Fuori dal cerchio
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Anteprima del libro
Fuori dal cerchio - Luigi Sposato
Luigi Sposato
Fuori dal cerchio
Fuori dal cerchio
Luigi Sposato
© 2022 – Readaction
Senza regolare autorizzazione è vietata la riproduzione anche parziale o a uso
interno didattico, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia.
I edizione luglio 2022
info@readaction.it
Ecuba è distribuito da Readaction s.a.s.
Sede legale: via Isonzo 34, 00198 Roma
UUID: 5c55ab6f-83e9-434f-bec1-ac97472b22f0
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
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Indice dei contenuti
Un minuto speciale
Tacco dodici
Ironia della sorte
Jeeg robot d'acciaio
La Piazza del Locale
Nel vapore di un ferro da stiro
Invisibile
Una fitta rete di rapporti sociali
Cosa ti aspetta?
Sillabe
Operai
I soliti fiori
Profumo di lei
L'omino
La foto
La Regina
Quel preciso momento
La morte delle rose
Licenziamento con caffé
Tutto ciò che è rimasto
L'ultima piastrella
L'ingegnere non si dà pace
La bici nuova
La Stanza Segreta
Quello che sei
Quel tipo strano
Un pesce rosso
Maledetto!
Banco dei pegni
La giornalista e Anchise
Il collezionista
La Cameriera e l’Asperger
Altre due chiacchiere
L’Ingegnere a colloquio col costruttore
Würstel e coca-cola
Non toccare mia sorella
Quel nuovo itinerario
Sembra mia sorella
La vita fuori dal cerchio
Debiti e compromessi
Incidente?
Ti aiuto a uscire dal cerchio
Colloquio di lavoro
L’Ingegnere ha perso tutto
Le indecifrabili emozioni del Gigante
Una Madonna disperata
Dentro il locale
La ‘cosa’ davanti al Locale
Quello che hai visto
Mammina, aiuto!
Tanti auguri a te, tanti auguri a te
Eros e Thanatos
Lei mente
L'antro del Gigante
Due piccole ‘S’
Cercheremo lo Sbirro
Il nuovo lavoro
Il passato entra nel presente
Ventisei domande
Quando il Gigante nacque
Collegamenti
Dopo quella notte
Puzzle
Gli uomini del Costruttore
Per sempre?
Il guardiano dell'antro
Home
Il complice segreto
Il tatto non ha memoria
Il Costruttore è in ospedale
L'ultima stanza
La rinuncia del Gigante
Il prossimo passo
Il Gigante cambia idea
La villa del Costruttore
La sorella del Grassone
Qualcosa non torna
Il Gigante in fuga dall'antro
Ti fidi ancora della tua memoria?
La foto migliore
È la figlia del Costruttore
Vizi privati, pubbliche virtù
Insonnia
La prima notte del Gigante
La strana coppia
Mi posso fidare?
Amanti
In procura
Il Fotografo
I dossier
Scambiamo due chiacchiere?
Il Gigante ha fretta di sapere
L’Uomo col cane
Una telefonata all’alba
Il ritratto
La scoperta dell’Oste
Il rasoio di Occam
Cena elettorale in Villa
Cattivi pensieri?
Gioco e doppiogioco
Soqquadro
Il cuore del Gigante
L'indirizzo sulla targhetta
Stesso luogo, altro corpo
Scena del crimine
Bagno turco
Le colpe dei padri
Il rapimento
Incendio
Fratelli
Fuori dal cerchi
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi somiglianza con persone reali (viventi o defunte), eventi accaduti, oppure luoghi esistenti è da ritenersi puramente casuale.
A Laura, Eli e Bea.
In ordine di apparizione.
Se un’ombra scorgete, non è
un’ombra – ma quella io sono.
Potessi spiccarla da me,
offrirvela in dono.
Eugenio Montale, Ciò che di me sapeste,
Ossi di seppia
Un minuto speciale
Hai già vissuto quattordicimilionisettecentoventiseimilaottocentosettantanove minuti.
Ti sforzi di rimanere concentrato durante il minuto che sta scorrendo.
Ci sono ventidue persone nelle vicinanze del cerchio, rischi che qualcuno ci finisca dentro. Devi prestare la massima attenzione.
Sono tutti in piedi, di fronte al tavolo, e sono felici per te.
Così, almeno, sostiene tua madre; ogni anno.
Hai chiesto la solita torta farcita di crema gialla e ricoperta di cioccolato. Hai preparato un tuo disegno, che raffigura la Piazza del Locale in scala da uno a mille; l’hai fatto imprimere sulla cialda.
Il disegno è circondato da ventotto candeline; poi c’è una panchina di cioccolato plastico; centodue sanpietrini di zucchero; ventuno pietre di pasta di mandorle.
Tua madre ti ha proposto di cambiare torta e disegno. Esattamente come ha fatto l’anno scorso, quello prima, e quello prima ancora.
Avrebbe voluto una millefoglie. Senza disegni.
La millefoglie è una torta ingannevole: non ha le foglie, e qualunque cosa intendano per ‘foglie’, certamente non sono mille.
Gli invitati sono disposti lungo un emiciclo, fuori dal cerchio. In questo modo, li puoi tenere sotto controllo.
Tua madre è vicino alla porta di casa e parla con un uomo che non conosci.
Non dovrebbe, non adesso.
Cerchi di attirare la sua attenzione.
Lei dev’essere al centro dell’emiciclo, come è sempre stato; e tuo padre dovrebbe essere vicino a te, un passo fuori dal cerchio.
Aspetti che sia l’attimo giusto. Continui a muovere le mani perché non sai dove metterle, come fare per tenerle ferme.
Troppe cose diverse: tua madre che parla con quello sconosciuto, tuo padre che non è rientrato.
Soffiare adesso creerebbe disordine.
Ma non puoi attendere oltre perché il disordine potrebbe solo peggiorare.
Questo è il momento.
Le fiammelle si spengono.
Sono quattordicimilionisettecentoventiseimilaottocentottanta minuti da quando sei stato messo al mondo.
Lo sconosciuto è dentro casa.
Tua madre cammina con estrema lentezza verso di te.
Non può piangere!
Non può farlo subito dopo che è trascorso questo minuto speciale.
Non deve piangere!
Non è mai successo, non è mai stato così.
L’emiciclo si apre come un sipario.
Ti ritrovi al centro di uno spettacolo imprevisto.
Hai vissuto solo con tuo padre, dal tuo settimo compleanno, per undicimilioniquarantaquattromilaottocento minuti.
La notizia che tua madre ti ha appena dato ha segnato l’inizio di un disordine senza rimedio.
Il tuo problema più grande, al momento, però, è un altro: gli invitati violano il cerchio. Perfino lo sconosciuto.
Mi toccano.
Insopportabile.
Più della morte di un genitore.
Tacco dodici
L’Editore disse che non voleva essere disturbato per nessuna ragione al mondo. Certo che la Segretaria fosse dall’altro capo dell’interfono, posò la cornetta senza attendere alcuna risposta.
Scartò il pacco sulla scrivania.
Estasiato, alzò gli occhi al cielo e, finalmente, si accorse che la Segretaria era di fronte a lui: aveva bussato, aperto la porta, schiarito più volte la voce, ed era già sulla soglia da qualche minuto.
Non era né giovane né vecchia. Aveva uno sguardo che si addolciva in un sorriso, che era sempre lo stesso, e le guance sempre velate di rosso. Che non vi fossero segreti tra lei e l’Editore era la sua più intima convinzione. E lo era da sempre.
Alle spalle della Segretaria c’era il Politico.
Era sicura che l’Editore l’avrebbe ricevuto qualsiasi cosa stesse facendo rinchiuso nell’ufficio.
Non si sbagliava: scambiò con l’Editore un impercettibile segno d’intesa, richiuse la porta, si sistemò nella stanza adiacente, scostò il quadro, e si mise a osservare quanto accadeva al di là del finto specchio.
L’Editore e il Politico parevano l’uno il contrappasso dell’altro: longilineo e pallido il primo, pingue e olivastro il secondo.
«Ho appena scartato il suo regalo» disse l’Editore, indicando la scarpa décolleté rossa, tacco dodici, sulla scrivania.
La annusò. Ancora. E poi ancora.
«È la commessa bassina, grassoccia e mora, vero?».
La Segretaria continuò a guardarli mentre l’Editore inalava quel profumo, sempre più eccitato. E, di riflesso, si eccitò anche lei.
«Per la questione di mia moglie?» farfugliò il Politico che non si aspettava di assistere a una scena del genere.
«Gli troveremo di certo una collocazione in qualche nostra collana, non c’è bisogno di leggerlo!» tagliò corto l’Editore. «Si può avere anche l’altra commessa? Quella, come dire, un po’ agée. Un tacco dodici nero?».
Il Politico annuì e poi si dileguò, per sottrarsi all’imbarazzo.
La Segretaria rimise a posto il quadro. Doveva prendere tempo, liberarsi da ogni pulsione. E, invece, iniziò a fantasticare sull’Editore. Lo immaginò col naso adunco immerso nelle proprie scarpe. Ebbe un fremito; poi resistette con tutte le forze a quei pensieri lascivi.
Si concentrò sul percorso di ritorno del Politico.
Sarebbe di certo passato dal negozio di scarpe, sarebbe tornato a casa, si sarebbe tolto il soprabito, avrebbe salutato la moglie, magari bevuto un drink. Infine, avrebbe aperto la scatola con dentro la scarpa tanto desiderata dall’Editore.
Nel romanzo che lei avrebbe voluto vivere, quella scarpa sarebbe stata la sua.
La Segretaria lottò con le fantasie più disparate. Immaginò il Politico afferrare il cellulare e comporre il numero dell’Editore. «La scarpa nera è qui con me» avrebbe detto.
Ebbe un improvviso sussultò erotico, e provò vergogna.
Poi le balenò un dubbio.
«Chissà perché l’Editore chiede sempre e solo la scarpa sinistra?».
Ironia della sorte
Pedali fino al centotrentaquattresimo chilometro della Strada Provinciale.
Appoggi la bici al cartello che segnala la piazzola di sosta.
Tuo padre è stato travolto da un’auto: proprio qui, settantaquattro minuti fa.
Prendi la torcia.
C’è una tessera annonaria tra i rami di un pitosforo: è intestata a un ebreo che abitava all’interno del ghetto di Roma nel 1940.
È la prima cosa che disegnerai.
Lo sconosciuto ha detto che se tuo padre avesse infranto il codice della