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Le Signore del Natale
Le Signore del Natale
Le Signore del Natale
E-book102 pagine1 ora

Le Signore del Natale

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Info su questo ebook

Una bambina viziata è an- noiata dal Natale, ma un sogno rivelatore le farà cambiare idea; una coppia dell’alta società cittadina si ritrova a passare il Natale in una fattoria e scoprirà un nuovo modo di vedere la vita; una donna sola riceva una strana visita la notte prima di Natale; un giovanotto in disgrazia decide di darsi al crimine proprio la vigilia di Natale.
Tra buoni sentimenti e sorprese, tre grandi autrici raccontano quattro modi diversi di vivere la notte più magica dell’anno.
LinguaItaliano
Data di uscita18 nov 2022
ISBN9791222025308
Le Signore del Natale
Autore

Louisa May Alcott

Louisa May Alcott (1832-1888) is the author of the beloved Little Women, which was based on her own experiences growing up in New England with her parents and three sisters. More than a century after her death, Louisa May Alcott's stories continue to delight readers of all ages.

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    Anteprima del libro

    Le Signore del Natale - Louisa May Alcott

    Copertina

    Mini

    7

    Nella stessa collana:

    Signore del brivido

    L. M. Alcott, M. E. Wilkins Freeman, W. Cather, Le Signore del Natale 1a edizione Landscape Books, novembre 2022

    Collana AuroraMini n° 7

    © Landscape Books 2022

    Titoli originali: A Christmas Dream, and How It Came to Be True, A Country Christmas,

    The Christmas Ghost, A Burglar's Christmas

    Traduzioni a cura di Guido Del Duca

    www.landscape-books.com

    In copertina: rielaborazione da A. Chevallier Tayler

    Edizione digitale a cura di WAY TO ePUB

    Louisa M. Alcott, Mary Wilkins Freeman, Willa Cather

    Le Signore del Natale

    Louisa May Alcott

    Un sogno di Natale (e come si realizzò)

    «Sono così stanca del Natale che vorrei non tornasse mai più!» esclamò una bambina dall’aria scontenta, mentre sedeva oziosamente a guardare la madre che sistemava una pila di regali due giorni prima della loro consegna.

    «Ma, Effie, che cosa terribile da dire! Sei cattiva come il vecchio Scrooge; e temo che ti succederà qualcosa, come è successo a lui, se non ti interessa del caro Natale», rispose la mamma, facendo quasi cadere il corno d’argento che stava riempiendo di deliziose caramelle.

    «Chi era Scrooge? Cosa gli è successo?» chiese Effie, con un barlume di interesse sul suo volto svogliato, mentre raccoglieva la goccia di limone più aspra che riuscisse a trovare, perché niente di dolce le andava in quel momento.

    «È uno dei migliori personaggi di Dickens, e un giorno potrai leggere la sua affascinante storia. Odiava il Natale finché uno strano sogno non gli mostrò quanto fosse bello, e questo lo rese un uomo migliore»

    «Lo leggerò; perché mi piacciono i sogni, e ne faccio molti e curiosi anch’io. Ma non mi impediscono di essere stanca del Natale», disse Effie, frugando malvolentieri tra i dolci alla ricerca di qualcosa da mangiare.

    «Perché sei stanca di quello che dovrebbe essere il periodo più felice dell’anno?» chiese la mamma, curiosa.

    «Forse non dovrei esserlo se avessi qualcosa di nuovo. Ma è sempre la stessa storia, e non c’è più nessuna sorpresa. Nella calza trovo sempre un sacco di cose buone. Alcune non mi piacciono e mi stanco presto di quelle che mi piacciono. Facciamo sempre una grande cena e io mangio troppo e il giorno dopo sto male. Poi c’è un albero di Natale da qualche parte, con una bambola in cima, o uno stupido vecchio Babbo Natale, e i bambini che ballano e urlano per i bonbon e i giocattoli che si rompono, e le cose luccicanti che non servono a niente. Davvero, mamma, ho passato così tanti Natali tutti uguali che non credo di poterne sopportare un altro». Ed Effie si sdraiò sul divano, come se la sola idea fosse troppo per lei.

    La madre rise della sua disperazione, ma era dispiaciuta di vedere la sua bambina così scontenta, quando aveva tutto per essere felice e aveva conosciuto solo dieci Natali.

    «Supponiamo che non ricevessi alcun regalo, come ti sentiresti?» chiese la mamma, ansiosa di accontentare la sua bambina viziata.

    «Mi piacerebbe averne uno grande e splendido, e uno piccolo e caro, per ricordare qualche persona simpatica», disse Effie, che era un esserino fantasioso, pieno di capricci e di idee strane, che i suoi amici amavano soddisfare, senza badare al tempo, ai problemi e al denaro; era infatti l’ultima di tre figlie, e molto cara a tutta la famiglia.

    «Bene, tesoro mio, vedrò cosa posso fare per accontentarti e non dirò una parola finché non sarà tutto pronto. Se solo potessi avere un’idea nuova per iniziare!» E la mamma continuò a legare i suoi bei fagotti con aria pensierosa, mentre Effie passeggiava alla finestra per guardare la pioggia che la teneva in casa e la rendeva triste.

    «Mi sembra che ai bambini poveri vada meglio che a quelli ricchi. Io non posso uscire e c’è una ragazza della mia età che se ne va in giro, senza una cameriera che si preoccupi di stivali, mantelli, ombrelli e raffreddori. Vorrei essere una mendicante».

    «Ti piacerebbe essere affamata, infreddolita e cenciosa, chiedere l’elemosina tutto il giorno e dormire su un cumulo di cenere la notte?» chiese la mamma, domandandosi cosa sarebbe successo dopo.

    «Cenerentola l’ha fatto, e alla fine si è divertita. Questa ragazza qui fuori ha un cesto di avanzi sul braccio e un grande scialle attorno a sé, e non sembra preoccuparsi minimamente, anche se l’acqua le cola dagli stivali. Se ne va a zonzo, ridendo della pioggia e mangiando una patata fredda come se fosse più buona del pollo e del gelato che ho mangiato per cena. Sì, penso che i bambini poveri siano più felici di quelli ricchi».

    «Anch’io, a volte. Oggi all’orfanotrofio ho visto due dozzine di piccole anime allegre che non hanno genitori, non hanno una casa e non hanno speranze per Natale al di là di una caramella o di un dolce. Vorrei che tu fossi stata lì per vedere come erano felici, mentre giocavano con i vecchi giocattoli che i bambini più ricchi avevano mandato loro».

    «Puoi dargli tutti i miei; sono così stanca di loro che non voglio più vederli», disse Effie, voltandosi dalla finestra verso la graziosa casetta piena di tutto ciò che il cuore di un bambino può desiderare.

    «Lo farò, e ti lascerò ricominciare con qualcosa di cui non ti stancherai, se solo riuscirò a trovarlo». E la mamma aggrottò le sopracciglia cercando di scoprire qualche grande sorpresa per quella bambina a cui non importava nulla del Natale.

    Non parlarono più; andando in biblioteca, Effie trovò Un canto di Natale e, raggomitolandosi nell’angolo del divano, lo lesse tutto prima del tè. In parte non lo capì, ma rise e pianse per molte parti di quella storia affascinante e si sentì meglio senza sapere perché.

    Per tutta la sera pensò al povero Tim, alla signora Cratchit con il suo budino e al vecchio signore robusto che ballava così allegramente che le sue gambe saettavano nell’aria. Presto arrivò l’ora di andare a letto.

    «Vieni, ora, a scaldarti i piedi», disse la balia di Effie, «mentre ti acconcio i bei capelli e ti racconto delle storie».

    «Stasera voglio una favola, una molto interessante», ordinò Effie, mentre indossava la sua vestaglia di seta blu e le scarpette foderate di pelliccia per sedersi davanti al fuoco e farsi spazzolare i lunghi riccioli.

    Così la balia raccontò le sue storie più belle e quando alla fine la bambina si sdraiò sotto le tende di pizzo, la sua testa era piena di un curioso miscuglio di elfi natalizi, bambini poveri, tempeste di neve, caramelle e sorprese. Non c’è quindi da meravigliarsi se sognò tutta la notte; e questo fu il sogno che non dimenticò mai del tutto.

    Si ritrovò seduta su una pietra, in mezzo a un grande campo, tutta sola. La neve cadeva pesante, un vento pungente fischiava e la notte stava arrivando. Era affamata, infreddolita e stanca, e non sapeva dove andare né cosa fare.

    Volevo essere una mendicante e ora lo sono, ma non mi piace e vorrei che qualcuno venisse a prendersi cura di me. Non so chi sono e credo di essermi persa, pensò Effie, con il curioso interesse che si prova per sé stessi nei sogni. Ma più ci pensava, più si sentiva disorientata. La neve cadeva velocemente, il vento soffiava più freddo, la notte si faceva più scura; e la povera Effie si convinse di essere stata dimenticata e lasciata a congelare da sola. Le lacrime le si ghiacciavano sulle guance, i piedi le sembravano ghiaccioli e il cuore le moriva dentro, tanto era affamata, spaventata e abbandonata. Appoggiando la testa sulle ginocchia, si diede per

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