Quadri di vita
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Info su questo ebook
E’ l’attesa di un ritorno che nel racconto resta inconcluso. Il tempo dell’attesa comporta ricordi e riflessioni.
E ancora quadri di vita come ricordi significativi
Un vecchio baule in soffitta svela una serie di fotografie che riportano la donna a un’immagine ormai dimenticata, che è meglio chiudere in soffitta.
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Anteprima del libro
Quadri di vita - Stefanella De Santis
STEFANELLA DE SANTIS
QUADRI DI VITA
RACCONTI
Abel Books
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Abel Books
via Terme di Traiano, 25
00053 Civitavecchia (Roma)
ISBN 9788867521142
NEBBIA
ATTESA
IMMAGINI
UNA GIORNATA
PRENDILA COSI’
LA SCELTA
FOTOGRAFIE
A Giacomo
Alcune delle vicende trattate traggono spunto dall’esperienza vissuta nell’attività professionale di psicoterapeuta dell’autrice.
Immagine di copertina: Interno con giacca
, Paolo Cristiano, 1962
Indice
NEBBIA
ATTESA
IMMAGINI
UNA GIORNATA
PRENDILA COSI’
LA SCELTA
FOTOGRAFIE
BIOGRAFIA
NEBBIA
Buio. Odore acre di nebbia.
Cose, persone offuscate, sfumate.
Forme indefinite, passi affrettati, sordi.
Avanza sollevandosi il bavero del cappotto, i libri stretti al petto.
La solita strada percorsa ogni mattina. La conosce bene ormai, anche con quel nebbione fitto così strano per Roma.
Nebbia bassa bon tempo lassa
. Una frase che suole ripetere sua madre… sua madre…
A casa che cosa staranno facendo adesso? E il pensiero ritorna lì, sorpreso di quell’attimo di distrazione.
Cammina fasciata da quella nebbia che la protegge da qualsiasi contatto umano, che la isola nella realtà che si porta dentro, nelle visioni di quella notte fulminee come bagliori.
Le stanze sfacciatamente illuminate e quella sensazione ancora viva di pietruzze pungenti sotto le palpebre per l’improvviso risveglio nella luce accecante.
Le vengono alla mente episodi narrati nell’Iliade e nell’Odissea, quando qualche divinità dovendo scendere sulla terra si ammanta di una nube che la nasconde ai mortali.
Ecco, anche lei ora cammina fra la gente, consapevole di sé, della sua realtà, sicura però di essere ignorata.
Si ferma ad aspettare il filobus. Di tanto in tanto batte i piedi e strofina le mani per scrollarsi di dosso il freddo che le è penetrato nelle ossa.
D’improvviso lo stridio dei freni e la fioca luce dei fari che fatica a farsi strada nella nebbia l’avvertono che il filobus è arrivato. Si scuote e fa una piccola corsa per riuscire a salire.
Di colpo si trova in piena luce a distinguere nuovamente forme, contorni in modo preciso, netto.
Una massa di persone accalcate una contro l’altra in un contatto estraneo, sgradevole.
Una folla di visi senza fisionomia, tutti uguali nel pallore che getta su di essi la luce artificiale.
Privata all’improvviso del diaframma che la nebbia costituiva fra sé e gli altri, si sente allo scoperto, senza difesa.
Cerca allora di guardare diritto davanti a sé ignorando quanti le stanno attorno.
Ma dopo un po’… chi legge il giornale, chi guarda fuori nella nebbia, un vecchio seduto davanti a lei sonnecchia ancora, il capo, penzolante sul petto, sobbalza a ogni scossone.
Un uomo un po’ più in là non distoglie un attimo gli occhi da una ragazza bionda che ha accanto.
Ognuno però è assorto nei propri pensieri e nessuno si cura di lei.
Non le fa più paura trovarsi faccia a faccia con estranei in piena luce in quel piccolo ambiente.
La sua protezione è ormai l’indifferenza degli altri.
Ma è già ora di scendere.
Vincendo la resistenza della folla che le si accalca intorno, s’avvia a fatica verso l’uscita.
Scendendo si accorge che la nebbia si sta diradando ed è già impregnata di sole.
Sarà una bella giornata.
Un breve tratto di strada la separa ancora dalla scuola e lo percorre in fretta come tutte le mattine.
Poi si ritroverà insieme ai compagni, ma con qualcosa di diverso dentro.
– Ciao – e una mano scivola sotto il suo braccio.
Si volta di scatto, sorpresa. Le è vicino un suo compagno di scuola.
– Ah, sei tu. Mi avevi quasi spaventata!
– Mi dispiace, ti ho visto così seria e assorta, che ho voluto farti uno scherzo.
Seria e assorta
, già! Ma non vuole spiegare, sarebbe una stonatura al buon umore del compagno.
Risponde invece: – Ci sei riuscito perfettamente, te lo assicuro – e continuano a chiacchierare vivacemente fino all’entrata a scuola.
La classe ancora scura di primo mattino è già affollata di ragazzi che vociano disinvolti e allegri.
Si ferma un istante a disagio. Li sente lontani, per la prima volta estranei.
Facendosi forza entra in classe, poggia i libri sotto il banco.
D’improvviso è aggredita chiassosamente da due compagni che vogliono confrontare con lei la versione di latino. Le prendono il quaderno e cominciano a discutere animatamente sui punti difficili. Viene tuffata così in pieno nell’atmosfera scolastica.
Ma suona la campanella d'inizio delle lezioni.
In un attimo ognuno è al proprio posto ad accogliere con forzato silenzio la professoressa e le ore di disciplina che verranno.
Silenzio nell’aula ed ecco subito in lei un altro silenzio: quello della sua casa in piena notte, attonita dopo il trambusto del primo momento.
Allora ragazzi, oggi spiego! – La professoressa solleva gli occhi dal libro e guardando i suoi alunni, sorride.
– Mi pare di notare un’aria di sollievo.
Nessuno osa replicare.
– Bravi! Non eravate preparati, eh? Meglio non indagare. Comunque mi raccomando per la prossima volta.
Dunque oggi parleremo del teorema di…
Le parole della professoressa si fanno sempre più lontane, si perdono in un altro mondo.
Sbattimento di porte, vento che fischia, discorsi smozzicati, concitati come in un sogno, prima di prendere contatto con la realtà. Poi di colpo la consapevolezza che è successo qualcosa.
– B. mi sembra che non segui oggi, ti vedo assente. Che cosa hai?
Sobbalza al brusco richiamo al presente di cui non si sente partecipe.
– Nulla, professoressa, un po’ di mal di testa. – Ha mentito: perché?
La professoressa riprende la sua spiegazione.
Che impressione trovare la casa violentata nel suo momento più intimo e più segreto, nell’oscurità muta della notte.
Ma ecco, il suono della campana segna la fine della lezione di matematica.
La professoressa esce e la classe si rianima nell’attesa del professore successivo.
Lei rimane al suo banco, svogliata.
Le si accosta un compagno: – Come va il mal di testa?
Dopo un attimo di esitazione risponde un: – Così – incerto.
Non è stata capace di parlare, perché? L’entrata in classe del professore le impedisce di rettificare. Fortunatamente anche il professore si mette a spiegare.
Ma dopotutto è inutile parlare con gli altri, spiegare in