I campi di Adele
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Anteprima del libro
I campi di Adele - Valeria Bozzoli
Capitolo I
Antonio arrivava sempre un po’ prima, a cancelli chiusi.
Il suono acuto della sirena annunciava il fine turno e all’improvviso era un affollarsi di visi, di gambe, di biciclette, di sguardi ansiosi. Un vociare confuso, un mescolio di suoni, un ciabattare veloce o un ticchettio orgoglioso.Gli piaceva quell’attesa, cercare un viso tra mille visi, il riflesso del sole brillare tra i capelli, nascondersi tra i riccioli o scivolare lentamente, come una dolce carezza.
Eppure sapeva che Carla usciva sempre da ultima, ogni volta preoccupata per la sua bicicletta, timorosa e orgogliosa nello stesso tempo, felice.
Era bella Carla, di una bellezza ingenua, i lineamenti minuti, i capelli naturalmente ondulati e setosi, la carnagione rosata.
Era stato Antonio a regalarle quella bicicletta. Lui non aveva problemi economici, lavorava la sua terra, si dilettava nella bottega di meccanico del paese, sogni concreti e quel pensiero fisso che lo faceva sorridere o rabbuiare, senza un palese motivo.
Come un temporale d’estate che non dà preavvisi, se non un brontolio lontano in un cielo così terso da non lasciare dubbi.
Poi all’improvviso tutto diventa buio, il brontolio lascia il posto alla violenza dei tuoni e alla luce accecante dei lampi e la pioggia che dapprima si mescola alla polvere della strada e poi la spazza via con la forza di cento braccia.
Poi di nuovo la quiete, un’aria pulita carica di nuovi profumi, un cielo terso e trasparente, una pozzanghera lenta ad asciugarsi.
Carla invece era serena, sempre. Portava in famiglia tutta la sua paga, ogni quindicina del mese. Per sé teneva pochi spiccioli, per un paio di calze o un rossetto rosato e una grossa pasta piena di crema, con la granella di zucchero appiccicosa e invitante.
Se la faceva durare a lungo, con un piacere fisico che la rendeva felice.
Antonio conosceva gran parte delle ragazze, con qualcuna aveva avuto approcci più o meno seriosi.
Ora era preso solamente da Carla.
Ma con lei era cauto nelle effusioni, quasi impacciato e ogni volta se la prendeva con se stesso, ma in realtà era Carla che frenava ogni suo desiderio.
Carla aveva desideri infantili, carezze leggere, baci annacquati, eppure bastava un suo sorriso, uno sguardo e Antonio soffocava ogni amarezza, una fisicità che reclamava i propri spazi, il suo orgoglio ferito.
In questo clima di incertezza le giornate scorrevano uguali, le notti più o meno agitate, i risvegli speranzosi e pieni di aspettative.
Una domenica pomeriggio, complice la pioggia, stranamente soli in una cucina un poco fumosa ma piena di buoni profumi, un vassoio di paste miseramente ricomposte, Antonio fece a Carla la sua richiesta di matrimonio, con una voce estranea e un pacchettino ben confezionato con un nastrino rosa un poco scolorito, riusato e la carta luccicante.
Carla, avremo una casa nostra, non dovrai più andare in fabbrica, e se il cielo lo vorrà avremo dei figli.
Più che le parole fu il pacchetto ad attirare la sua attenzione. Lo scartò con l’avidità di una bambina, la gioia per un oggetto mai posseduto, le braccia al collo di Antonio e un bacio così leggero da non lasciare traccia. Nemmeno rispose alla sua richiesta, troppo presa ad ammirare il suo gioiello.
Anche quella sera Antonio se ne tornò a casa confuso e stanco.
La pioggia del pomeriggio aveva lasciato un umido appiccicoso che gli incollava i capelli sulla fronte e si mescolava al sapore amaro delle sue lacrime.
Il cielo scuro era uno scrigno pieno di altra pioggia e un vento freddo gli alzava la camicia nuova.
La pedalata corta, senza tono, gli allungava la strada e gli ingarbugliava i pensieri.
Si sentiva confuso, eppure sarebbe bastato prendere quella strada che portava al paese.
Gli sembrava di sentire una musica lontana, delle grida gioiose, invece continuò stancamente a pedalare, nel buio pesto della sera.
Forse aveva ragione sua madre quando gli diceva: Antonio non preoccuparti, le donne sai sono un po’ complicate, poi con il matrimonio, i figli, le preoccupazioni, tutto torna al posto giusto.
Ma in realtà non ne era poi tanto sicura.
Aveva visto Carla alla messa della domenica successiva e un po’ strana le era sembrata davvero.
Le altre se lo mangiavano con gli occhi il suo giovanotto e lei non era gelosa nemmeno di quegli sguardi.
Allora perché accettare i suoi regali e quell’anello che tanto rappresentava per ogni ragazza?
Forse non voleva ferirlo, o forse no.
Quando era nato il suo Antonio, dopo un travaglio lungo e doloroso, spossata dalla fatica del parto, Adele non volle vedere né il bambino, né tanto meno suo marito.
Eppure quando la levatrice glielo appoggiò vicino nel grande letto, ne restò estasiata.
Non sembrava un bambino appena nato, già in carne, la pelle ambrata, i capelli neri, le mani ben fatte e i piedini paffuti. La bocca a cuore e un’aria beata che incantava.
Poi negli anni a venire la soddisfazione di vederlo crescere in salute e bellezza, forte come un torello, affettuoso con lei, gioioso.
Certo non assomigliava a suo padre, né fisicamente e neppure nel carattere.
Adele avvertiva un certo fastidio quando suo marito discuteva con Antonio, un orgoglio di padre ferito, un’occasione mancata.
Mai una carezza o un sorriso. Suo marito era così anche con lei, freddo o irruente, voglioso o stancamente distratto.
Adesso sul più bello ci voleva quella biondina slavata a rovinare i suoi sogni di mamma.
Non sopportava lo sguardo smarrito di Antonio.
Chiedere aiuto a suo marito? Impossibile. Troppo uomo
, troppo rigido, troppo tutto.
Alla suocera? Nemmeno. Altra mentalità, altre visuali. Alle cognate? Nemmeno a pensarci. Toccava solo a lei cercare di scoprire se c’erano dei motivi reali o soltanto l’instabilità di una ragazzina immatura.
Fu così che si inventò una strategia discreta e solo apparentemente superficiale.
Cominciò ad andare alla messa grande e non alla messa prima come era abituata. Una scusa plausibile l’avrebbe trovata. Sapeva che Carla andava con le sue amiche, ogni domenica.
Restò negli ultimi banchi, un poco appartata, ma con una visuale completa su tutti.
Non vide niente di particolare.
Carla era dal lato opposto, due banchi avanti. I capelli biondi, morbidi sulle spalle, un incarnato di pesca. Seguiva la messa composta, attenta.
Le altre si parlavano con gli occhi o interrompevano una preghiera per poi riprenderla con un tono di voce più alto e una finta attenzione.
Da Carla nessun sguardo malizioso scambiato