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Sposerò una principessa (eLit): eLit
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E-book149 pagine1 ora

Sposerò una principessa (eLit): eLit

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Info su questo ebook

La casata dei Bravo 5
L'ho trovata! Lei sarà la futura signora Cordell.
Noah Cordell ne è convinto. Appena ha messo gli occhi su quella ragazza dalla pelle di porcellana, il corpo minuto e ben proporzionato, ma soprattutto dalla lingua tagliente come una lama e un cipiglio da generalessa, ha capito di aver trovato la donna che fa per lui. C'è solo un insignificante particolare, lei è la principessa Alice Bravo-Calabretti, nota per essere la più recalcitrante alle regole di corte, sempre pronta a mettersi nei guai e soprattutto allergica, molto allergica, ai legami sentimentali. Per Noah sono quisquiglie. Lui ha già in mente un piano.
LinguaItaliano
Data di uscita1 feb 2021
ISBN9788830524569
Sposerò una principessa (eLit): eLit

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    Anteprima del libro

    Sposerò una principessa (eLit) - Christine Rimmer

    Immagine di copertina:

    Depositphotos / nejron

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    How to Marry a Princess

    Harlequin Special Edition

    © 2013 Christine Rimmer

    Traduzione di Raffaella Fontana

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-456-9

    1

    A dispetto di tutti i suoi buoni propositi, una tentazione irresistibile mise alla prova Alice Bravo-Calabretti il primo mercoledì di settembre.

    Ce la stava davvero mettendo tutta per cambiare, per voltare pagina.

    Erano più di due settimane che lei teneva fede alla promessa fatta a se stessa. Aveva cercato di non mettersi troppo in vista e si era comportata con la dignità propria del suo rango. Non aveva fatto colpi di testa e aveva evitato le situazioni compromettenti e quelle in cui poteva rischiare di spingersi troppo in là.

    Non era stato poi tanto difficile: si era limitata a trascorrere le giornate con i suoi amati cavalli e le notti a casa. Bastava evitarle, e le tentazioni smettevano di essere un problema.

    Poi però era arrivato quel fatale mercoledì.

    Era successo nelle stalle, prima dell’alba. Alice stava per andare a fare una cavalcata con una giovane giumenta, Yasmine. Aveva appena sistemato la sella sul dorso dell’animale quando dietro di lei, nella stalla deserta, aveva udito un rumore.

    Un’occhiata alle proprie spalle era bastata per individuare la fonte di quel rumore imprevisto.

    Qualcuno stava spazzando per terra. Non era una faccia nota, Alice ne era certa: non si trattava di una delle persone che lavoravano regolarmente nella stalla del palazzo. Quel luogo era come una seconda casa per lei e Alice conosceva per nome tutti i dipendenti. Doveva essere uno nuovo.

    Gilbert, il responsabile delle stalle, era arrivato e aveva detto qualcosa allo sconosciuto con la scopa che si era messo a ridere. Anche Gilbert aveva riso. Pareva che lo sconosciuto gli andasse a genio.

    A quel punto Alice si strinse nelle spalle e diede una pacca alla meravigliosa giumenta. La stava conducendo fuori dalla stalla quando si rese conto che Gilbert se n’era andato, lasciando lo sconosciuto da solo. L’uomo appoggiò la scopa a una parete poi, vedendola avvicinarsi, si raddrizzò. «Sua Altezza.» La sua voce era bassa e sexy, il suo atteggiamento ironico e sicuro di sé. Alice riconobbe il suo accento all’istante: americano.

    Non aveva niente contro gli americani, dopotutto suo padre era nato in Texas. Eppure...

    La regola voleva che i dipendenti delle stalle fossero originari di Montedoro e di natura riservata.

    Quel tizio non aveva niente a che vedere con le persone che Gilbert era solito assumere.

    L’uomo sollevò il capo e i suoi occhi azzurri incontrarono quelli di lei. Nel suo sguardo Alice vide un’incredibile malizia che le fece accelerare il cuore.

    Tentazioni. Oh sì!

    Ehi, un attimo, ragazzina.

    Il nuovo assunto era uno schianto, e con ciò? Le era bastato guardarlo perché la sua fantasia iniziasse a cavalcare a briglie sciolte, e allora?

    Non avrebbe fatto nulla di sconveniente o di avventato. Era fuori discussione.

    Così, nel tentativo di nascondere l’effetto che quell’uomo aveva avuto su di lei, raddrizzò la schiena e lo scrutò dalla testa ai piedi. Indossava una maglietta consunta e un paio di jeans con stivali da cow-boy.

    Non c’era alcun dubbio: un vero schianto. Alto e prestante, con un’abbronzatura perfetta e un’ombra di barba in viso. Chissà come mai Gilbert non gli aveva chiesto di indossare i pantaloni marroni e gli stivali di gomma che erano quasi un’uniforme per il personale delle stalle.

    Lui fece un passo nella sua direzione. «Davvero un bellissimo esemplare» osservò guardando la giumenta. Alice rimase a fissarlo, domandandosi se nelle sue parole non ci fosse un doppio senso mentre lui accarezzava l’animale.

    Come la maggior parte dei cavalli di razza, Jasmine si fidava di ben poche persone, eppure quell’americano sembrava averla già catturata. Osservandolo, Alice capì per quale motivo Gilbert lo avesse scelto. Con i cavalli ci sapeva davvero fare. Inoltre, a giudicare dal modo in cui era vestito, doveva aver bisogno di lavorare.

    Finalmente lo sconosciuto si fece da parte. «Le auguro una buona cavalcata.» Il suo tono di voce era leggero e rispettoso allo stesso tempo. Ma il suo sguardo? Nel suo sguardo non c’era assolutamente nulla di rispettoso o di corretto.

    «Grazie» rispose conducendo la giumenta all’esterno, nella tenue luce dell’alba.

    Quando Alice fece ritorno alla stalla dopo la cavalcata, lo sconosciuto era sparito. La cosa non la sorprese: il personale lavorava spesso all’aperto.

    Il suo paese, il principato di Montedoro, era un piccolo stato affacciato sul Mediterraneo, e in particolare sulla Costa Azzurra. Il confine francese era a meno di due chilometri dalle stalle e il personale talvolta portava i cavalli a correre nei prati vicino al confine. Inoltre cosa importava a lei di dove fosse andato quell’affascinante americano? Preferì non chiedere nulla a Gilbert sul suo conto, sebbene questo le costasse un notevole sforzo. Del resto interessarsi troppo da vicino a un dipendente era decisamente sconveniente e lei non poteva permetterselo. Non dopo l’incidente di Glasgow.

    Al solo pensiero arrossì, ma doveva tenere bene a mente quell’umiliazione e farne tesoro per evitare di commettere due volte lo stesso errore. Era iniziato tutto in maniera così innocente...

    Seguendo un capriccio aveva deciso di visitare il Blair Castel per assistere a una competizione equestre, ma al castello non era mai arrivata. Aveva infatti incontrato degli amici e si era fatta dare un passaggio in macchina fino a Glasgow. Si erano divertiti parecchio e avevano fatto il giro di tutti i pub.

    Una sera ne avevano trovato uno molto carino, con il karaoke. Alice aveva bevuto un paio di pinte più del dovuto. Altus, la sua guardia del corpo, le aveva lanciato un paio di occhiatacce, che lei aveva ignorato. Ed ecco che, senza nemmeno rendersene conto, si era ritrovata sul palco a cantare a squarciagola I kissed a girl. E forse si era calata un po’ troppo nel testo della canzone, infatti aveva iniziato a baciare la cameriera. Ovviamente i paparazzi non si erano lasciati sfuggire l’occasione e quando le foto erano state pubblicate, sua madre, Sua Altezza Serenissima Adrienne, era stata tutt’altro che contenta.

    Da quel momento Alice aveva giurato che avrebbe voltato pagina, il che significava stare alla larga dal bell’americano che le faceva accelerare il cuore.

    Il mattino dopo, giovedì, l’uomo fece nuovamente il suo arrivo alla stalla.

    Le bastò vederlo, vestito come il giorno prima, per sentire di nuovo quella strana sensazione alla bocca dello stomaco.

    Per mascherare quell’irritante reazione, lo guardò dall’alto in basso e gli rivolse la parola con tono altero: «Non credo di conoscere il tuo nome».

    L’uomo smise di spazzare il pavimento. «Noah, per servirla.»

    «Oh, Noah» disse incespicando leggermente, come una teenager in presenza del suo idolo. Ridicolo. Assolutamente ridicolo. «Ti dispiacerebbe mettere la sella a Kajar, per favore?» chiese indicando uno stallone dal pelo scuro. Di solito lo faceva lei stessa, ma in quel caso sentiva il bisogno di una scusa per parlargli. Inoltre era curiosa di vedere se sarebbe riuscito a stregare Kajar come aveva fatto con Yasmine.

    Noah lasciò la scopa e si mise al lavoro. L’animale non oppose resistenza e si lasciò toccare dalle mani sapienti dello sconosciuto, anzi di Noah.

    Una volta finito, le portò lo stallone e le porse le redini.

    Si sarebbe dovuta limitare a ringraziare e ad andare a fare la cavalcata come previsto, ma quell’uomo la attirava come una calamita. «Non sei di Montedoro.»

    «Come ha fatto a indovinare?» chiese lui con tono sottilmente ironico.

    «Sei americano.»

    «Esatto» confermò lui sostenendo il suo sguardo. «Sono cresciuto in California, a Los Angeles. Ha mai sentito parlare di Silver Lake?»

    Alice avvertì una certa irritazione.

    «Certamente. Sono stata in California un paio di volte, sai. Ho dei cugini che vivono a Bel Air.»

    «Bel Air e Silver Lake sono distanti anni luce. Non parlo tanto dei chilometri, bensì del valore degli immobili. A Bel Air ci sono alcune tra le case più care di tutti gli Stati Uniti. Un po’ come qui a Montedoro.»

    Alice non aveva voglia di parlare di beni immobili o di differenza di classe sociale. Inoltre doveva andare a fare quella famosa cavalcata, eppure... «I tuoi abitano lì?»

    «No, mio padre ha perso la vita in un incidente sul lavoro e mia madre è morta di malattia quando io aveva ventun anni.»

    Alice non poté fare a meno di provare un po’ di simpatia per lui. «Mi dispiace.»

    «È la vita.»

    Lo scrutò nuovamente. «Dev’essere stato orribile per te.»

    «In effetti ho imparato a fare affidamento solo su me stesso.»

    «Hai dei fratelli o delle sorelle?»

    «Una sorella minore. Lucy ha ventitré anni.»

    Alice era tentata di chiedergli quanti anni avesse, ma la domanda le parve troppo intima. Intorno ai suoi occhi c’erano delle leggere rughe. Doveva avere una trentina d’anni. «Cosa ti ha portato a Montedoro?»

    Lui parve leggermente divertito. «Quante domande, Sua Altezza!»

    E lei rispose in tutta onestà. «È vero, mi sto impicciando dei fatti tuoi.» E adesso farei davvero meglio ad andarmene. Invece non se ne andò e continuò imperterrita a impicciarsi dei fatti suoi. «Da quanto tempo sei qui?»

    «Non molto.»

    «Hai intenzione di restare?»

    «Dipende...»

    «Da cosa?»

    Lui non rispose e si limitò a sostenere il suo sguardo, cosa che le fece avvertire una meravigliosa sensazione in tutto il corpo.

    «Ti piacciono i cavalli?»

    «Molto. E probabilmente ora lei si sta domandando come un ragazzo di Silver Lake possa aver imparato a cavalcare...»

    Digli che purtroppo devi proprio andare. «Era esattamente quello che mi stavo chiedendo.»

    «Quando io avevo diciotto anni ho lavorato per uno che possedeva un ranch a Santa Monica. Mi ha insegnato parecchio. Allevava Hannoveriani e Morgan, principalmente.»

    «Eccellenti razze» annuì lei. «Forti e belli,

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