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Sto parlando con te
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E-book250 pagine2 ore

Sto parlando con te

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Info su questo ebook

L’amicizia tra i banchi di scuola è qualcosa di speciale che spesso rimane nel tempo. Corrado e Gianni si frequentano di rado, hanno oramai due vite familiari e professionali separate e lontane. Eppure quel legame nato tanti anni prima non si è mai completamente sciolto. Sul loro cammino trovano ostacoli insormontabili: Corrado soffre di attacchi di panico che gli impediscono di guidare costringendolo a deviare il corso della sua carriera all’insaputa della moglie; Gianni è sull’orlo del divorzio e nonostante sia considerato incapace di provare emozioni, non vuole perdere il rapporto prezioso con la figlia. Un giorno i due si ritrovano a Genova. Il dialogo ironico e pungente è sempre stato un loro modo di rapportarsi senza nascondersi nulla. Questa volta però le cose sono più complicate di quando erano più giovani. Sto parlando con te è un romanzo ricco di dialoghi intensi e di immagini suggestive, un viaggio in mondi interiori segnati da turbamenti e passioni forti, con un epilogo inaspettato.

Ennio Orazi è nato a Genova nel 1946, dove i suoi genitori sono titolari di una sartoria uomo/donna. 
Da piccolo, esattamente dal ’49 al ’56, si esibisce come ballerino di tiptap in compagnie di varietà nei teatri della Liguria, dove si alternano film e avanspettacolo. È appassionato da sempre di cinema. Dopo il diploma di “operatore contabile” e il servizio militare svolto a Trapani, uno stage di Olivetti sul primo computer lo porta a trasferirsi a Milano. Lavora con ruoli di prestigio per grandi marchi come Falck, Moulinex, Bonomelli, Fila, Lucitalia, Tecnolyte. Attualmente in pensione, ha già pubblicato con Europa Edizioni Castelli in aria nel 2020.
LinguaItaliano
Data di uscita31 mar 2022
ISBN9791220126014
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    Anteprima del libro

    Sto parlando con te - Ennio Orazi

    Prefazione

    Sto parlando con te, perché è proprio con te che voglio parlare. È proprio nella parola che si svela il significato più denso e concreto dell’essere umani, nella capacità di mettere il proprio mondo interiore in comunicazione con l’esterno, di trasmettere all’altro la singolarità della propria essenza e lasciarsi investire, d’altra parte, da un’infinità di mondi sconosciuti e ulteriori al nostro.

    È in questa ricerca di comunicazione che si muovono i nostri personaggi, colmi della fatica a volte insormontabile di entrare in dialogo prima di tutto con sé stessi. La fragilità di Corrado, quel panico che finisce per interpretare il ruolo da protagonista nella sua vita, relegando l’uomo a una mera comparsa, diventa inaspettatamente un fondamentale strumento di conoscenza.

    L’attacco di panico è la manifestazione di un disagio più forte, la detonazione di una bomba i cui granelli di polvere da sparo sono stati raccolti minuziosamente nel corso del tempo, forse inconsciamente: alle scuole elementari, nel rapporto con gli insegnanti, con un padre da non contraddire, con tutti quei tornanti di una vita senza indicazioni o barriere protettive che potessero servire da guida.

    È tutta una questione di riflessi: con quanta velocità i protagonisti di questo romanzo sono capaci di affrontare un’improvvisa deviazione del percorso? Corrado, certo, ma anche sua moglie Anna, i figli Gabri e Leo, l’imponderabile amico Gianni, dovranno tutti imparare a prendere di petto le situazioni in un percorso di formazione che non si arresta dopo la maggiore età, ma che prosegue all’infinito, senza possibilità di tregua.

    Ancora una volta è nel dialogo, nella comunicazione che si esplicano queste turbolenze, anche da un punto di vista stilistico. Il romanzo sembra talvolta un’opera teatrale, ne godiamo in un incessante botta e risposta capace di replicare abilmente i livelli di profondità dell’espressione del sé, da un parlare quotidiano a uno più gustosamente introspettivo.

    Questa catena di fatica e inadeguatezza che da generazioni si sussegue, ostacolando un ingresso consapevole nell’età adulta, può però essere spezzata. L’autore in questo senso trova una soluzione nel rapporto di sincerità e chiarezza tra adulti e adolescenti, capace di fronteggiare anche la paura del rifiuto, della delusione dell’altro, del fallimento. È nelle persone più impensabili, nei momenti più insospettabili che si può recuperare un equilibrio a lungo perso o mai acquisito.

    Sono preziosi i valori che questo volume ci trasmette: l’ascolto e il dialogo, certo, ma anche l’amore e l’amicizia, il senso di famiglia. Ultimo, ma non meno importante, l’impegno a non attendere che la vita ci scorra attraverso in maniera passiva. Se non sappiamo quando la vita verrà a chiederci il conto, potremo almeno imparare da ogni istante che ci viene concesso.

    Filippo Lastaria

    A Gigliola,

    semplicemente unica,

    impossibile poterla definire

    Ad Alessandra,

    luce che brilla giorno e notte,

    illuminando il mondo intorno a sé

    1

    Milano, lunedì 11 febbraio 1985

    Dopo l’inconcepibile responso, si alzò con fatica dalla sedia e uscì con passo incerto dallo studio del dott. Laurenti, lo psichiatra che l’aveva seguito durante gli ultimi sei mesi.

    Si erano salutati in modo convenzionale, con l’ultima stretta di mano.

    Non c’era proprio più niente da aggiungere.

    Mentre stava entrando nel parcheggio, il suo disorientamento era totale, non riusciva a ricordare dove aveva lasciato l’auto e in quel labirinto ci volle tempo per rintracciarla.

    Avrebbe compiuto trentanove anni il mese successivo e il blocco di marmo appoggiato sullo sterno, che lo affliggeva dai tempi dell’adolescenza, si stava sgretolando, mentre i ricordi del passato esplodevano in aria come fuochi d’artificio.

    Come aveva potuto fraintendere sé stesso fino a tal punto?

    Le raccomandazioni del Laurenti gli rimbombavano nella mente: Signor Corrado, al momento nessuna rivelazione, deve pensare solo a sé stesso! La sua ossessione non ha provocato vittime e un giorno, quando si sarà assolto, potrà parlarne a chiunque con disinvoltura, così come si racconta una storiella di nessun valore!.

    2

    Stava guidando per far ritorno a casa, le luci della sera lo abbagliavano e la fronte era madida di sudore.

    In mezzo al traffico di Milano, ebbe l’impressione che tutte le auto suonassero ostinatamente il clacson nella sua direzione.

    A un certo punto non sentì più le gambe, non riusciva più a dare i giusti comandi. Frizione, acceleratore e freno si stavano ribellando intrecciandosi tra di loro.

    A un semaforo rosso, non riuscì a fermarsi e si ritrovò in una stazione di benzina.

    Una voce di donna gli chiese: «Benzina o gasolio?».

    Corrado: «Mi scusi signora, non devo fare rifornimento! Ho avuto un malore e mi sono diretto qui per togliermi dal traffico!», queste le parole che riuscì a trovare, vergognandosi come un ladro.

    Signora: «Ha bisogno di qualcosa? Posso esserle di aiuto? Desidera un bicchiere d’acqua?». Troppe domande in una volta sola.

    Corrado: «Grazie, non mi occorre nulla, ora me ne vado!», rispose con voce incerta.

    Avrebbe voluto scappare, ma non riuscì a muoversi, il panico aveva preso il sopravvento.

    Signora: «Se non si sente bene, non le conviene ripartire subito. Aspetti un momento, chiamo mio marito!».

    Cosa accadde dopo, non lo ricordò mai, glielo raccontarono: la perdita dei sensi, l’ambulanza, l’arrivo al pronto soccorso.

    I medici lo rivoltarono come un calzino, portandolo da una parte all’altra dell’ospedale per effettuare i dovuti accertamenti.

    Dopo aver ricevuto dal centralino dell’ospedale la comunicazione del ricovero del marito, Anna chiamò immediatamente i ragazzi, che stavano studiando nelle loro camere.

    Leonardo, il figlio più grande di quindici anni, prese la cornetta del telefono per chiamare un taxi e Gabriele, di dodici, aiutò la madre a recuperare cappotti e sciarpe.

    Era ancora inverno e fuori faceva molto freddo.

    Corrado, mentre lo stavano riportando in reparto, vide arrivare moglie e figli con i visi contratti dall’angoscia.

    Anna: «Corrado!», urlò la moglie.

    Corrado: «Anna, non è niente, sto bene!», disse cercando di trovare il tono giusto per rassicurarla.

    Gabriele: «Papà, hai avuto un incidente?», chiese il più piccolo.

    Corrado: «No, Gabri! Nessun incidente!», rispose con un sorriso.

    Leonardo: «Ma allora cosa ti è successo?», il più grande voleva saperne di più.

    Corrado: «Mi sono fermato a fare benzina e poi non ricordo più niente. Non ho nessuna ferita, quindi escludo incidenti. Chissà dove sarà adesso la mia macchina? Spero sia rimasta dal benzinaio!», concluse riportando l’accaduto nel modo più normale possibile, ma con la volontà di nascondere dove era stato nel pomeriggio.

    Anna si era spaventata e aveva temuto il peggio, ma nel vederlo e sentirlo parlare, si rassicurò ringraziando il Signore.

    I risultati degli esami non riportarono nessuna anomalia, tutti i valori erano nella norma. Non era chiaro cosa fosse accaduto, probabilmente un momentaneo calo di pressione dovuto allo stress e pertanto gli fu comunicato che poteva ritornare tranquillamente a casa.

    Mentre era in attesa dei documenti di dimissioni, arrivarono i Martini, i coniugi della stazione di benzina, che erano accorsi per avere sue notizie.

    Avevano raggiunto l’ospedale in due auto, la propria e quella di Corrado, agevolando così il ritorno a casa.

    Anna non aveva la patente e pertanto solo Corrado poteva guidare. Aveva timore di rimettersi alla guida, ma mentendo soprattutto a sé stesso, non ne fece parola.

    Nel tragitto verso casa, riuscì a controllare le insidie del panico e fece sbellicare dal ridere i figli raccontando la vergogna, che aveva provato durante gli accertamenti, nudo come un verme, davanti allo staff femminile dell’ospedale.

    Anna comprese che il marito stava facendo di tutto per trasformare la disavventura in una comica e intuì che qualcosa non andava, ma non era il momento di sottolinearlo.

    Quando giunsero a casa, aprirono una bottiglia di brachetto, l’unico vino che piaceva ad Anna, coca cola per i ragazzi e durante la cena fu tangibile a tutti la gioia per lo scampato pericolo.

    Passata la mezzanotte, i ragazzi si ritirarono nelle proprie stanze, Anna si mise a riordinare e Corrado sentì il bisogno di una doccia bollente, che non finisse mai.

    Non era preoccupato per il malore, non riusciva nemmeno a considerarlo tale, ma il timore per la guida lo stava angosciando.

    Per il suo lavoro doveva girare l’Italia in lungo e in largo e qualsiasi impedimento avrebbe causato una svolta negativa.

    Quando tornò in camera, la visione di Anna gli tolse il respiro. Aveva sciolto i lunghi capelli ramati e aveva indossato una camicia da notte di seta nera con intarsi di pizzo, che lasciavano intravedere la sua pelle ambrata.

    Per indole si nascondeva, ma quando si arrendeva al proprio pudore, riusciva a raggiungere una sensualità, che lo aveva sempre travolto, facendogli dimenticare qualsiasi altro pensiero.

    Nei primi tempi, subito dopo averla conosciuta, era scettico e non riusciva a credere di esserne attratto così tanto, ma mentre era al lavoro il suo pensiero correva sempre a lei, non vedeva l’ora di rivederla, stringerla forte e riempirla di baci. Anna era giovanissima, aveva poco più di sedici anni, sette meno di lui, ma aveva già raggiunto il pieno sviluppo psichico di una adulta e Corrado comprese di aver trovato la donna della sua vita.

    Lei non se ne rese nemmeno conto, ma riuscì a travolgere tutte le sue incertezze, facendogli cambiare i progetti del suo futuro.

    3

    Nei giorni che seguirono, il panico fu il protagonista e Corrado una comparsa.

    Avrebbe voluto parlarne con il dott. Laurenti, ma l’accordo era di non sentirsi né vedersi più, non doveva rimuovere inutilmente le dune del deserto.

    Oltre alle difficoltà della guida, gli pesava non poter parlare chiaramente con Anna e i ragazzi.

    Il medico curante, ignaro del suo recente percorso psicologico, gli prescrisse una dose massiccia di ansiolitici. Avrebbero dovuto fare effetto dopo un certo periodo, ma non fu così.

    Doveva trovare il modo di non viaggiare più in auto per lavoro.

    Avrebbe dovuto parlarne con la direzione, ma gli mancò il coraggio, si vergognava di farsi vedere sopraffatto dalle circostanze.

    Si mise in gran segreto alla ricerca di un altro impiego e il caso volle che riuscì a trovarlo in breve tempo.

    La sua versione fu che una società l’aveva contattato per proporgli un lavoro, da svolgere in città con una retribuzione superiore e la possibilità di un rapido avanzamento di carriera.

    Fu facile convincere tutti, che non poteva farsi sfuggire un’occasione così vantaggiosa.

    La direzione tentò di trattenerlo, proponendogli un aumento di stipendio, ma non ci fu niente da fare, non aveva nessuna intenzione di ritornare sui suoi passi.

    Il nuovo lavoro, dietro una scrivania, risolse solo in parte i pericoli della guida.

    Sua madre, la signora Gloria, vedova da venticinque anni, abitava da sola a Genova, nella casa dove era nato e tutti insieme erano soliti andarla a trovare almeno una volta al mese.

    Per il tragitto, un tempo impiegava poco più di un’ora, ora almeno tre.

    L’autostrada lo obbligava a rallentare ogni volta che dietro spuntava un’auto, si faceva da parte occupando la corsia di emergenza e, dopo essere stato superato, ritornava nella prima corsia.

    Tutto questo peggiorò e la soluzione fu di non utilizzare più l’autostrada, ma la provinciale.

    Il tempo di percorrenza era lo stesso, il pericolo dimezzato, il disagio infinito.

    Il nervosismo di Corrado continuò a crescere, creandogli un malessere che non si manifestava soltanto durante il viaggio, ma si protraeva per un tempo sempre più lungo.

    E in seguito si manifestò anche quando non doveva prendere l’auto, gli bastava solo pensarci, in qualsiasi momento e ovunque si trovasse.

    Il problema non si risolse, per fare visita alla madre e raggiungere i luoghi di villeggiatura, non ci fu altra soluzione che utilizzare il treno.

    4

    Quando Corrado frequentava la scuola elementare, gli era rimasto impresso il giorno in cui il maestro Benvenuto, durante la lezione di grammatica italiana, aveva pronunciato queste parole: «Ragazzi, non è corretto dire o scrivere sono arrabbiato, perché la rabbia è una malattia infettiva virale, che può essere trasmessa all’uomo dal morso di animali selvatici o domestici, come per esempio il cane, pertanto sarà meglio utilizzare appellativi come adirato, inquieto, irritato e così via».

    Corrado non dimenticò mai la lezione, evitò di attribuire a sé stesso questo termine, ma con grande fatica, perché nessun altro epiteto gli rendeva l’idea dell’impulso di ribellione, che l’aveva sempre angustiato da quando aveva memoria.

    I primi ricordi erano del dicembre 1949, legati a Il valzer delle candele, brano musicale in voga a quell’epoca, tratto dal film Il Ponte di Waterloo, suonato in modo struggente da un giovane Umberto Bindi, il pianista della Compagnia dei Ragazzi, di cui Corrado era il più piccolo componente di appena tre anni e mezzo.

    Come era finito in questa disavventura, lo doveva al fatto di aver visto un film con Fred Astaire, in un numero di tiptap.

    Bastava accendere la radio e al suono di una canzonetta, muoveva i piedi a tempo, punta tacco, tacco punta e fu così che si ritrovò a fare un provino presso la più famosa compagnia di bambini prodigio di Genova.

    Poteva andargli male? Certamente no, andò benissimo! Purtroppo!

    Fu convocato un coreografo, il signor Raimondo, che aveva ballato nel film La tratta delle bianche di Luigi Comencini e che in brevissimo tempo creò per Corrado un fantasioso numero di tiptap.

    Il padre, titolare di una sartoria di alta moda, gli confezionò con le proprie mani alcuni frac nei colori che richiamavano le scenografie.

    Il suono del valzer cominciava lentamente per poi tramutarsi in una scatenata musica afroamericana, basata su percussioni alternate e freneticamente ritmiche, scandite dalle sue scarpe munite di placchette di metallo.

    Già dal debutto Corrado ebbe successo, riuscendo a coniugare musica e danza e a trascinare il pubblico, che andò in visibilio nell’assistere all’improbabile esibizione di un bimbo tanto piccolo.

    Continuò questa attività per sette lunghi anni, all’inizio solo nella Compagnia dei Ragazzi, in seguito ingaggiato dalle compagnie di rivista, provenienti principalmente da Roma e Napoli.

     La sua presenza nello spettacolo, essendo ormai noto al pubblico locale, era una garanzia per riempire i teatri.

     Per Corrado non fu un’esperienza esaltante: ballare lo divertiva e gli riusciva in modo naturale, ma il contesto presentò un conto troppo salato.

    Il disaccordo dei genitori fu intollerabile, la madre era contraria, per lei la vita che conduceva il figlio era diseducativa, senza contare che il marito, per seguire gli spostamenti del figlio, si allontanava per troppo tempo dal laboratorio e di conseguenza le finanze ne risentivano.

    L’uomo era galvanizzato dal successo del figlio e non sentiva ragioni, certamente non per il tornaconto, ma per l’orgoglio di padre.

    Al tempo delle elementari, che frequentò senza fare assenze in quanto al mattino non aveva altri impegni, invidiava la vita dei suoi compagni, assillati solamente dal dettato, dalle tabelline, da Giulio Cesare e dalle province d’Italia.

    Le sue preoccupazioni erano altre e riguardavano la sua attività, che aveva la precedenza su tutto!

    Sentiva gli adulti definirla avanspettacolo, ovvero un insieme di esibizioni, rappresentate da compagnie di giro, che proponevano due spettacoli al giorno, intervallati dalla proiezione

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