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Ciao Papi...: Dialoghi con l'altra dimensione
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E-book213 pagine3 ore

Ciao Papi...: Dialoghi con l'altra dimensione

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Info su questo ebook

Il libro racconta il dialogo riannodatosi tra un padre e una figlia che si è tolta la vita all’età di 22 anni, ma che ha deciso di aiutare i propri familiari a superare il dolore indicibile per la sua dipartita. Una trascrizione fedele di fatti e parole che testimonia che la «morte» è solo apparenza, perché la vita continua in un’altra dimensione con la medesima intensità e i medesimi affetti. La storia di questa comunicazione tra padre e figlia è un inno alla vita, che deve continuare, un messaggio di speranza e di fede per chiunque abbia bisogno di ridare un senso alla propria esistenza, nella disperazione di aver perso una persona cara, specialmente un figlio.
LinguaItaliano
Data di uscita27 gen 2014
ISBN9788879383592
Ciao Papi...: Dialoghi con l'altra dimensione

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    Anteprima del libro

    Ciao Papi... - Claudio Maneri

    COPERTINA

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    Ciao papi...

    Dialoghi con l'altra dimensione

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    Claudio e Sibylle Maneri

    Presentazione di

    PAOLA GIOVETTI

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    HERMES EDIZIONI - ROMA

    Copyright

    Ciao papi... - Dialoghi con l’altra dimensione

    di Claudio e Sibylle Maneri

    Presentazione di Paola Giovetti

    ISBN 978-88-7938-359-2

    © Copyright 2013 by Hermes Edizioni

    Via Flaminia, 109 - 00196 Roma

    www.edizionimediterranee.net

    Versione digitale realizzata da Volume Edizioni srl - Roma

    Dedica

    Vivere e cessare di vivere

    sono soluzioni immaginarie...

    l'esistenza è altrove ...

    ANDRÉ BRETON

    Presentazione

    image-2.png

    Ho conosciuto Claudio Maneri a un anno di distanza dall'improvviso viaggio senza ritorno di Sibylle, la sua amatissima giovane figlia, rimanendo subito colpita dal suo coraggio e dalla sua fede. Una fede che non gli è stata donata gratuitamente, ma che ha conquistato grazie a una serie di eventi e incontri provvidenziali, nei quali non ha faticato a riconoscere l'intervento di unamano invisibile, masicura, sapiente e amorosa.

    Claudio Maneri non è un uomo facilmente suggestionabile, e i rassicuranti convincimenti cui è pervenuto e che ha voluto affidare a questo libro sono frutto di lunghe ricerche e di prove desiderate e ottenute.

    Di che prove si tratta? Fondamentalmente di messaggi ricevuti da persone diverse e lontane, e tuttavia mirabilmente intrecciati fra loro e coerenti, di «lettere» contenenti informazioni che chi scriveva non poteva avere, di «segni» percepibili più col cuore che con la mente: e questi, si badi bene, sono per chi li riceve i più preziosi, i più convincenti. Claudio Maneri ha avuto tutto ciò e ha fatto sue queste illuminanti parole di Sibylle: «Perché tutti torniamo a casa ed io sarò qui ad attenderti».

    Ciao papi è un libro nato di getto in pochissimo tempo e scritto a quattro mani: «Tu sei l'autrice», dice Maneri rivolgendosi alla figlia, «e io un semplice scrivano». Il che però è assai riduttivo, e il lettore non faticherà ad accorgersene. Di sicuro è un libro fortemente voluto da entrambi gli autori: da Sibylle per confortare i suoi cari e aiutarli ad accettare la sua lontananza, dal papà di Sibylle per far sapere a chi soffre per la perdita di una persona cara, che la separazione è solo apparente, che la comunione di sentimenti e di affetti continua e che forse basta mettersi in ascolto e volerlo fortemente perché il contatto si crei. Come è successo a lui.

    Messaggio più rassicurante di questo, credo, non esiste. Maneri ne ha fatto carne e sangue e ha saputo anche tradurlo in fatti, portando a compimento certi programmi di volontariato della figlia a favore dei bambini bisognosi e ammalati, e facendo generosi progetti proprio in questo campo.

    Ha anche accettato di mettersi in gioco in prima persona, divenendo lui stesso antenna sensibile e ricettiva.

    Auguro a questo libro positivo e coivolgente tutto il successo che merita, nella certezza che i due autori continueranno a camminare mano nella mano, al di qua e al di là della sottile barriera che ora li separa.

    PAOLA GIOVETTI

    Prefazione

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    Milano, 5 dicembre 2000

    Oggi, prima di partire, avevo comprato un piccolo registratore, sperando che, ancora una volta, qualche cosa potesse succedere ad Urbino, come il mese scorso quando mi ero sentito triste e stupido per avere perso l' opportunità di non dimenticare anche solo una sola parola di mia figlia...

    Questa volta ero proprio riuscito a registrare tutto il nostro lungo colloquio ed ero contento; avrei potuto ascoltare e riascoltare quel nastro e poi trascriverlo fedelmente e mettere quelle pagine accanto alle lettere che avevo già raccolto in ordine cronologico... Ma c'era una cosa che mi turbava mentre guidavo la macchina per tornare a Milano ... avevo la netta sensazione che Sibylle mi avesse voluto dire qualcosa che non avevo capito ... qualcosa di molto importante anche per lei... Gabriella parlava di una cartella nera e di un progetto che avevo formulato nella mia mente dopo che lei se ne era andata, ma che poi avevo accantonato... La risposta era lì ma non riuscivo a trovarla, forse per tutto quello che era successo quel

    pomeriggio...

    Sono le tre del mattino, sono stanco perché ho guidato per 700 chilometri e poi ho avuto emozioni molto forti, ma finalmente, quasi per una straordinaria ispirazione, mi è chiaro, tutto d'un tratto, cosa voleva dirmi oggi ad Urbino ...

    Allora, preso da un impulso irrefrenabile decido di cambiare lo screen saver del mio PC e l'adorato nome di Sibylle comincia a prendere una nuova vita, volteggiando casualmente in 3D nei vari colori dell'iride, leggero, silenzioso e delicato come un angelo buono, sul mio monitor... mi sento euforico forse perché sicuro che nulla può più arrestare questo nostro progetto sul quale ci siamo trovati subito d'accordo e, nello stesso tempo, un senso di felicità pervade il mio cuore, anche se questa parola potrebbe sembrare eccessiva in questo momento della mia vita...

    Credo di non avere ancora scritto, forse per delicatezza nei suoi confronti, forse perché questa frase mi suonava male all'inizio di questa storia, che Sibylle è il nome di mia figlia primogenita, morta tragicamente a 22 anni, il 5 luglio scorso, esattamente cinque mesi fa...

    Mi auguro che questa storia, che nasce dalla fedele trascrizione di fatti e parole, possa essere un messaggio di speranza e di fede per chiunque non sia ancora riuscito a ridare un senso alla propria vita, per la disperazione di avere perso una persona cara, specialmente un figlio ...

    Il mio dolore si sta, giorno dopo giorno, trasformando in una sensazione di progressiva accettazione, in un profondo senso di serenità e di pace ... sto prendendo lentamente coscienza di una costante e determinata volontà di rinascita spirituale del mio essere, molte cose che forse potevano essere importanti prima, ora non mi interessano più ... forse sto finalmente crescendo.

    Spero che leggendo le pagine che seguono, riflettendo sui messaggi di amore che mia figlia mi ha voluto trasmettere, ognuno possa riconoscere nelle parole sussurratemi grazie all'aiuto di persone in grado di abbattere questa sottile barriera che ci separa dall'altro mondo, le parole dei propri congiunti prematuramente scomparsi e capire che la nostra disperazione non è giustificata e costituisce un ostacolo per la loro vita presente... perché sempre di vita si tratta, anche se in una dimensione che, per nostro esclusivo difetto, non siamo più in grado di riconoscere come tale, con quei pochi sensi che ormai ci siamo abituati ad usare ...

    Credo che non esista, per un essere umano, prova più angosciante e terribile di quella con cui sia costretto a misurarsi un genitore alla morte improvvisa di un proprio figlio.

    Si prova un dolore difficilmente quantificabile o descrivibile a parole... un dolore che può portare alla più completa disperazione e, in molti casi, alla follia.

    Anche per persone di grande fede, questa è una prova che rischia di distruggere, nell'arco di pochi istanti, convinzioni e certezze maturate nel corso di lunghi anni perché la rabbia per qualcosa che ci appare assolutamente ingiusto è troppo forte.

    L'eco di domande che non possono avere risposta si fa ossessivo ed assillante nella nostre mente, rimbomba nel nostro cervello, non ci lascia per un istante; il nostro cuore è troppo carico d'angoscia per cercare di fare qualsiasi opposizione alla mente ed a quei perché che ci perseguitano giorno dopo giorno, senza tregua.

    A tutto ciò si aggiunge, molte volte, la grande difficoltà di cercare di fare coraggio agli altri componenti della famiglia, a persone che ci sono vicine e sono state, come noi, profondamente coinvolte nella tragedia: persone che sentiamo più fragili ed indifese di noi. Dobbiamo fingere di essere forti quando magari non lo siamo, dobbiamo nascondere le nostre lacrime e piangere dentro di noi, in solitudine, senza dare a vedere; ci sforziamo di trovare parole e frasi che possano aiutare una moglie, un marito, un altro figlio a reagire in qualche modo e ad andare avanti perché sentiamo dentro di noi la responsabilità di non mostrare apertamente, in un simile frangente, la nostra vera intima debolezza di esseri umani.

    Quando poi queste tragedie succedono all'improvviso e d'un tratto ci viene brutalmente ed impietosamente strappato ciò che abbiamo sempre considerato come una parte di noi stessi, la prova è ancora più dura.

    La malattia incurabile di un figlio è un dramma terribile, ma ci consente, quando prendiamo coscienza della impossibilità di una qualsiasi forma di guarigione, di essere gradualmente preparati al peggio; nella nostra mente e nel nostro cuore, pur nella disperazione più totale, si fa strada magari la convinzione che la morte possa significare la fine delle sofferenze di nostro figlio e, giorno dopo giorno, ci viene data la possibilità, se non di accettarla, almeno di farcene una ragione.

    Ma quando se ne vanno d'un colpo, inaspettatamente, non c'è tempo per prepararsi: ci scopriamo assolutamente inermi dinanzi al dolore e qualsiasi parola di conforto non riesce nemmeno a raggiungere il nostro cuore impietrito ... non riusciamo a sentirla perché il dolore ha completamente offuscato tutti i nostri sensi.

    Con l'aiuto di mia figlia Sibylle che ha deciso di sua spontanea volontà di stabilire questo contatto con me, mi auguro quindi di riuscire a portare almeno una piccola luce nel domani ancora buio di persone ancora troppo disperate per comprendere che la morte è solo apparente e la vita continua in un'altra dimensione con la medesima intensità ed i medesimi affetti, in un mondo dove l'accettazione e la comprensione totale degli eventi terreni sembrano essere oggetto della prima fondamentale lezione per l'evoluzione dello spirito di chi ci ha lasciato.

    Dalle parole di Sibylle, da questo nostro dialogo, emerge un altro messaggio molto importante: il troppo dolore e la disperazione di chi resta non agevolano certo la condizione ed il cammino di chi si trova dall'altra parte della barriera; tendono, al contrario, a generare anche di là quella tristezza e quel rammarico che ostacolano un naturale percorso verso la Luce, rendendo, nel contempo, impossibile qualsiasi forma di contatto.

    La storia di questa stupenda comunicazione vuole quindi essere un inno alla vita, che deve continuare, nonostante tutto.

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    Anche se il nostro futuro, d'un tratto, si trova ad assumere i connotati della notte più scura, anche se la perdita improvvisa di una persona a noi cara ci fa sprofondare nel buio più profondo, dobbiamo sforzarci di acquisire la consapevolezza di poter riuscire a vedere, appena possibile, in fondo a quel tunnel di disperazione, una tenue luce che pian piano si farà sempre più nitida, finora rischiarare il nostro cuore e a darci quella serenità che può nascere esclusivamente dall'accettazione di questo dolore e dalla presa di coscienza che la vera entità di chi ci ha lasciato ha solo cambiato quel vestito usato del nostro corpo e continua, in una dimensione diversa, a starei vicino, ad amarci intensamente ed a vegliare sudi noi, ogni istante... ora dopo ora, giorno dopo giorno, notte dopo notte...

    ...molte anime si sono immolate per la loro troppa sensibilità ed emotività interiore e non per debolezza. A volte, per creature dalla sensibilità acuta, l'impatto con questo mondo, in questa epoca chiamata Kaly Yuga (epoca delle tenebre) è insostenibile: non reggono l'impatto di questo grande materialismo provocato dall’uomo e dalla sua insensibilità ed allora si immolano, si tolgono la vita per dare un messaggio a tutti voi, af finché possiate cambiare e migliorare, altrimenti molte creature continueranno ad immolarsi per la vostra incoscienza, per la vostra violenza e per poco Amore con la a maiuscola, come fanno i delfini e le balene e molte creature di Dio, dall'animo gentile, che vanno a morire in riva a spiagge per fare a capire a voi, umanità, che solo l'Amore vi può salvare...

    OM SAl RAMA

    Capitolo 1

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    Milano, 3 ottobre 2000

    Sono in macchina e sto accompagnando una mia cara amica, attualmente in grande angoscia per la recente morte del padre ed in apprensione per il suo compagno in condizioni di salute piuttosto critiche, da Anna, una discepola prediletta di Sai Baba, in possesso di una forte energia, che le consente di operare in qualità di pranoterapeuta, e di straordinarie facoltà paranormali grazie alle quali è in grado di aiutare il prossimo in difficoltà.

    Sono assolutamente restio a salire, non certo perché non attratto da questo tipo di fenomeni che mi hanno sempre affascinato fin da quando ero piccolo, ma per paura di interferire con la sfera assolutamente privata di un'altra persona che, al di là del nostro rapporto di amicizia, ha, secondo me, il sacrosanto diritto di trovare il proprio conforto personale in forma privata.

    Alla fine cedo all'insistenza per non apparire scortese, dicendomi che, in fondo, sarei potuto salire, almeno per una tazza di caffè; poi me ne sarei andato lasciando le due donne sole.

    Salgo le scale di questo edificio di Milano, uno come tanti altri e conosco finalmente Anna.

    Questo incontro è quindi del tutto casuale ed assolutamente non cercato né tanto meno premeditato da parte mia, anche se, dalle pagine che seguiranno, sembra chiaro ed evidente che nulla succede per caso in questa nostra esistenza terrena.

    Anna mi accoglie con cortesia e affabilità come fossi stato un vecchio amico; mi guarda intensamente e mi dice che sono un'anima molto vecchia... dice di avere la sensazione che io sia stato un medico nel lontano Egitto... comincio ad essere incuriosito perché mi torna alla mente la strana circostanza di quel tema della terza elementare in cui avevo scritto del mio desiderio di recarmi, una volta cresciuto, in Egitto e del fatto che, circa trentacinque anni dopo, per ragioni di lavoro, mi ero trasferito proprio al Cairo per quasi cinque anni. .. E adesso, questa signora mi viene a dire, senza avermi mai visto prima, che ero stato un egiziano in un'altra vita... mah dico tra me e me...

    Anna, sommariamente al corrente del mio recente dramma personale, mi rivolge, bevendo il caffè, parole di grande conforto, esortandomi ad abbandonare finalmente il mio dolore di padre, perché questo non avrebbe aiutato l'evoluzione spirituale di mia figlia, anzi le sarebbe stato sicuramente di ostacolo nella sua nuova dimensione.

    Continuo ad ascoltarla, ma i miei pensieri sono lontani. .. fatalmente ritorno con la mente a quei due giorni nei quali, assolutamente disperato, cercavo di immaginare dove potesse essere andata e di allontanare dalla mente lo spettro di una possibile fine tragica di quella ricerca che temevo possibile, viste le circostanze... era così legata a Renato, l'altra metà di un'unica irripetibile moneta trovata nel deserto, come diceva lei. La sua tragica morte e proprio quella morte, il giorno prima, doveva averla certamente sconvolta profondamente. Dove era sparita, dove era potuta andare? Forse dove si erano conosciuti quattro anni prima? Difficile fare congetture e poi la mia mente era troppo agitata per pensare razionalmente in quei momenti.

    D'un tratto le parole di Anna mi riportano bruscamente alla realtà. Mi dice: Aspetta... sento che tua figlia è qui tra di noi e desidera inviarti un messaggio. Mi sento trasalire, mentre la cagnetta di Anna comincia ad agitarsi e ad abbaiare... amo i cani ma vorrei fulminarla; temo che l'incantesimo possa spezzarsi, ma Anna la zittisce ed il cane si accuccia vicino a me, finalmente tranquillo.

    Anna prende dei fogli di carta bianca ed una penna in mano e comincia a scrivere.

    lo non vedo cosa sta scrivendo, ma sento che non devo disturbarla; il cuore mi batte a mille all'ora, vorrei quasi essere capace di trattenere il respiro per non rischiare di interferire con questa cosa che non riesco ancora a definire,

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