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One night at the bar
One night at the bar
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E-book245 pagine3 ore

One night at the bar

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Info su questo ebook

Matt Graves ha trent'anni ed è il CEO di un’azienda produttrice di software; Damian Clark di anni ne ha trentotto ed è il proprietario di un jazz bar. Si incontrano una sera in cui Matt sta cercando di tirare le somme della sua vita. Si sente incompleto, nonostante in apparenza la vita gli abbia dato molto: potere, soldi, uomini. Quando incontra Damian, cede al desiderio, pensando che sarà solo uno dei tanti; ma i giorni passano e lui inizia a credere che possa nascere qualcosa di più, pur non riuscendo a lasciarsi andare. Damian, che sembra essere della stessa opinione, non capisce la sua esitazione. Perché Matt non riesce a fidarsi completamente?
Una cosa è certa: per essere felici insieme, dovranno affrontare i fantasmi del loro passato e decidere che ne vale la pena.
LinguaItaliano
Data di uscita4 feb 2022
ISBN9791220702317
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    Anteprima del libro

    One night at the bar - Anna Rain

    PARTE I

    1

    STRAIGHT VODKA

    Matt non riusciva a dormire nemmeno quella notte.

    Da qualche tempo, ormai, le ore che passava a letto, al buio, da solo, erano lunghe e dense, insonni, faticose. Non aveva mai avuto problemi ad addormentarsi, nemmeno quando aveva preoccupazioni lavorative o familiari o di altro genere; era sempre stato uno di quelli che, con sei ore di sonno, si ricaricavano per affrontare una nuova giornata, una nuova sfida.

    Inoltre, in quel periodo, il lavoro andava piuttosto bene: a soli trent’anni (non ancora compiuti, a dirla tutta) era a capo di una Software House con sede a San Francisco e aveva appena ottenuto dei nuovi finanziamenti che inseguiva da settimane; era anche riuscito a fissare un appuntamento con il CEO di un’azienda di Tokyo, a cui stava dietro da mesi, dopo estenuanti contrattazioni.

    Al di fuori del lavoro, aveva amici e conoscenti con cui uscire nel fine settimana, organizzare viaggi e parlare di qualsiasi cosa. Non era impegnato dal punto di vista sentimentale, ma non era mai stato un problema per lui, anzi, era così che aveva sempre preferito. Era senza dubbio un bel ragazzo, non era mai rientrato a casa da solo, a meno che non avesse voluto.

    Chiunque avrebbe detto che non poteva desiderare di più. Non in quel noiosissimo martedì notte di fine primavera.

    Invece, non era proprio così.

    Matt non era infelice, no; non era una persona incline alla depressione o all’autocommiserazione. Se ci pensava con obiettività, la sua vita adesso era bella e, di questo, non doveva render grazie a nessuno tranne che a se stesso. Eppure, da qualche settimana, si era insinuato in lui un senso di insoddisfazione così profondo da rovinargli l’umore ogni volta che si fermava a rifletterci. Aveva tentato prima di ignorarlo, poi di superarlo in vari modi: buttandosi ancora più a capofitto nel lavoro, uscendo con i suoi amici. Rimorchiando. Ma non riusciva a venirne fuori.

    Così, quella notte, dopo essersi girato e rigirato per due ore nel letto - cosa che lo aveva solo irritato di più - si era rivestito ed era uscito a fare una passeggiata. Era stato per caso se era arrivato al piccolo jazz bar, davanti al quale era già passato varie volte, trovandosi vicino casa sua, senza però mai fermarcisi.

    Era l’una di un mattino infrasettimanale, non aveva molte speranze di trovare un altro locale aperto a portata di piedi, per cui entrò senza ulteriori indugi. L’atmosfera gli piacque subito: luci soffuse, musica jazz (ovviamente) in sottofondo, non troppo alta, ideale per fare anche conversazione, e un buon odore di pulito, legno e cuoio. La sala non era molto grande e la parete in fondo ospitava una grande pedana su cui si esibivano le band dal vivo, anche se non quella sera. Un’occhiata intorno lo convinse a dirigersi al bancone invece che ai tavoli: non c’erano molti avventori, ma le coppie andavano per la maggiore e lui non voleva sentirsi osservato mentre beveva da solo. Sedette su uno sgabello, appoggiando un gomito al bancone di legno scuro e lucido, aspettando che il barman si palesasse e lo notasse. Non aveva alcuna fretta. Era immerso nei suoi pensieri e si accorse dell’uomo in divisa nera e bordeaux solo dopo che gli si era avvicinato.

    «Buonasera, signore.»

    Quella voce profonda lo riscosse; Matt alzò lo sguardo e lo fissò: alto, spalle larghe, capelli scuri, viso scolpito, ma più di tutto il resto notò i suoi occhi: due splendidi zaffiri blu in cui per poco non affogò.

    Un momento! Zaffiri cosa? Ma riprenditi!

    «Cosa le servo?»

    Schiarendosi la voce, riuscì a rispondere, in tono più o meno normale:

    «Vodka. Liscia.»

    Con un cenno della testa e l’ombra di un sorriso sulle labbra, il barman si voltò verso le bottiglie allineate sugli scaffali, che rivestivano la parete dietro il bancone, e prese una bottiglia molto particolare, a forma di barile di petrolio. Chinandosi, tirò fuori dalla ghiacciaia un bicchiere triangolare, che posò sul bancone davanti a sé, e riempì di liquido talmente limpido da sembrare acqua. Prese uno stuzzicadenti con un’oliva già infilzata e lo mise nel bicchiere, che poi spinse verso Matt, il quale non aveva tolto un secondo gli occhi di dosso al barman.

    Dì qualcosa di intelligente!

    «Non ho mai visto quella bottiglia.»

    Come non detto.

    L’uomo sorrise e gliela avvicinò, per fargli vedere l’etichetta.

    «Neft. Significa petrolio in russo, se non sbaglio,» disse Matt dopo averla letta.

    «È esatto. Conosce il russo?»

    «Non molto. Non saprei scriverlo affatto, ma conosco alcune frasi di uso comune.»

    «È una vodka prodotta in Siberia, ha vinto la World Spirits Competition di San Francisco del 2018.»

    Matt prese un sorso dal bicchiere ghiacciato, lasciando poi il liquido qualche secondo in bocca, per sentirlo con tutte le papille gustative, infine inghiottì sentendolo bruciare in gola e scaldarlo non appena giunto nello stomaco. Aveva un retrogusto eccellente.

    «È ottima.»

    Il barman fece un cenno col capo e un piccolo sorriso, sentendo ciò che già sapeva.

    Si allontanò per servire un altro cliente e Matt lo seguì di nuovo con gli occhi, mangiandoselo.

    Guarda che culo...

    Per un secondo aveva dimenticato il motivo per cui si trovava lì, poi scosse la testa e tornò a guardare nel suo bicchiere. Ci mancava soltanto che il barman si accorgesse che stava sbavando sul suo fondoschiena, e avrebbe fatto il pieno di pateticità per quella sera.

    Prese il cellulare e diede un’occhiata alle mail, ma ovviamente a quell’ora nessuno avrebbe mai pensato di mandargliene. Persino i suoi partner internazionali le programmavano in modo che fossero inviate secondo il suo fuso orario, a meno di qualche emergenza. Sì, aveva tutto quel potere.

    Sospirò involontariamente e subito alzò lo sguardo per assicurarsi che nessuno l’avesse sentito, ma purtroppo per lui qualcuno c’era: il bel barman lo stava guardando e non accennò ad abbassare gli occhi neppure quando incontrò i suoi. Si trovava ancora all’altra estremità del bancone e, dopo aver controllato che in sala tutto fosse sotto controllo, gli si avvicinò.

    «Posso servirti altro?»

    Matt notò la confidenza che si era preso, ma non lo diede a vedere. In fondo, non era questo che si veniva a cercare in un bar? Calore umano, confidenza e chissà… da cosa nasce cosa.

    «Sto ancora finendo questo, grazie.»

    Il tipo sorrise, stringendo un po’ gli occhi blu, in cui brillava una luce divertita.

    «Intendo, oltre il drink.»

    «Come, scusa?»

    «Mi sembra che tu abbia bisogno di qualcuno con cui parlare.»

    Tutta quella sicurezza, se da una parte lo attraeva (accidenti a lui e ai suoi gusti da masochista!), dall’altra lo indispettiva non poco.

    «E cosa te lo fa pensare?»

    «Sei qui da solo, all’una e mezza di un banale martedì. Guardi il tuo bicchiere con aria sconsolata e sospiri invece di assaporare quell’ottima vodka. Ho indovinato?»

    Matt sorrise al tentativo di sdrammatizzare la situazione.

    «In parte.»

    «Quindi, vuoi sfogarti?»

    «Casa mia o casa tua?»

    Oddio, non l’ho detto sul serio.

    Guardò il barman che, dopo un attimo di stupore, sorrise malizioso. Sì, l’aveva detto sul serio.

    Il minimo che poteva fare per non sembrare un coglione totale era non rimangiarsi la frase e guardare l’altro con una spavalderia che non provava davvero, sperando che declinasse l’invito.

    Non che gli sarebbe dispiaciuto farsi un giro con lui (o meglio, su di lui), ma non era quello il modo in cui rimorchiava di solito.

    Ma chi voleva prendere in giro? Lui non rimorchiava, lasciava che gli altri lo facessero al suo posto, per poi decidere se concedere il suo grazioso favore oppure no.

    Stavolta la sua lingua era stata più veloce del cervello, di certo perché il tipo in questione lo attirava davvero. E ora lo stava guardando con una strana espressione di sfida.

    «Stacco alle due e mezza, lascio decidere a te.»

    2

    ROJO MEZCAL

    Mentre il barman chiudeva il locale, Matt lo aspettò sul marciapiede, ancora incredulo per come era riuscito a rimorchiare quell’adone.

    «Hai la macchina?»

    Eccolo lì, davanti a lui, senza un minimo di esitazione nella voce.

    Ma certo, sarà abituato… come me.

    «Sono a piedi, abito a due isolati da qui.»

    Si misero a camminare senza fretta, nell’aria più fresca del primo mattino. San Francisco era davvero una bellissima città, a ogni ora del giorno: non aveva la bellezza prorompente di New York o Los Angeles, era più una culla luminosa e calma. Matt ne era innamorato.

    «Mi chiamo Damian.»

    Matt si voltò di scatto a guardarlo, sgranando gli occhi e dandosi mentalmente dello stupido: stava per portarsi a casa un tizio senza nemmeno conoscerne il nome. A tutto c’era un limite, dannazione!

    «Scusa, hai ragione. Sono Matt.»

    Niente strette di mano, niente frasi di circostanza, solo un sorriso perfetto e uno sguardo blu da sogno.

    «Allora, ti va di dirmi che cos’hai?»

    Quella domanda lo ammutolì: era la stessa che si era fatto fin troppe volte da solo, se l’era rigirata nella testa, ogni tanto l’aveva detta ad alta voce allo specchio, eppure rimaneva sempre sospesa nell’aria, senza una risposta. Adesso, quell’estraneo pretendeva di tirargliela fuori e, per quanto potesse sembrare indisponente, in fondo anche lui voleva farlo. E poi, parlare dei propri problemi a uno sconosciuto era sempre più facile che farlo con un amico, per qualche misterioso motivo.

    «In realtà non lo so nemmeno io, penso sia soltanto insoddisfazione.»

    Damian lo guardò con un sorrisetto divertito. Matt ebbe l’impressione di incuriosirlo, si sentiva quasi studiato da quei suoi occhi blu di un magnetismo pazzesco: era da parecchio che non provava una tale improvvisa attrazione per qualcuno.

    «Non ti piace la tua vita?»

    «Non è questo…forse inizio a pensare che mi manchi qualcosa.»

    «E lo vai a cercare nei bar?»

    Adesso lo stava palesemente prendendo in giro, perciò Matt rise.

    «Perché no? Non si sa mai cosa può succedere.»

    Si fermò sotto al portone di casa sua e, con lentezza, allungò un braccio verso Damian, che seguiva ogni suo movimento con lo sguardo, dando l’impressione di non perdersi nemmeno un respiro. Con un dito tracciò la linea dei bottoni della camicia del barman e, abbassando la voce, gli disse:

    «Stanotte sono stato fortunato…»


    La porta di casa venne sbattuta senza riguardo, così come anche Matt contro di essa. Rimase per un secondo senza fiato, travolto dalla passione di Damian. La salita in ascensore fino all’attico era stata carica di tensione che, a quanto pareva, stava esplodendo proprio in quel momento, non appena entrati in casa. Non c’era altra spiegazione al corpo caldo dell’altro che ora era spalmato sul suo, facendolo aderire al battente.

    Il fiato non ebbe tempo di recuperarlo, poiché le labbra carnose di Damian gli tolsero anche quel poco rimasto, coinvolgendolo in un bacio profondo. Le sue mani andarono a stringere i fianchi del barman, che aveva le sue nei capelli di Matt, scompigliandoli. La lingua chiese con prepotenza l’accesso alla sua bocca e lui non fece alcuna resistenza. Dopo lunghi secondi di bacio appassionato, Damian si staccò quel tanto che bastava per sussurrargli:

    «Credo di voler sapere dov’è la tua camera da letto...»

    «Che sfacciato...»

    Damian rise alla sua provocazione e rispose:

    «Se vuoi, ti prendo contro la porta, a me va benissimo...»

    Per un secondo il cervello di Matt andò in cortocircuito e fu a tanto così dal dirgli di farlo, ma poi pensò che tanto erotismo sarebbe stato sprecato soltanto per una porta. Qui ci volevano lenzuola di seta, che guarda caso erano proprio quelle che lui aveva in camera. Perciò, senza staccarsi del tutto da quel corpo invitante, si portò le mani dietro alla schiena, intrecciandole alle sue, e lo trascinò lungo il corridoio fino alla sua camera.

    Una volta lì, Damian riprese a baciarlo con lo stesso ardore, stavolta però iniziando a sbottonargli la camicia con una lentezza che contrastava con la passione di prima.

    «Sei sexy...»

    Ok, a quanto pareva, Matt proprio non riusciva a stare zitto. Damian sorrise contro le sue labbra, senza rispondergli. Fece scivolare la camicia dalle sue spalle, lasciandola cadere a terra, poi lo spinse sul letto, mettendosi tra le sue gambe.

    «Cosa ti piace?»

    Quella domanda lo spiazzò: nessuno gliel’aveva mai chiesto prima, non sapeva come rispondere. Alla fine, disse la prima cosa che gli venne in mente.

    «Te.»

    Damian sorrise di nuovo, avvicinando le labbra alle sue, che si separarono con anticipazione. Ma il barman non lo baciò.

    «Non è una risposta. Se me lo dici, solo per stanotte farò quello che vorrai.»

    Matt sgranò gli occhi a quella frase, anche se stranamente non si sentì a disagio. Era stupito e incerto, forse anche intimidito da quell’uomo bellissimo e pienamente disponibile, ma il fatto era che davvero non sapeva da dove iniziare a chiedere. Si era sempre adeguato a quello che i suoi amanti facevano con lui: tanto era svelto a dare ordini sul posto di lavoro, quanto lo era a eseguirli a letto. Non era bravo a chiedere.

    Damian dovette intuire la sua difficoltà, perché prese l’iniziativa, baciandolo sul collo mentre le mani scendevano a sbottonargli i pantaloni.

    «Togliamo questi intanto?»

    Senza smettere di baciarlo sulla pelle calda del busto, glieli sfilò lasciandoli cadere sul pavimento vicino la camicia. Strofinò il naso contro l’addome piatto, con i muscoli sodi e ben definiti, per poi continuare a scendere fino all’inguine, dove trovò ad attenderlo una già quasi formata erezione.

    Damian sorrise alzando la testa e guardando Matt dal basso, prima di baciarlo su tutta la lunghezza, ancora coperta dai boxer neri, per poi morderlo con le sole labbra sulla punta, strappandogli un sospiro.

    Matt stava già impazzendo, smanioso di trovarsi completamente nudo con quel dio dal corpo perfetto dentro di lui; gli infilò le mani tra i capelli scuri e li trovò più morbidi di quanto pensasse, adorando la sensazione di farseli scivolare tra le dita per poi tirarli un po’.

    Damian sembrò averne abbastanza delle barriere tra loro, perché si alzò per togliersi la t-shirt e i jeans, per poi tornare a sdraiarsi su Matt, che lo aspettava sempre più impaziente.

    Le loro bocche si incontrarono di nuovo, i loro sapori si mescolarono e Matt, in un attimo di lucidità, pensò che a quel sapore avrebbe potuto abituarsi, tanto da diventarne dipendente.

    Matt stava per soccombere a quell’attacco sensuale, implorando l’altro di prenderlo subito, quando Damian stesso si staccò da lui mettendosi in ginocchio: lo guardò dritto negli occhi verdi mentre gli sfilava anche l’ultimo indumento, facendo poi lo stesso col suo.

    «Dove tieni tutto?»

    Matt, inebriato da quella voce, si mosse come sott’acqua verso il comodino, aprì il cassetto e tirò fuori lubrificante e preservativi. Damian afferrò il tubetto e, dopo essersi sporcato due dita, si abbassò su di lui, tenendosi su con l’altro braccio; non appena sfiorò la sua apertura, Matt sospirò per il freddo e per la tensione accumulata. Damian avvicinò la bocca alla sua, solo sfiorandola, dicendo:

    «Non trattenerti.»

    Infilò completamente il primo dito, senza preavviso. Matt inspirò bruscamente, a occhi chiusi, per poi rilasciare il fiato sotto forma di gemito prolungato, misto tra dolore e piacere.

    «Oddio...»

    «Già invochi Dio? E ora che farai?»

    Damian scese bruscamente per inghiottire il suo membro nella bocca bollente, spingendoselo fino in gola e rilasciandolo con una lentezza esasperante, facendo impazzire Matt, il quale riuscì solo a spingere i fianchi verso l’altro, a chiedere di più, ancora. Niente gli fu negato quando Damian lo riprese in bocca fino in fondo, succhiando e, nello stesso momento, infilò il secondo dito, iniziando a sforbiciare. Matt si sentiva quasi fuori controllo, i suoi gemiti e i suoi movimenti sempre più scomposti. In un ultimo scampolo di lucidità, alzò la testa verso il barman.

    «Ti prego, non voglio venire così.»

    Damian rilasciò di nuovo il suo membro, soffiandoci sopra

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