Santuario
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Decisa a far sì che una simile tara non venga ereditata dalla loro prole, Kate decide comunque di sposarsi e, alla nascita del figlio Dick, fa di tutto per instillargli il più accurato codice morale.
Eppure, quando Dick è ormai un giovane uomo, arriva il momento in cui il figlio dovrà affrontare un lacerante dilemma morale, e Kate teme che la storia possa ripetersi...
Edith Wharton
Edith Wharton (1862–1937) was the first woman to win the Pulitzer Prize for fiction. Having grown up in an upper-class, tightly controlled society known as “Old New York” at a time when women were discouraged from achieving anything beyond a proper marriage, Wharton broke through these strictures to become one of that society’s fiercest critics as well as one of America’s greatest writers. The author of more than 40 books in 40 years, Wharton’s oeuvre includes classic works of American literature such as The House of Mirth, The Custom of the Country, The Age of Innocence, and Ethan Frome, as well as authoritative works on architecture, gardens, interior design, and travel.
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Anteprima del libro
Santuario - Edith Wharton
Mini
1
Della stessa autrice nella collana Aurora:
La pietra di paragone
Edith Wharton, Santuario
1a edizione Landscape Books, giugno 2021
Collana AuroraMini n° 1
© Landscape Books 2021
Titolo originale: Sanctuary
Traduzione di Guido Del Duca
www.landscape-books.com
ISBN 979-12-80243-13-3
In copertina: rielaborazione da Alice Schille
Edizione digitale a cura di WAY TO ePUB
Edith Wharton
Santuario
Prima parte
I.
Non accade spesso che la gioventù si permetta di sentirsi completamente felice: quel che si prova è più che altro il risultato della selezione e dell’eliminazione per avere a portata di mano il fresco abbraccio della vita. Ma Kate Orme, per una volta, si era arresa alla felicità; aveva lasciato che questa permeasse ogni sua facoltà come la pioggia primaverile inzuppa un prato in fiore. Non c’era nulla che potesse spiegare questo improvviso senso di beatitudine; ma non era proprio questo che lo rendeva così irresistibile, così travolgente? Non c’era stata, nel giro degli ultimi due mesi – dal giorno del fidanzamento con Denis Peyton – nessuna decisa aggiunta alla somma della sua felicità, e nessuna possibilità, lei lo avrebbe affermato, di aggiungere qualcosa a un totale già incalcolabile. Dentro e fuori di sé le condizioni della sua vita erano immutate; ma laddove, prima, l’aria era stata piena di ali svolazzanti, ora queste sembravano fermarsi su di lei e lei poteva confidare che le facessero da riparo.
Molti fattori si erano combinati per consolidare il fulcro di pace in cui lei si trovava. La sua natura rispondeva alle vibrazioni più sottili, e sulle prime la sua gioia di amare era stata troppo grande per non portare con sé una certa confusione, un riassestamento dell’intero panorama della vita. Si trovava in un nuovo paese, in cui colui che ce l’aveva portata era la persona meno adatta a farle da guida. C’erano stati momenti in cui aveva pensato che il primo sconosciuto che incontrava per strada avrebbe saputo spiegarle la sua felicità più facilmente di Denis. Poi, man mano che i suoi occhi si adattavano, che le linee si unificavano, aprendo profondi panorami su nuovi orizzonti, lei cominciò a entrare in possesso del suo regno, a considerare il fatto stesso che appartenesse a lei. Ma lei non aveva mai provato prima la sensazione di appartenere a quel luogo; e fu quella la sensazione che adesso veniva a completare la sua felicità, a dare a essa l’allettante senso di stabilità.
Si alzò dal suo scrittoio dove, con la lista in mano, aveva compilato gli inviti al matrimonio, e camminò verso la finestra del salotto. Tutto attorno a lei sembrava contribuire alla rara armonia di emozioni che imponeva una tassa su ogni senso. La grande frescura della stanza, la sua graziosa aria tradizionale di vita spaziosa, il suo affacciarsi su campi e boschi verso il lago che si stendeva sotto la fioritura argentea di settembre; il profumo delle violette tardive in un vaso sullo scrittoio; le masse color rosa-malva di ortensie nei mastelli lungo la terrazza; la caduta, qua e là, di una foglia nell’aria ferma – tutto, in qualche modo, era mescolato nella soffusione di benessere che pure li faceva sembrare una scoria nella corrente.
Il sorriso della ragazza si prolungò alla vista di una figura che si avvicinava dai pendii bassi sopra il lago. Il percorso era una scorciatoia dalla casa dei Peyton, e lei sapeva che Denis sarebbe comparso proprio lì circa a quell’ora. Il sorriso di lei, però, fu prolungato non tanto dal suo arrivo quando dalla sensazione di impossibilità di comunicargli il proprio stato d’animo. Quel pensiero non la disturbava. Non riusciva a immaginare di condividere i suoi sentimenti più profondi con qualcuno, e il mondo in cui viveva con Denis era troppo luminoso e spazioso per ammettere ogni senso di costrizione. Il suo sorriso era in realtà un tributo alla schiettezza dello sguardo di lui che così spesso era un rifugio dalle complessità proprie di lei.
Denis Peyton era abituato a essere accolto con un sorriso. Poteva essere perdonato perché pensava che il sorriso fosse l’espressione abituale del volto umano; e il suo giudizio verso la vita e verso se stesso era necessariamente sfumato dai termini cordiali con cui si erano sempre incontrati. In effetti aveva scoperto che la vita, fin dall’inizio, era un affare singolarmente piacevole, che culminava in modo appropriato nel suo fidanzamento con l’unica ragazza che avesse mai desiderato di sposare, e l’eredità, dal suo infelice fratellastro, di una fortuna che aveva piacevolmente allargato i suoi orizzonti. Una tale combinazione di circostanze poteva ben giustificare un giovane nel pensare di avere una certa importanza nell’universo; e sembrava il tocco finale di appropriatezza che il lutto che Denis ancora portava per il povero Arthur donasse una nuova distinzione al suo bell’aspetto piuttosto florido.
A Kate Orme non mancava una divertita percezione del punto di vista del futuro marito; ma riusciva a vederla con la tolleranza consentita dall’elemento inconscio in tutti i nostri giudizi. Per esempio, non c’era nessuno più sentimentalmente umano della madre di Denis, la seconda signora Peyton, una donna profumata e argentea le cui sete color lavanda e i modi dai colori neutri esprimevano una mentalità con le tende abbassate verso tutte le spiacevolezze della vita; eppure era chiaro che la signora Peyton vedeva una retribuzione
nel fatto che il suo figliastro non si era mai sposato, e che la sua morte aveva permesso a Denis, al momento giusto, di entrare con grazia nel benessere. Non era, dopo tutto, segno di una mente sana accettare i doni degli dei con questo spirito religioso, scoprendo nuove prove di un disegno
in ciò che una volta sembrava il triste fatto che Arthur fosse irredimibile? La signora Peyton, meravigliosamente consapevole di aver fatto del suo meglio
per Arthur, avrebbe giudicato poco cristiano lagnarsi del provvidenziale fallimento dei propri sforzi. Le conclusioni di Denis erano, ovviamente, un po’ meno dirette di quelle della madre. Inoltre, lui era affezionato a Arthur, e i suoi sforzi per far rigare dritto il povero ragazzo erano stati meno didascalici e più spontanei. Il risultato era evidente, se non in un qualsiasi cambiamento nel carattere di Arthur, quantomeno nella revisione del suo testamento; e il senso morale di Denis fu piacevolmente fortificato dalla scoperta che, in buona sostanza, essere una brava persona dava i suoi frutti.
Il senso di generale provvidenzialità su cui si basava la signora Peyton era in effetti confermato dagli eventi che ridussero il lutto di Denis a un mero tributo di rispetto – poiché sarebbe stata una presa in giro piangere la morte di chi si era lasciato alla spalle una scia così sgradevole come il povero Arthur. Kate sapeva ben poco di quel che era successo: suo padre aveva la medesima convinzione della signora Peyton, che le giovani fanciulle non dovrebbero essere ammesse a nessuna franca discussione sulla vita. Poteva quindi solo intuire, tra i silenzi e le allusioni in mezzo ai quali si muoveva, che si era presentata una donna – una donna che ovviamente era orribile
, e il cui orrore sembrava includere una sorta di oscura pretesa su Arthur. Ma la pretesa, qualunque fosse, era stata prontamente rifiutata. Tutta la questione era svanita e la donna pure. Le tende erano di nuovo abbassate sul lato brutto delle cose, e la vita poteva riprendere nella solida convinzione che quel lato non esisteva. Kate sapeva solo che una fugace oscurità aveva attraversato il suo cielo per poi lasciarlo sereno come prima.
Era stato forse, ora se lo domandava, proprio il levarsi della nuvola – lontana e innocua come era stata – a dare quel nuovo senso di serenità al suo paradiso? Era terribile pensare che la propria profonda sicurezza non era altro che un senso di allontanamento – che la felicità non era nient’altro che una tregua. La crudeltà di quell’idea era accentuata dall’atteggiamento di Peyton. Lui aveva il dono di riportare le cose alle loro dimensioni normali, di riportarti