Racconti pigri
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Anteprima del libro
Racconti pigri - Eugenio Barone
EUGENIO BARONE
RACCONTI PIGRI
Atile edizioni
A mia moglie Maurizia
e ai miei figli Chiara e Fabrizio
che hanno reso compiuta la mia vita .
PREFAZIONE
Quando ho terminato di scrivere quello che potremmo bonariamente definire il libro
, mi sono subito premurato di farlo leggere a qualcuno che potesse avere il giusto carisma per valutarlo. Ci vuole un critico importante, pensai, e così fu. Diedi il mio libro a un critico letterario di rilievo che, terminata la lettura, mi ha gentilmente lasciato il suo commento che vi riporto fedelmente:
" La grande capacità espressiva, il linguaggio scorrevole e armonioso e la capacità evocativa che emana dai testi vagamente na ï f di questa stupenda raccolta, fanno di mio fratello Eugenio un astro nascente nel panorama letterario."
Ho già colto nei volti dei lettori un sorriso ironico di scherno per il fatto che il critico in questione sia mio fratello Giuseppe.
Mi corre pertanto l’obbligo, per fugare ogni dubbio di conflitto di interessi, di precisare che mio fratello è entrato a pieno titolo nel ristretto mondo dei critici letterari sottoponendosi a sua volta alla critica specializzata che dopo lunghi confronti ha rilasciato su di lui, attraverso uno dei suoi più insigni maestri, questa valutazione che ancora una volta vi riporto fedelmente:
" L’acume critico … la capacità di andare oltre l’introspezione dei testi … la facilità di saper interpretare l’essenza delle parole oltre alla semplicità di interloquire con gli autori rendono sicuramente mio figlio Giuseppe uno dei più insigni critici letterari attualmente vivente. "
Vedo crescere nei volti dei miei lettori quei malevoli sorrisini ironici già notati in precedenza, in considerazione del fatto che il critico di mio fratello sia mio padre. Del tutto incurante però di tali manifestazioni ironiche e seguendo il detto del poeta non ti curar di loro ma guarda e passa
, vi esorto a immergervi direttamente nella lettura dei miei RACCONTI PIGRI per poter voi stessi diventare attenti critici del mio scrivere.
Eugenio Barone
INTRODUZIONE
Per chi non lo sapesse, io sono un medico, un dentista (potrei dire con una battuta che io nella mia vita ho mangiato con i denti degli altri) e poi a tempo perso (ma non troppo) ho potuto soddisfare la mia grande passione per il cabaret e la comicità in genere. Da sempre infatti le mie letture preferite sono i libri umoristici e seguivo assiduamente tutti i comici che passavano in televisione, ne acquisivo posture, espressioni, modi di raccontare, pause, perché chissà se…
Sognavo di entrare in questo mondo che mi affascina, il mondo del cabaret.
Cominciai a scrivere monologhi, testi, gag che, quando il mio sogno si realizzò, ho potuto mettere in scena, con un discreto successo in tutta la Sicilia e anche oltre, con l’ausilio di amici che condividevano con me la passione del palcoscenico. Sono riuscito, con l’affettuoso e indispensabile consenso di mia moglie, a fare convivere in me due anime, Dr. Jeckyll e mister Hyde, il serio professionista attento alle cure per i suoi pazienti e il comico trascinatore del pubblico sul palcoscenico, senza che si confondessero fra di loro.
I mesi estivi erano quelli che mi permettevano meglio di elaborare nuovi testi. Mi bastava una sdraio, carta e penna per prendere appunti e dei buoni libri di autori comici importanti da cui attingere spunti, riflessioni, idee per i miei spettacoli.
Ma un pomeriggio d’estate, adagiato sulla mia sdraio a dondolo, disturbato come sempre da un moscone che sembrava aspettasse il mio arrivo in terrazza per posarsi continuamente sul mio naso o sulle mie gambe, leggendo un libro di piccoli racconti del grande Achille Campanile pensai:
Ma guarda un po’, in fondo anche io nel mio piccolo ho raccontato in teatro tante storie comiche da palcoscenico, e allora perché non provare a trasformarle in piccoli racconti da leggere e farli così conoscere a una platea diversa e forse anche più ampia?
Decisi così che anche io avrei scritto un libro spaziando fra vecchi ricordi di vita vissuta e rilettura di miei monologhi teatrali, sempre se questo moscone molesto me lo permetterà lasciandomi in pace.
È nato così RACCONTI PIGRI.
IL PIGRO
Cari amici e fedeli lettori, assopito sulla mia sdraio sulla terrazza vista mare di casa mia, avvolto dal silenzio di una sera estiva, interrotto solo da un fastidioso ronzio di un moscone che mi gira costantemente intorno posandosi ininterrottamente su qualunque parte del mio corpo scoperta, ripercorro eventi, situazioni, riflessioni, lasciandomi cullare da un senso di pigrizia che durante le normali giornate lavorative sarebbe stato assolutamente impossibile vivere.
Ma proprio questa condizione inaspettata e temporanea mi ha fatto venire in mente un incontro che tanti anni fa ebbi con un singolare personaggio: un pigro. Un vero pigro. Fu un incontro casuale, sempre in estate, a casa di amici. Quella sera, nella bella terrazza della villa che ci ospitava, era presente un signore che lascivamente adagiato su un divano non partecipava in nessun modo agli accadimenti della serata.
Restava in silenzio con gli occhi socchiusi fumando un sigaro che pendeva dalle sue labbra socchiuse come gli occhi.
Fui molto incuriosito da quella presenza e chiesi al mio ospite chi fosse quel personaggio particolare.
La risposta mi sorprese molto.
– E’ mio fratello – mi disse – ma lui è un pigro, un vero pigro. Non si muove mai da quel divano.
Ancor più incuriosito, trascorsi buona parte di quella serata a osservarlo attentamente in attesa di trovare anche un benché minimo appiglio per intavolare una qualsivoglia conversazione con lui.
Non si mosse mai da quel divano mentre il sigaro ciondolante dalle sue labbra si consumava lentamente. Anche il sigaro sembrava pigro.
Finita la cena mi avvicinai con delicatezza e chiesi se potevo chiacchierare con lui. Acconsentì subito.
– Ho tempo – mi rispose – io ho sempre tempo perché non faccio nulla.
Incredibile! Avevo davanti a me un vero pigro, un pigro puro. Non potevo lasciarmi sfuggire quell’occasione irripetibile di poter verificare di presenza cos'è la pigrizia, come vive un pigro, cosa pensa un pigro.
Decisi di fingere di essere un giornalista, che voleva portare avanti uno studio proprio sulla pigrizia e così con il suo consenso trascrissi la nostra chiacchierata.
Prima però di mettervi a conoscenza di quella conversazione ritengo necessario dare una corretta definizione della pigrizia leggendo testualmente dalla Treccani:
" PIGRIZIA: lentezza nell'operare, tardità, infingardaggine, dal latino: pigritia, lentitudo. "
Quindi può essere chiamata pigrizia la caratteristica di colui che è indolente o rilassato.
A volte ci si può concedere di essere pigri, come quando per esempio si va in vacanza, e questo è in un certo senso auspicabile come giusto premio a un periodo di lavoro intenso e stressante, ma, altre volte, invece, la pigrizia si configura come mancanza di volontà di lavorare o di fare il minimo sforzo e questa è la forma più pericolosa e deleteria. Fatte queste dovute premesse possiamo ora rileggere insieme il testo completo di quella intervista.
– Buona sera, mi perdoni se la disturbo, ma suo fratello mi ha detto che lei è un pigro, un vero pigro e, siccome con il mio giornale stiamo conducendo una inchiesta proprio su questo tema, se mi è concesso, vorrei scambiare con lei due chiacchiere proprio sul modo di porgersi pigramente in relazione agli eventi che giornalmente la vita ci pone davanti.
– Lei non disturba, sono a sua disposizione, con piacere. Però si sposti e si posizioni davanti a me per fare in modo che non debba sforzarmi di girare lo sguardo verso di lei.
– Molto bene, cominciamo subito. Possiamo confermare che lei è un pigro?
– No, vede, lei comincia molto male. Definendomi volgarmente un pigro, becero luogo comune, mi costringe a puntualizzare e a dare la corretta definizione del mio essere, facendomi sprecare inutilmente del fiato e quindi sottraendomi energia. Le consento questo solo perché siamo all’inizio dell’intervista e non ho ancora esaurito quell’energia che le ho riservato.
– Mi perdoni, ma se non è un pigro, si definisca allora da solo in due parole.
– Risparmiatore di energia.
– Ottima definizione. Lei quando è diventato pigro?
– Pigri si nasce, non si diventa.
– Caspita! Quindi bisogna avere i geni della pigrizia.
– Esatto e non è facile. E’ un dono di natura.
– Mi definisca la pigrizia.
– La pigrizia è l’abitudine di riposarsi ancor prima di essere stanchi.
– Quindi devo dedurre che per lei la cosa più bella è non fare nulla.
– No, non è esatto, la cosa più deliziosa non è non aver nulla da fare, è avere qualcosa da fare e non farla. Lei capisce che è completamento diverso.
– Indubbiamente, però questa idea comporta il rifiuto del lavoro.
– Naturalmente.
– Allora lei non lavora?
– Ovviamente.
– Però lei sa che, per la nostra Costituzione, l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
– Noto con disappunto che anche lei cade in errore come tutti i superficiali, perché non sa che nel testo della nostra costituzione manca una parola.
– Mi permetta di contraddirla, il testo è corretto, leggo testuale: l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
– Altrui. Ecco, manca la parola altrui
. Omissis. Non l’hanno messa. Ennesimo complotto.
– Però ammetterà che il lavoro non ha mai ucciso nessuno.
– Vero. Finora. Perché rischiare dunque?
– Ma, perdoni l’impertinenza, ma è il mio lavoro, lei non sente mai il bisogno di fare qualcosa?
– Può capitare, ma in questo caso ogni volta che sento il bisogno di fare qualcosa, mi sdraio fino a quando non mi passa.
– E le passa?
– Sempre.
– Riassuma la sua vita in una parola.
– Divano.
– In due parole?
– Divano/letto.
– Quanto lei è pigro in una scala da uno a dieci?
– No, io non faccio scale. Io ho preso una casa a pianterreno apposta. La parola scala mi fa salire la pressione. Pensi che non gioco nemmeno a scala quaranta.
– Ho capito. Cambio argomento. Lei ama gli animali?
– Certamente.
– Ne ha uno?
– Due, una tartaruga e una lumaca.
– Ovviamente. Come si riconosce un pigro?
– Non è semplice perché è difficile trovarli in giro. Se ci fossero comunque sarebbero seduti su una panchina o appoggiati al muro. A ogni modo però ci sono vari altri modi. Uno dei più semplici per riconoscerli è dall’orologio.
– In che senso, scusi.
– I pigri sono quelli che hanno ancora l’ora solare perché tanto a ottobre ritorna.
– Vedo che lei porta gli occhiali … dovrà pur metterli e toglierli. Non pensa che questa è una fatica?
– Io non li tolgo mai e poi questi non sono occhiali .
– E cosa sono?
– Sono lenti.
– Colpito. Molto bene. Cambiamo ancora argomento: mi dica qual è il suo piatto preferito?
– Lenticchie. Le mangio tutti i giorni.
– Come mai?
– Sono succulente.
– Ma provocano diarrea…
– Appunto. Io ho l’intestino pigro.
– Perfetto. Unisce l’utile al dilettevole però le lenticchie sono un po’ ingrassanti e quindi si dovrebbe fare movimento, sport, lei come fa? Da pigro non può praticarlo.
– Esatto, ma lo vedo e per questo l’ho aggiunto al pacchetto Sky.
– Ah, e segue il calcio?
– Mi piace. Io seduto e corrono gli altri.
– C’è una squadra di calcio per cui tifa?
– La Leonzio.
– La Leonzio?
– E’ di Lentini.
– Chi è il suo calciatore preferito?
– Immobile.
– Non poteva che essere lui. Cambio ancora argomento: le piace la musica?
– Cantano gli altri e quindi va bene.
– La sua canzone preferita?
–