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Per sempre
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E-book199 pagine2 ore

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Info su questo ebook

Quando Riccardo diventa padre del piccolo Andrea la sua prima reazione è di panico. È certo che non sarà all’altezza e che finirà irrimediabilmente per deludere suo figlio. Tuttavia, a mano a mano che gli anni passano, scopre di essersi sbagliato. Lui e Andrea sviluppano un rapporto speciale, simbiotico, fatto di risate e complicità, ma anche di fiducia e di un amore assoluto, puro e incondizionato. Ma il destino non fa sconti e colpisce quando Riccardo meno se lo aspetta. E così Andrea, a soli sette anni, muore in un incidente. Ci vuole un attimo per andare in pezzi, e dopo rimetterli insieme è molto difficile. Eppure, anche se a Riccardo sembra impossibile, non lo è. Ora dovrà iniziare il percorso tutto in salita verso l’accettazione del lutto, cadendo e rialzandosi, finché non saprà affrontare quello che è successo e lasciar andare finalmente suo figlio, per imparare a vivere di nuovo.
LinguaItaliano
Data di uscita15 apr 2022
ISBN9788892966857
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    Anteprima del libro

    Per sempre - Roberto Locatelli

    SÀTURA

    frontespizio

    Roberto Locatelli

    Per sempre

    ISBN 978-88-9296-685-7

    © 2022 Leone Editore, Milano

    www.leoneeditore.it

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autore o sono usati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da ritenersi puramente casuale.

    Al mio amico Angelo,

    un padre meritevole

    dell’amore dei suoi figli.

    INIZIO

    Sarà difficile lasciarti al mondo

    E tenere un pezzetto per me

    E nel bel mezzo del tuo girotondo

    Non poterti proteggere…

    Con le labbra leggermente schiuse e un filo di voce, canticchia ancora e ancora le strofe della canzone di Ligabue, A modo tuo, mentre cammina sotto la pioggia battente che gli bagna il capo, il viso, e gli inzuppa i vestiti in profondità.

    Ha sempre amato la pioggia, il suono delle gocce d’acqua che, cadendo dal cielo, si infrangono sull’asfalto, sui tetti delle case, sulle foglie degli alberi, sulle auto e sulle lamiere dei capanni improvvisati.

    Anche solo sentirne il ticchettio lo fa stare meglio. Lo aiuta a riflettere, lo tranquillizza, gli concilia il sonno. Ma camminare sotto l’acqua gli dà una sensazione più intima, perché pulisce, anzi purifica. Toglie lo sporco, quello che si vede e anche quello dell’anima che non si vede. Stasera sente che questa pioggia laverà via il suo peccato.

    Sotto di lui scorre, sempre più impetuosa nel suo alveo, l’acqua del fiume che, ingrossata dalla pioggia a dirotto, a malapena è trattenuta dalle barriere che uomo e natura hanno imposto al suo corso.

    Alza gli occhi al cielo, sfidando le gocce grosse e copiose che cadono da lassù e pensa a quanto abbia sempre desiderato volare, l’esperienza totalizzante di librarsi nell’immensità degli spazi all’orizzonte, dove sogno e realtà si fondono in un unico desiderio.

    Dapprima sente che l’aria, resa più fredda dalla pioggia, lo intirizzisce tutto, ma poi avverte una scarica di adrenalina che gli trasporta calore e conforto lungo tutto il corpo. Con la mano protesa in avanti, stringe la sua e sorride.

    Finalmente sorride.

    INSIEME

    I

    «Ahiaaa!»

    Riccardo lancia un urlo di dolore e di nervoso, ridestato prematuramente e bruscamente dal sonno riposante e prolungato della domenica mattina, la giornata non lavorativa dedita all’otium.

    Ma è il brusco risveglio ricorrente di quasi ogni domenica mattina, da alcuni anni a questa parte. Almeno da quando Andrea, di anni cinque, detto il Terremoto, è entrato nella vita di Riccardo e Patrizia; lui contabile presso una società di revisione, lei insegnante, sposati da sette anni, più tre di fidanzamento.

    «Uffa… Ogni domenica la solita storia, Andrea. Ti alzi presto quando noi vorremmo dormire e poi ti lanci su papà e lo svegli, spaventandolo a morte. Non si fa!»

    «Ma a papi piace che lo sveglio così. Io lo so che ti piace, vero, papi?»

    «Eeeh, insomma, vorrei dormire un po’ più del solito la domenica, ma è proprio quando tu invece dormi di meno. Durante la settimana dobbiamo svegliarti con le bombe nel culo, e poi…»

    Andrea scoppia a ridere di gusto, ripetendo la frase. «Con le bombe nel culo! Con le bombe nel culo! Perché mi svegliate con le bombe nel culo, papi?»

    Patrizia invece, contrariata, rimprovera Riccardo per il suo linguaggio poco consono a un bimbo di cinque anni. «Complimenti, è così che intendi fare da padre a tuo figlio? Belle cose che gli insegni!»

    «Ma è solo un modo di dire, per spiegare che da lunedì a sabato non si sveglia mai, si fa fatica a farlo alzare, al contrario della domenica.»

    «Potevi spiegarlo così, invece che con quello che hai detto!»

    Andrea, rimasto in ginocchio sopra le coperte in mezzo a Riccardo e Patrizia, continua ad alternare risate alla ripetizione della frase incriminata. «Papi, mi rispieghi la storia delle bombe nel culo?»

    Strizza gli occhi mentre ride di gusto a bocca spalancata, lasciando intravedere i dentini tutti bianchi e ben allineati.

    Così ha inizio una domenica qualsiasi.

    «Allora, cosa facciamo oggi?» chiede Andrea.

    Gli fa eco la mamma. «Sì, papà, cosa facciamo oggi, tutti insieme? Di’ ad Andrea cos’abbiamo pensato di fare!»

    Riccardo, rigirandosi nel letto tra lo scocciato e l’assonnato, farfuglia: «Ma che ne so… Dormire tutto il giorno?».

    «No! Risposta sbagliata» risponde la moglie. «Allora, se tu fai l’antipatico, dico io ad Andrea la sorpresa.»

    Il piccolo, tutto euforico, inizia a saltellare sul lettone pur rimanendo in ginocchio, facendo sobbalzare il papà ancora rannicchiato tra le coperte. «Dimmi, mamma! Dimmi, mamma!»

    «Andiamo al…» Patrizia fa seguire una pausa colma di suspense e cerca di coinvolgere il marito. «Vuoi dirlo tu, Riccardo?»

    «Dai, papi!» fa eco Andrea.

    «Okay, andiamo a… Andiamo a… Andiamo a… dormire!» Riccardo scoppia in una risata di autocompiacimento.

    Andrea si scaglia addosso al papà, mettendogli le manine sulla faccia, il volto aperto in una risata divertita. «Dimmelo!»

    Ridendo con suo figlio, Riccardo, sdraiato nel letto in posizione fetale, cerca di resistere e proteggere le parti delicate da Andrea che gli salta addosso, con l’obiettivo di fargli confessare dove andranno in giornata.

    La mamma si defila il più possibile sul bordo del letto, sconsolata nel vedere che ogni domenica mattina si ripete la stessa scena di lotta, che mal si concilia sia con la sua idea di educazione riguardo all’uso della forza, sia con quella di rapporto padre-figlio, che a suo dire dovrebbe essere impostato più sul rispetto e l’autorità che sulla complicità e il divertimento. I saltelli di Andrea sulla pancia e sul petto di papà vanno avanti per diversi minuti tra i gemiti di dolore di quest’ultimo.

    Dopo un po’ Riccardo cede. «Okay, okay, basta così, ti dico dove andiamo oggi.»

    Andrea gradualmente smette di saltellare. «Me lo dici, allora?»

    «Andiamo al Parco della preistoria, a vedere i dinosauri e fare un bel picnic!»

    «Evvivaaa!» urla Andrea, rimettendosi a saltellare di gioia.

    Com’è naturale, sempre sopra la pancia e il petto di papà, che subisce divertito e dolorante l’esultanza del bambino.

    Il sole di aprile concilia la voglia di evadere dalle proprie abitazioni, di uscire, stare all’aperto, soprattutto dopo un lungo e freddo inverno e un inizio piovoso di primavera; c’è voglia di luce, di calore, di aria fresca sul viso, di stare in mezzo ad altra gente e, naturalmente, di fare picnic.

    Per Andrea non potrebbe esserci avventura più bella di andare a vedere gli amati dinosauri! Non si sa neppure da dove sia nata questa passione, se da un peluche o da un semplice libro illustrato, regalato quand’era ancora piccolo. Fatto sta che, dando seguito alla passione del bambino, nessuno manca di regalargli giochi e libri a tema dinosauri, a iniziare dai genitori sino agli zii, passando per i nonni e gli amici, in occasione delle feste comandate o di ricorrenze varie.

    La casa perciò è letteralmente invasa da qualsiasi cosa abbia a che fare con i dinosauri, tanto che le parole ricorrenti del papà quando, scoraggiato, nota la presenza in casa di qualsiasi nuovo oggetto a essi riconducibile, sono: «Questa non è più una casa, è diventata il Jurassic Park!».

    La giornata per Andrea è molto emozionante, così, una volta che il papà ha pagato l’ingresso, corre subito a fare sua la mappa del parco. La apre, se la gira tra le manine, cercando di capire in quale punto si trovino. Ma gli occhi gli cadono inesorabilmente sulle immagini dei dinosauri che conosce, dal triceratopo al brachiosauro, dal velociraptor al T-rex.

    «Okay, l’avventura ha inizio!» dice il papà.

    «Pronto, Andrea?» chiede la mamma.

    «Prontissimo!» Andrea stringe tra le mani la piantina del parco come fosse una reliquia.

    «Allora, qual è il primo dinosauro che la mappa ci indica? Guarda bene» lo sprona Riccardo.

    «È questo. Il plesiosauro. Che bello!» risponde Andrea con gli occhi spalancati, pieni di gioia e sorpresa. «Ha la bocca aperta con i denti in fuori.»

    È più che una semplice giornata al parco in famiglia. Per Andrea è un entusiasmante tuffo nelle sue passioni, nei suoi giochi di bimbo, la materializzazione di ciò che sino a quel momento ha visto solo sfogliando i libri o le immagini sul tablet. Qui invece può guardare i dinosauri come fossero reali, fisici, tridimensionali e, seppure fissi, nella sua mente prendono vita e si muovono, agiscono come in Jurassic Park.

    «Allora, proseguiamo?» dice la mamma.

    «Certo!» risponde il piccolo.

    «Quale ci indica la mappa come prossimo dinosauro?» chiede il papà.

    Queste tre battute sono ripetute più e più volte nel corso della giornata, praticamente quasi a ogni sagoma presente nel parco, che Andrea osserva incantato e immortala come una fotografia nella propria mente.

    «Ehi, ehi, ehi, vedo qualcosa laggiù, mi sa che ce n’è uno bello grosso. Chissà qual è!» incalza Riccardo, per stimolare la già accesa curiosità e l’esaltazione del figlio.

    Andrea, cartina alla mano, urla: «È il dimetrodonte, papà. Mamma, guarda, il dimetrodonte!».

    Parte di corsa alla volta della sagoma indicata sulla piantina.

    «Attento, Andrea, non avvicinarti che, se si arrabbia, ti mangia!»

    Segue una risata da parte di papà e mamma all’indirizzo del bambino che, di fronte al dinosauro, ne ammira la forma, la grandezza, la vela sulla schiena e la dentatura.

    «Papi, hai visto che zanne? Perché è un carnivoro.»

    «Vero!» annuisce Riccardo. «La vela sulla schiena serviva per immagazzinare i raggi del sole già di primo mattino, di modo che potesse avere subito l’energia necessaria per andare a caccia. Questo perché…»

    Andrea lo interrompe. «Perché i rettili non hanno il sangue caldo come noi!»

    «Bravissimo, Andrea! Oltre che paleontologo, sei anche un esperto zoologo» dice la mamma.

    Proseguendo il giro del parco, Andrea trova altri dinosauri ai quali è interessato: lo stegosauro, con le enormi punte sulla coda per difendersi dai carnivori; il triceratopo, con le due corna sulla testa, uno sul naso e un collare osseo a protezione; e il brontosauro, dalle enormi dimensioni, una coda lunghissima che usava come una letale frusta contro i predatori e un collo adatto a cibarsi delle foglie più alte e più prelibate delle piante preistoriche.

    Ma i momenti più importanti sono certamente due. L’incontro con il velociraptor e, soprattutto, con il T-rex.

    «Allora Andrea, pronto a vedere un predatore piccolo ma feroce, molto intelligente, che agiva sempre in gruppo?» chiede il papà.

    «Prontissimo» risponde Andrea «perché il velociraptor è il mio secondo dinosauro preferito!»

    Alla vista dei piccoli carnivori nell’atto di mangiare una preda, Andrea inizia a osservare la scena, chiedendo se l’animale morto sia vero o finto. Rassicurato sul fatto che sia finto, continua a rimirare questa rappresentazione di caccia preistorica molto cruda e al tempo stesso veritiera con un misto di raccapriccio e di meraviglia.

    «Ehi, Andrea, non devi pensare che i velociraptor, o altri carnivori, fossero cattivi. Non lo erano affatto» spiega il papà.

    «Neanche se uccidono e mangiano le loro prede?» incalza suo figlio.

    «Neanche. È semplicemente la loro natura. Se il Creatore ha dato loro i denti aguzzi, è perché possano mangiare la carne delle loro prede, mentre, se ti dota di denti piatti, significa che sei un animale erbivoro, con una bocca adatta a masticare erba, foglie, frutta.»

    «E chi ha il becco, come il triceratopo?» prosegue nella riflessione Andrea.

    «Anche loro hanno denti che vanno bene per mangiare erba e foglie, strappandole dalla terra o dagli alberi» insiste il papà, per fissare bene nella mente del figlio il concetto. «Nel mondo preistorico dei dinosauri, e anche nella vita degli animali che ci sono oggi, non esiste la differenza tra buoni e cattivi come per le persone. Il loro comportamento è dettato solo dalla necessità di vivere, quindi i carnivori mangiano la carne degli erbivori e gli erbi…»

    «Ho capito, papà! Me l’hai già detto cento miliardi di volte, lo so» sbotta perentorio Andrea, per chiudere il pedante discorso.

    Ora si avvicina il momento più emozionante, l’incontro con il dinosauro preferito di Andrea.

    «Mamma, papà, forza! Vedo il T-rex, il T-rex! Andiamo, è bellissimo, andiamo!» Si porta avanti di una decina di metri rispetto ai genitori, correndo a braccia larghe e con la piantina svolazzante nella mano sinistra.

    La corsa termina solo a un metro dalla recinzione dentro la quale c’è la sagoma del T-rex, maestosa, con la bocca spalancata e una fila interminabile di zanne affilate.

    «Allora, ti piace? Ti fa paura?» chiede la mamma.

    «Mi piace, non ho paura» dice Andrea.

    «Ah, no? Davvero? Allora ne portiamo a casa uno da allevare come animale domestico, ci pensi tu?» chiede il papà.

    Il bambino non si scompone. «Ma certo, a me piacerebbe molto avere un cucciolo vero di T-Rex tutto mio, almeno potrei giocare con lui e farebbe la guardia alla casa.»

    «Io penso che la mangerebbe la nostra casa, con noi dentro come spuntino! Hai visto com’è alto e che denti ha?» chiede Riccardo.

    «Certo, ma io non ho paura, a me piace molto!»

    «Credo che anche tu piaceresti molto a lui… Però non alla stessa maniera» lo provoca la mamma.

    «Ma mamma, guarda che bello è!» dice estasiato suo figlio, al quale non c’è verso di far cambiare idea.

    Dopo aver terminato il momento di ammirazione del T-Rex, il giro del parco prosegue

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