Il bambino podalico: Comunicare e giocare con lui per voltarlo a testa in giù
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Info su questo ebook
È un’opportunità che andrebbe considerata prioritaria, per poi intervenire, in caso d’insuccesso, con soluzioni alternative che, sia pure a fin di bene, sono comunque intrusive nella relazione madre bambino.
Infatti, manovre ostetriche, agopuntura, moxa, riflessologia plantare, do-in, shiatsu, posizioni corporee sono interventi esterni che costringono il bimbo a voltarsi, ma non si pongono il problema di cosa gli sia successo e di cosa stia cercando di dirci.
FETO PODALICO COME FARLO GIRARE
In quest’originale manuale, Gabriella Arrigoni Ferrari suggerisce come comunicare, attraverso facili esercizi, il senso di protezione al nascituro, come stimolarne l’affettività e il gioco, elementi base per la costruzione della relazione genitori bambino e, nel caso specifico, utili a creare il clima necessario alla rotazione del bambino podalico.
La sua lunga esperienza con i bambini podalici, avvalorata dal racconto di numerosi casi raccolti nel corso degli anni, le ha permesso di individuare vari tipi di posizioni podaliche, di interpretarle a livello psicologico e distillare una serie di istruzioni ed esercizi come l'autorilassamento profondo e le visualizzazioni, utilissimi ai genitori per comunicare con il feto e far sì che il loro bambino si volti a testa in giù.
INDICE LIBRO
prefazione di Edi Migliorini
CAPITOLO 1
Il caso di Ilaria
Com'è nato questo lavoro
Trasporto o contenimento? C'è una grande differenza
L'Antica Grecia
CAPITOLO 2 - Alcune fra le ricerche più importanti degli ultimi 50 anni
Il feto è già un bambino ed è molto sensibile
L'udito: la voce della mamma e la musica dolce
Collegamenti tra prima e dopo
Il feto è un piccolo essere umano capace di reagire agli stimoli e interagire con i genitori
Il dolore fetale
Il bambino intrauterino è socievole, comunicativo e capace di stabilire relazioni affettive
Come rimediare e compensare in gravidanza gli errori commessi nei primi mesi?
Stress e gioia: le variazioni ormonali
Benefici della continuità della relazione per il bambino
Il conforto della relazione prenatale per la mamma
La prolungata e non compensata depressione in gravidanza
Il trauma prenatale. Produzione ormonale e terapie compensative della malattia psicosomatica
Il rifiuto
Benefici dell'accudimento prenatale
Prevenzione rivolta ai giovani nelle scuole
CAPITOLO 3 - Il bambino podalico e le manovre ostetriche. Alcune riflessioni
L'intervento chirurgico è davvero l'unica ottimale soluzione per la nascita del feto podalico?
Perchè usare l'analisi del bonding
Il grande ruolo delle emozioni
Il ruolo del padre
CAPITOLO 4 - Manovre per promuovere la rotazione del bambino podalico
Per i genitori
Per gli operatori che aiutano i genitori a farlo girare
CAPITOLO 5 - Training all'autorilassamento profondo
Per la mamma
La visualizzazione della luce
CAPITOLO 6 - Sei posizioni somatiche del feto dopo la trentesima-trentaduesima settimana di gestazione: i possibili significati e come intervenire
Posizione podalica completa o di natiche
Posizione podalica completa con schiena rivolta alla madre
Posizione podalica completa con schiena parzialmente rivolta alla madre e avvicinamento della testa al suo cuore
Posizione podalica completa con schiena rivolta all'esterno
Posizione in culla
Posizione a gambe estese
CAPITOLO 7 - Aspetti pratici che accomunano le metodiche
Le mani
Un invito, l'istinto, la sapienza delle mani
Giocare con mamma e papà
Dal dettaglio alla visione circolare dell'insieme
Immedesimazione e imitazione
Tagliare positivamente il cordone ombelicale con il passato
Tagliare il cordone ombelicale con la propria madre in modo amorevole e positivo
Per operatori e genitori
Questionario
CAPITOLO 8 - Testimonianze e
Gabriella Arrigoni Ferrari
Gabriella Arrigoni Ferrari vive a Parma ed è madre di tre figli. Presidente dell’ANEP Italia - Associazione Nazionale per l’Educazione Prenatale, è direttore responsabile della rivista Educazione Prenatale, coordinatrice e docente dell’ISPPE - International School for Prenatal and Perinatal Education, la scuola di aggiornamento professionale dell’ANEP Italia e dell’ISPPPM - International Society for Prenatal and Perinatal Psychology and Medicine di Heidelberg. Organizza e conduce corsi di preparazione al parto. È autrice dei libri "Dalla Grande Madre al Bambino" e "La Comunicazione e il Dialogo dei Nove Mesi" entrambi editi dalle Edizioni Mediterranee.
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Anteprima del libro
Il bambino podalico - Gabriella Arrigoni Ferrari
Prefazione
di Edi Migliorini
Quando penso al meraviglioso mondo della maternità, mi viene facile l’analogia con un immenso oceano che, unito a tutti i mari della terra, abbraccia l’intero mondo sul quale viviamo.
L’oceano nel suo molteplice aspetto, acqua e vapori o pioggia, è al tempo stesso serbatoio e motore di vita.
Analogamente, il mondo della maternità non è solo il punto di partenza della vita umana, quindi il serbatoio, bensì anche uno dei più potenti motori delle emozioni umane, se non il più potente.
Leggendo questo libro di Gabriella Arrigoni Ferrari si apprende come ci siano stati almeno due grandi momenti storici nei quali gli esseri umani, in modo metodico, si sono fatti pescatori e subacquei per cercare di capire meglio questo immenso oceano-madre: l’epoca della Grecia antica, e quella degli studi connessi alla psicologia prenatale iniziati nel secolo scorso.
Illuminanti sono state le conclusioni portate a riva da alcuni dei più importanti filosofi della Grecia antica.
Dal secolo scorso, grazie anche ai contributi della scienza e dei suoi metodi, i pescatori di conoscenze hanno messo insieme gruppi di ricercatori formati dalla psicologia, dalla medicina e da diversi rami del sapere per migliorare i rapporti e le interazioni con l’oceano-madre.
Molto più silenziosi, quasi dimenticati, ma non per questo meno efficaci, sono stati i rapporti tra l’oceano-madre e le donne.
Se idealmente potessimo mettere insieme tutte le conoscenze che le donne hanno accumulato, utilizzato e saputo adattare nel corso delle innumerevoli nascite umane, ci troveremmo di fronte a un patrimonio immenso e speciale. Speciale perché, nella saggezza delle donne, questo patrimonio dovrebbe essere dimenticato affinché, di volta in volta, possa emergere la soluzione unica e irripetibile adatta alla singola persona e al momento.
Le donne, infatti, hanno un rapporto molto più diretto e immediato con l’oceano-madre, non vi si devono tuffare, se non in casi eccezionali, per capire come devono fare: durante la gestazione loro, l’oceano-madre, ce l’hanno già dentro. In parte osservandolo, in parte ascoltandolo dentro loro stesse, ne colgono i sussurri, le indicazioni.
Molte di queste donne si sono trasformate nel tempo in levatrici e, con l’accrescere della formazione medica, in ostetriche.
Fanno riflettere le origini di questi due termini.
Il termine ostetrica deriva dal latino obstetrice(m), colei che sta (stare) davanti (ob-) (alla partoriente). Quindi una figura che, sapendo osservare, si tiene pronta ad aiutare la partoriente.
Levatrice, etimologicamente, è la donna che leva, che toglie su, raccoglie il parto e assiste la partoriente.
A partire da quest’ultimo significato la nostra mente può correre facilmente alle analogie con ciò che è levante: il sole sorge a levante, porta luce e vita nel nuovo giorno che annuncia.
Sì, la vita è anche di notte, nel grembo materno; tuttavia è un’emozione ogni volta nuova quella del sole che si leva in cielo e dà luce, facendo nascere un nuovo giorno. Così noi, quando nasce un bambino, diciamo che è venuto alla luce.
Come se, nelle nostre parti più profonde, si miscelassero i termini ostetrica e levatrice, lasciando emergere, dietro le apparenze, la figura di chi svolge un compito sacro in quanto, oltre ad assistere al parto, ne fa emergere, dall’oceano-madre, sentimenti di luce ed elevazione.
La differenza che esiste tra due modi di operare, uno molto più antico e naturale, l’altro più elaborato e legato a poche epoche storiche, mi fa pensare a una celebre frase di Pablo Picasso: "I geni copiano, gli ignoranti imitano".
In questa frase sono contrapposti geni e ignoranti e come agiscono in quanto tali.
Nell’immaginario comune, tuttavia, i geni sono coloro che nel campo dell’arte, per esempio, creano. Eppure Picasso, considerato un genio e un grande innovatore nel campo della pittura, si limita ad affermare che il genio copia
; azione questa percepita dai più come molto più modesta rispetto al creare
.
Allora viene da chiedersi cosa può avere inteso col termine copiare, che, d’altronde, ha come sinonimo imitare. I due termini in effetti hanno molti aspetti in comune.
Agli inizi, infatti, il pittore si esercita copiando dal vero ciò che vede e spesso, nella fase di apprendimento, imita chi riconosce come più esperto. Poi, a mano a mano che le tecniche vengono padroneggiate, la copia dal vero si arricchisce esprimendo sempre più l’interiorità dell’artista. Quindi ne scaturisce una perfetta copia che riproduce, al tempo stesso, l’immagine esterna e le emozioni con le quali l’artista l’ha sentita e le ha dato forma.
A quel punto, le emozioni dell’artista, tramite la sua opera fanno risuonare le emozioni di chi semplicemente quell’opera la sa osservare… a volte così profondamente, che l’osservatore ha quasi l’impressione di navigare nello stesso mare di emozioni dell’artista. Sovente, in questi casi, si è portati a concludere che l’opera ha un cuore.
Quando poi l’artista trova una nuova via, ancora inesplorata, a volte ancora più luminosamente semplice delle vie tracciate in precedenza da altri, a quel punto si è portati a parlare di genialità.
Dopo quanto detto relativamente al genio che sa copiare, è più facile parlare dell’ignorante che sa solo imitare.
Quando si imita, infatti, non si sa riprodurre direttamente il proprio sentire in ciò che si compie. Il proprio sentire è continuamente filtrato dall’esperienza di altri, fino al punto che le emozioni più genuine e dirette non riescono a venire alla luce. L’opera imitata non potrà mai trasmettere le stesse emozioni di un’opera copiata
. Copiata nel senso che riproduce le emozioni esattamente come sono, senza intermediari, senza oscurità; quindi nella loro più assoluta freschezza e luminosità.
Al limite, copiare artisticamente significa tornare a quell’essenza senza spazio né tempo… forse un cielo… forse un vuoto… forse un silenzio… da cui tutto prende forma… e tutto ritorna…
Quanto spesso noi tutti, nel nostro quotidiano, agiamo a volte per imitazione a volte riproducendo (quindi copiando) il nostro vero sentire? è perfettamente normale che questi due aspetti si alternino in chiunque. Può darsi che non saremo mai considerati dei geni, ma è proprio dal saper copiare
che a qualcuno potrebbe capitare di essere un giorno considerato un genio.
Se fino ad ora ho parlato di sensibilità femminile, di capacità di ascoltare e di ascoltarsi, di capacità di osservazione, di agire secondo un sentire diretto privo di intermediari o soffocanti imitazioni, e anche di capacità di innovazione, è solo perché questo libro mi fa pensare a tutto ciò.
Questo libro è stato scritto da una donna che al mondo della maternità ha di fatto dedicato tutta la sua vita. Non si è mai fermata alle prime conoscenze acquisite sul tema. Per tutta la vita ha continuato a cercare. A fare delle cose semplici basate su ciò che sentiva.
Non possedendo conoscenze enciclopediche, ha trovato quelle poche cose che ogni donna avrebbe potuto trovare dentro di sé. Quelle poche cose che, come frutti maturi, possono essere raccolte con naturalezza e i cui semi possono essere portati a germogliare come sempre esistiti.
I frutti maturi, in questo caso, sono i giochi finalizzati a posizionare meglio il feto prima del parto, così ben descritti in questo libro. Sono maturi perché è arrivato il momento di condividerli con molti più genitori e con chi opera nel mondo della maternità.
La semplicità e naturalezza di questi giochi farà sì che appaiano come sempre esistiti.
Prima di lasciare al testo lo spazio che merita, vorrei ricordare una persona speciale, sia per me sia per Gabriella, che si è fatta tanto voler bene e apprezzare: il ginecologo Antonio Mergoni.
Antonio citava spesso una frase di Antonio Murri:
…cercate dunque, cercate sempre,
ma con l’aspettativa di trovare nella Natura
la luminosa semplicità nascosta.
Capitolo I
Il caso di Ilaria
Fra i tanti, ho scelto di riportare subito il caso di Ilaria perché lo considero molto significativo. è stato una pietra miliare nel mio percorso: è stato talmente emozionante e particolare che mi ha riempita di una felicità che è durata a lungo e mi ha spinta ad approfondire e a intensificare questo lavoro.
Come vedrete, il caso si è potuto risolvere solo grazie alla qualità della relazione genitori-bambino (già trattata nel mio libro La comunicazione e il dialogo dei nove mesi) e all’abitudine a una regolare e quotidiana comunicazione nella triade. Anche col padre, infatti, si era evidentemente già instaurato un rapporto di fiducia grazie alla sua positiva collaborazione.
Il suo ruolo è risultato fondamentale. Il dottor Jenö Raffaj sosteneva che "Quando il padre è autorevole, il feto ubbidisce più a lui che alla madre".
Quando Ilaria si è iscritta al nostro corso era nella trentesima settimana di gestazione e la sua bambina, Francesca, non si era ancora girata. Nessun problema: fino alla trentaduesima/trentaquattresima settimana non è il caso di esagerare e di pressarsi essere troppo ansiosi di iniziare qualche tipo di lavoro specificamente finalizzato a provocare la rotazione.
Ilaria aveva precedentemente avuto altri due bambini, maschi, nati in casa. Non poteva neppure concepire che si potesse partorire in ospedale, dal quale era terrorizzata "…a causa di alcune mie recenti infelici vicende familiari". Inoltre diceva di volere far nascere in casa questo suo terzo figlio perché desiderava che venisse alla luce nello stesso modo degli altri due. è comprensibile.
Però era così pressante il suo desiderio di poter risolvere al più presto la situazione che, per accontentarla, acconsentii a iniziare con lei un lavoro preliminare dialogico, almeno per capire se c’era la possibilità che Francesca avesse assunto quella precisa posizione di podice in seguito a un messaggio ricevuto. La data segnata in cartella mi indica che, quando ci siamo incontrate in studio, Ilaria era alla fine della trentaduesima settimana di gestazione.
Invece nel corso dell’analisi del bonding emerse, come spesso capita, un terzo elemento, nuovo: Ilaria era tanto impaurita al pensiero di dovere eventualmente partorire in ospedale perché l’ostetrica, alla quale si era appoggiata per i due precedenti parti in casa, si era trasferita in un’altra città e non era ancora riuscita a reperire una figura alternativa specializzata per il parto a domicilio. Addirittura, le si era presentata in sogno l’immagine della sua bambina, tutta insanguinata, estratta violentemente per i piedi dal suo addome.
Quindi la prima cosa da fare era trovare un’ostetrica nella quale Ilaria sentisse di potere riporre la propria fiducia. Le diedi l’indirizzo del gruppo di ostetriche di un noto team di Parma, specializzate in parti a domicilio; si trovò bene e si tranquillizzò. Dopo la trentaquattresima settimana, e in seguito a un quotidiano lavoro fatto insieme, Francesca si voltò in posizione cefalica.
Ilaria, una volta trovata l’ostetrica giusta per lei, continuò serenamente a seguire con molta partecipazione e