La casa della felicità: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Spinto dal ricordo della meravigliosa notte d'amore di quattordici mesi prima, il magnate dei computer Ethan Tarlington va alla ricerca della giovane artista Paris Hanley. Dopo non poche peripezie la ritrova, ma rimane sorpreso nel vederla con in braccio una neonata esattamente identica a lui! Il dubbio che sia sua figlia è fortissimo, ma Paris nega con forza. Per saperne di più, Ethan la invita nella propria villa per aiutarlo a organizzare una festa di famiglia. Intanto prova...
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Anteprima del libro
La casa della felicità - Victoria Pade
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Her Baby Secret
Silhouette Special Edition
© 2002 Victoria Pade
Traduzione di Maura Arduini
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5893-987-1
www.harlequinmondadori.it
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1
Paris riconobbe la voce all’istante. Era baritonale e profonda, elettrizzante come una buona tazza di caffè.
Proveniva dal soggiorno della casa che lei divideva con sua madre e sua figlia Hannah, e le fece dimenticare di colpo quello che aveva desiderato più di ogni cosa fino a un momento prima: togliersi le scarpe dai piedi doloranti. Come in trance, ne seguì il suono...
«Eccola, finalmente!» esclamò sua madre vedendola comparire sotto il grande arco del soggiorno. «Guarda chi c’è, tesoro.»
Non si era sbagliata. Seduto in soggiorno accanto a sua madre Janine c’era Ethan Tarlington.
A differenza di sua madre, lei non era affatto entusiasta di quella visita.
«Ciao» la salutò lui.
«Ciao» rispose lei, senza un briciolo di entusiasmo.
In realtà tanta freddezza era immotivata, visto che Ethan non le aveva fatto niente. Anzi, era stato assolutamente perfetto. Peccato che Paris non andasse affatto orgogliosa di aver permesso che succedesse quel che era successo l’altra volta; l’unica. E il fatto che casualmente avesse ottenuto quanto voleva non faceva che complicare le cose.
Così finse una moderata curiosità e si mise con naturalezza tra lui e il box dove Hannah, cinque mesi, dormiva beata.
«Che sorpresa» gli disse senza enfasi.
«Immaginavo che ti avrebbe fatto piacere» si intromise sua madre, assolutamente a sproposito. «Ho aperto la porta e mi sono trovata davanti proprio l’uomo della fotografia. L’ho riconosciuto subito, altrimenti non l’avrei mai fatto entrare...»
La fotografia.
L’istantanea che Paris aveva scattato insieme alle altre per documentare il lavoro eseguito. Ethan Tarlington era stato un soggetto improvvisato e inconsapevole... poi quella foto era finita nel cassetto del suo comodino, ed era lì che sua madre l’aveva probabilmente vista per caso, arrivando così alla conclusione, sbagliata, che tra loro ci fosse chissà che cosa.
«Scusatemi, ho molte cose da fare, e voi avrete sicuramente molto da dirvi» cinguettò Janine alzandosi dalla sedia di fronte a quella di Ethan.
Paris esitò. Avrebbe voluto chiedere a sua madre di prendere Hannah con sé, ma non voleva attirare l’attenzione sulla bambina. Così preferì sedersi.
«Santo cielo, puzzi di fritto!» commentò sua madre ridendo.
«Lavoro in rosticceria, mamma.»
«Tua madre mi ha detto che accetti lavori saltuari per pagarti tele e pennelli» commentò lui.
«Già.»
Janine salutò e scomparve. Finalmente, Paris si concesse di soffermare lo sguardo su Ethan. Era anche più affascinante che in fotografia.
Capelli di un castano brillante, dal taglio perfetto. Occhi azzurri e penetranti, un naso aquilino quel tanto che bastava a conferirgli carattere e distinzione, zigomi scolpiti e mascella netta, labbra sottili e al tempo stesso sensuali. E poi spalle ampie, torace forte e gambe chilometriche. In piedi arrivava certo a un metro e novanta.
Insomma, il campione maschile perfetto. Comunque non era proprio il caso di costruire sogni su di lui.
Così, Paris assunse un tono assolutamente formale. «Che sorpresa» ammise.
«Non particolarmente gradita, direi» commentò lui inarcando le sopracciglia.
Infatti lei non era felice di rivederlo. Ma non poteva certo dirlo, perciò tacque.
«Di solito, Cenerentola dovrebbe gradire le visite del principe» continuò lui. «Sbaglio?»
Sbagliava, eccome. Considerate le circostanze.
«Non mi ritrovo, nel ruolo di Cenerentola.»
«Ci siamo incontrati al ballo, abbiamo passato la serata insieme e poi tu sei scomparsa nel nulla. Proprio come nella favola, no?»
Solo che il ballo era una cena benefica in suo onore a Denver, e lei non era presente in veste di invitata ma solo di cameriera in calze a rete e frac. E non era scomparsa allo scoccare della mezzanotte, ma...
«Dopo quella sera, ho passato tutta la settimana successiva a cercarti» continuò Ethan Tarlington. «Ma non sei sull’elenco del telefono e non mi hai lasciato neanche un indirizzo email. L’agenzia di lavoro temporaneo non ha voluto fornirmi il tuo recapito, e tu non mi avevi neppure detto dove vivi. Sapevo solo che dipingi. Ho provato a telefonare ai galleristi che conosco, senza successo. Poi...»
«Sei dovuto partire» lo interruppe lei. «Me l’avevi detto... siccome non sapevi se e quando saresti tornato, mi sembrava molto improbabile che fra di noi potesse esserci un secondo incontro. Come... mi hai trovato?»
«Per caso. Stavo tornando a casa in aereo, la settimana scorsa, e su una rivista mi sono imbattuto in un articolo che parlava di pittori emergenti nella zona di Denver. C’eri anche tu. Così, ho chiamato la rivista, ho parlato con il giornalista ed eccomi qui.»
«Oh.»
Forse il destino aveva deciso di prendersi la rivincita.
«Di quale fotografia parlava, tua madre?» chiese lui.
«Una delle tante che ho scattato quella sera, su richiesta del titolare dell’impresa di catering, per documentare il lavoro. L’inquadratura non era venuta bene, così l’ho scartata e l’ho messa in tasca. L’ho portata a casa senza neanche accorgermene.»
Una verità parziale. Se l’inquadratura del tavolo non era perfetta, comunque lui era venuto benissimo. Anche se l’originale era meglio, ma non aveva alcuna intenzione di dirglielo. Cambiò in fretta argomento.
«È andato tutto bene, in Europa?»
«Sì, grazie. Anche se ho perso un po’ più tempo del previsto. Sono riuscito ad aprire nuove filiali a Ginevra, Amsterdam, Londra e Parigi. Ci sono buone prospettive anche per Hong Kong e Brisbane.»
«Così, la Tarlington Software Company è ormai quotata in tutto il mondo. Congratulazioni.»
«Grazie» rispose lui con naturalezza. Era una delle qualità che l’avevano colpita da subito: il suo ego non era affatto proporzionale al fatturato della sua immensa compagnia.
«Sembra che anche tu sia stata piuttosto occupata» commentò lui con un cenno in direzione del box. «Un figlio con inseminazione artificiale, mi ha spiegato tua madre.»
Paris non poté impedirsi una smorfia di disappunto.
«Oh... ne avete parlato?»
«Ha detto che non potevi aspettare l’uomo giusto, per via di un problema ginecologico urgente.»
«Mia madre parla troppo» ribatté lei irritata.
«Comunque, Hannah è una bellissima bambina.»
«L’hai vista? Voglio dire, era già sveglia quando sei arrivato?»
«Era sveglia, gorgheggiava e mi ha sorriso.»
Lei avvertì un tuffo al cuore, ma ormai apparteneva al passato. Meglio arginare i danni cercando di tagliare corto la visita.
«Purtroppo devo portarla dal dottore entro un’ora» mentì spudoratamente. «Non vorrei sembrarti scortese, ma...»
«Non sta bene?»
«No. La porto solo per un controllo.»
«Ah.»
Ethan, però, non si alzava. Anzi, girò di nuovo gli occhi e si soffermò a guardare il box.
«Tua madre è una donna simpatica» commentò rivolgendole di nuovo la parola. «Mi ha parlato molto di te.»
Paris si sentì sommergere da un’ondata di panico, poi ricordò che sua madre non poteva certo avergli detto quello che non sapeva. «E che cosa ti ha detto di me?» domandò.
«...che è dura, per te, con una figlia. E che avresti bisogno di una macchina nuova, ecco perché hai accettato il lavoro alla rosticceria del supermercato.»
«Immagino che mi avrà dipinta come una martire» rise Paris. «Non ha ancora digerito la mia scelta di fare la ragazza madre.»
«Eppure, mi sembra molto orgogliosa di te» osservò lui. «E adora Hannah.»
«Hannah è la luce dei suoi occhi.»
«Mentre parlavo con lei, mi è venuto in mente che forse ci sarebbe un lavoro che potresti fare per me.»
«Anche tu hai una rosticceria?» domandò Paris.
La bella bocca di Ethan Tarlington si curvò in un sorriso. Lo stesso che lei ricordava.
«No, niente fritti» replicò con un pizzico di ironia. «È un lavoro temporaneo. Ogni anno organizzo una grande cena per gli abitanti del paese dove i miei fratelli e io siamo cresciuti. Il paese si chiama Dunbar, appena prima di Limon.»
«Non l’ho mai sentito.»
«In ogni caso, organizzare tutto è piuttosto faticoso e quest’anno avrei proprio bisogno che ci pensasse qualcun altro; così io mi riposo. La festa si terrà fra una settimana a partire da domani, e sono proprio gli imprevisti dell’ultimo minuto che mi preoccupano. Verresti a Dunbar per occuparti di tutto? Non ci sono alberghi, ma posso ospitarti a casa mia e in una settimana guadagnerai abbastanza per comperarti una macchina nuova.»
«Stai scherzando.»
«Niente affatto! Non è per questo che ti ho cercato ma, dal momento che le cose sembrano cambiate, possiamo unire le nostre esigenze e metterle a frutto.»
Le esigenze di Paris erano sicuramente un dato di fatto, perciò si trovò davanti a una scelta difficile.
Sua madre aveva detto la verità: dopo la nascita di Hannah era stato difficile per lei mantenere entrambe e intanto trovare il tempo per dipingere. La sua vecchia auto l’aveva già lasciata a piedi tre volte, l’ultima appena due settimane prima. Il meccanico non le aveva lasciato speranze, la macchina andava sostituita. Ma come poteva sperare che la banca le concedesse un prestito per acquistarne una nuova, visto che lei non aveva un lavoro fisso?
Adesso aveva la soluzione a portata di mano... peccato che dipendesse da Ethan Tarlington. L’uomo che lei aveva pensato di non rivedere mai più.
«Non ho nessuno a cui lasciare Hannah» replicò d’un fiato. «Mi sentirei tranquilla solo se rimanesse con mia madre, ma lei parte domattina per la Florida, dove vive sua sorella.»
«Lo so, me l’ha detto.»
C’era forse qualcosa che Janine non gli avesse già detto?
«Ma non è un problema» le assicurò Ethan. «La mia casa di Dunbar è così grande che