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Donne. Le diverse forme di violenza nel contesto internazionale: Conoscere a fondo il fenomeno per una sensibilizzazione collettiva
Donne. Le diverse forme di violenza nel contesto internazionale: Conoscere a fondo il fenomeno per una sensibilizzazione collettiva
Donne. Le diverse forme di violenza nel contesto internazionale: Conoscere a fondo il fenomeno per una sensibilizzazione collettiva
E-book582 pagine6 ore

Donne. Le diverse forme di violenza nel contesto internazionale: Conoscere a fondo il fenomeno per una sensibilizzazione collettiva

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Info su questo ebook

Le donne sono oggi più che mai vittime di minacce, violenze fisiche e sessuali perlopiù da parte di partner, ex partner, o altri uomini che fanno parte della loro vita. Questi episodi hanno registrato una crescita esponenziale nel corso del lockdown del 2020, e la modernità ha contribuito ad aggravare ancora di più la situazione, rendendo la violenza accessibile attraverso le comunicazioni e la tecnologia. La violenza di genere è un fenomeno ancora sommerso, poche sono le donne che denunciano o che cercano aiuto. Le conseguenze che queste violenze hanno sulle vittime sono deleterie, senza dimenticare che moltissime sono le donne che perdono la vita.

Le cause alla base possono essere molteplici, e spesso la società fa leva su stereotipi che calcano ancora di più il divario tra l'uomo e la donna. Donne. Le diverse forme di violenza nel contesto internazionale è un saggio fondamentale nella nostra epoca, perché ci aiuta ad analizzare a fondo la situazione, a comprenderne la portata e a renderci più sensibili verso un problema che sta lacerando gli individui e la società, e che non possiamo più fare finta di non vedere.
LinguaItaliano
Data di uscita7 feb 2022
ISBN9791220386647
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    Donne. Le diverse forme di violenza nel contesto internazionale - Loredana Riccadonna

    CAPITOLO 1

    LA VIOLENZA DI GENERE: CONTESTO NORMATIVO E PANORAMICA GENERALE

    1. Il contesto normativo:

    Normativa internazionale

    Normativa europea

    Contesto normativo italiano

    1.2 Le diverse forme di violenza contro le donne Stime globali

    Paesi in cui la donna è profondamente vittima di discriminazioni e violenza di genere

    CAPITOLO 1

    LA VIOLENZA DI GENERE: CONTESTO NORMATIVO

    E PANORAMICA GENERALE

    Gli episodi di violenza sulle donne, che troppo spesso hanno esiti mortali per le vittime, stanno segnando con tragica regolarità le cronache quotidiane e sono ormai segno di un drammatico problema sociale, le cui caratteristiche non sono riconducibili a determinate condizioni economiche, culturali, religiose o di appartenenza etnica ma toccano trasversalmente tutti i possibili gruppi che compongono la nostra complessa società.

    In tutto il mondo, si stima che una donna su tre ha subito abusi fisici o sessuali nel corso della sua vita, il più delle volte dal proprio partner. I tipi di violenza variano a seconda delle culture e delle tradizioni, ma rappresentano tutti una violazione dei diritti fondamentali: il diritto alla vita, alla dignità, alla sicurezza, all’integrità mentale e fisica, alla salute sessuale e a quella riproduttiva. La violenza di genere può assumere differenti forme, evidenti o più nascoste, tra cui la violenza domestica, le molestie sessuali, lo stalking, lo stupro, la violenza virtuale, la tratta di donne, la violazione dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne. Comprende anche pratiche tradizionali dannose quali la mutilazione genitale, i matrimoni forzati e i delitti d’onore. La violenza di genere colpisce in modo sproporzionato anche le donne e le ragazze in situazioni di conflitto, di guerra e di sfollamento.

    I comportamenti violenti perpetrati dagli uomini nei confronti delle madri, delle figlie e dei figli compromettono la salute fisica e mentale. Alcuni studi mostrano come le donne vittime di abusi fisici o sessuali nell’infanzia o nell’età adulta sperimentino situazioni di malattia e ricorrano ai servizi sanitari con maggiore frequenza rispetto a quelle che non ne sono state vittime. In media, le vittime di abusi subiscono nel corso della loro vita interventi chirurgici, visite mediche, degenze ospedaliere, utilizzo di farmaci e consulti di salute mentale in quantità superiore rispetto a chi non ha subito abusi.

    Oltre a causare lesioni fisiche, la violenza sulla donna è associata a conseguenze sulla salute mentale in termini di depressione, ansia, fobie, disturbo da stress postraumatico, disturbi alimentari, uso di alcol, pensieri e tentativi di suicidio.

    I bambini e le bambine che crescono in famiglie caratterizzate da violenza possono subire una serie di disturbi comportamentali ed emotivi devastanti. L’aver assistito alla violenza del padre contro la madre è un’esperienza traumatica che si ripercuote sullo sviluppo emotivo, cognitivo, affettivo e comportamentale. Gli effetti, a breve e a lungo termine, nelle vittime di violenza assistita possono esordire in problemi di depressione, bassa autostima, ansia, aggressività, minori competenze sociali e relazionali, comportamenti regressivi, disturbi alimentari, bullismo, uso di alcol e sostanze, scarso rendimento scolastico a volte associato a problemi di apprendimento, matrimoni e gravidanze precoci.

    L’espressione della violenza in tutte le sue forme è radicata nella cultura di genere caratterizzata da modelli stereotipati legati ai ruoli delle donne e degli uomini. Gli stereotipi di genere continuano ad avere un forte impatto su tutti gli strati della popolazione, diffusi dai mezzi di comunicazione, presenti nel mondo del lavoro, nell’organizzazione della società e continuano a essere un elemento persistente di contrasto ai processi di cambiamento del ruolo femminile influenzando ruoli sessuali, comportamenti, scelte professionali e quotidiane. Il radicamento degli stereotipi sui ruoli di genere e l’atteggiamento dell’uomo e della società verso i comportamenti violenti, sono le chiavi di lettura per comprendere il contesto culturale in cui le relazioni violente trovano genesi e giustificazione.

    I blocchi durante la pandemia COVID-19 e i suoi impatti sociali ed economici hanno aumentato l’esposizione delle donne a partner violenti e a fattori di rischio. Secondo un rapporto dell’Onu, la quarantena forzata ha causato un aumento degli abusi sulle persone più vulnerabili, compresi i minori. Lo stress della quarantena, l’incertezza di aver perso il lavoro e la vicinanza giorno e notte con gli aggressori hanno provocato un aumento di tensione nelle case e le donne, in una situazione di movimenti limitati, hanno avuto maggiore difficoltà a chiedere aiuto o a sporgere denuncia.

    In alcuni paesi, attraversati da situazioni di crisi umanitarie, di conflitto e di sfollamento, l’impatto della pandemia COVID-19 ha esacerbato la violenza, aggravata dall’interruzione delle reti sociali e dal ridotto accesso ai servizi sanitari.

    L’impatto della violenza contro le donne non si limita alle vittime, ma riguarda anche le famiglie e l’intera società. Rappresenta un fenomeno multiforme e complesso, la cui conoscenza è essenziale per lo sviluppo delle politiche di contrasto e la costruzione del sistema di monitoraggio.

    Le donne spesso non denunciano la violenza di cui sono state vittime per una serie di fattori, quali il retaggio culturale, gli stereotipi della società o la mancanza di fiducia nei confronti del sistema giudiziario. Il rafforzamento dell’efficacia delle misure disponibili per garantire l’incolumità fisica delle vittime di violenza dovrebbe essere una priorità, non solo per evitare danni alle donne ma anche per assicurare la credibilità dell’intero sistema penalistico in materia di violenza di genere. Solo la fiducia in un sistema giuridico in grado di proteggerle realmente dall’autore delle violenze può spingere le donne a denunciare con più facilità i reati subiti, unitamente a varie forme di sostegno che vengono offerte alla persona offesa attraverso le forze dell’ordine, i presidi sanitari, i centri antiviolenza e le istituzioni pubbliche.

    Negli ultimi decenni, a livello internazionale, europeo e nazionale sono state adottate misure e normative per prevenire la violenza sulle donne e ogni forma di discriminazione attraverso il riconoscimento dell’uguaglianza di genere, la promozione di una concreta parità fra i sessi, delle pari opportunità e dell’uguaglianza giuridica. Di seguito affronteremo più dettagliatamente il contesto normativo.

    1. Il contesto normativo

    Normativa internazionale

    Il percorso che ha portato al riconoscimento del fenomeno della violenza contro le donne, come un problema da contrastare e combattere anche a livello legislativo, è stato lungo e non privo di ostacoli. Ripercorriamo leggi e documenti.

    La Dichiarazione Universale dei Diritti umani del 1948 (ONU, 1948)¹ proclama l’uguaglianza di tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla razza, dal sesso e da ogni altra condizione. Art. 1: Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

    Convention on the Elimination of All Form of Discrimination Against Women (Cedaw, 1979)² adottata dall’Assemblea dell’ONU nel 1979, entrata in vigore nel 1981, costituisce il più importante trattato internazionale in materia di diritti delle donne ed è vincolante sul piano giuridico. In questi quarant’anni la Convenzione ha segnato una svolta storica nel percorso dei diritti umani delle donne superando il mero riconoscimento di un’uguaglianza formale fra donne e uomini. Ha introdotto obblighi internazionali e l’adozione di misure positive per promuovere un’uguaglianza sostanziale in tutti i campi della vita politica, economica, sociale e culturale. Art.1: Essa stabilisce inoltre un programma di azione per porre fine alla discriminazione basata sul sesso: gli Stati che ratificano la Convenzione sono tenuti a sancire la parità di genere nella loro legislazione nazionale, ad abrogare tutte le disposizioni discriminatorie nelle loro leggi e ad emanare nuove disposizioni per premunirsi contro la discriminazione delle donne.

    La Conferenza di Pechino del 1995 (ONU, 1995)³ è stata la quarta di una serie di conferenze mondiali sulle donne organizzate dalle Nazioni Unite che hanno contribuito a far diventare il tema della marginalizzazione delle donne nell’ambito dei diritti umani e la causa dell’uguaglianza fra i sessi uno dei punti prioritari delle agende internazionali. La Convenzione ha sottolineato che i diritti delle donne sono diritti umani nel significato più pieno del termine e che la violenza di genere costituisce una violazione dei loro diritti fondamentali, affermando come valore universale il principio delle pari opportunità tra i generi in ogni settore della vita, pubblica e privata.

    La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, del 2011, nota anche come Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d’Europa, 2011)⁴ è uno strumento internazionale giuridicamente vincolante. La Convenzione assume un rilievo particolarmente significativo perché per la prima volta recepisce gli esiti più maturi della prassi e del dibattito internazionali sul fenomeno della violenza contro le donne e della violenza domestica. Si caratterizza per la previsione di strumenti assenti negli altri trattati esistenti in materia specialmente per quanto riguarda alcune aree di intervento:

    • prevenzione, con una speciale attenzione alle vittime di violenza di genere, sia in tempo di pace che in situazioni di conflitto armato;

    • accesso ai servizi da parte di donne che hanno subito violenza;

    • penalizzazione delle mutilazioni genitali femminili;

    • protezione dei bambini testimoni di violenza domestica;

    • stabilisce una serie di delitti caratterizzati da violenza contro le donne che gli Stati dovrebbero includere nei loro codici penali o in altre forme di legislazione o, qualora non già esistenti, nei loro ordinamenti giuridici.

    I reati previsti dalla Convenzione sono:

    • la violenza psicologica (art. 33)

    • gli atti persecutori - stalking (art. 34)

    • la violenza fisica (art. 35)

    • la violenza sessuale, compreso lo stupro (art. 36)

    • il matrimonio forzato (art. 37)

    • le mutilazioni genitali femminili (art. 38)

    • l’aborto forzato e la sterilizzazione forzata (art. 39)

    • le molestie sessuali (art. 40)

    • i delitti d’onore (art. 42)

    Normativa europea

    Il Trattato di Maastricht (Europa.eu, 1992)⁵, è uno dei trattati dell’Unione Europea, firmato il 7 febbraio 1992 a Maastricht nei Paesi Bassi. Regolamenta le pari opportunità tra uomini e donne relativamente al mercato del lavoro e al trattamento sui luoghi di lavoro. L’art. 119 prevede l’applicazione del principio di parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici per un medesimo lavoro senza discriminazione fondata sul sesso.

    La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 2014)⁶ proclamata una prima volta il ⁷ dicembre 2000 a Nizza e, una seconda volta, in una versione adattata, il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, dichiara principi di equità tra i sessi tra cui: il diritto alla parità tra uomo e donna (articolo 23), il diritto alla dignità umana (articolo 1), il diritto alla vita (articolo 2), il diritto all’integrità della persona (articolo 3), la proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (articolo 4), il diritto alla libertà e alla sicurezza (articolo 6), il diritto alla non discriminazione (articolo 21).

    La direttiva 2012/29/UE (Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, 2012)7 istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e di violenza di genere. Le norme si riferiscono alla violenza diretta contro una persona a causa del suo genere, della sua identità di genere o della sua espressione di genere o che colpisce in modo sproporzionato le persone di un particolare genere. La direttiva stabilisce delle norme minime per tutte le vittime di reati a prescindere dalla loro nazionalità o dallo status di residenza.

    Il Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (Unione Europea, 2007)⁸ , che all’art. 83 (ex articolo 31 del TUE) paragrafo 1 ribadisce l’importanza di considerare i seguenti reati a dimensione transnazionale: Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante direttive secondo la procedura legislativa ordinaria, possono stabilire norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in sfere di criminalità particolarmente gravi che presentano una dimensione transnazionale derivante dal carattere o dalle implicazioni di tali reati o da una particolare necessità di combatterli su basi comuni. Dette sfere di criminalità sono le seguenti: terrorismo, tratta degli esseri umani e sfruttamento sessuale delle donne e dei minori.

    Il Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea del 2012 (Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, 2012)⁹, che contiene le versioni consolidate del Trattato sull’Unione europea e del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea. L’art. 8 recita: Nelle sue azioni l’Unione mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità, tra uomini e donne. L’art. 10 prevede l’adozione di misure per prevenire le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale.

    Numerosi sono i documenti di indirizzo politico adottati sul tema dal Parlamento europeo, in particolare:

    • Risoluzione del 26 novembre 2009 sull’eliminazione della violenza contro le donne (Parlamento europeo, 2009)¹⁰;

    • Risoluzione del 5 aprile 2011 sulle priorità e sulla definizione di un nuovo quadro politico dell’UE in materia di lotta alla violenza contro le donne (Parlamento europeo, 2011)¹¹;

    • Risoluzione del 24 marzo 2009 sulla lotta contro le mutilazioni sessuali femminili praticate nell’UE (Parlamento europeo, 2009)¹². L’art. 1 condanna fermamente le MGF in quanto violazione dei diritti fondamentali dell’uomo e feroce attentato all’integrità psicofisica di donne e bambine, e le considera quindi un grave reato agli occhi della società;

    Risoluzione del 6 febbraio 2013 sulla 57"sessione della commissione sullo status delle donne (Parlamento europeo, 2013)¹³;

    • Risoluzione del Parlamento europeo del 25 febbraio 2014 recante raccomandazioni alla Commissione sulla lotta alla violenza contro le donne (Parlamento europeo, 2014)¹⁴ circa l’invito ad adottare precise misure che inseriscano la violenza contro le donne e le ragazze (e altre forme di genere).

    Contesto normativo italiano

    La condizione femminile in Italia ha compiuto, nel tempo, molti e significativi progressi. Le donne si sono viste riconoscere durante il XIX e il XX secolo sempre maggiori diritti che precedentemente erano riconosciuti solo agli uomini. Ripercorriamo in breve le principali normative, nello specifico attinenti alla prevenzione e alla lotta alla violenza di genere e all’abrogazione delle pratiche dannose.

    I pieni diritti tra uomo e donna in Italia sono garantiti e pienamente riconosciuti dal 1° gennaio 1948, con l’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica Italiana (Senato della Repubblica, 1948)¹⁵. L’art. 3 recita: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

    Nel 1975 viene approvato il nuovo Diritto di Famiglia (La Marca, 2019)¹⁶, la legge 151/75 che rifonda la famiglia italiana sul principio di parità giuridica ed uguaglianza tra coniugi. Riformula sul nuovo principio i doveri coniugali, riconosce al suo interno i diritti individuali, conferisce soggettività alle figlie e ai figli, tutela il lavoro di cura. Viene così abolita la figura del capofamiglia. Ogni decisione che riguardi la famiglia va presa di comune accordo senza prevaricazioni (dove abitare, come educare le figlie e i figli, ecc.).

    Nel 1981 scompaiono dal nostro codice i reati introdotti nel 1930 durante il ventennio fascista dal Codice Rocco: il delitto d’onore (Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, 1981)¹⁷, che riduceva in modo molto significativo le pene per chi provocava la morte della coniuge, della figlia o della sorella nel momento in cui ne scoprisse una relazione illegittima o un comportamento che potesse provocare offesa all’onor suo o della sua famiglia e il matrimonio riparatore che consentiva, a chi avesse commesso uno stupro, di vedere estinto il proprio reato qualora avesse contratto matrimonio con la propria vittima (anche in caso di stupri di gruppo).

    La legge n. 66 del 15 febbraio 1996 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, 1996))¹⁸ opera un fondamentale cambiamento di prospettiva nella cultura giuridica dominante: attraverso una modifica sostanziale sul piano giuridico la violenza sessuale viene definita non più come un reato contro la morale e il buon costume bensì riconosciuta come un reato contro la persona e contro la libertà individuale.

    La legge n. 154 del 5 aprile 2001 (Gazzetta della Repubblica Italiana, 2001)¹⁹ rubricata Misure contro le violenze nelle relazioni familiari sipone come valido strumento volto a reprimere le condotte antigiuridiche che espongono a rischio l’integrità fisica o morale del coniuge o di altro convivente. Con tale norma, infatti, il legislatore è voluto intervenire in tutte quelle situazioni di grave pregiudizio dell’integrità fisica o morale oppure della libertà di un componente qualsiasi del nucleo familiare causata da un altro componente della famiglia, legittima o naturale che sia. Prevede l’allontanamento del familiare violento e misure di protezione sociale per le donne che subiscono violenza.

    La legge n. 38 del 23 aprile 2009 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, 2009)²⁰ in merito allo stalking introduce all’art. 612 bis c.p. il reato di atti persecutori, espressione con cui si è tradotto il termine di origine anglosassone to stalh (letteralmente fare la posta), con il quale si vuol far riferimento alle condotte persecutorie e di interferenza nella vita privata di una persona (cosiddetta legge sullo stalking). Perché sussista il reato i comportamenti di minacce e di molestie devono determinare nella persona offesa un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero un fondato timore per la propria incolumità o per quella di persone a lei vicine, oppure costringerla ad alterare le proprie abitudini di vita.

    La legge n. 119 del 15 ottobre 2013, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province (Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, 2013)²¹. Il Capo I del decreto-legge, composto dagli articoli da 1 a 5-bis, è dedicato al contrasto e alla prevenzione della violenza di genere. In particolare, il provvedimento approvato:

    interviene sul codice penale, introducendo un’aggravante comune (art. 61, n. 11-quinquies) per i delitti contro la vita e l’incolumità individuale, contro la libertà personale nonché per i maltrattamenti in famiglia, da applicare se i fatti sono commessi in danno o in presenza di minori;

    novella il reato di atti persecutori (art. 612-bis, c.d. stalking), con particolare riferimento al regime della querela di parte. In particolare, rispetto alla formulazione originaria del decreto-legge, che qualifica la querela come irrevocabile, la Camera ha circoscritto le ipotesi di irrevocabilità ai casi più gravi, prevedendo comunque che l’eventuale remissione possa avvenire soltanto in sede processuale;

    • introduce la misura di prevenzione dell’ammonimento del questore anche per condotte di violenza domestica, sulla falsariga di quanto già previsto per il reato di stalking;

    • sempre per tutelare le vittime, inserisce alcune misure relative all’allontanamento d’urgenza, dalla casa familiare e all’arresto obbligatorio in flagranza dell’autore delle violenze. In merito, la Camera ha introdotto la possibilità di operare anche un controllo a distanza (c.d. braccialetto elettronico) del presunto autore di atti di violenza domestica;

    • modifica le disposizioni di attuazione del codice di procedura, inserendo i reati di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e stalking tra quelli che hanno priorità assoluta nella formazione dei ruoli d’udienza;

    • estende alle vittime dei reati di stalking, maltrattamenti in famiglia e mutilazioni genitali femminili l’ammissione al gratuito patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito.

    La legge n. 69 del 19 luglio 2019, Tutela delle vittime di violenza domestica e di genere (Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, 2019)²¹ reca modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. Nel merito essa si compone di 21 articoli che individuano un catalogo di reati attraverso i quali si esercita la violenza domestica e di genere e, in relazione a queste fattispecie, interviene sul codice di procedura penale al fine di velocizzare l’instaurazione del procedimento penale e, conseguentemente, accelerare l’eventuale adozione di provvedimenti di protezione delle vittime. Il provvedimento, inoltre, incide sul codice penale per inasprire le pene per alcuni dei citati delitti, per rimodulare alcune aggravanti e per introdurre nuove fattispecie di reato. Viene inserito il c.d. Codice Rosso (GU 25.07.2019). Il codice rosso scatta in automatico nel caso in cui la polizia giudiziaria ravvisi che nei fatti raccontati vi siano gli estremi della violenza di genere o della violenza domestica. In questo modo provvederà immediatamente a trasmettere la querela al pubblico ministero, il quale a sua volta avrà tre giorni di tempo per ascoltare la vittima.

    La legge introduce nel diritto penale quattro nuovi delitti:

    • il delitto di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (nuovo art. 583-quinquies c.p.), punito con la reclusione da 8 a 14 anni. Contestualmente, è stato abrogato il reato di lesioni personali gravissime di cui all’art. 583, secondo comma, n. 4 c.p., che puniva con la reclusione da 6 a 12 anni le lesioni personali gravissime con deformazione o sfregio permanente del viso. Quando dalla commissione di tale delitto consegua l’omicidio si prevede la pena dell’ergastolo. La riforma inserisce, inoltre, questo nuovo delitto nel catalogo dei reati intenzionali violenti che danno diritto all’indennizzo da parte dello Stato;

    • il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate (c.d. Reven- ge porn, inserito all’art. 612-ter c.p. dopo il delitto di stalking), punito con la reclusione da 1 a 6 anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro; la pena si applica anche a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video, li diffonde a sua volta al fine di recare nocumento agli interessati. La fattispecie è aggravata se i fatti sono commessi nell’ambito di una relazione affettiva, anche cessata, o con l’impiego di strumenti informatici;

    • il delitto di costrizione o induzione al matrimonio (art. 558-bis c.p.), punito con la reclusione da 1 a 5 anni. La fattispecie è aggravata quando il reato è commesso in danno di minori e si procede anche quando il fatto è commesso all’estero da, o in danno, di un cittadino italiano o di uno straniero residente in Italia;

    • il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387-bis), punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni.

    1.2 Le diverse forme di violenza contro le donne

    "La violenza distrugge ciò che vuole difendere: la dignità,

    la libertà, e la vita delle persone"

    Giovanni Paolo II

    La violenza contro le donne è un fenomeno dilagante in tutto il mondo. La violenza di genere o la minaccia concreta di essa risulta uno dei più efficaci strumenti di controllo e di violazione dei diritti umani.

    Il termine genere (Provincia Autonoma di Trento, 2014)²² viene introdotto nel dibattito internazionale nel corso degli anni ’70 per sottolineare la differenza tra il sesso biologico e il genere culturale. Nello specifico si riferisce a quell’insieme di ruoli, comportamenti, attributi che sono socialmente costruiti e che la società considera appropriati per donne e uomini. Quindi si definisce violenza di genere contro le donne quella violenza nata dall’idea diffusa di come culturalmente dovrebbero comportarsi le appartenenti al genere femminile e dal presupposto che il maschio abbia l’autorità, il potere, di controllare la propria donna, di limitarne la libertà rivendicandone il possesso.

    Le Nazioni Unite, nella Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne (ONU, 1993)²³ definiscono la violenza, all’art.1, come qualsiasi atto di violenza di genere che provochi o possa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o mentali alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria di libertà, sia nella vita pubblica che in quella privata. La violenza contro le donne rappresenta una violazione dei diritti umani delle donne oltre che un grave problema di salute pubblica.

    Le Nazioni Unite, nello stesso documento, identificano e riconoscono le seguenti diverse forme di violenza contro le donne:

    • l’abuso domestico

    • le pratiche tradizionali dannose, tra cui la mutilazione e il taglio genitale femminile

    • l’infanticidio femminile e la selezione sessuale prenatale

    • il matrimonio precoce

    • il matrimonio forzato

    • le violenze legate alla dote

    • i crimini contro le donne commessi per onore

    • il maltrattamento delle vedove

    • il femminicidio

    • la violenza sessuale da parte di non partner

    • le molestie sessuali e le violenze nei luoghi di lavoro, nelle istituzioni educative e nello sport

    • la tratta di donne

    Stime globali

    Le stime pubblicate dall’OMS (World Health Organization, 2021)²⁴ indicano che globalmente circa il 30% (1 su 3) delle donne in tutto il mondo ha subito violenza fisica e/o sessuale da partner intimi o violenza sessuale da non partner nel corso della propria vita. La violenza influisce negativamente sulla salute fisica, mentale, sessuale e riproduttiva delle donne. L’OMS avverte che la pandemia di COVID-19 ha ulteriormente aumentato l’esposizione delle donne alla violenza, a seguito di misure come blocchi e interruzioni dei servizi di supporto vitali.

    Stima dei dati raccolti²⁵:

    • A livello globale, circa 736 milioni di donne, quasi una su tre, sono state sottoposte a violenza da partner, violenza sessuale senza partner o entrambe almeno una volta nella vita (il 30% delle donne di età pari o superiore a 15 anni) (World Health Organization, 2021)²⁶.

    • Un’analisi del 2018 dei dati sulla prevalenza dal 2000 al 2018 in 161 paesi e aree, condotta dall’OMS per conto del gruppo di lavoro inte- ragenzia delle Nazioni Unite, ha stimato la prevalenza della violenza da partner intimo del 20% nel Pacifico occidentale, del 22% nei paesi ad alto reddito e in Europa, del 25% nelle regioni delle Americhe, del 33% nella regione Africana, del 31% nella Regione del Mediterraneo orientale e del 33% nella regione del Sud-est asiatico (World Health Organization, 2021)²⁷.

    • Quasi una ragazza adolescente su quattro di età compresa tra 15 e 19 anni (24%) ha subito violenza fisica e/o sessuale da parte di un partner o marito intimo. Il 16% delle giovani donne di età compresa tra i 15 e i 24 anni ha subito questa violenza negli ultimi 12 mesi (UN Women, 2020)²⁸.

    • Le chiamate ai numeri di emergenza sono aumentate di cinque volte in alcuni Paesi poiché i tassi di violenza da partner intimo segnalata aumentano a causa della pandemia COVID-19. I movimenti limitati, l’isolamento sociale e l’insicurezza economica stanno accrescendo la vulnerabilità delle donne alla violenza domestica in tutto il mondo. Entro settembre 2020, 52 Paesi avevano integrato la prevenzione e la risposta alla violenza contro donne e ragazze nei piani di risposta COVID-19 e 121 paesi avevano adottato misure per rafforzare i servizi per le donne sopravvissute alla violenza durante la crisi globale, ma sono urgentemente necessari ulteriori sforzi (UN Women, 2021)²⁹.

    • A livello globale, il 6% delle donne riferisce di aver subito violenza sessuale da qualcuno che non sia il marito o il partner. Tuttavia, è probabile che la reale prevalenza della violenza sessuale senza partner sia molto più alta, considerando il particolare stigma legato a questa forma di violenza.

    • 137 donne vengono uccise ogni giorno da un membro della loro famiglia. Si stima che delle 87.000 donne intenzionalmente uccise nel 2017 a livello globale, più della metà (50.000) siano state uccise da partner intimi o familiari. Più di un terzo (30.000) delle donne uccise intenzionalmente nel 2017 sono state uccise dal loro attuale o ex-partner intimo (Nazioni Unite, 2019)³⁰.

    • Meno del 40% delle donne che subiscono violenza cerca aiuto di qualsiasi tipo. Nella maggior parte dei Paesi con dati disponibili su questo problema, tra le donne che cercano aiuto, la maggior parte non si rivolgono alle istituzioni formali, come la polizia e i servizi sanitari (Nazioni Unite, 2015)³¹.

    • A livello globale, la violenza contro le donne colpisce in modo sproporzionato Paesi e regioni a basso e medio-basso reddito. Il 37% delle donne di età compresa tra i 15 e i 49 anni che vivono in paesi classificati dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (ONU, 2015)³² e come "meno sviluppai? sono state vittime di violenza fisica e/o sessuale da parte del partner nella loro vita e, negli ultimi 12 mesi, con una media sostanzialmente superiore a quella mondiale del 13%.

    • Almeno 155 Paesi hanno approvato leggi sulla violenza domestica e 140 hanno leggi sulle molestie sessuali sul posto di lavoro. Tuttavia, anche quando esistono leggi, ciò non significa che siano sempre conformi agli standard e alle raccomandazioni internazionali, o che le leggi siano attuate e applicate (Banca Mondiale, 2020)³³.

    • Le donne adulte rappresentano quasi la metà (49%) di tutte le vittime della tratta di esseri umani individuate a livello globale. Le donne e le ragazze insieme rappresentano il 72%, delle vittime della tratta. La maggior parte delle donne e delle ragazze è oggetto di tratta a scopo di sfruttamento sessuale (UNODC, 2018)³⁴.

    • Nel 2019, una donna su cinque, di età compresa tra 20 e 24 anni, si è sposata prima dei 18 anni. Negli ultimi dieci anni, il tasso globale di matrimoni precoci è diminuito, con l’Asia meridionale che ha registrato il calo maggiore durante questo periodo. Oggi, il rischio di matrimoni precoci è più alto nell’Africa subsahariana, dove più di una donna su tre, di età compresa tra 20 e 24 anni, si è sposata prima dei 18 anni. Il matrimonio precoce si traduce spesso in una gravidanza precoce, nell’isolamento sociale, nell’abbandono scolastico e aumenta il rischio di una ragazza di subire violenza domestica (Nazioni Unite , 2020)³⁵.

    • Almeno 200 milioni di donne e ragazze, di età compresa tra 15 e 49 anni, hanno subito mutilazioni genitali femminili in 31 Paesi in cui si concentra la pratica. La metà di questi paesi si trova nell’Africa occidentale. Ci sono ancora paesi in cui le mutilazioni genitali femminili riguardano almeno 9 ragazze su 10 e donne di età compresa tra 15 e 49 subiscono ancora questa aberrazione.

    • 15 milioni di ragazze adolescenti in tutto il mondo, di età compresa tra 15 e 19 anni, hanno subito rapporti sessuali forzati. Nella stragrande maggioranza dei paesi, le ragazze adolescenti sono maggiormente a rischio di rapporti sessuali forzati (rapporti sessuali forzati o altri atti sessuali) da parte di un marito, partner o fidanzato attuale o precedente (Unicef, 2017)³⁶.

    • La violenza di genere legata alla scuola è uno dei principali ostacoli alla scolarizzazione universale e al diritto all’istruzione per le ragazze e per i ragazzi. A livello globale, uno studente su tre, di età compresa tra 11 e 15 anni, è stato vittima di bullismo da parte dei suoi coetanei a scuola. Mentre i ragazzi hanno maggiori probabilità di subire bullismo fisico, le ragazze hanno maggiori probabilità di subire bullismo psicologico e riferiscono di essere state prese in giro a causa dell’aspetto del loro viso o del loro corpo (Health and Education Resource Centre, 2019)³⁷.

    • Una donna su dieci nell’Unione europea riferisce di aver subito molestie informatiche dall’età di 15 anni. Ciò includeva la ricezione di e-mail o messaggi SMS sessualmente espliciti indesiderati e/o offensivi e/o inappropriati sui siti di social network. Il rischio è più alto tra le giovani donne di età compresa tra 18 e 29 anni (Banca Mondiale, 2020)³⁸.

    • Nello studio multi-paese, le donne hanno affermato che subiscono molestie per strada, principalmente basate sul catcalling ossia commenti sessuali, fischi, stalking, follow e insistenze moleste per strada. Tra il 31-64% degli uomini ha dichiarato di aver compiuto tali atti (UN Women, 2017)³⁹.

    • In cinque regioni, l’82% delle donne parlamentari hanno riferito di aver subito una qualche forma di violenza durante il loro mandato. Ciò includeva osservazioni, gesti e immagini di natura sessuale sessista o umiliante, minacce e mobbing. Le donne hanno citato i social media come il canale principale di questo tipo di violenza e quasi la metà (44%) ha riferito di aver ricevuto minacce di morte, stupro, aggressione o rapimento nei loro confronti o nelle loro famiglie. Il 65% era stato oggetto di osservazioni sessiste, principalmente da colleghi uomini in Parlamento (Unione interparlamentare, 2016)⁴⁰.

    Paesi in cui la donna è profondamente vittima di discriminazioni e violenza di genere

    La violenza di genere è diffusa ovunque. Tuttavia, tra i Paesi del mondo esistono tutt’oggi notevoli differenze nel modo in cui la violenza di genere è affrontata dal punto di vista politico e normativo. Tali differenze riflettono l’atteggiamento culturale e tradizionale prevalenti nei confronti di questo tema all’interno di ogni Stato, il livello di coscienza del problema da parte della società e il tipo di welfare esistente. Ma anche laddove il Paese risulti emancipato in termini giuridici, la violenza di genere non sembra diminuire. Infatti, non sempre c’è un rapporto inversamente proporzionale tra la conquista della parità di genere e la violenza contro le donne. Si assiste a un incremento allarmante di violenze, stupri e femminicidi, anche in Paesi avanzati. Ad esempio, nei Paesi scandinavi, secondo un’indagine condotta su ventotto Paesi dell’Unione realizzata nel 2014 dall’Agenzia europea (Eige, 2014)⁴¹ per i diritti fondamentali, al vertice della triste classifica troviamo la Danimarca, con il 52% di donne che racconta di avere subito violenza fisica o sessuale dall’età di 15 anni, seguita dalla Finlandia (47%) e dalla Svezia (46%). A seguire i Paesi Bassi (45%), Francia e Gran Bretagna (44%), mentre l’Italia si piazza al diciottesimo posto (27%).

    Ma quali sono i Paesi in cui la donna è profondamente vittima di discriminazioni e violenza di genere? I risultati vengono evidenziati dall’ultimo sondaggio condotto dalla Thomson Reuters Foundation (Fondazione Thomson Reuters, 2018)⁴², che è stato stilato tenendo conto dei seguenti criteri:

    • assistenza sanitaria

    • discriminazione

    • tradizioni culturali

    • violenza sessuale

    • violenza non sessuale (connessa ai conflitti, abusi domestici, fisici e mentali)

    • traffico degli esseri umani (servitù domestica, lavoro forzato, matrimonio forzato e schiavitù sessuale)

    L’India risulta essere uno dei paesi più pericolosi per le donne, per l’alto rischio di violenza sessuale e molestie, pratiche culturali, tribali e tradizionali del Paese. Inoltre l’India è il Paese in cui le donne sono maggiormente a rischio di traffico di esseri umani, tra cui il lavoro forzato, la schiavitù sessuale ma anche domestica.

    In Afghanistan, le donne continuano ad essere l’anello debole, sono discriminate nella società come nel lavoro. Agli abusi sessuali e domestici si aggiunge il peggiore accesso all’assistenza sanitaria nonché la mancanza di accesso alle risorse

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