Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Carovane combattenti
Carovane combattenti
Carovane combattenti
E-book270 pagine4 ore

Carovane combattenti

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

In un Texas ancora incontaminato, abitato da popolazioni che vi risiedono da secoli, una carovana composta da ventotto carri sfida i pericoli in cerca di un po' di terra (e, magari, di fortuna). I coloni, con al seguito le proprie famiglie, dovranno però scontrarsi con la fiera resistenza dei Comanche, Kiowa e Pawnee, i quali, ovviamente, vivono il loro arrivo come una serie minaccia alle proprie consuetudini ancestrali. Pubblicato per la prima volta nel 1939, "Carovane combattenti" risponde sicuramente a una sensibilità e a uno stile a volte lontano da quelli contemporanei, ma propone al contempo una lettura molto schietta del vecchio Far West, descrivendo senza alcuna remora la violenza – e, a volte, la crudeltà – con cui coloni e nativi si sono scontrati in una guerra continuativa e senza sconti. Una lettura obbligata, quindi, almeno per tutti coloro che desiderino capire qualcosa di più sulla controversa epopea della Frontiera. -
LinguaItaliano
Data di uscita15 feb 2023
ISBN9788728514900
Carovane combattenti
Autore

Zane Grey

Zane Grey (1872–1939) was an American writer best known for western literature. Born and raised in Ohio, Grey was one of five children from an English Quaker family. As a youth, he developed an interest in sports, history and eventually writing. He attended University of Pennsylvania where he studied dentistry, while balancing his creative endeavors. One of his first published pieces was the article “A Day on the Delaware" (1902), followed by the novels Betty Zane (1903) and The Spirit of the Border (1906). His career spanned several decades and was often inspired by real-life settings and events.

Autori correlati

Correlato a Carovane combattenti

Ebook correlati

Articoli correlati

Recensioni su Carovane combattenti

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Carovane combattenti - Zane Grey

    Carovane combattenti

    Translated by Alfredo Pitta

    Original title: Fighting Caravans

    Original language: English

    Immagine di copertina: Shutterstock

    Copyright © 1939, 2022 SAGA Egmont

    All rights reserved

    ISBN: 9788728514900

    1st ebook edition

    Format: EPUB 3.0

    No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.

    This work is republished as a historical document. It contains contemporary use of language.

    www.sagaegmont.com

    Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.

    CAROVANE COMBATTENTI

    I.

    In una bella giornata di giugno del 1856 un carro coperto, di quelli usati da coloro che viaggiavano nella prateria, si fermava presso Indipendenza, nel Missouri.

    L’uomo che guidava, Jim Belmet, un vigoroso meridionale di mezza età, aveva viaggiato tutta la primavera, con la moglie e col figlio, per raggiungere quel posto di frontiera. Ed ora tutti e tre erano stanchi, e avevano bisogno di riposarsi prima di intraprendere la seconda parte del lunghissimo viaggio verso il West.

    Così Belmet scelse, per accamparvisi, un sito ben ombreggiato, in un boschetto, presso un ruscello che scorreva rapido e cheto fra le erbe.

    Altri accampamenti si erano formati lungo il fresco corso d’acqua, come indicavano colonne di fumo azzurrognolo che salivano a spirale nell’aria tranquilla. Si udiva il rumore di colpi di scure nell’interno del boschetto. Altri carri coperti si muovevano lentamente verso l’abitato, lungo la strada polverosa.

    Belmet, che proveniva da una famiglia di pionieri e che si sentiva irresistibilmente attratto verso il West, già molte volte aveva preparato così l’accampamento, fin dalla sua partenza dall’Illinois. Compì quindi rapidamente il suo lavoro, e poi interpellò la moglie, un’avveneute e robusta donna che si affaccendava in quel momento intorno al fuoco che aveva acceso:

    — Maria, che vuoi che porti dalla città?

    — Lardo o prosciutto; pane o farina; poi caffè e zucchero, — rispose ella.

    — Ohè, Clint! — chiamò indi Belmet. — Vuoi venire in città con me?

    — No, grazie, — rispose il figlio.

    Era questi un ragazzo di circa dodici anni, biondo, lentigginoso in viso, con begli occhi grigi dallo sguardo fermo. Aveva modi tranquilli e seri, insoliti in quelli della sua età. Quando il padre lo aveva chiamato, se ne stava, a piedi nudi, a mondare un ramo di salice.

    — Preferisci pescare, eh? — continuò Belmet.

    — Naturalmente.

    Jim si volse alla moglie con una lieve espressione scherzosa sul volto abbronzato dalle intemperie.

    — Ma insomma, che ne faremo di questo ragazzo? — esclamò. — Sono mesi che viaggiamo, e finalmente siamo giunti a Indipendenza. Pensa un po’! Gli dovrebbe sembrare di andare al circo, soltanto a mettere piede in città; ed invece egli preferisce pescare!

    — Credo che Clint abbia preso di mio padre, che era un cacciatore e un pescatore impenitente, — rispose la donna. — Tanto meglio, del resto, se pensiamo al luogo in cui andiamo a stabilirci.

    Così, Clint fu lasciato in pace al suo lavoro. Evidentemente egli sapeva bene il fatto proprio, giacchè ben presto ebbe preparato il suo congegno da pesca. Poi andò verso il ruscello, e là dove la terra era umida cercò alcuni vermi per farne esca.

    — Mamma, — domandò prima di allontanarsi, — ti piacerebbe di aver del pesce a cena?

    — Altro che, bambino! Ma non ve ne sarà, del pesce, in questo misero fossatello.

    — Vedrai, — rispose brevemente Clint.

    E si avviò lungo la sponda del ruscello, sotto gli alberi ombrosi.

    Sebbene fosse sicuro del fatto suo, il ragazzo dovette riconoscere che la maggior parte dei loro vicini di accampamento erano dell’opinione di sua madre, giacchè non vide molte tracce di altre persone che si fossero fermate sulla sponda a pescare. E tuttavia, da ogni buca che si vedeva nel letto del ruscello, egli riuscì a trarre qualche grassa preda.

    Mentre procedeva, avvicinandosi all’accampamento prossimo, vide una ragazzetta seduta sulla sponda. Aveva bei capelli bruni e folti, piuttosto ricciuti, e in quel momento teneva la testa china verso il grembo, nel quale era raccolto del trifoglio.

    Clint non era mai proclive a trattare con le ragazze; e quindi il suo primo impulso fu quello di ritornare indietro. Ma il desiderio di continuare la sua pesca fu più forte della sua timidezza, sicchè egli continuò invece, dopo un momento di esitazione, ad avanzarsi.

    Volle il caso che proprio sotto i piedini nudi della ragazzetta si scorgesse la più fonda e promettente buca che Clint avesse trovata sino a quel momento. Egli quindi vi si mise a pescare, e riuscì a prendere, l’uno dopo l’altro, sette pesci piuttosto grossi. Poi, quando si accorse che difficilmente ne avrebbe pescati degli altri, e che non era il caso di proseguire lungo la sponda, perchè poco discosto avevano condotto i cavalli ad abbeverarsi e resa così la pesca impossibile in quel luogo, raccolse la sua preda e si preparò a ritornare indietro.

    — Che bellezza! — esclamò la ragazzetta, un po’ timidamente.

    Clint le rispose, educatamente. Ella appariva più piccola di lui, e ciò lo rendeva meno timido.

    — Non ho mai visto prendere i pesci come li prendi tu, — continuò la ragazzetta, in tono di ammirazione.

    Era quello il solo discorso che avesse il potere di indurre Clint a rimanere ancora, sebbene egli non se ne rendesse conto. Fece anzi qualche cosa di più; guardò in viso la sua piccola vicina, trovando che ella aveva occhi neri e brillanti, dallo sguardo profondo e quasi sconcertante.

    — Sì? Ma non sono molto bravo, io, — rispose; e avvedendosi che si contorceva goffamente, si mise a sedere sull’erba, meravigliato di accorgersi che non aveva più alcun desiderio di andarsene.

    — Altro che, se sei bravo! Ho inteso papà dire che non ci sono pesci, in questo fiume, e tu invece ne hai trovati.

    — Eccoli, difatti; soltanto, questo non è un fiume. Ti piacciono i pesci?

    — A mangiarli? Oh, sì! Sono così stufa, di mangiare lardo!

    — Benissimo. Allora pulirò un paio di questi, e te li darò, — profferse Clint; e chinandosi verso l’acqua in un momento ebbe sventrati e puliti col suo coltellino i più grossi dei pesci, infilandoli poi per la testa in un ramoscello di salice.

    Ella si era messa carponi, sulle mani e sulle ginocchia, per seguire il lavoro del suo compagno; e quello sguardo intento verso di lui fece al ragazzo un’impressione che gli riuscì nuova.

    — Ecco, — disse quando ebbe finito. — Dirai alla mamma, o a chi si incarica della cucina, di salarli e di friggerli a fuoco vivo, senza infarinarli.

    Non intese i ringraziamenti che ella mormorò, e per qualche momento rimase combattuto fra il dispiacere che essa se ne andasse e il desiderio di rimaner solo. La ragazzetta non se ne andò, e si rimise a sedere, guardandolo amichevolmente.

    — Come ti chiami? — domandò.

    — Clint Belmet.

    Ella ripetè il nome e rise.

    — Che nome strano! Però è più bello del mio.

    — Come ti chiami, tu?

    — May Bell.

    — Ah! Ma è un nome tanto grazioso, invece.

    — Non so, è così buffo!… E hai fratelli o sorelle?

    — No. Ho soltanto papà e mamma.

    — Toh, proprio come me. Una brutta cosa, no? Mamma dice che sono viziata. Anche tu sei viziato?

    — Credo che papà lo pensi, almeno. Da dove vieni?

    — Dall’Ohio. Avevamo una fattoria, laggiù.

    — Anche noi, nell’Illinois. Ma non mi piaceva, quella vita. Questa sì, che mi piace, a viaggiare verso il West! Anche a te?

    May ponderò la risposta, con tutta serietà.

    — Qualche volta mi viene il desiderio della casa, — disse infine.

    — Uh! E a far che?

    — Sono andata sempre a scuola, fin da quando avevo cinque anni. E mi piaceva tanto!… E tu, sei andato a scuola?

    — Quattro anni. Papà dice che certamente così basterà; e io ne sono ben contento.

    — Dove siete avviati?

    — Al West; ma neppure papà sa in che punto precisamente.

    — Così dice anche papà mio. Non ti pare che sia una cosa strana?

    — Mamma dice addirittura che papà è fuori di cervello.

    — Mi piacerebbe… mi piacerebbe che facessimo il viaggio insieme, — disse May arditamente.

    — Certo… Certo che sarebbe una bella cosa, — rispose Clint, il quale si trovò così improvvisamente nella più strana situazione in cui fosse mai stato.

    Proprio in quel momento udì che sua madre lo chiamava, e si alzò; poi subito dopo si udì un’altra chiamata, della madre di May questa volta, che veniva dal vicino accampamento. Anche la ragazzetta si alzò, tenendo il braccio teso in alto e facendo dondolare il ramoscello al quale erano attaccati i pesci. Clint avrebbe voluto dirle qualche cosa, ma non sapeva che.

    — Io lo dirò a papà, se… se anche tu lo dirai al tuo, — disse ella.

    — Dire… che cosa? — balbettò Clint.

    — Che noi due vorremmo che si viaggiasse insieme. Che bellezza sarebbe! Pensa, andremmo qualche volta a cassetta tutti e due… Di’, lo dirai a papà tuo?

    — Sicuro, — rispose il ragazzo, inghiottendo con isforzo, e meravigliato all’idea che ella avesse trovato una cosa così semplice e piacevole.

    Poi si separarono, e May non fu sola a volgersi indietro.

    All’accampamento, Clint trovò che il padre era già ritornato dalla città. Belmet era così agitato per qualche ragione, che a mala pena badò ai pesci che il figliuolo mostrava orgogliosamente. Maria ascoltava il marito seria in viso, mentre continuava a preparare la cena. Il ragazzo ritornò al ruscello a nettare il pesce, e intanto rifletteva a ciò che poteva essere accaduto, riuscendo soltanto a capire che doveva trattarsi di qualche cosa riguardante il proseguimento del viaggio.

    Quando poi fu ritornato all’accampamento, e mentre si metteva tranquillamente ad aiutare la madre, apprese che si trattava di unirsi a una delle grandi carovane di vettovagliamento per le quali Indipendenza era rinomata lungo tutta la frontiera.

    — C’è maggiore sicurezza in una grande carovana che in una piccola, — fu l’unico commento che facesse Maria.

    Dopo cena Clint fu insieme compiaciuto e annoiato di vedere May, la ragazzina con la quale aveva parlato, venire verso l’accampamento in compagnia di un uomo di alta statura. Proprio in quel momento egli stava aiutando la madre a lavare le stoviglie; e tuttavia non smise vedendo i nuovi venuti. May gli sorrise gaiamente, facendogli segni misteriosi, mentre l’uomo che era con lei si rivolgeva a Belmet.

    — Mi chiamo Bell, Sam Bell, dell’Ohio, — disse egli a guisa di presentazione.

    — Salute! E io mi chiamo Jim Belmet, e vengo dall’Illinois.

    — Questa è May, la mia bambina, proseguì Bell. — Ha incontrato oggi il vostro ragazzo, al ruscello; e allora son venuto a fare una chiacchierata con voi.

    — Ben contento di conoscervi, voi e questa piccola signorina, — rispose Jim cordialmente. — Ecco qui mia moglie, e il mio ragazzo, Clint.

    Dopo che ebbero scambiate ancora altre poche frasi di questo genere, Bell espose francamente il motivo della sua visita.

    — Indipendenza è lontana quanto non potevo neppure immaginare, — disse egli. — E tuttavia sapevo bene che sarebbe stato necessario andare ancora oltre. Però non ho mai pensato al quando e al come. Ora che son qui bisogna che mi decida.

    — Mi trovavo anche io fino a poco fa nelle stesse condizioni, — rispose Belmet; — però non vi sono rimasto a lungo. Mi unisco a una carovana di vettovagliamento che seguirà il sentiero per Santa Fè.

    — Una carovana di vettovagliamento, dite? Quelle che portano rifornimenti di ogni genere ai posti e ai forti?

    — Precisamente. Questa carovana è organizzata dalla Società Tillt, che ha qui grandi depositi, e dalla quale si può comperare di tutto, dai buoi al tabacco, dalle armi ai carri, senza contare viveri di ogni specie. Essa ha agenti e magazzini lungo tutto il vecchio sentiero che da Indipendenza va a Santa Fè.

    — E che bisogna fare?

    — C’è da lavorare, nella carovana, e con una buona paga, anche, Così, mentre cercherò un buon posto per stabilirmivi, guadagnerò.

    — Un’ottima idea, mi pare, — replicò Bell, pensoso. — Occorre avere un capitale?

    — Sì, ma poca cosa. Domani comprerò uno dei loro carri da trasporto con due coppie di cavalli. Si possono comperare anche dei buoi, e costano meno.

    — E che ne farete di questo? — domandò Bell, indicando il carro col quale i Belmet erano giunti.

    — Lo porteremo via con noi, immagino. Maria sa guidare, e anche Clint non è nuovo ai cavalli.

    — Ebbene, Belmet, credo che farò anch’io come voi, — disse Bell, con entusiasmo. — Quanti viaggiatori saremmo?

    — Settantacinque, o giù di lì, a quanto mi ha detto l’agente della società. In più saremo, e più allegri staremo; e più sicuri, anche. Sapete bene che il sentiero è infestato dagli indiani. La carovana sarà al comando del capitano Couch, che è anche un’ottima guida, ed un vecchio scout. Quanto ai carri, credo che ne avremo un centocinquanta, alla partenza. Date retta a me, Bell: non vi arrischiate a fare il viaggio così tutto solo. È meglio che veniate con noi.

    — Sì, sì, papà, andiamo con loro! — supplicò la piccola May.

    — Ma allora, bambina mia, giacchè hai questo desiderio, perchè non glielo dici tu stessa, a questi signori? — disse Bell, amorosamente e con una certa curiosità.

    — Potremmo… potremmo venire con voi? — continuò timidamente la ragazzetta, rivolgendosi a Jim.

    — E come, carina! Ne saremmo contentissimi. Clint, diglielo anche tu, a questa signorina, che ne saremmo felici.

    Ma pareva a Clint che la lingua gli si fosse attaccata al palato; e rimase muto.

    — Allora, è deciso, — concluse Bell, come sollevato. — Che ne direste, ora, di una passeggiata fino al mio accampamento, per fare la conoscenza di mia moglie?

    Si incamminarono tutti attraverso il boschetto. May e Clint rimanevano un po’ indietro, cercandosi continuamente senza parere. E ad un certo punto il ragazzo sentì che ella lo guardava.

    — Mi piacciono tanto, papà tuo e mamma tua, — disse la ragazzetta. — Spero che anche i miei ti piacciano.

    — Naturalmente mi piaceranno… Già mi piacciono, anzi.

    — Ah, dimenticavo: quanti anni hai, tu?

    — Vado per i tredici.

    — Oh, sei tanto più grande di me! Io ne ho dieci soltanto. Ma non ti fa nulla, questo, vero?

    — Che cosa?

    — Che io sia tanto più giovane… e così piccola?

    — Ma no; va benissimo, invece.

    — E mi farai sedere qualche volta vicino a te, a cassetta, quando guiderai?

    — Sicuro!

    — Oh, che bellezza! — Ed ella battè le mani per la gioia. — Si andrà avanti, avanti… E non sarò più sola, così. Guarderemo tanto, lontano lontano, tutta quell’erba… Sì?

    — Credo bene che non ci sarà altro da fare che guardare, — rispose Clint, con tono di superiorità.

    — Poi, quando verranno gli indiani!… Verranno, non è vero?

    — Papà ride e dice di no; ma mamma crolla la testa, quando si parla degli indiani… Sì, gli indiani verranno.

    — Ooooh!… Ma io non avrò paura, stando con te, — disse ella; e mise una delle sue manine fredde in quella di lui.

    II.

    La lunga teoria di carri si svolgeva come un sinuoso serpente a strisce bianchicce attraverso l’ondulata pianura.

    Le coppie di buoi, chinando per lo sforzo del giogo le grosse teste, trascinavano i carri che servivano per le persone. Gli altri carri, quelli da trasporto, pesantemente caricati, erano tirati invece da quattro cavalli, i quali andavano allo stesso lento passo. La carovana si svolgeva così per una lunghezza di un paio di miglia, coi suoi centotrentaquattro carri. La via per Santa Fè era giallastra e polverosa, esposta al vento; e ai due lati, fin dove l’occhio poteva giungere, si stendeva la sconfinata prateria, verde e grigia, ondeggiante come il mare.

    Il lento, grave procedere della carovana dava l’impressione di una irresistibile marea di lavoro verso il West, e conferiva a quell’emigrazione un carattere epico. Nulla sembrava poterla arrestare definitivamente. Lontano verso l’orizzonte imporporato erano le infinite possibilità di ricchezza e di lavoro. Ed era il sogno del pioniere, costruire e coltivare, che si celava dietro i pratici progetti di quegli uomini, dietro il loro coraggio, la loro pazienza, la loro sopportazione, dietro la scherzosa indifferenza che essi mostravano per gli uragani, per la sete, per i terribili incendi così frequenti nelle praterie, per gli indiani ostili e continuamente minacciosi.

    Erano ancora lontani niente più che tre giorni di viaggio da Indipendenza, e già la prateria sembrava averli inghiottiti. Dappertutto il terreno appariva uniforme e piano. Falchi dalla coda rossiccia passavano alti nel cielo; di tanto in tanto in qualche radura si scorgevano i piccoli cani della prateria, accosciati, immobili presso le loro tane, intenti a guardare il passaggio di tutti quegli uomini. Qualche lupo si mostrava, furtivo, e poi scompariva d’un subito in quel mare grigiastro. I conigli, poi, si sarebbero detti numerosi quanto i fili d’erba.

    Verso il mezzo della carovana Clint Belmet se ne stava tutto fiero, seduto sul davanti del carro coperto di suo padre, redini e frusta in mano. La madre gli aveva lasciata la cura di guidare, giacchè era indisposta, e se ne stava sdraiata nel carro, all’ombra della tenda. A dodici anni, così, Clint faceva già quello che era il lavoro di un uomo. Il primo giorno il padre, che lo precedeva su un altro carro, si era voltato di tanto in tanto a vedere se egli facesse bene, e anche Sam Bell, che seguiva, lo aveva tenuto d’occhio. Ma a poco a poco, visto che il ragazzo se la cavava bene, essi avevano rallentata la loro vigilanza.

    In quel giorno, il terzo, Clint conobbe la felicità come mai l’aveva conosciuta. Avevano fiducia in lui; egli faceva parte di un insieme che giudicava poderoso, e in un certo senso tremendo. Accanto a sè aveva un lungo fucile, appoggiato contro il sedile. La prima volta che, all’accampamento, gliene avevano insegnato l’uso, alla detonazione era caduto indietro, ignorando che ne avrebbe ricevuto un forte colpo di rinculo; ma la seconda volta aveva resistito, con grande soddisfazione di Sam Bell e del padre. Clint non avrebbe dunque avuto paura di sparare nuovamente, quando fosse stato necessario; e, pur ragazzo com’era, comprendeva il significato e il valore di un fucile in un viaggio di quel genere. Le sere passate accanto ai fuochi dell’accampamento, ad ascoltare i conducenti, le guide, i cacciatori, gli davano ormai conoscenze ed esperienza superiori a quelle della sua età.

    Per belli che fossero stati i giorni precedenti, quello li superava tutti. Il sole pareva di oro fuso; la brezza era asciutta e profumata dei mille sentori della prateria; le alte erbe ondeggiavano, con riflessi d’ombra che le facevano rassomigliare a flutti perennemente agitati; una calda luce ambrata si diffondeva come un manto sulla pianura, imporporandosi gradatamente in lontananza; il cielo era un mare di azzurro, macchiato soltanto da qualche lieve fiocco bianco. Il cigolare delle ruote, il calpestìo degli zoccoli delle bestie, i vari rumori della carovana erano come una musica per le orecchie del ragazzo; ma ciò che gli era più caro di tutto era la piccola May Bell, la sua compagna, che se ne stava seduta stretta accanto a lui.

    Già altre due volte ella era andata a sederglisi accanto, in quei giorni; ma ora erano soli. May era sotto la sua protezione. Jack, il cane di Clint, era accovacciato ai piedi della ragazzetta.

    — Guarda, — diceva per la centesima volta May, — guarda, non è bello?

    E così dicendo accennava col ditino alla lunga curva che descriveva la carovana nella pianura, mentre i primi carri erano già nascosti da una lontana ondulazione del terreno.

    — Ma sì che è bello, — rispose Clint negligentemente.

    — Pensa! Papà dice che potrei stare tutto il giorno qui con te, se tu volessi… Di’, vuoi?

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1