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Il maresciallo Corradi e l’evaso
Il maresciallo Corradi e l’evaso
Il maresciallo Corradi e l’evaso
E-book207 pagine2 ore

Il maresciallo Corradi e l’evaso

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Info su questo ebook

L’antivigilia di Natale un medico “guaritore” già radiato dall’Albo entra nel carcere di Marassi – deve scontare una condanna per omicidio colposo – ma la sua permanenza in cella dura pochi giorni: in occasione di una manifestazione sportiva che si svolge dentro e fuori le mura sparisce. Al maresciallo Corradi, che rientra in servizio più sereno dopo le festività passate con Luminița, vengono affidate le indagini “esterne”: inizia così una serrata caccia all’uomo, che potrebbe condurlo anche lontano da Genova. Nel frattempo, all’interno della Casa Circondariale, la Polizia Penitenziaria cerca di capire come possa essere avvenuta l’evasione e quali le complicità tra i reclusi, ma i precari equilibri tra i gruppi di diverse provenienze geografico-culturali insieme alla diffusa omertà rendono l’impresa quasi impossibile: l’unica “crepa” che sembra aprirsi viene subito richiusa tramite un efferato omicidio. In una città fredda e raccolta in se stessa, nonostante le luminarie natalizie ancora annichilita dal crollo del ponte Morandi, l’investigatore dei Carabinieri, insieme al vicecomandante di Marassi, alla fine riuscirà a risolvere – dopo molti fallimenti l’enigma, con un colpo di scena veramente inaspettato. In questo sesto capitolo – sempre fedele per atmosfera al noir italiano – che vede protagonista il maresciallo a cui ci siamo affezionati nonostante il suo carattere (o forse proprio per questo), viene anche sviscerato il vivere in un carcere sovraffollato, tra le innumerevoli problematiche che gravano sulle “guardie” e la narrazione delle esperienze di persone private della libertà personale, spesso ma non sempre perse: Gianni il parrucchiere, Carlo l’editore, Amadou il “negro” e Mario il salumiere – rinchiusi nella stessa cella – ci regalano lo stringersi di una amicizia destinata a durare.

Armando d’Amaro, nato a Genova nel 1956, vive a Calice Ligure. Dopo studi classici e laurea in giurisprudenza ha praticato attività forense e accademica, abbandonate per dedicarsi alla scrittura noir e alla critica d’arte moderna. Per Fratelli Frilli Editori ha pubblicato Delitto ai Parchi (2007), La Controbanda (2007; 2016 in Italia Noir per Repubblica-l’Espresso), La farfalla dalle ali rosse (2008), Liberaci dal male (2010, col criminologo Marco Lagazzi), Il testamento della Signora Gaetani (2014), La mesata (2016), Nero Dominante (2017), Boccadoro e il cappotto rosso (2018) e ha curato le
antologie Incantevoli stronze (2008), Donne, storie al femminile (2009), Una finestra sul noir (2017) e 44 gatti in noir (2018); altri racconti sono usciti in raccolte per altri editori o su riviste; il suo monologo Atlassib è rappresentato con successo a teatro; numerosi i testi scritti per artisti, tradotti anche in inglese e russo.
LinguaItaliano
Data di uscita22 mar 2019
ISBN9788869433474
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    Anteprima del libro

    Il maresciallo Corradi e l’evaso - Armando d’Amaro

    23 dicembre, Domenico Stern entra in carcere

    L’uomo, un cinquantenne ancora prestante, sembra quasi assente mentre viene perquisito. Consegna quindi al responsabile dell’ufficio matricola cintura, cellulare, denaro e catenina d’oro.

    Ma non posso tenere nemmeno questo?, chiede quando l’assistente gli chiede di consegnargli l’orologio.

    Vale più di centocinquantacinque euro?.

    Direi proprio di sì.

    Allora rimarrà qui fino al termine del suo soggiorno da noi: se il valore fosse stato inferiore avrebbe potuto riaverlo tramite una domandina scritta al direttore, che comunque può fare per la cinta.

    Ho capito, risponde rassegnato.

    Senta Stern, le devo chiedere se ritiene di aver problemi a convivere con altri detenuti.

    Perché, nel caso?.

    Si limiti a rispondere.

    Non credo.

    Bene, se ne avrà lo faccia presente, per la sua sicurezza… e mi raccomando, si adegui alle disposizioni impartite dal personale e tenga un comportamento rispettoso nei confronti di tutti. Ora vada, la aspettano per scattare le foto.

    Dopo essere stato ritratto di faccia e profilo, l’uomo viene accompagnato alla visita sanitaria: un uomo in camice, senza staccare gli occhi dal piano della scrivania, gli chiede se è tossicodipendente.

    Assolutamente no, collega, risponde secco.

    L’altro alza lo sguardo e, riconoscendolo: Lei non è più medico, da quel che mi risulta. Comunque mi spiace, spero che la sua permanenza qui sia di breve durata.

    Lo spero anch’io, il mio avvocato dice che ci sono ottime possibilità.

    Buon per lei. Mi dica, prende qualche farmaco specifico?.

    Solo un prodotto a base di ramipril, per l’ipertensione.

    Le verrà fornito. Ora devo procedere a una visita.

    Terminata l’incombenza l’uomo viene portato in un altro locale, dove gli viene consegnata, insieme a lenzuola e stoviglie, una guida.

    Le sarà utile per conoscere le regole che dovrà rispettare e i diritti che le sono riconosciuti, gli spiega l’addetto. La legga, capirà come funziona qua dentro.

    Finite le operazioni d’ingresso, Stern viene condotto davanti a una cella. L’agente, porgendogli un foglio, gli intima: Firmi qui sotto.

    Cos’è?, chiede lui.

    Vi sono descritte le condizioni della stanza, ma è inutile che controlli tutto, non c’è nulla di rotto.

    Sì, non ti preoccupare, siamo persone come si deve, dichiara sorridendo un giovane alzandosi dalla branda, il viso illuminato a sprazzi dalle luci intermittenti di un abetino sintetico. Autografa tranquillo, qui non ci viene mai addebitato nessun danno. Benvenuto e auguri!.

    24 dicembre, Mario scrive sul diario

    Caro Stefano, questo è il secondo anno che non potrò farti gli auguri e vedere la faccia che farai aprendo i regali che spero Babbo Natale sarà riuscito a portarti (quando leggerai queste mie memorie non ci crederai più!).

    Non potrò starti vicino nemmeno il 2 febbraio, per stringerti forte il giorno del tuo compleanno, quando spegnerai sette candeline.

    Non posso stare con te, ma non ti ho dimenticato. Ogni giorno ti penso, cerco di ricordarmi la mia vita passata con te, da quando sei nato. Guardo le fotografie che mi porta la mamma e piango perché mi sto perdendo tante cose: sei cresciuto, dall’anno scorso vai a scuola e io non ti ci ho potuto accompagnare neanche una volta!

    Ma la colpa è tutta mia, per una stupidaggine colossale che ho combinato ora non posso fare il padre come si dovrebbe, e forse ha avuto ragione la mamma a raccontarti che quando abbiamo chiuso il negozio (ti ricordi, pieno di cose buone!) sono dovuto andare lontano per lavorare: forse, sapendo dove sono, ti vergogneresti di me.

    Caro Stefano, ogni giorno ti penso e non c’è notte, prima di addormentarmi, che non preghi perché tu cresca sano e felice. Spero con tutto me stesso, una volta uscito da qua, che non sia tardi per tornare a fare il padre... ma la mamma è tanto paziente e so che mi aspetterà. Prego sempre anche per questo. Ora ti lascio, e tre persone che mi sono diventate amiche (Carlo, Gianni e Amadou) vogliono che io scriva che anche loro ti fanno tanti auguri: chissà se ci frequenteremo ancora quando, da grande, leggerai questo mio diario! Ma soprattutto spero che riuscirai a perdonarmi.

    Buon Natale, il tuo Papà

    25 dicembre, all’uscita della chiesa di Zinola

    Luminiţa, provo una sensazione che mi sembra di aver già vissuto, sussurra Corradi mentre, all’una di notte, si incammina accanto alla donna che la sera prima lo aveva ospitato a cena e poi costretto ad accompagnarla alla messa natalizia.

    Con un’altra?, chiede lei, tirandosi il cappuccio sulla testa.

    No, le circostanze erano diverse.

    E allora? Sempre che abbia voglia di parlarne, si intende.

    Dopo essersi acceso una sigaretta, l’investigatore: Se ho voluto raccontarle tutto di me fin dal principio è perché desidero che tra noi non ci siano segreti.

    Intanto credo potremmo passare al tu. Che ne dici?.

    Sono d’accordo, risponde sorridendo il maresciallo dei carabinieri, fissandola negli occhi azzurri.

    Bene. Sì, ieri mi hai raccontato del periodo passato nella legione, del perché ti arruolasti, dei tuoi incubi. Ma sono passati tanti anni, credo sia l’ora che cessino di tormentarti… a proposito, allora cosa intendevi prima, dicendo che stavi rivivendo qualcosa? Questa sera con me ti ricorda una brutta situazione?.

    Non brutta, ma….

    Come allora?, chiede la donna, prendendolo a braccetto mentre si avviano verso via Nizza.

    Vedi, quando mi congedai non vedevo l’ora di tornare a casa: avevo vissuto il viaggio di ritorno come sospeso…mi riebbi quando misi i piedi sulla banchina della stazione del mio paese. Mi guardai intorno, forse alla ricerca di un viso conosciuto, poi mi caricai lo zaino in spalla e mi avviai a piedi, per riappropriarmi dei miei luoghi, pieno di… speranza?.

    Per quale motivo te lo domandi?.

    Perché non so bene come descrivere quanto mi passava per la testa: gioia e timore insieme, appunto le stesse sensazioni che provo ora.

    Mantieni la prima e butta la seconda, lo rassicura Luminiţa, anche se vorrei sapere cosa successe allora.

    Conoscevo a memoria quel percorso, lasciai la stazione e camminai verso casa immerso nella foschia, rassicurato dall’odore di legna bruciata proveniente dai camini.

    Immagino perfettamente la scena e comprendo il tuo stato d’animo di allora. Anch’io, l’ultima volta che tornai in Romania, mi guardavo intorno quasi a verificare che tutto fosse come lo avevo lasciato, tanti anni prima… ma non è mai così, i luoghi e le persone non restano invariati per te.

    Infatti… camminando mi ripetevo: pochi passi e riabbraccerò i miei, la mamma mi preparerà qualcosa da mangiare e poi mi costringerà a riposare, dicendomi ‘avrai tempo per raccontare’. Non vedevo l’ora di infilarmi tra le lenzuola ruvide e profumate del mio letto, per risvegliarmi con l’odore del caffè, rilassato e in pace con il mondo, lontano dalla morte che mi aveva sfiorato tante volte e che lì non avrebbe potuto raggiungermi.

    E invece?.

    Arrivai davanti alla porta dopo aver costeggiato il laboratorio dove mio padre aveva lavorato il legno per anni e anni….

    Mi hai raccontato che tuo papà era già morto, sussurra Luminiţa, rabbrividendo all’umido di Savona.

    "Sì stava già poco bene da anni, da quando gli avevo raccontato… quel che sai¹. Ma aveva continuato a faticare, fare il falegname per lui era una passione, oltre che una necessità. Un secondo infarto non gli diede scampo quando ero in Ciad: impossibilitato a muovermi non partecipai ai funerali…ma somatizzai la cosa, richiudendola in un cassetto che credevo ben chiuso".

    E speravi che anche tua mamma e tua sorella….

    Infatti, risponde Corradi buttando la cicca. Ti dicevo che giunsi davanti alla porta di casa. Tutto era invariato: il pomo opacizzato dall’uso, la targhetta in metallo smaltato e la scritta SALVE che si intravedeva ancora sullo zerbino. Anche quando appoggiai il dito sul campanello il trillo che rimbalzò dall’interno mi rassicurò nel suo essere rimasto lo stesso.

    Invece? Perché c’è un invece, vero?.

    Purtroppo… Suonai una prima volta, una seconda, una terza… senza esito. Decisi, perplesso, di attendere: poggiai lo zaino e mi ci accomodai sopra….

    "Per fumarti una sigaretta, scommetto, lo interrompe la donna scuotendo la testa.

    Facile deduzione, mia cara signora architetto… e quando la finii suonai di nuovo, a lungo, finché, finalmente, sentii armeggiare alla vecchia serratura e, dalla porta socchiusa, comparve un viso sconosciuto, quello di una vecchia sospettosa.

    Chi era?.

    Mia madre. Mi guardò stranita: nella penombra anche lei lì per lì per non mi riconobbe. Il tempo e le sofferenze, evidentemente, ci avevano cambiati entrambi.

    E tua sorella?.

    Non era in casa, aveva trovato lavoro in un bar, faticava fino all’alba.

    E poi? Sarai rimasto, immagino.

    Sì, ma solo per qualche giorno: non riuscivo a sopportare il vedere mia madre ridotta al fantasma di se stessa e l’ostilità di mia sorella, che non aveva mancato di rinfacciarmi che tutto era precipitato in quel modo per causa mia.

    Intanto, senza quasi rendersene conto, la coppia ha raggiunto l’auto di Corradi.

    Ci rivediamo più tardi?, domanda lei. Potresti tornare a mangiare da me.

    Ho promesso ai colleghi di Finale di stare con loro, non potevo prevedere che….

    Va bene, aspetto una tua chiamata.

    Contaci, comunque dipende da te.

    Cosa?.

    Che tutto non vada come allora.

    26 dicembre

    Mario, lo senti anche tu?.

    Cosa?, risponde sbadigliando l’interpellato, sdraiato sulla branda sottostante.

    Il profumo di caffè.

    Vuoi dire che sono già le sette?.

    Credo di sì, lo sai che Peppino è puntualissimo nel preparare la moka per tutto il braccio.

    Avete finito di rompere i coglioni voi due?, interviene un terzo, dal lato opposto della cella.

    A me piace, esclama un altro.

    Cosa ti piace negro?, gli chiedono dalla penombra.

    Moka… prima di Italia non l’ho bevuta mai.

    Ma non sei del Senegal?, gli domandano in due, contemporaneamente.

    Al mio paese beviamo touba.

    E che cazzo è?, chiede Mario, ormai ben sveglio.

    Caffè.

    E allora?, ribadisce l’altro.

    Ha profumo diverso, dentro pepe di Guinea e chiodi.

    Chiodi?.

    Sì, chiodi di fiore.

    Vuoi dire chiodi di garofano?.

    Sì, fanno caffè diverso, forte ma dolce e profumato… inventato tanti anni fa da sceicco Sufi che io ho suo nome, Amadou Bamba, lo beviamo nei tangana.

    Cosa sono i tangana, tazzine?.

    No, locali su strada: fuori grandi tavoli… ti siedi, mangi e bevi touba.

    Bene, un giorno ci porterai tutti lì. Ora al lavoro, dobbiamo ripetere passo passo tutto il piano…, interviene il ‘capo’. O i soldi vi fanno schifo?.

    ***

    Ciao Isidoro.

    Luminiţa Che piacere sentirti, esclama Corradi rispondendo al cellulare.

    Ti ho svegliato?.

    Assolutamente no: sto buttando la mia roba in un sacco.

    Allora parti?.

    Sì, sai che il mio lavoro a Finale è finito.

    Peccato.

    Ma guarda che non vado mica lontano, torno a Genova!.

    Questa notte hai avuto incubi?.

    Ho dormito come un bambino… anche se ho cinquant’anni suonati!.

    Io invece ho fatto uno strano sogno.

    Racconta.

    Mentre cammino per strada, sotto la pioggia, mi ferma un vecchio con un cagnone al guinzaglio….

    Ti piacciono i cani?.

    Sì, anche se mi intimoriscono un po’… ma lascia che ti racconti.

    Mi voglia scusare per l’interruzione. Esclama ridendo il maresciallo.

    Dunque… questo vecchio mi dice di aver visto l’animale vagare nel suo quartiere e, chiedendo in giro, di aver saputo che alla morte del padrone i parenti di questo lo avevano messo in strada....

    È un reato, sareste dovuti andare, tu e il vecchio, a denunciare la cosa!.

    In sogno?.

    Scherzo, vai avanti.

    Io mi domando: perché si è rivolto proprio a me? Poi vengo presa dal dubbio se accettare o no.

    E alla fine?.

    Sono sul punto di andare via, giudicando che quell’intruso in casa mi avrebbe scombinato la vita, ma quando il cane mi si avvicina scodinzolante e pieno di fiducia, sono assalita dal desiderio di accoglierlo….

    E così hai fatto?.

    Il vecchio decide per me, sparendo come un fantasma. Mi trovo l’animale a fianco e torno a casa, dove gli preparo una zuppa di pane con brodo di carne. Mentre lui mangia io mi affaccio alla finestra: il maltempo è sparito, il sole quasi mi ferisce gli occhi.

    Finisce così?.

    Sì. Cosa ne pensi?.

    Non so, comunque mi sembra un bel sogno.

    Direi anch’io.

    Senti Luminița, sei in casa oggi?.

    Sì, sono ancora in ferie.

    Io devo essere a Genova stasera, domattina presto riprendo il lavoro. Se hai voglia passo a salutarti e mangiamo qualcosa insieme. Ti va?.

    Mi farebbe piacere, certo… ma sono ancora miei ospiti Mioara e suo marito, ti dispiace incontrarli?.

    "Tua sorella è la

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