Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Milano fa paura la 90: Il delitto di via Botticelli
Milano fa paura la 90: Il delitto di via Botticelli
Milano fa paura la 90: Il delitto di via Botticelli
E-book245 pagine3 ore

Milano fa paura la 90: Il delitto di via Botticelli

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook


Milano, Carnevale 1976. Un filobus fantasma scorrazza liberamente per la circonvallazione, lasciandosi appresso il cadavere della povera Guendalina Falci, di professione bidella all’Istituto Tecnico Rizzoli, trovata riversa e dissanguata in viale Molise con due strani segni sul collo. Mentre sua moglie si prende cura del figlio in fasce della Falci, il Mala, aiutato dal suo romanissimo attendente Venditti e dal fedele giornalista Dino Lazzati, detto Fernet, dovrà percorrere ancora una volta le strade e i luoghi più remoti della sua città, lungo una scia di vittime uccise in modi alquanto bizzarri. E Carnevale diventa una danza macabra, tra licantropi e cariche della Celere, misteriose sparizioni e vedove visionarie, feste, mummie, mostri, maschere, morti, miserie e malaffari.
E c’è pure qualcuno, a “La Notte”, che manipola gli articoli di Fernet...
Mala & Fernet daranno fondo a tutte le loro doti di investigatori e a tutta la loro umanità, indecisi se facciano più paura i mostri, gli uomini, i cambiamenti sociali, o la stupidità.
 
LinguaItaliano
Data di uscita16 feb 2017
ISBN9788869431852
Milano fa paura la 90: Il delitto di via Botticelli

Leggi altro di Riccardo Besola

Correlato a Milano fa paura la 90

Ebook correlati

Noir per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Milano fa paura la 90

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Milano fa paura la 90 - Riccardo Besola

    Personaggi principali

    Benito Malaspina Commissario della Squadra Mobile di Milano

    Rossella Malaspina Moglie del commissario

    Venditti Agente scelto di Polizia, attendente di Malaspina

    Sassi Funzionario della Polizia Scientifica

    Puglisi Commissario capo della Squadra Mobile di Milano

    Dino Lazzati detto Fernet Giornalista di cronaca nera del quotidiano La Notte,

    informatore e amico di Malaspina

    Doriana Verner Giovane reporter, seguace di Lazzati

    Guendalina Falci Prima vittima

    Sebastiano Figlio di Guendalina Falci

    Ettore Placcani Insegnante di scuola superiore

    Bruno Sacchetti Seconda vittima

    Enrico Corvo Terza vittima

    Martedì 2 marzo 1976

    Primo giorno del carnevale Ambrosiano

    1. La 90 fantasma

    Armanda Floris in Fiore ha 85 anni.

    Oltre alla sua età possiede un trilocale in via Botticelli che quasi s’affaccia su viale Romagna, un conto in banca non particolarmente entusiasmante, la pensione minima più quella di reversibilità del defunto marito, fu Oreste Fiore, due figli ormai sposati che vede la domenica a pranzo, quando si ricordano di lei, e soprattutto dopo che lei ha inforcato gli occhiali, dato che è presbite e da vicino non riconoscerebbe se stessa davanti allo specchio, e un cane di nome Lothar.

    Un cane. Lei lo chiama così.

    Nel quartiere invece lo chiamano in altri modi: ratto, microbo, pulce, brutto mostro schifoso. Quest’ultimo epiteto, coniato dal panettiere, deriva dall’insana quanto radicata abitudine da parte di Lothar di espletare i propri minuscoli bisogni in prossimità dell’ingresso della rivendita dell’uomo. Non è tanto l’effetto, pressoché invisibile, prodotto dal quattro zampe in miniatura, quanto il fatto che, si sa, i cani fra loro hanno l’abitudine di ripercorrere a tappe, una pista olfattiva comune. E nel quartiere girano alani, pastori tedeschi e altre razze con dimensioni ben più impegnative di quella di Lothar, così che davanti al negozio del panettiere si forma una specie di campo minato accompagnato da una certa aria insalubre.

    È martedì 2 marzo del 1976, primo giorno del Carnevale Ambrosiano.

    Fa freddo e c’è buio e un po’ di nebbia, né troppa né poca.

    È sera, il quadrante illuminato dell’orologio elettrico sul marciapiede suggerisce che sono da poco passate le ventuno. Armanda Floris in Fiore ha appena finito di fare il giretto con il suo amato Lothar, fra l’erba spelacchiata e ghiacciata delle aiuole alloggiate nel controviale di viale Romagna, un’arteria che sembra importata dall’America, tanto è larga, che unisce piazza Piola a viale Campania che poi diventa viale Molise e poi ancora viale Puglie. Questo mini tour delle regioni italiane identifica la circonvallazione cosiddetta esterna, che serve a diversificarla dall’altra, quella interna, più breve, con cui forma due cerchi concentrici il cui centro è piazza Duomo. Milano, insomma, è rotonda, a poterla osservare dall’alto, una specie di macchia scura caduta dal cielo proprio in mezzo alla pianura Padana.

    Armanda Floris in Fiore invece è impaziente, a guardarla sia dall’alto che dal basso.

    Lo sceneggiato alla televisione tra poco comincia o, come teme, è già cominciato.

    Dai Lothar, è tardi! dice al suo beneamato, ma appena lo ha detto risolleva lo sguardo e qualcosa ne attira subito l’attenzione. Qualcosa di strano.

    Un filobus.

    Di quelli lunghi, verdi, con il pantografo sollevato a toccare i fili della linea elettrica aerea. Un filobus della linea 90, che percorre la circonvallazione.

    Quel che vede è proprio una 90, appena oltre l’incrocio, che arriva nella sua direzione. Ma. C’è un ma. Questa viaggia veloce, a fari spenti, tutta spenta, anche all’interno, e soprattutto non c’è nessuno a condurla: non c’è il guidatore!

    L’anziana strabuzza gli occhi, perché per essere presbite è presbite forte, ma a distanze superiori ai tre/quattro metri ci vede come un’aquila e ha visto chiaramente che nella cabina di guida non c’è nessuno. La 90 le sfreccia davanti al naso senza che nessuno la guidi! Lo spostamento d’aria, gelida, le mette un brivido nella schiena e lì lo lascia.

    Andiamo Lothar! dice lei preoccupata.

    A Lothar non importa di andare con lei, comincia ad abbaiare e si mette a tirare quella specie di guinzaglio che ha legato al collo.

    Lothar! Non tirare che soffochi! Lothar!

    Ma Lothar non soffoca, anzi, tira così forte che il guinzaglio sfugge di mano alla sua padrona e lui si mette a zampettare nel controviale.

    Lothar! Fermati! Dove vai? Qui Lothar! Qui!

    Il cane in miniatura si ferma soltanto quando ha deciso che è sia il momento che il posto giusto in cui fermarsi, tra due delle tante macchine in sosta parcheggiate nel controviale.

    La signora Armanda cammina più rapidamente che può dietro al suo Lothar.

    Arriva, con il fiatone, tra le due auto in sosta.

    Lothar! Ma che…

    Quel che vede è ben peggiore della 90 fantasma.

    Il piccolo Lothar sta leccando con la sua minuscola lingua il volto di una donna stesa sull’asfalto freddo. Per capirlo l’anziana si è infilata gli occhiali che porta sempre con sé nella tasca di qualunque cosa indossi, in questo caso un vecchio paletot color cammello.

    Ah! grida.

    Poi, appena dietro a Lothar e alla donna stesa a terra, vede un’ombra scura che non riconosce subito. Strizza gli occhi, affila lo sguardo.

    Non è come crede! dice la voce di un uomo, con attaccato un uomo.

    È inginocchiato a terra, e sarebbe meglio se ci fosse rimasto. Invece si solleva e la luce di un lampione lo illumina. È vestito di nero. La faccia bianca, cerea, da morto. Occhiaie nere, fonde. Labbra rosse, troppo rosse, dalle cui estremità colano due rivoli rossi. Sangue!

    Un vampiro! Dracula!

    Questa è l’ultima cosa che pensa Armanda Floris in Fiore.

    Poi sviene.

    Dracula riesce a sorreggerla in qualche modo prima che l’anziana stramazzi sull’asfalto.

    Lothar abbaia a più non posso.

    E comincia un’altra storia.

    2. Per favore, non mordermi sul collo

    Viale Romagna, subito dopo

    L’uomo celato dentro il mostro sta chino, i denti aguzzi, il mento tinto di porpora, sul corpo dell’anziana vedova in Fiore. La prima Alfa Giulia della Polizia li trova così, il vampiro accanto a due donne stese sull’asfalto, una giovane e una no, e gli agenti fanno fatica a comprendere cosa sia successo, cosa sia quella forma nascosta da un mantello nero all’esterno e rosso all’interno.

    Venditti inchioda, e il commissario Malaspina quasi batte la fronte contro il parabrezza. Impreca tra sé, il commissario, è un anno che mal sopporta la guida del romano, e non è l’unica cosa che non ne digerisce. Aprono la portiera contemporaneamente, appoggiano un piede a terra all’unisono, sarebbero perfettamente accordati se non fossero così diversi. Venditti ha parcheggiato in modo da illuminare la scena del delitto coi fari dell’auto. Lo spolverino del commissario Malaspina sventola un po’, mentre s’accende una sigaretta, avvicinandosi a quel qualcosa che lo attende tra le auto in sosta. Venditti, attraverso i suoi Ray-Ban a goccia dalle lenti affumicate, l’unico ricordo di quando faceva il ladruncolo di borgata, un paio d’anni fa, una vita fa, si sofferma a guardare un istante il proprio superiore: un uomo onesto, introverso forse, la cui carriera è infarcita di successi latori di contrappassi gravosi. Venditti l’aveva visto quel poliziotto misericordioso e giusto, consumato da un perenne esame di coscienza, con una moglie che è ‘na fijola da panico ma figli non gliene ha dati, mai, l’ha visto col caso del Colosso di Corso Lodi, e ha capito l’uomo. Malaspina avrebbe dovuto chiamarsi Malasorte. O forse no. Forse avrebbe dovuto chiamarsi Malaboccalavoiusa’purepeffartenarisata?

    La notte è ormai calata su questa città che non è una metropoli ma ne ha tutti i vizi e tutte le virtù. Non basterebbe un medico a curare questa vecchia signora stanca, avvolta dalle nebbie, ferita dai delitti. Una città nera. Buia. Una città da incubo. Giungono altre tre Giulia, rovesciando in questo elegante controviale le divise che dovrebbero custodire le strade di sant’Ambrogio. Malaspina è ad un passo dal mantello scuro. Venditti gli sta alle spalle. L’essere si solleva. Il viso è pallido come latte cagliato, il trucco sfatto come quello d’una prostituta alla fine d’un brutto servizio. Per essere un vampiro ne ha proprio l’aspetto mostruoso, è che i film sono stati forse un po’ troppo clementi con la figura dei succhiasangue, in questioni non tanto d’eleganza, quanto d’aspetto. Questo conte Dracula ha una panza gonfia, esagerata, che deve essere rimasta stretta in un corpetto, è stempiato. L’essere biascica un ciao. Malaspina ha un brivido.

    Dracula altri non è che Dino Lazzati, detto Fernet per l’amore incondizionato che ha per l’omonimo amaro digestivo, giornalista di cronaca per il quotidiano La Notte. Si conoscono da anni, da quando Lazzati era magro, aveva i capelli e non un inguardabile codino, ed era un confidente del commissario.

    Vampiro: essere leggendario, di origine est europea, immortale, si nutre di sangue umano.

    Malaspina alcune situazioni le digerisce solo pensandole come definizioni di cruciverba, un’abitudine che gli è venuta per la radicata passione della moglie per La Settimana Enigmistica.

    Mentre lo fa, arriva un’altra volante. Ne scivola fuori un armadio.

    L’ispettore Guerra Lampo è alto uno e ottantacinque, ha la mascella quadrata, gli occhi azzurri, i capelli biondo cenere. Piace alle donne quanto le pistole piacciono a lui, ma è disinvolto con le donne quanto queste con i topolini nelle cantine. Lo chiamano Guerra Lampo, un nomignolo che gli hanno affibbiato in questura e nei commissariati dettato dal suo nome, Guerrino, perché è uno di quelli che i rischi li affrontano con impeto. Lampo invece è proprio il suo cognome. Grida: Tutti a terra, è un dannato vampiro! Servono dei proiettili d’argento!.

    Tutti gli agenti in divisa non realizzano bene che abbia gridato l’ispettore, gli è bastato il tutti a terra per spiaggiarsi sull’asfalto. Malaspina si volta a guardare quel ragazzone con la rivoltella puntata al vampiro, sospira. Qua ci vuole Venditti.

    Ispetto’, questo s’è succhiato er sangue de du’ vacche, anvedi che panza che c’ha! Nò nò, co’ ‘na dieta liquida nun te viene ‘na panza così, questo magna e beve e se ne fotte!

    Malaspina sogghigna, di nascosto. Sbuffa il fumo della sigaretta: Questo succhia solo Fernet Branca. Altro che vampiro...

    Dino Lazzati, detto Fernet, si risente. Innanzitutto, sarebbe un eccellente vampiro. I vampiri sono individui di gusto. C’è un collega, un giornalista milanese che s’occupa di cinema, che ha scritto un bel saggio sull’esistenza dei vampiri. Ha scritto cose meravigliose, in realtà. Comunque. Comunque, i proiettili d’argento non servono. Ci vuole un paletto di frassino, ispettore..., trancia.

    Guerra Lampo lo punta ancora, una goccia di sudore gli corre lungo la tempia.

    Rinfodera il revolver, sceriffo... gli ordina Malaspina, poi guarda a terra.

    Fernet hai telefonato tu?

    Lazzati annuisce, sconsolato.

    Mi hanno detto che ha chiamato uno con una voce strana.

    Lazzati annuisce di nuovo.

    Ma i cadaveri sono uno o due?

    Uno dice il cronista.

    E la vecchia chi è?

    E che ne fo? È avvivato pvima quella pulce di cane e fubito dietvo lei, e quando mi ha vifto è fvenuta.

    Qui c’è un morto, e noi facciamo il circo... Fernet, che cazzo ci fai conciato così?

    Mala, non fo, cioè, fono andato a una festa, in mascheva, è mavtedì graffo, lo fai?

    Qua de grasso ce sta’ solo lei!

    Venditti, per favore, non ti ci mettere pure tu... vai da Sassi a capire che è successo...

    Vabbè, vabbè, ho capito, nun ce sta mica da vergognarse, comunque, se a uno je piace de travestirse...

    Allora, dicevi?

    Fono ftato ad una festa in mafchera. Pev Cavnevale.

    Ma si può sapere come parli? E levati quei cazzo di denti finti!

    Non poffo.

    Levateli ho detto!

    Fono incollati.

    Cosa?

    Ho meffo il Poligrif, quello pev le dentieve, cofì mi ftavano su.

    Tu non sei normale, lo sai vero?

    Fì, lo fo, me lo dici sempve.

    Di quale festa parlavi?

    A cafa di amici di amici.

    Chi?

    Non lo fo. Mi ftavano puve antipatici. Ma evano amici di Doviana...

    Doriana?

    Fì, Doviana. Fai quella vagazza, te ne ho pavlato, è una giovnalifta giovaniffima, ma fa pauva, eh!

    La tua ragazza?

    Magavi! È tvoppo giovane!

    Va bene, va bene, e questo spiega il costume da vampiro. Ma che ci fai, qua?

    Beh, la fefta eva qua dietvo, ftavo tovnando a pvendere la macchina e ho vifto la vagazza pev tevva. Quando ho capito che eva movta è avvivata la vecchia ed è fvenuta, allova sono andato a quella cabina là e ho chiamato il centotvedici.

    Malaspina se potesse lo prenderebbe a calci sui denti fino a staccarglieli tutti, veri e finti, senza alcuna distinzione. La signora Armanda Floris in Fiore nel frattempo si riprende, viene aiutata ad alzarsi, a stare in piedi. Lothar, lo pseudo cane dalle sembianze di una pulce, finalmente la smette di squittire.

    Poi una voce, quella di Venditti: Dotto’! Dotto’! Venite un po’ a vede’ che ha trovato Sassi!

    Sassi lavora alla Scientifica. Crede solo in ciò che vede, ma stasera gli riesce difficile farlo. Stava analizzando superficialmente il cadavere della donna, tra i venti e i trent’anni, bianca, riverso a terra in una pozza di sangue tra due auto come un cappotto abbandonato, quando ha notato la ferita più anomala della sua carriera. Soprattutto dopo il teatrino che ha dissacrato la tragedia. Malaspina accorre.

    Dimmi, Sassi...

    Commissario... la donna è morta dissanguata.

    L’hanno accoltellata?

    Sassi tace. Indica con due dita la ferita. Due fori, sul collo, in corrispondenza della giugulare. Distanti tra loro circa tre o quattro centimetri. Venditti strabuzza gli occhi. Malaspina smette di respirare e si volta a guardare Fernet che, intontito, non trova parole. Guerra Lampo sbraita: Lui! È stato lui! Il vampiro! Abbattiamolo! Se gli tagliamo la testa e gli diamo fuoco dovremmo annientarlo! Presto!.

    Allora Dino Lazzati detto Fernet si fa serio. Con due dita prova a disincastrare dalla bocca la protesi dentale con i canini acuminati fissata con il Poligrip, protesi che gli ha procurato un suo amico che fa il regista, uno un po’ equivoco, ma che sa come gira il mondo, e te lo racconta. Quest’amico gira film dell’orrore e gli ha prestato, lui, il morso del vampiro. Fernet afferra bene la dentiera e riesce finalmente ad estrarla, ancora piena di saliva, e la lancia contro il muso di Guerra Lampo: Sono finti, cretino. A te i vampiri hanno succhiato il cervello!

    Malaspina sbotta: Insomma! Abbiate la compiacenza di portare rispetto almeno per questa povera donna morta! Guerrino: tu interroga l’altra testimone! Venditti, tienilo d’occhio, prima che le spari perché indossa la dentiera anche lei. Tu, Fernet, tu invece…! Zitto! Tu stai zitto!

    Guerrino Lampo s’avvicina all’anziana vedova Floris in Fiore, assistita da un giovane infermiere sopraggiunto nel frattempo con i colleghi della Croce Rossa e un’autolettiga, timidamente: Signora...

    Mi dica, giovanotto.

    Lei ha visto il vampiro mentre... mentre...

    A coso, qua nun ce semo proprio, ma li mortacci tua, ma l’hai mai fatto n’interrogatorio? Seguime: signo’, che ce faceva pe’lla strada tutta sola alle nove de sera?

    Uè, che lingua parla questo signore qua?

    La lingua c’ha fatto grande l’Impero, signo’! Nun ce se metta, su, aspe’ che modifico l’idioma... che faceva per la strada di notte? Mi sembra anziana per certi affari...

    Portavo a spasso Lothar, il mio cagnone, per il suo solito giretto. Avevo anche fretta, che dovevo rientrare per vedere lo sceneggiato alla televisione, quando ho visto passare la 90...

    Anvedi, oh! Ha visto passa’ la corriera! Che stranezza! E allora, ha visto passare la 90, e?…

    E mi sono spaventata, perché la 90 aveva tutte le luci spente anche se ormai era buio, e non c’era nessuno alla guida! Andava da sola!

    Commissa’, qua nun ce sta niente da fa’, questa c’ha l’allucinazioni!

    Ma come si permette lei!

    Signo’, io lo so come finisce la storia sua: poi ha attraversato la strada, giusto?

    Giusto!

    E Fuffi qui ha annusato quarcosa, giusto?

    Esatto.

    E quel quarcosa era ’sta poveraccia morta, vero?

    Sì! E c’era quel... quel...

    E ce stava er conte Dracula che j’aveva succhiato er sangue!

    Sì! Sì! Quel mostro!

    Guerra Lampo si rianima dall’ebetismo: Commissario! La vedova ha confermato! Ha visto il vampiro che succhiava il collo alla vittima! Procuriamoci un crocifisso e annientiamolo!

    Malaspina si deconcentra, e si stizzisce: Allora! Allontanate subito l’ispettore Lampo dalla scena del delitto! Probabilmente è troppo eccitato per lavorare seriamente! Venditti! Vieni qua!

    Me dica, commissa’!

    Allora, che dice la vedova?

    La vedova in Naftalina dice c’ha visto gli autobus anna’ da soli e ’sto vampiro che se risucchiava quella povera fija...

    Gli autobus andar da soli?

    Sì, dice c’ha visto la 90 che se ne annava in giro senza cocchiere...

    Mah! Ci si mette anche lei, ora. Dobbiamo scoprire chi è la vittima...

    Guendalina Falci, 25 anni. Nubile. Bidella. Domicilio in via Moretto da Brescia numero 1.

    Come hai fatto?

    "Ho guardato nelle tasche del giaccone, c’aveva er borsellino coi documenti.

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1