a cui badare ne avevo a sufficienza nella mia vita. Mai mi sarei sognata di andarne a cercare un altro fuori, eppure...
Così entrai nell’enorme androne, correndo a perdifiato fino al loro pianerottolo, con il pompon colorato che ballonzolava sopra la mia testa. L’Avvocato mi aspettava impettito sulla soglia.
- Buongiorno, Beatrice!
Detesto quando mi chiamano per nome. Il nome che ho ereditato dalla mia bisnonna materna.
- Sarò di ritorno per le nove, – precisò quando posò quei suoi occhi grigi, privi di espressione, su di me. - Leggigli qualche fiaba, gli piacciono tanto, – aggiunse scostandosi e invitandomi a entrare.
Di questo bambino non sapevo niente, nemmeno il nome. Lui, invece, era un cliente abituale del negozio di papà.
Quando chiusi la porta, il silenzio mi avvolse come un sudario, mi si accapponò la pelle nonostante il pesante giaccone che mi ero infilata sopra la casacca della tuta. Aleggiava in quella casa un’aria stagnante, dove la gioia non ha ragione di esistere.
Attraversai a passo spedito il lindo corridoio, così asettico da ricordarmi una corsia ospedaliera. La fragranza di lavanda mi investì leggera, riportandomi alla mente l’immagine degli sconfinati campi tra Bonnieux e Saignon, dove file lilla si alternano a un cielo azzurrissimo spruzzato di panna. E poi il giallo intenso, il verde smeraldo e il rosso dei papaveri, a spezzare i freddi colori della pietra dell’abbazia di Sénanque.
Mi fermai sulla soglia della stanza, ricavata nel sottotetto. Osservai in silenzio quel piccolo corpo, adagiato sotto la coltre di coperte, da cui spuntava appena una massa di capelli ricciuti.
- Papà se n’è andato? – chiese con un filo di voce.
Balbettai, mentre scrutavo confusa quel corpicino muoversi appena: – Mi chiamo Bea, – appoggiai la borsa a terra e mi avvicinai. In quel momento, il bambino aprì gli occhi. Occhi verdi ma spenti, come se la gioia non li avesse mai nemmeno sfiorati.
Accanto al letto, libri di fiabe e favole erano accatastati in una pila disordinata. A far loro la guardia, un enorme gatto rosso, dal pelo così folto che mi era subito venuta voglia di affondarci le dita.
Quasi che l’animale avesse indovinato i miei pensieri, spalancò i suoi occhi gialli, fissandomi, per poi rizzarsi sulle zampe e stiracchiarsi.
- Lui è Pepper, – disse il bimbo, sollevò appena la mano che lasciò ricadere sul dorso dell’animale, facendo partire un concerto di fusa.
- E tu? – mi sedetti sul bordo del letto. – Come ti chiami?
- Riccardo, – rispose e socchiuse gli occhi, esausto.
Il viso era di un colore esangue.
Pescai dalla pila un libretto colorato e, dopo averlo sfogliato, iniziai a leggere.
- C’erano una volta un uomo e una donna che da molto tempo desideravano invano un bimbo…
- Smettila! – strillò, afferrò le coperte e spalancò gli occhi.
- Non ti piace Raperonzolo? – domandai perplessa. Eppure il libro era pieno di sottolineature