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love generation
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E-book398 pagine4 ore

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Info su questo ebook

… quella di Arianna era veramente la “Generazione d’Amore” che descriveva Bob? Una generazione di svalvolati sognatori? Una generazione custode del più grande dei sentimenti?... Anno 2006. Arianna Lombardi, diciottenne studentessa dell’ultimo anno di liceo, vive una vita quasi perfetta: famiglia benestante, feste in yacht, amici a volontà. Arianna, però, custodisce un segreto. O meglio: custodisce una persona dentro di se’ di cui è segretamente innamorata. Lui, Tommy Ferrari, il classico belloccio popolare e altezzoso. S’incontrano spesso, tra feste e ore scolastiche, come se una forza misteriosa voglia sempre intervenire sui loro destini. Tutto sembra andare a gonfie vele nella vita di Arianna, quando una notizia sconvolgente si abbatte su di lei come un fulmine a ciel sereno, in quella calda giornata di Agosto, cambiando per sempre la sua vita. Un evento capace di inaugurare una catastrofe silenziosa, sistematica. Tutto quel castello di sogni, speranze, illusioni giovanili, rimpiazzato giorno dopo giorno da una realtà tortuosa, fatta di preoccupazioni e responsabilità. Una notizia che cela dietro di se’ una verità molto più agghiacciante. Arianna si troverà ad affrontare, come tanti altri suoi coetanei, il lungo percorso in cui vede il suo mondo innocente, la sua ‘‘generazione d’amore’’ trasformarsi in un mondo crudo e colpevole . Il cammino dall’adolescenza all’età adulta.
LinguaItaliano
Data di uscita11 mag 2020
ISBN9788835829041
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    Anteprima del libro

    love generation - Nicole Losi

    Nicole Losi

    LOVE GENERATION

    I fatti narrati in questo libro sono di pura fantasia, frutto dell’immaginazione e della libera espressione artistica dell’autore. Ogni riferimento a eventi realmente accaduti, a persone realmente esistite o esistenti e a luoghi reali è puramente casuale. Eventuali somiglianze con fatti o avvenimenti reali o con persone, associazioni, organizzazioni, o movimenti realmente esistenti sono puramente casuali e non intenzionali.

    A chi é ancora capace di sognare.

    A chi sa rimanere giovane.

    Corri ragazza, corri

    Non voltarti indietro

    Sfreccia a tutta velocità , segui la tua strada

    La vedi?

    Là, lontano

    Dove il sole, stanco, va a dormire.

    Corri ragazza, corri

    Non fermarti

    Dai gas alle tue gambe, segui la tua strada

    La vedi?

    Là, lontano, dove nasce la notte.

    I

    Quel giorno il sole batteva meno del solito. Era il 23 dicembre 2005. Dal finestrino dell’auto si udivano i rumori delle mille voci di Carpi, una città tanto monotona quanto sottilmente bizzarra. Situata nella zona centro nord d’Italia e popolata da circa settantamila abitanti, Carpi è famosa per essere uno dei fulcri più importanti dell’attività industriale dell’Emilia Romagna, nonché luogo di proficui scambi culturali e commerciali.

    Non che il carpigiano medio sia una persona così particolare: sveglia alle 7:00, colazione veloce al bar sotto casa con il famigerato cornetto nella mano sinistra e quotidiano nella destra, attività lavorativa intensa, pausa pranzo tassativa di almeno un paio d’ore e poi pronti per tornare al lavoro. Le abitudini sembrano essere la norma per scandire ogni giornata. Non una virgola fuori posto.

    La diligenza con cui il cittadino esemplare aderisce al corpus di regole sociali/comportamentali della classe media (astrattamente intesa) ha qui del patologico.

    Eppure Arianna percepiva un alone di eroica bizzarria nell’indaffarato tran tran di quella cittadina di provincia che gioca a sentirsi grande nel suo costeggiare gli svaghi e la cultura offerti da piazza dei Martiri (la terza piazza più ampia del paese, mica bruscolini!), nel suo aggrapparsi alla positività nonostante le nebbie della Pianura Padana che d’inverno sembrano inghiottire ogni cosa si frapponga tra loro e il nulla.

    Tra cento metri c’è lo stop, fai attenzione disse una voce.

    Arianna non era mai stata particolarmente interessata all’aspetto storico della piazza, ci andava soltanto per fare shopping assieme alle sue amiche. L’ultimo acquisto era stato una gonna nera di velluto molto elegante, da utilizzare rigorosamente  in discoteca il sabato sera.

    La ragazza si fermò allo stop, guardò a destra e a sinistra, poi ripartì. Le piaceva guidare.

    Non vedeva l’ora di stringere al petto quella tesserina rosa plastificata che le avrebbe garantito la tanto richiesta Peugeot 206 decappottabile. Si mise una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio.

    Arianna era una ragazza abbastanza alta, fisico minuto, invidiabile QB con occhi di un blu notte intenso.

    L’uomo accanto a lei si grattò il mento e sbuffò.

    Andiamo a destra al prossimo incrocio.

    La ragazza mise la freccia e dopo circa dieci metri rallentò per poi svoltare.

    Come mai ieri hai preso cinque e mezzo in Italiano? chiese lui.

    Non ero abbastanza preparata rispose seccata.

    E perché non eri abbastanza preparata? Beh, diciamo che non ho avuto sufficiente tempo per studiare.

    Ci fu silenzio per un attimo, poi l’uomo la incalzò.

    È quasi comico sentirti usare il termine sufficiente per quantificare il tempo che non avevi a disposizione. Si può sapere quali sono stati questi impegni così impellenti da toglierti tempo prezioso che avresti dovuto impiegare nello studio?

    La ragazza sbuffò e rispose sempre più seccata: Dovevo sistemare casa e...

    L’uomo non la lasciò neppure finire e scoppiò a ridere.

    Tu?! Che sistemi casa? Ah, ormai ti conosco da diversi mesi, Arianna, e non penso proprio siano state le pulizie a frenarti! Dimmi, quanto sono durate? Settimane?

    La ragazza si morse il labbro e rimase zitta, non sapendo più come difendersi. Quanto odiava la sfacciataggine del suo istruttore di guida, soprattutto quando cercava di impartirle lezioni di morale mentre, concentrata, era intenta a guidare. E pensare che era stata lei a sceglierlo tra i tanti insegnanti, in quella scuola.

    Ok, siamo arrivati, metti la freccia a destra ed entra lentamente.

    L’auto curvò dolcemente verso l’entrata della scuola guida e si fermò nel piazzale.

    Oggi non hai guidato male, però cerca comunque di esercitarti spesso con qualcuno si raccomandò l’istruttore.

    D’accordo.

    Dopo averlo salutato, Arianna si diresse di corsa verso il_BMW di sua madre, parcheggiata dall’altro lato della strada.

    ~

    Oh no! Ma quand’è che ha iniziato a nevicare così forte? Ogni volta che devo uscire il meteo non è mai dalla mia parte! Si lamentò Petra, la sorella di Arianna, guardando incredula fuori dalla finestra del salotto.

    Petra e Arianna avevano caratteri molto simili da alcuni punti di vista e da altri molto divergenti, come due arazzi dal disegno identico ma dalle tonalità cromatiche assai differenti.

    Petra, con quei lunghi capelli castano scuro e quegli occhi verdi, si presentava come la tipica adolescente quindicenne tutta capricci e velleità da ribelle. Aveva cominciato a creare problemi fin dalle elementari e col tempo era arrivata persino a perfezionare quest’immagine che si era costruita di persona indomabile, al punto che, volente o nolente, chi le orbitava attorno si era convinto non solo di non poterla comandare, ma che fosse del tutto inutile anche solo tentare di farlo.

    A Petra piaceva avere un plotone di persone ai suoi piedi, tutte sull’attenti, pronte a eseguire gli ordini da lei impartiti.

    Arianna invece era una ragazza esuberante, all’occorrenza altezzosa, riservata: non le andava di condividere ogni minimo dettaglio della sua vita privata con altre persone (se non con il suo fidato gruppetto d’amiche) e spesso preferiva rimanere sola, in disparte.

    La madre, dopo aver ascoltato le solite lamentele della figlia più piccola, seccata, corse a chiudere la finestra.

    Petra, ma sei fuori di senno? Vuoi farci ammalare tutti un’altra volta?!

    Anita era piuttosto impaziente quando si trattava di richiamare le figlie.

    Manco a farlo apposta, Petra era il suo bersaglio preferito. Anche se sarebbe più corretto dire che era la stessa Petra a provocarla, il più delle volte nella cosciente e fruttuosa convinzione, che proprio l’atteggiarsi a bersaglio e l’aggredire per prima, le avrebbero garantito poi, l’immunità.

    L’unico figlio che ad Anita andava a genio era il primogenito Massimo, Office Manager di successo in uno studio commerciale; aveva terminato gli studi di Economia e Commercio qualche anno prima e ora viveva da solo in un piccolo ma sfarzoso appartamento del centro storico.

    Anita e il padre biologico di Arianna avevano divorziato quando quest’ultima aveva solamente due anni e la mamma si era risposata, solo un anno più tardi, con un certo Edoardo Lombardi, imprenditore milanese nonché caro amico della sua titolare di lavoro.

    Le nozze erano state celebrate nel maggio del 1991, pochi mesi prima di trasferirsi nella villa di campagna dove tuttora vivevano.

    Arianna era troppo piccola per avere ricordi dai contorni precisi di quel giorno, ma la sua mente aveva conservato le sensazioni più intense vissute in quel momento: la brezza lieve durante il buffet all’aperto, i profumi di una primavera in pieno fulgore, la luce abbagliante del mezzogiorno che infine sfumava nel rosso porpora del tramonto.

    Ogni tanto la ragazza rivedeva quella luce, soprattutto nei suoi sogni. Edoardo, il patrigno, era una persona ambiziosa, intraprendente ed egocentrica. Tutto sommato anche assai generosa, poiché aveva lasciato la sua Milano per vivere con la moglie Anita e i figli nella loro cittadella di provincia.

    Non tutti avrebbero avuto il coraggio di sacrificarsi tanto.

    Chiama tua sorella e dille che è pronta la cena sbraitò.

    Petra andò al piano di sopra e bussò alla porta della camera.

    Arianna, non vieni a cena?

    No, esco.

    Vai a ballare?

    No, in giro con Lapo.

    Petra aprì la porta e la guardò sbigottita: Ancora? Ma non lo hai visto ieri? È sabato, pensavo uscissi con le altre...

    Arianna e Lapo si erano conosciuti due anni prima, il loro non era stato il classico colpo di fulmine o, come si dice, amore a prima vista, anzi erano trascorse diverse settimane prima che Arianna decidesse di cedere alle avances di Lapo. Alla fine era capitolata quasi per inerzia, come se non avesse abbastanza forza o interesse per respingerlo.

    Lui era un tipo parecchio infantile e Arianna non era mai stata particolarmente attratta da quel tipo di ragazzi da discoteca, amici e alcool. Non voleva entrare nel loop interminabile di esaltazioni e dopo sbornia, chiasso e intrattabilità, brindisi allupati e la tua mano sulla sua fronte, la mattina dopo, mentre lo aiuti a vomitare l’impossibile in wc pubblici dagli inesistenti requisiti igienici. Discoteca, amici e alcool, invece era proprio la sacra triade che Lapo venerava e il cui dettato osservava con scrupolosa dovizia. Non che Arianna fosse del tutto insensibile al richiamo di queste reliquie, tuttavia la sua non era tanto un’adesione incondizionata quanto lo sporadico adattarsi alle abitudini dei suoi coetanei, poiché non c’era molto altro da fare in quel posto.

    Ma queste abitudini non erano le uniche cose di Lapo che Arianna trovasse superficiali._Con lui era arduo sostenere persino un discorso ridotto ai minimi termini, figuriamoci condividere qualcosa che si avvicinasse seppur lontanamente alla serietà. Basti pensare che l’estate precedente, mentre i due erano in vacanza assieme, nel bel mezzo della notte, Arianna si era trovata a tu per tu con i sintomi simil-doglia di una colica e aveva chiesto a Lapo di correre al bar dell’hotel per prenderle una bottiglia d’acqua. Lui cosa aveva fatto, invece? Era tornato dopo poco con una bottiglia di Havana Club sottobraccio e un sorriso ebete stampato sulla faccia._Non c’erano speranze.

    Gli ultimi due anni erano stati un tira e molla continuo: quattro mesi insieme, due separati, un nuovo riavvicinamento poi l’ennesima rottura, e così via.

    Arianna non era mai stata realmente innamorata di lui, eppure c’era una certa dolcezza nel modo di fare di quel ragazzo che le impediva di scaricarlo all’istante, come invece sarebbe stato lecito aspettarsi (e come tutte le sue amiche si auguravano). In fondo lei lo cercava solo per abitudine o noia, ma era pur sempre un espediente capace di farla sentire viva, per questo non si convinceva a lasciarlo.

    Arianna squadrò seccata la sorella.

    Non si usa più bussare prima di entrare? O almeno chiedere permesso? Comunque no, non ho molta voglia di andarci stasera.

    La conversazione fu interrotta dal suono del campanello.

    Arianna, è Irene! strepitò paonazza la madre dal piano di sotto.

    Falla salire e dille di sbrigarsi replicò Arianna, mentre dava l’ultimo colpo di spazzola ai suoi lunghi capelli.

    Quella sera aveva deciso di indossare dei jeans Levi's molto casual e un maglione aderente color salmone.

    Si diede una controllata allo specchio e, senza accorgersene, si perse nuovamente nel profondo blu dei suoi occhi; iniziò a fantasticare su cosa avrebbe detto o fatto quella sera a casa di Lapo. Le succedeva spesso di smarrirsi nei suoi pensieri.

    Ari? Sei ancora tra noi?

    Irene era sulla soglia della stanza e Arianna distolse lo sguardo dallo specchio.

    Scusami, non ti avevo vista. Allora, che succede? Lapo sarà qui a momenti...

    Sì, lo so. Senti, volevo chiederti... Ecco... Mi daresti il numero di Alex?

    Alex chi?

    Ma come chi? Il tuo amico, quello che mi avevi presentato qualche mese fa le disse la ragazza senza mezzi termini.

    Arianna la scrutò titubante: Punto primo, non te l’ho presentato io ma si è fatto avanti lui. Punto secondo, non sai il rischio che corri, fidati. Non è la persona che pensi che sia...

    Ovvero?

    È un vero stronzo, donnaiolo e maschilista!

    Bah, esageri sempre. E poi mi piace troppo, che ci posso fare? Devo almeno togliermi questo sfizio si giustificò Irene sorridendo maliziosamente e mordicchiandosi l’indice della mano destra._Le piaceva giocare col fuoco senza il minimo timore di potersi scottare. Alex non era il suo tipo, Arianna conosceva bene entrambi.

    Irene si era trasferita nel quartiere in cui abitava Arianna, appena fuori Carpi, all’età di cinque anni. Entrambe si ricordavano ancora il giorno in cui si erano incontrate per la prima volta, quasi che quel momento costituisse un codice di riconoscimento a cui entrambe non potevano rinunciare, in primis per dare significato alle loro identità. Quel pomeriggio d’estate del 1992, Arianna si trovava in giardino e Irene si era avvicinata al recinto che divideva le due proprietà chiedendole di punto in bianco se poteva tuffarsi nella sua piscina. Arianna aveva fissato la testolina rossiccia davanti a sé e, guidata dalla musicalità ingenua ma spavalda della sua vocina, aveva accettato la sua proposta senza esitazioni. Da quel momento si erano frequentate tutti i giorni, come se il tempo prima del loro incontro avesse avuto il sapore di una vertigine anonima, un vuoto mentale nel quale avevano galleggiato fino alla definitiva presa di coscienza della vita reale.

    Alex era figlio d’imprenditori vecchi amici della famiglia Lombardi, proprietari di una vasta gamma di aziende metallurgiche nella regione. Il ragazzo era il classico figlio di papà a cui non era mai mancato nulla.

    Fin da bambino adorava stuzzicare Arianna con scherzetti da bullo, suscitando lamentele e pianti continui da parte della ragazza. Insomma, fin dalle origini, i due avevano sempre faticato a tenere saldo il loro rapporto di amicizia per via dei loro caratteri così diversi.

    Fisicamente tutti giudicavano Alex un bel ragazzo: carnagione chiara, occhi verde smeraldo, riccioli biondo cenere, palestrato QB e con un outfit che avrebbe fatto morire d’invidia George Clooney in persona.

    Va be', non insisto. Hai la libertà di rovinarti le giornate come meglio credi. Tieni, questo è il suo numero sbottò spazientita Arianna ostentando disapprovazione mentre le allungava il suo cellulare._Ah, dimenticavo, mi sembra di aver capito che questa sera dia una festa nel capannone dei suoi. Digli che mi conosci e vedrai che ti farà entrare senza fare troppe storie.

    Irene esultò.

    Grazie mille! Dov’è il posto?

    A Limidi, dove comincia la tangenziale che va verso Modena. Portati qualcuno, non mi sembra il caso che tu vada sola.

    Un clacson proveniente dalla strada suonò con veemenza.

    È arrivato Lapo, se hai bisogno, chiamami al cellulare o sul numero di casa di mio fratello, stasera rimango là a dormire.

    Irene annuì e seguì Arianna al piano di sotto.

    Una volta fuori, la ragazza salutò l’amica e salì sul Peugeot di Lapo. Un bacio tiepido, di cortesia, poi voltò lo sguardo verso casa sua: le era sempre piaciuto il colore giallo spento delle pareti esterne.

    Notò che la madre aveva messo dei nuovi gerani sul terrazzo della mansarda e su ogni finestra. La simmetria del disegno, unito ai colori sgargianti, era allucinante, quasi sgradevole nella sua perfezione.

    Lapo diede gas al motore, grattò il cambio nell’ingranare la prima, e l’auto si allontanò.

    ~

    La famiglia di Lapo viveva in una graziosa villetta a schiera di due piani, appena fuori Carpi. Al primo piano c’erano i genitori, due tranquilli neo pensionati insolitamente festaioli, mentre il secondo era occupato dal figliol prodigo. A dirla tutta, fino all’anno prima, l’appartamento di sotto era del nonno di Lapo, ma dopo la sua morte i genitori avevano deciso di traslocare per lasciare al figlio l’appartamento in pompa magna.

    Lapo si era diplomato nel 2004 all’Istituto Tecnico e aveva deciso di proseguire gli studi all’università. In pochi avrebbero scommesso sul suo successo, specie in una facoltà competitiva come quella di Ingegneria Informatica, e fino a quel momento il nostro Lapo che non era esattamente l’emblema dello studente modello, non aveva fatto nulla per smentirli.

    Per placare i sensi di colpa di una scelta così azzardata, Lapo aveva trovato lavoro come commesso alla Ricordi Mediastore, nel centro di Modena. Lavorava sodo e sembrava gli piacesse interagire con la clientela, anche se tra i suoi amici era il meno interessato alla musica (anzi, diciamo pure che di musica non ci capiva un’acca).

    Arianna e Lapo entrarono in casa e posarono le giacche sull’attaccapanni.

    Vuoi qualcosa da mangiare? le chiese.

    No, grazie.

    Però berrei volentieri qualcosa di fresco aggiunse.

    Lapo prese dal frigo del succo d’arancia e gliene versò un po’ nel bicchiere.

    Se ti va, possiamo guardare un film prima di dormire propose lui.

    Arianna ci pensò su, in realtà aveva solo voglia di tornare a casa e fiondarsi a letto.

    Ok rispose alla fine con un tono a metà tra lo sconsolato e il noncurante.

    Il livello di entusiasmo della coppia, quella sera, era davvero alle stelle.

    Va bene una commedia recente o preferisci vedere un classico?

    Era incredibile come Lapo, dopo tanti mesi trascorsi assieme a lei, non avesse ancora capito quali fossero i suoi gusti e non solo in termini di film.

    Fai tu rispose lapidaria lei. I tuoi sono via stasera?

    Sì, come ogni sabato rispose senza aggiungere altro.

    Arianna sopportava malvolentieri i genitori di Lapo. Abitavano al piano di sotto, ma era come averli sempre tra i piedi. Soprattutto la madre, sempre pronta a ficcanasare non appena udiva i passi di Arianna lungo la rampa di scale. Se poi era in vena, correva di sopra e, adducendo scuse improbabili, si piantava lì per ore. La ragazza sospettava che lo facesse apposta per infastidirla. Di certo sapeva che quella donna non nutriva una gran simpatia nei suoi confronti e la cosa era reciproca; un pomeriggio, rimasta in camera di Lapo, aveva ascoltato la conversazione tra lui e la madre nella cucina adiacente.

    Lapo, pulcino, basta con questo tira e molla, non credo che lei ti meriti e poi pensa al bell’esempio di sua madre, risposata di fresco a pochi mesi dal divorzio. Tale madre tale figlia, caro.

    Imbarazzato, sapendo che Arianna era in camera a origliare, il ragazzo non aveva saputo risponderle a tono.

    Quel che infastidiva la ragazza non era tanto sapere che Rosa (questo il suo nome) s’era fatta di lei un’idea sbagliata, quanto constatare come il figlio non fosse in grado di prendere le difese della sua ragazza davanti alla madre. Quasi era arrivata a credere che lui, sotto sotto, le desse ragione.

    Lapo inserì il DVD di Top Gun nel lettore e saltellò verso il divano, per accovacciarsi accanto a lei. Dopo nemmeno venti minuti dall’inizio del film, il rumore sinistro di una chiave che girava nella serratura li fece sussultare.

    Rosa si materializzò davanti a loro.

    Arianna, tesoro, ci sei anche tu!? Ero passata per augurare la buonanotte al mio Lapo iniziò a chiocciare.

    Salve, Rosa la salutò Arianna.

    La madre corse a baciare il figlio sulla fronte.

    Cribbio! Sei molto caldo, pulcino mio. Ti senti male? Forse hai la febbre. Hai messo la sciarpa e il berretto stamattina per andare al lavoro? sbraitò, quasi in preda all’isteria.

    Mamma, tranquilla, sto bene rispose lui imbarazzato.

    No, non mi fido. Tu mi dici così solo per farmi stare tranquilla, ma io ti conosco fin troppo bene.

    Agli occhi di Arianna e di chiunque dotato di buon senso, la scena aveva abbondantemente superato la soglia del ridicolo.

    La ragazza sarebbe voluta soltanto sparire o scavarsi un buco per sotterrarsi e non assistere a quella sceneggiata.

    Arianna, corri subito a prendere il termometro nel bagno! Veloce! le ordinò Rosa senza un minimo di gentilezza.

    Indecisa se farsi una grassa risata o lanciare un’occhiata minacciosa alla megera, Arianna non sapeva come reagire. Dentro ribolliva di rabbia. Odiava che qualcuno le impartisse ordini, soprattutto se a farlo era quella donna. Alla fine optò per una terza soluzione: obbedire.

    Mamma, ti prego… cercò di bloccare sul nascere quella che a breve sarebbe diventata una tragedia per nulla.

    Ah, ma stavate guardando un film? lo interruppe la mammina.

    Arianna tornò con il termometro.

    Oh no, gioia, non ne ho più bisogno. Guardalo, sta benissimo!

    Arianna la gelò con lo sguardo.

    Scusate, vi lascio soli disse alla fine la signora e Arianna pensò che era pur ora che la megera li lasciasse in pace. Ma, ahimè, aveva gioito troppo presto.

    Top Gun?! Adoro quel film! Era il preferito mio e di tuo padre quando eravamo giovani! strillò rivolgendosi a Lapo. Il petto le palpitava di gioia. Ti ho mai raccontato di quando andammo a vederlo al cinema e del freddo che faceva quella sera e di come alla fine la sala era così piena che...

    … Che foste costretti a sedervi sul pavimento, in un angolo appena davanti alla primissima fila, a guardare l’intero film a testa in su, così da farvi venire il torcicollo? Sì, mamma. Mi pare che tu mi abbia accennato qualcosa al riguardo.

    Rosa stava per sbottare, ma contò mentalmente fino a cinque, facendo respiri profondi, e si ricompose. Di nuovo sorridente, si sedette sul divano proprio in mezzo ai due ragazzi. Un ipotetico osservatore avrebbe concluso che il quadretto riassumeva in toto le dinamiche della loro relazione.

    Bella questa scena disse lei sottovoce. È la parte in cui lui incontra la sua Charlie anticipò la battuta svelando ciò che sarebbe accaduto.

    Arianna alzò gli occhi al soffitto, alla ricerca di un cielo che si negava. Lapo si tormentava i capelli con le dita, lo sguardo perso tra le venature del marmo che pulsavano sotto le sue scarpe.

    Continuarono a sorbirsi il film con Rosa che, a ogni cambio di scena, li sommergeva di commenti indesiderati e fastidiosi.

    Oh, cara, è struggente… l’amico marines che muore in volo, guarda!

    Arianna voleva letteralmente sparire nel nulla, ma non senza prima averla uccisa. Passò in rassegna una decina di possibili morti accidentali alle quali Rosa sarebbe potuta andare incontro, ma alla fine desistette, non era il caso di macchiarsi di un reato così grave, forse le bastavano un paio di tappi per le orecchie o fingere uno svenimento improvviso.

    Guarda! E guardaaa!

    Perché non sveniva? Perché?

    ~

    Irene era nervosa, non sapeva proprio cosa le fosse preso quella sera.

    Dal finestrino mezzo aperto dell’Audi di sua madre, avvertì la minacciosa cassa in 4/4 risuonare da lontano. Arrivata nei pressi del capannone, salutò la madre e uscì dall’auto. Era sola quella sera.

    Camminò fino a raggiungere l’entrata, dove si trovò davanti a un uomo molto robusto e tozzo che la bloccò: Dove credi di andare? le chiese con tono minaccioso.

    Salve, ecco... sono qui per la festa di Alex farfugliò lei.

    L’uomo la fissò incredulo. Irene aveva indosso un insolito vestito verde lungo sotto il ginocchio e ai piedi delle ballerine nere.

    Aspettami qui, torno subito disse allontanandosi.

    Irene si guardò intorno e notò, alla sua destra, alcune ragazze, di sicuro alticce, che ridevano rumorosamente. Alla sua sinistra, invece, vide un ragazzo che fumava marijuana vicino a un grosso cespuglio.

    Poi ecco il buttafuori ritornare insieme a un

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