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Le famiglie (im)perfette
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Le famiglie (im)perfette
E-book148 pagine2 ore

Le famiglie (im)perfette

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Info su questo ebook

Esistono davvero famiglie perfette, o lo sono solo all’apparenza?
Camilla nasce a Coreso, un piccolo paese pugliese, e passa la sua intera vita a sentirsi stretta in quella dimensione. Pagina dopo pagina, ci racconta la sua voglia di apertura, la sua fuga in città più grandi. Si mette in gioco, scelta dopo scelta, senza paura di dover ricominciare da capo, e ci racconta una vita fatta di dolore e passione, affetto familiare mischiato a insofferenza, dimostrandoci come la sua vita, in fondo, sia la vita di tutti noi.

Elena Manildo, sposata, ha tre figli. Vive a Roma.
Ha lavorato nella pubblica amministrazione per 35 anni, per poi iniziare, con questa prima opera, a scrivere e liberare finalmente la sua creatività e a dedicarsi, oltre che alla sua famiglia, alle sue passioni.
LinguaItaliano
Data di uscita9 set 2022
ISBN9788830670969
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    Anteprima del libro

    Le famiglie (im)perfette - Elena Manildo

    LQ.jpg

    Elena Manildo

    Le famiglie

    (im)perfette

    © 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-6404-3

    I edizione settembre 2022

    Finito di stampare nel mese di settembre 2022

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    Le famiglie (im)perfette

    Ai miei tre figli: abbiate coraggio, non pensate mai di non essere all’altezza e accettate le vostre imperfezioni perché sono quelle che vi rendono unici. Siatene fieri.

    A mia madre… sarebbe fiera di me.

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Mi chiamo Camilla, ma per gli amici e i parenti sono Milla. Sono nata a Coreso, un piccolo paese in una regione meravigliosa che è la Puglia, un posto splendido con un clima perfetto e il mare che lo bagna da due lati, un mare che si può frequentare buoni sette mesi l’anno. Il primo lato è formato da un susseguirsi di scogli piuttosto bassi, grigi e tondi, che a tratti spuntano verso l’alto e improvvisamente si spezzano per fare spazio a un porticciolo piccolo ma molto grazioso, pieno di barche colorate, per la maggior parte minute e usate per andare a pescare nelle tiepide mattinate primaverili, ma qualche bella barca grande si può vedere in estate. Questi scogli arrivano fino al borgo antico, alla punta estrema del paese. Il borgo antico è brulicante di ristorantini, negozi e gelaterie aperte prevalentemente in primavera ed estate, con una serie di casette antiche, alcune ristrutturate altre un po’ fatiscenti, casette che si arrampicano sul promontorio e che affacciano sul fantastico mare, le stradine strette che corrono intorno e improvvisamente si erge una torre imponente, importante. È la torre di un antico monastero che domina la città vecchia, ora museo. L’altro lato bagnato dal mare invece ha la spiaggia, una splendida spiaggia molto larga di sabbia finissima color oro chiaro, quasi bianca con un mare davvero limpido che a volte diventa così trasparente da assomigliare a una piscina e profumato, i pesci ci sguazzano dentro e si vedono affiorare in superficie anche passeggiando nell’acqua. Una spiaggia dove poter fare delle lunghe passeggiate in inverno, ma troppo piena in estate.

    Coreso è un paese fatto di aiuole verdi, di fiori profumati e di piante, di alberi alti, di palme. Un paese fatto apposta per le vacanze estive per divertirsi fino a tarda notte ascoltando musica negli stabilimenti adibiti a intrattenimento serale oppure andando per gelaterie o ristorantini ascoltando schiamazzi di giovani e di bambini che vogliono approfittare del caldo per stare il più possibile in strada a sorridere e raccontarsi storie, amoreggiare, o solo per restare seduti vicino al mare a chiacchierare. Ma Coreso è anche un paese dove andare a riposarsi nei weekend invernali, pensare, passeggiare, e respirare con il freddo e le onde rumorose, alte e schiumose quando tutto è velatamente triste. Coreso è tutto questo… ma purtroppo è anche un paese dove tutti gli abitanti si conoscono o conoscono la famiglia di appartenenza e di conseguenza tutti (s)parlano di tutti, tutti agiscono in funzione degli altri. Ci si può muovere a qualunque ora da sole perché nulla può succedere in un paese in cui tutti si conoscono, è una forma di protezione. Un paese povero di servizi pubblici, di lavoro e di futuro per i giovani, un paese fermo con il passare del tempo, nulla cambia. Le persone muoiono e nascono, crescono ma la loro vita e la loro testa resta sempre la stessa, non si evolve, così era quando ero piccola e così è ora che sono grande. Persone con una visione del mondo un po’ limitata al loro mare che vedono sotto casa e ai fiori del paese, che non concepiscono un mondo diverso dal loro.

    Io sono nata in una villetta bassa, rossa, unifamiliare, un posto incantevole con finestre esattamente a picco sul mare, il sogno di tutti. La mia era una famiglia tanto numerosa, rumorosa, passionale, istintiva e non è stata proprio la famiglia perfetta, ma in fondo non credo che ne esista una perfetta e se qualcuno ve lo fa credere sappiate che mente spudoratamente. Sappiate che in ogni famiglia ci sono segreti, cose non dette, non risolte, cose chiuse rigorosamente a chiave intrappolate tra le mura, segreti di cui neanche tutti coloro che la compongono conoscono i contenuti o peggio, sanno che ne sono intrisi ma fanno finta che non ci siano per non dover affrontare le conseguenze, le persone, e per non dover dare una spiegazione. È così divertente ascoltare chi ti vuol far credere che la sua è l’unica famiglia perfetta al mondo. Ascoltate quando ne parlano e quando, riferendosi a componenti della propria famiglia (figli, mariti o mogli, padri o madri, zii o cugini) sentirete riempirsi la bocca di parole tipo bravissima, tranquillo, bellissima, studiosissimo, generosissima, altruista, perfetto amministratore di casa, fedelissima amica sempre disponibile con tutti, marito esemplare e fedele come mai, moglie perfetta, madre esemplare, padre esemplare, sa cucinare, sa organizzare, sa risolvere tutti i problemi dei propri figli, sa fare lavori di casa e tanto altro ancora. Io ascolto in silenzio e penso poveretta, poveretto, che grandi segreti porta dentro di sé e anche quanta sofferenza per saperli nascondere così bene, e più crescono gli elogi e i complimenti e più cose irrisolte ci sono.

    MIO PADRE – il padre (im)perfetto

    Mio padre… un bell’uomo alto, magro, portamento elegante, onesto, serio, buono, mai bevuto e mai fumato, rispettoso del dovere, spiccato senso civico, rigoroso, amato da tutti in paese, conosciuto da tutti, tanto da far pensare al padre perfetto, eppure non lo è! Un uomo cresciuto praticamente senza padre, che sfortunatamente morì di un tumore quando lui era piccolo, ritrovandosi in compagnia di altri due fratelli e una sorella a vivere soltanto con la guida della madre senza altri parenti vicini perché lei era originaria di una città marina del Portogallo e lì erano tutti i suoi parenti. Una donna molto fredda e austera, che però dovette affrontare grandi prove. Inizialmente casalinga (parliamo dei primi anni del ’900), si scontrò con la vita e restare da sola fu per lei una catastrofe, in un periodo di guerra dove tutto era devastazione. Non volle tornare in Portogallo, così si dovette cercare lavoro, che trovò come cuoca in un circolo militare. Era la prima volta in vita sua che lavorava, quindi fu veramente difficile, ma si rimboccò le maniche.

    Mio padre, una volta diventato giovincello, decise che il suo futuro doveva essere come capitano di una nave, per seguire le orme del padre. L’acqua era la sua gioia, il suo mondo, l’unico posto che lo faceva sentire veramente a suo agio e così, da solo e nonostante tutte le difficoltà e le avversità, riuscì a prendersi un diploma, vincere un concorso, e coronare questo sogno di diventare responsabile dell’amministrazione di una nave da guerra. Ne fu felicissimo.

    Avrebbe però potuto fare molte cose, lavorare in tante città di mare e crescere nel suo lavoro, cambiare radicalmente il sistema, ma non lo fece. Un uomo con poca ambizione, amante del piccolo paese, del suo mare, dei suoi fiori e soprattutto delle piccole cose, abituato ad accontentarsi sempre e troppo, con una grande paura di osare, di chiedere, e di mettersi in gioco, convinto forse che lui non meritasse di più.

    Un po’ irascibile, trovava assolutamente superfluo parlare e soprattutto ascoltare i propri figli e incoraggiarli nell’affrontare la vita. Non gli ha mai dato fiducia, li ha sempre considerati incapaci di fare qualunque cosa e questo non me lo sono mai spiegata; non aveva pazienza e aveva un modo di esprimersi decisamente brusco, che faceva parte anche del suo mondo lavorativo, dei porti dove approdava, delle navi su cui aveva vissuto da giovane e dei suoi colleghi di viaggio.

    MIA MADRE – la madre (im)perfetta

    Mia madre… Una donna molto bella, molto sensuale, generosa, buona, innamorata della vita. Un po’ ingenua, nel senso positivo del termine, amante della città e delle cose belle. Ansiosa (troppo), molto protettiva, testarda, battagliera, molto ambiziosa. Lei, al contrario di mio padre, avrebbe osato.

    Purtroppo, fu costretta dalla madre a sposare mio padre a soli 16 anni. Anche lei ha avuto la disgrazia di vivere senza padre, morto a soli 40 anni circa, pare in un ospedale psichiatrico dove fu ricoverato dopo una forte depressione. Almeno così mi sembra di aver sentito da qualche parola buttata qua e là di nascosto dai parenti. Sapete, questo è uno dei tanti

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