Il vento delle Highlands racconta
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di Eufemia Griffo
Incuriosita dal ritratto di una bambina dai capelli rossi, Emmy si fa raccontare la sua storia dalla mamma e subito si appassiona alle vicende di Petronilla, vissuta un secolo prima insieme alla nonna Brianna, una guaritrice, nella casa dove ora abita lei. La mamma le racconta dell’amicizia che Petronilla strinse con Priscilla, la bambina dai capelli di sole, e di un bel ciondolo di legno ricevuto in dono da Liam, il suo innamorato, perso nelle acque del fiume Ness. Nella notte di Samhain, Emmy sogna di incontrare Petronilla, che cerca il suo ciondolo e desidera vedere il ritratto di Liam. Ma era davvero solo un sogno? Emmy dovrà attendere diversi anni, prima di scoprire come sia finita la storia d’amore tra Petronilla e Liam e concludere una serie di acquerelli dedicati alle loro avventure.
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Anteprima del libro
Il vento delle Highlands racconta - Eufemia Griffo
1
Ultime sere d’estate
Inverness, fine estate 1968
L’estate volgeva al termine, ma c’era ancora tanta luce ed Emmy sarebbe rimasta volentieri alla finestra a guardare gli ultimi raggi del sole al crepuscolo.
A Inverness le estati erano brevi e presto sarebbe arrivato il momento delle foglie cadenti, che danzavano nel vento d’autunno. Una stagione che Emmy amava, sebbene desiderasse che l’estate durasse per sempre. Quasi ogni giorno, suo padre, Neil MacAlister, la portava con sé a fare lunghe passeggiate per ammirare la bellezza delle Highlands scozzesi. Il suo posto preferito era il fiume Ness, dove si raccontava che Nessie, la mostruosa creatura che abitava sul fondo del lago, si affacciasse per farsi vedere solo dai bambini. Per quante volte ci fossero andati, però, Emmy non aveva mai avuto la fortuna di vederla. Insieme al padre trascorreva ore a scrutare la superficie del lago, in attesa che la grande testa di Nessie spuntasse, ma niente da fare: tornavano sempre a casa delusi.
«Emmy, a cosa stai pensando?» le chiese Ellie, la mamma.
«Mi domando se Nessie esista davvero. Me lo puoi dire, ormai ho dieci anni!»
«Certo che esiste!» rispose Neil. Emmy era raggiante. «Adesso però è quasi ora di andare a dormire. Domani ti racconterò la storia di Nessie.»
«Papà, ti prego…»
Neil guardò l’orologio sulla parete e decise di fare un’eccezione. Guardò Ellie in cerca della sua approvazione.
«Va bene, Emmy, ma non tutta dall’inizio, solo la parte che ti piace di più», disse Ellie. «Era il settembre del 1933 quando il signore e la signora MacKay, albergatori di Drumnadrochit, videro qualcosa spuntare dalla superficie del Loch Ness. Era già successo molte altre volte, come sai, ma quella volta la notizia si diffuse e, correndo di bocca in bocca, raggiunse un certo signor Gray, che si convinse a dare un’occhiata di persona. Fu così che, nel novembre dello stesso anno, riuscì a scattare una foto a Nessie. Fu il primo a riuscirci.»
«Alla fine non si trattava di Nessie, però!» anticipò Emmy.
«Infatti. Molti ritengono che ciò che Gray fotografò fosse semplicemente un cigno in controluce, ma ciò che realmente vide attraverso il suo obiettivo resta un mistero, perché il negativo originale è andato perduto.»
La mamma raccontava sempre la storia come se fosse la prima volta ed Emmy si lasciava trasportare. Era un momento magico, di sospensione e di complicità.
«Che cosa accadde dopo, mamma?»
«L’anno seguente, Robert Kenneth scattò la celebre foto che ritrae una creatura simile a un dinosauro dal collo lungo mentre nuota nel Loch Ness. L’immagine fu pubblicata sul Daily Mail
e divenne famosa in tutto il mondo. Probabilmente fu allora che nacque la leggenda di Nessie.»
Emmy sapeva di essere fortunata a vivere nelle Highlands, un posto speciale che attirava molti turisti, e non solo per la curiosità di vedere Nessie: la bellezza di quei luoghi li ammaliava. La bambina amava la città di Inverness, celebre per i suoi musei e le sue chiese, che visitava insieme a Ellie ogni volta che vi si recavano. Adorava il Victorian Market, il celebre mercato coperto, con i suoi negozi di antiquariato che vendevano splendide tazze di foggia antiquata, bambole antiche e orologi da taschino. Poi c’erano gli empori, come quello della signora Pools, dove era possibile assaggiare tantissime marmellate prima di decidere quale acquistare. Quando tornavano a casa, Ellie scaldava le fette di pane appena comprato e le spalmava con burro e marmellata, poi si faceva merenda accompagnandole con del tè fumante servito nelle tazze di epoca vittoriana che Emmy adorava tanto. Erano appartenute a sua nonna e lei le trovava raffinate ed elegantissime.
Sì, Emmy era una bambina decisamente fortunata, nata in un’epoca di pace dopo i disastrosi anni della Seconda guerra mondiale. Mentre cresceva, la mamma aveva raramente avuto l’opportunità di fare merenda con tè e biscotti.
Quando Ellie, da piccola, le chiedeva cosa ci fosse in quella scatola elegante conservata nella credenza, la donna rispondeva: «Le tazze della nonna, dove un giorno prenderemo il miglior tè inglese.»
Quando finalmente la mamma si decise a tirare il prezioso servizio fuori dalla scatola, Emmy fu felicissima.
«Ebbene, Emmy, per questa sera direi che abbiamo finito e che è davvero ora di andare a dormire, che ne dici?»
«Va bene, mamma», rispose la bambina.
«Ti accompagno?» le domandò suo padre.
A dieci anni, Emmy si sentiva abbastanza grande per andare a letto da sola, senza farsi accompagnare da mamma o papà. La casa era grande, però, e a volte si pentiva di aver preso quella decisione, ma si rifiutava di tornare sui propri passi.
«Papà, ti ringrazio, ma vado da sola. Buonanotte mamma, buonanotte papà.»
Dopo aver dato un bacio ai suoi genitori, si diresse verso il piano superiore, dove si trovavano le camere da letto. A Emmy piaceva molto la sua casa. La vista mozzafiato sulle Highlands che godeva dalla finestra della sua camera la riempiva di gioia. Il suo mondo perfetto era quello, non avrebbe voluto abitare da nessuna altra parte. Mentre percorreva il lungo corridoio, dove erano affisse decine di quadri, ebbe una curiosa sensazione, come se qualcuno la stesse fissando. I dipinti ritraevano quasi tutti gli antenati dei MacAlister, soprattutto persone di una certa età e dallo sguardo severo, ma c’erano anche donne giovani con occhi pieni di malinconia.
«Perché quelle persone sono lì?» aveva chiesto un giorno a suo padre.
«Perché non vengano dimenticate», le aveva risposto, e le aveva narrato le loro storie: chi erano, come si chiamavano e che grado di parentela avessero con loro.
All’epoca le era sembrata una risposta ben strana, ma col tempo aveva compreso che il padre ci teneva a serbare il ricordo di ciascuno di loro.
A Emmy quei volti incutevano un po’ di timore, gli uomini in particolare, in primo luogo perché erano morti, inoltre erano per lo più accigliati, vestiti di tutto punto con abiti scuri, e avevano lunghi baffi e i basettoni che crescevano folti ai lati del viso. Suo padre le aveva spiegato che era la moda dell’epoca e che anche il signor Dickens, autore del celebre Canto di Natale
, il suo libro preferito, somigliava un po’ a quei loro lontani parenti.
Quella sera, notò un quadro che non ricordava di avere mai visto. Ritraeva una bambina dai