L’altra metà del sogno
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Fantascienza - romanzo breve (65 pagine) - Un mondo spaccato in due, uomini da una parte, donne dall'altra. Saranno in grado Yuri e Sarah di superare l'abisso e costruire un nuovo futuro?
Una catastrofe ha spaccato il pianeta in due. In una metà, i maschi hanno ridotto le femmine a meri oggetti sessuali, nell’altra le donne hanno relegato gli uomini al ruolo di semplici “animali” da fatica.
All’oscuro l’uno dell’altra, Yuri e Sarah vivono con difficoltà e inquietudine, incapaci d’integrarsi nei propri mondi così diametralmente opposti eppure specularmente fratelli.
Qualcosa li spinge a mettersi in gioco, rischiando tutto nel tentativo di conquistare un futuro libero e inclusivo.
Debora Donadel, è nata e cresciuta a Pieve di Soligo (Treviso) dove abita tuttora.
Lavora per un sito di eventi e promozione turistica dell’alto trevigiano curando redazione, caricamento e gestione dei contenuti nel blog e nei social collegati. Collabora con diverse associazioni culturali sempre come web content editor.
Ha studiato ragioneria pur avendo una grande passione per la letteratura che, comunque, non si è mai sopita. Si definisce lettrice vorace e onnivora. Ha pubblicato diversi racconti, il primo proprio con Delos Digital, nel 2018, nell’antologia La stanza di Linda. Il suo racconto L’amore non basta è stato tra i vincitori del Dystopian Contest 2020.
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Anteprima del libro
L’altra metà del sogno - Debora Donadel
Per Giulia e Marco:
che nessuno, mai, vi impedisca di sognare!
Prima parte
Il sogno
Una donna bruna dagli occhi chiari gli stava tendendo la mano, Yuri, piccolo mio, sei caduto di nuovo?
Vedeva sé stesso, piccolo e barcollante, che un poco alla volta si rialzava e la raggiungeva dentro un abbraccio del quale sentiva il calore, un calore che lo invadeva in ogni parte del corpo….
Si svegliò rabbrividendo dal freddo, serrando con forza le palpebre per trattenere quelle immagini rassicuranti. Il desiderio di ritrovare quella donna e il suo abbraccio anche nella realtà lo indusse ad aprire gli occhi. Voltò d’istinto la testa verso destra e scorse Luca nel letto accanto. Il leggero movimento della coperta era l’unico segno del suo lieve respiro. A sinistra Gabriele russava appena, di sicuro l’indomani i custodi lo avrebbero mandato in infermeria: non erano tollerati i malesseri, di alcun tipo, nemmeno quelli involontari come la respirazione pesante.
Almeno fino alla definizione del test.
Proprio per questo, appena avvistò il fascio di luce che si avvicinava al letto, si affrettò ad abbassare le palpebre. Una manciata di spilli luminosi lo colpì forte. Si trattenne dallo strizzare gli occhi e cercò di mantenere un respiro regolare, se avessero scoperto che si risvegliava così spesso durante la notte avrebbero subito dedotto che conservava ancora un’intensa attività onirica. E non aveva idea di cosa gli avrebbero potuto fare.
Lui non riusciva a capire perché continuasse a sognare nonostante la somministrazione delle iniezioni periodiche, anche volendo era impossibile sottrarsi a quella che era una delle regole più ferree dell’istituto.
– Ma tu non sogni mai, Luca? – aveva chiesto un giorno all’unico di cui si fidava tra tutti i suoi compagni.
Era successo più o meno tre anni prima, dopo che aveva iniziato a fare quel sogno nitido, sempre lo stesso. Lui piccolino che muoveva i primi passi e veniva abbracciato da una donna. Mamma? si ripeteva ogni volta che il sogno si ripresentava, pur non sapendo esattamente cosa significasse quella parola.
– A volte. Sogno il cielo, le stelle, il mare, distese infinite di sabbia o una lunga linea di alti grattacieli…Il professor Donati dice che è giusto, che sono i sogni dei bambini e che servono a dormire tranquilli. Dice che tra un po’ le iniezioni faranno scomparire anche quelli. – Luca aveva parlato in un fiato com’era solito fare, con un piccolo sbuffo di soddisfazione alla fine.
Yuri storse la bocca senza rispondere.
– Perché, tu cosa sogni? – gli aveva chiesto Luca incuriosito dal leggero tremore delle sue labbra.
– Ma sì, lo stesso… avevo solo paura di dirlo al professor Donati. Ti ricordi di Federico?
– Ma lui sognava cose proibite – aveva sussurrato Luca temendo di essere sentito.
Quel nome era stato bandito dopo che il ragazzino aveva cercato di fuggire dall’infermeria dove lo stavano curando da quei sogni che lo facevano svegliare ogni notte. La fuga era durata pochissimo, era stato riacciuffato in cortile e da allora non era più tornato né in camerata né a lezione. Si mormorava che fosse stato condotto nella scuola speciale, quella che loro intravedevano dalle finestre del lato nord, un capannone grigio che sorgeva oltre il lago, ai piedi del Monte Piana. Lì venivano formati gli inabili, i deviati che non provavano attrazione per le donne o che non accettavano di essere maschi, e tutti quelli che, per diversi motivi, non avevano diritto a essere sottoposti al test. Si diceva che questi posti fossero simili a dei campi di lavoro, luoghi in cui l’istruzione era vietata e le terapie farmacologiche erano talmente forti da ridurre gli ospiti a macchine da fatica.
Ovviamente Yuri si guardò bene dall’affrontare di nuovo il discorso dei sogni.
L’appuntamento
La dimensione onirica non era l’unica anomalia che lo tormentava.
Alcune erano così evidenti che non poteva nasconderle.
Crescendo aveva visto i suoi compagni cambiare la voce, assumere fattezze più adulte, alcuni avevano già qualche timido pelo in faccia. Yuri, invece, sembrava concentrare tutta la smania di crescita nella statura. Era senza ombra di dubbio il più alto della sua camerata. Quando si trovava con gli altri ragazzi dell’istituto, nel cortile esterno per le esercitazioni militari, lui era sempre quello che dominava tutti dall’alto. Talmente lungo e magro che, per non differenziarsi troppo dagli altri, camminava tutto ingobbito, perennemente con gli occhi bassi. Cosa che faceva infervorare i custodi che lo redarguivano con piglio minaccioso.
– Su la testa, ragazzo! I veri uomini non abbassano mai lo sguardo! – gli urlavano, mettendolo ancora più a disagio.
Col passare del tempo i compagni avevano preso a bisbigliare, a lanciargli occhiate strane, soprattutto quelli che avevano già effettuato la prima visita con il dottor Da Ros. Yuri non aveva idea di cosa si facesse in quello studio e non capiva come mai lui non venisse chiamato a questo appuntamento che ormai tutti, nella sua camerata avevano affrontato.
– È perché non hai ancora cambiato la voce – gli disse Luca pochi giorni dopo essersi recato da Da Ros – quello è il segno, insieme all’acqua bianca che perdi la notte.
Yuri aveva annuito, fingendo di capire. Per la voce doveva solo aspettare, molti nella sua camerata avevano cambiato il tono da poco e forse, col tempo, sarebbe successo anche a lui. In quanto all’acqua bianca, non aveva proprio idea a cosa si riferisse il suo amico.
Ma a chi poteva chiedere?
Non sapendo a chi rivolgersi iniziò a osservare i suoi compagni di nascosto. Sbirciava sotto le coperte mentre dormivano, fingeva di attardarsi per cercare tracce sui materassi o nelle docce. Ma senza risultati.
Dovette attendere l’inizio del nuovo corso di biologia del professor Donati per scoprire la verità. In una delle prime lezioni l’insegnante spiegò per filo e per segno sia il fenomeno dell’eiaculazione notturna, che l’importanza dell’autoerotismo per diventare degli ottimi generatori.
Tutti gli studenti annuirono, qualcuno sorrise, ma nessuno prestò realmente attenzione alla lezione. Solo Yuri lo fece e quando finalmente capì si sentì a disagio.
Pur